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Pier Damiani nacque, secondo alcuni
biografi, a Ravenna il 21 febbraio del 1007. Rimasto orfano di padre, ultimo di numerosi fratelli, fu allevato, per un certo periodo, da Damiano che era il maggiore, e ciò ne spiegherebbe l'appellativo di "Damiani". Secondo quanto afferma san Giovanni da Lodi, fu affidato alle cure di una donna che viveva nella casa di un sacerdote. Studiò a Ravenna, poi a Faenza e a Parma e, fra i suoi maestri, cita un prete di nome Mainfredo e Ivo di Chartres. Iniziò la sua attività come professore nelle arti del trivio e del quadrivio, ma alcuni fatti, in cui egli vide la mano di Dio, lo convinsero a cambiare vita. Verso il 1035 entrò nell’eremo di Fonte Avellana ove s’impose subito, per la sua personalità, sullo sparuto gruppo d’eremiti che nel 1043 lo elessero priore. Tre anni dopo, a Roma, poté assistere all’incoronazione imperiale d’Enrico III e frequentare l’ambiente di corte. I suoi contatti con i sovrani furono sempre cordiali. Si recò più volte in Germania e l’imperatrice Agnese fu sua penitente e tentò di trattenere Enrico IV dal divorzio con Berta. Dal 1050 in poi Damiani partecipò alla riforma ecclesiastica collaborando con scritti e con interventi personali all’energica azione riformatrice iniziata da Leone IX, il primo "papa pellegrino" della storia, essendo venuto a Roma in abiti da viandante e che visiterà in un pur breve periodo (1049-1054), quasi tutta l’Europa. Questo pontefice lo nominò priore del convento d’Ocri ed intrattenne con lui rapporti d’amicizia. Pure sotto i pontificati di Stefano IX, di Niccolò II e d’Alessandro II, Damiani ebbe una posizione di primo piano, tanto da essere nominato, nel 1057, cardinale e vescovo d’Ostia. Assolse varie incombenze (ambasciatore del Papa a Cluny, paciere a Milano, a Firenze e in altre città) ma la vita di curia non era adatta a lui a causa del carattere aspro e dello spirito troppo indipendente. Damiani scrisse il Liber Gratissimus, contro la simonia, e si occupò della necessità di una vita illibata da parte dei chierici. Ivi espresse le sue idee sul celibato e la castità del clero. In particolare egli scrisse nel De caelibatu sacerdotum (1059) un’esortazione al papa Niccolò II, che era il dedicatario dell’opuscolo, affinché esercitasse tutto il rigore dei sacri canoni contro i prelati immorali e perché deponesse quelli che violavano la continenza. Inviò, in proposito, una lettera a Cuniberto, vescovo di Torino, e in quell’indirizzata alla marchesa Adelaide di Susa (1064), si scagliò contro quei chierici intemperanti che vivevano “velut iure matrimonii confoederentur uxoribus” e rivolse un’apostrofe alle concubine degli ecclesiastici chiamandole "empie tigri", "arpie" e "vipere furiose". In ogni modo Damiani, nonostante la grande opera di riforma che intraprese, sentì sempre la nostalgia per la vita eremitica, tant’è che negli ultimi anni della sua vita volle tornare all'amato eremo di Fonte Avellana, rinunciando alla sede d’Ostia. Dopo molte insistenze, sempre respinte, verso il 1067 ottenne finalmente di poter rinunciare all’episcopato e ritornò al chiostro, pur continuando a dare il suo aiuto nella riforma della Chiesa. Pier Damiani morì a Faenza il 22 febbraio 1072 e ivi fu sepolto nella chiesa di Santa Maria fuori porta e venerato subito come santo. Il suo culto, venne ufficialmente riconosciuto nel 1828, da papa Leone XII, che lo proclamò anche dottore della Chiesa per i numerosi scritti dal contenuto teologico. |
IL FRANCOBOLLO Emesso il 30 settembre 1972. Dentellato 14 x 13 ¼ Yvert n. 1109 Riproduce una graziosa miniatura, |
IL SANTINO |