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SAn francesco solano
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Santa Pazienza




Nato a Montilla, nelle vicinanze di Cordoba, il 10 marzo 1549. Francisco era il terzo figlio di Mateo Sánchez Solano e Ana Jiménez. Era una famiglia della piccola nobiltà spagnola, e come spesso accadeva all’epoca per non dividere le ricchezze di famiglia il secondogenito maschio veniva indirizzato alla vita religiosa.

La maggior parte di questi “segundones”, come venivano colloquialmente designati, erano accolti nella Compagnia di Gesù, ma dopo un primo periodo di studio con i Gesuiti Francisco si sentì attratto dall’ideale di povertà di san Francesco d’Assisi, e a 20 anni scelse di prendere i voti con i Frati Minori Francescani. Dopo aver frequentato Filosofia e Teologia nel convento di Loreto a Siviglia, fu ordinato sacerdote nel 1576. Durante il periodo scolastico ebbe anche occasione di affinare le sue naturali abilità musicali, e divenne un ottimo suonatore di violino.

Intorno al 1580, con la malattia e la morte del padre, tornò nella natia Montilla per assistere la madre, anch’essa malata e cieca, assumendo l’incarico di vicario e maestro dei novizi nel convento di La Arruzafa. Qui lo colse nel 1583 un’epidemia di peste durante la quale si distinse per il suo fervore nell’assistere i malati, al punto di vedersi attribuire dalla voce popolare alcuni eventi miracolosi. Piaceva ai fedeli anche per la sua capacità, al pari del fondatore del suo ordine, di stabilire un rapporto speciale con gli animali: di lui si diceva che avesse ammansito un toro inferocito con una semplice carezza, e che avesse indotto una serpe spaventosa a non insidiare i pollai dei contadini e che si intrattenesse in amabili conversazioni con gli uccelli.

Francesco tuttavia cominciava ad accarezzare l’idea di farsi missionario, e dopo aver chiesto più volte di partire per l’Africa (permesso che i suoi superiori non gli accordarono), quando nel 1589 il re Filippo II chiese ai francescani di inviare missionari nel Nuovo Mondo ottenne di far parte della spedizione che sul finire di quello stesso anno sbarcò a Panama. Di qui, dopo aver traversato l’istmo a piedi, il viaggio proseguì nei mari del Sud fino a fare naufragio davanti alle coste del Perù. Rifiutatosi di salire su una delle poche scialuppe destinate ai passeggeri per restare sul relitto insieme all’equipaggio, Francesco fu tratto comunque in salvo e dopo un breve soggiorno a Lima iniziò con altri otto confratelli un accidentato viaggio attraverso le Ande verso la destinazione finale: Tucumàn, all’estremità nord-occidentale della pampa argentina.

Qui rimase per 15 anni, percorrendo in lungo e in largo le pampas e il gran chaco del Paraguay per predicare il cristianesimo alle spesso bellicose tribù indigene. Sfruttando la sua abilità musicale, usava spesso rompere l’ostilità dei primi approcci allestendo piccoli spettacoli musicali dove, accompagnato dai tamburelli e dalle chitarre dei suoi confratelli, suonava il violino.

Ma la sua vera arma era la capacità quasi miracolosa di parlare varie lingue. Si diceva di lui che avesse addirittura predicato a centinaia di indigeni di lingue diverse riuniti insieme, riuscendosi a farsi capire da tutti i presenti: molto probabilmente, dotato di un vero e proprio dono per le lingue e di una buona presenza scenica, aveva improvvisato una specie di grammelot tra lingue diverse, ma fondamentalmente simili; rimane il fatto che grazie a questa abilità la sua attività di evangelizzatore ebbe un notevole successo.

Sul finire del secolo la sua fama di predicatore integerrimo indusse i suoi superiori a richiamarlo a Lima, dove i costumi dei suoi confratelli si erano alquanto rilassati, al fine di rianimare lo spirito francescano della missione. Francisco oppose dapprima una certa resistenza, ma il senso di obbedienza lo convinse infine ad accettare l’incarico di Guardiano del convento di Nuestra Señora del Los Angeles, che ricoprì fino alla fine dei suoi giorni rifiutandosi di trarre dalla sua posizione qualsiasi tipo di trattamento di favore: nella sua cella aveva solo un letto, una coperta, una croce, una sedia e un tavolo, un candeliere, la Bibbia e pochi altri libri, come tutti i frati.

Nonostante il suo ormai precario stato di salute, continuava a fare grandi penitenze e passava intere notti in preghiera; andava spesso anche a visitare i malati o per le strade a predicare. Poi, nell'ottobre del 1605, fu ricoverato nell'infermeria del convento dove morì il 14 luglio 1610. Poco prima di morire predisse il terremoto che devastò la città di Trujillo nove anni più tardi, e per questa ragione in Perù è ancora oggi invocato come protettore contro i terremoti.

Beatificato da Clemente X nel 1675 e canonizzato da Benedetto XIII nel 1726, è patrono del Cile, di Panama, di Lima, delle missioni francescane in Sud America e del folclore argentino. La sua celebrazione è fissata dal Martirologio Romano al 14 luglio, mentre i tre ordini francescani lo commemorano il 24 dello stesso mese.

 

IL FRANCOBOLLO



Emesso dal Perù
il 4 dicembre 1995

Dentellatura 13¼ x 13
Yvert 1072a


IL SANTINO