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SAn venerio | ||
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Nato intorno al 560 sull’isola di Palmaria, che chiude a occidente il golfo di La Spezia, ad onta di alcune agiografie che ce lo descrivono come abate erudito e predicatore valente al punto di riuscire a eradicare dalla antica e potente diocesi di Luni l’eresia ariana, Venerio fu con tutta probabilità un marinaio che, avendo sentito il richiamo della vita monastica, entrò nel monastero benedettino di San Giovanni, un tempo esistente sull’isola e oggi scomparso. Qui passò buona parte della sua vita dedicandosi alla meditazione e allo studio ma anche, forte della sua sapienza marinara, consigliando e aiutando la popolazione, costituita prevalentemente da pescatori. Una leggenda ce lo descrive addirittura come colui che introdusse nella zona l’uso della vela latina, anche se le più recenti ricerche storiche hanno appurato che tale tipo di vela era presente in Mediterraneo già dal II secolo avanti Cristo: è molto più probabile che, considerata la sua esperienza, abbia aiutato i pescatori del luogo a utilizzare al meglio le loro attrezzature di navigazione. Sì, perché quello della sicurezza della navigazione marittima è un tema che ritroviamo spesso nelle agiografie di san Venerio, al quale si attribuisce anche la costruzione di una grande vela atta a trarre in salvataggio alcuni pescatori in difficoltà a causa di una tempesta, e numerosi interventi miracolosi in favore di naviganti in pericolo. E quando, ormai cinquantenne e forse infastidito dalla fama di santità che già cominciava a circondarlo attirando a Palmaria e a Porto Venere numerosi fedeli, o forse in disaccordo con i costumi di vita dei suoi confratelli da lui giudicati troppo rilassati, decise di ritirarsi in eremitaggio nel vicino isolotto del Tino, continuò a rendersi utile alla gente del mare. Si dice infatti che avesse l’abitudine, nelle notti di mare grosso e di scarsa visibilità, di accendere grandi falò sugli scogli del suo isolotto che, data la sua posizione, costituisce un ostacolo pericoloso soprattutto per chi tenti di entrare nel golfo della Spezia provenendo da occidente. Non c’è dunque da stupirsi se, dopo il patronato sul golfo spezzino per le cui genti tanto si era adoperato, gli è stato attribuito anche quello su una figura professionale oggi purtroppo in via di sparizione, soppiantata dalla crescente automazione: il fanalista, o come viene spesso più romanticamente definito, il guardiano del faro. Secondo alcune tradizioni Venerio, nuovamente infastidito dai visitatori che la sua fama attirava sul suo piccolo isolotto, fuggì ancora, stavolta verso la Corsica. Tornò tuttavia al suo eremo, o forse sarebbe meglio dire, al suo “faro” quando si accorse che la sua vicenda terrena volgeva ormai al termine: morì infatti in fama di santità al Tino intorno al 630. Sulla sua tomba i monaci di San Colombano edificarono pochi anni dopo una cappella votiva successivamente ampliata e sostituita da un monastero benedettino (oggi in rovina) intorno all’anno 1000. San Venerio è festeggiato il 13 settembre, e poiché il territorio dell'isola è oggi zona militare, questa giornata e la domenica successiva sono le uniche date possibili per poter visitare il Tino, approfittando di una processione in mare che dalla Spezia porta sull’isola (e poi nuovamente in città) una statua del santo. |
IL FRANCOBOLLO Emesso dall'Italia l'11 settembre 2020 Yvert 3977 Dentellato 11 ½ |
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