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La leggenda, trasmessa nella cosiddetta
Vita Sancti Marini, un testo agiografico con molta probabilità redatto
verso la fine dell’anno 900, narra che Ariminum (l’attuale Rimini)
era stata distrutta dalle orde del barbaro Demostene, re dei Viburni. Nel
257 i romani decisero la ricostruzione della città e per tale proposito
fecero chiamare da tutte le regioni d’Europa esperti nelle arti e
nelle costruzioni. Arrivarono una moltitudine d’operai di tutte le
nazionalità: Galli, Germani, Macedoni e altri. Tra questi, c'erano Marino e Leo, provetti scalpellini dalmati che provenivano dall’isola d’Arbe, ai quei tempi una provincia romana e attualmente in Croazia. I due giovani, d’eccezionale levatura morale, accettarono di prendere parte alla ricostruzione d’Ariminum, non tanto per la paga offerta dai romani, quanto piuttosto per quella ultra-terrena, svincolandosi così dai legami materiali, tipicamente umani. Si narra che fossero di religione cristiana, molto saggi e rispettosi della leggi materiali e spirituali. Gli imperatori decisero di inviare sul Monte Titano degli scalpellini per poter estrarre e lavorare vari tipi di roccia autoctona. Gli operai rimasero “dimenticati” per tre anni sulle impervie sommità del monte. Terminata la dura prova, i due compagni decisero di dividere le loro strade: Leo si stabilì con alcuni compagni sul Mons Feretrum o Monte Feretrio (attuale Montefeltro), scavandosi nella roccia una cella e costruendo una chiesa assieme agli amici. La località prenderà, con il passare del tempo, il nome di San Leo. Marino scelse invece di ritornare a Rimini ove, in due mesi e mezzo, costruì un pozzo con i propri compagni. Instancabile lavoratore, mentre di notte gli altri dormivano, lui lavorava. Laddove per compiere lavori di una certa difficoltà e gravosità occorrevano più uomini e buoi, lui li realizzava con il solo ausilio del suo timido asinello. Queste qualità fecero aumentare la sua notorietà tra i tanti operai presenti nei cantieri. Affermavano che fosse aiutato direttamente dal Signore e questa voce si diffuse in tutta Europa quando gli operai, a lavoro concluso, tornarono nelle rispettive dimore. Marino rimase a Rimini per 12 anni e 3 mesi e in quegli anni continuò a professare il Vangelo e a convertire molti abitanti della costa adriatica. Il vescovo Gaudenzio, inviato da Roma per evangelizzare i pagani della zona, rimase impressionato della sua notorietà. Denunciato per la sua fede, anticipò le mosse delle autorità romane fuggendo sul Monte Titano, località che conosceva come nessun altro. Risalendo la valle del fiume Parecchia, poi su per il torrente ora chiamato, di San Marino, imboccando poi il fosso del Re, giunse a quello che fu il suo primo rifugio: la grotta della Baldasserona. Dopo alterne vicende riprese di nuovo la sua strada, sempre verso l’alto e, giunto sulla sommità, costruì con le sue abili mani di scalpellino, così come Leo, una piccola cella ed una chiesa in onore di san Pietro, ove venne tumulato dopo la morte avvenuta nel 301. Successivamente beatificato, la Chiesa lo ricorda il 3 settembre. E’ l’unico Santo fondatore di uno Stato. Patrono della Repubblica che porta il suo nome assieme ai compatroni San Leone e Sant’Agata. |
IL FRANCOBOLLO Francobollo emesso da San Marino il 25 aprile del 1944 D entellato 14 Yvert 258 |
IL SANTINO |