La domanda sorge spontanea: è possibile che le tariffe in Sicilia fossero più basse rispetto alla terraferma?
Il ragionamento si basa sul fatto che la moneta siciliana valeva la metà di quella napoletana. A sostegno di questa tesi alcuni Autori fanno notare che numerose lettere provenienti dalla Calabria erano impostate in Sicilia, appunto per beneficiare di questo risparmio.
La paternità di tale affermazione è di Gaetano Russo che nel suo volume "bolli e annullamenti postali del Regno di Sicilia" scrive: "E utile ricordare (vedi E. Diena: I francobolli del regno di Napoli) che la differenza di valuta tra la moneta borbonica circolante nelle province del regno di Napoli e quella in uso nelle province siciliane non consentiva che i francobolli emessi in un dominio fossero validi nell'altro. Ne approfittarono gli abitanti di Villa S. Giovanni, Reggio Calabria e paesi vicini ai quali era conveniente spedire la corrispondenza da Messina anziché da località dei regno di Napoli". (1)
L'affermazione viene ripresa nel Catalogo Sassone "Annullamenti di Sicilia", a pag. 35 che riporta: "Tenuto conto che il grano siciliano valeva la metà di quello napoletano, la Sicilia veniva a godere di tariffe molto basse (le più basse di tutti i ducati italiani). Di tale situazione approfittarono i privati di alcuni paesi calabresi per inviare a mezzo corriere le loro corrispondenze a Messina".
Di tutto ciò Emilio Diena è innocente essendosi limitato a dire nel suo lavoro che la moneta napoletana valeva il doppio di quella siciliana.
A sostegno della tesi di tariffe basse per la Sicilia non vi sono ragioni politiche e postali, che anzi la contraddicono, non ritenendosi possibile che Napoli favorisse una sorta di contrabbando cui potevano beneficiare i calabresi impostando le loro lettere in Sicilia.
La politica postale del tempo - e non limitata solo al Regno delle Due Sicilie - aveva come obiettivo primario la resa di un utile. Il servizio postale non era inteso come "servizio sociale", ma come un ramo dell'Amministrazione statale che aveva il compito di recapitare la corrispondenza ma questo compito sottindeva quello primario di un bilancio attivo.
Vi è stato un periodo - terminato nell'Aprile 1820 - in cui le lettere venivano pagate in moneta siciliana. Questo periodo copre quello dell'appalto delle poste di Sicilia e prosegue fino alla riforma del Novembre 1819.
Nella tariffa delle lettere pubblicate a Palermo nel 1725 è chiaramente detto "Le lettere che vengono dalla Germania e de' Paesi Bassi per Palermo, e per il Regno (di Sicilia) si tassano in moneta di Sicilia nella seguente distinzione". (2)
Sul finire del 1786 le poste siciliane vengono gestite direttamente dalla corona e la tassa sulle lettere continua ad essere apposta in moneta siciliana.
Vi sono due ricostruzioni dell'attività della Luogotenenza di Palermo, una del 1790 e una del 1802 che tuttavia fanno sorgere qualche dubbio:
"... (tassando) cioè quelle di Napoli da mezzo foglio al foglio grani otto, le altre di un foglio e mezzo grani quindici ed oltrepassando si tassano a ragione di tarì uno e grani 12 l'oncia, alla sottile, e si bollano con la marca del mese, ed anno che corre. n Palermo 14.12.1790. (3)
"... tassando 4 bajocchi per ognuna, quelle di mezzo foglio, e di un foglio e 7 bajocchi e mezzo l'uno tutte le altre di un foglio e mezzo, e pesandosi quelle che sono più di un foglio e mezzo si tassano ordinariamente e abusivamente alla ragione presso a poco di 24 bajocchi per ogni oncia quando che due anni addietro la tassa era solito farsi per 16 bajocchi per oncia.
Palermo, senza data ma 1802. (4)
Occorre ricordare che in Sicilia venivano chiamati "bajocchi" tutte le monete estere e, per analogia, anche quella napoletana.
Come si vede nella relazione del 1790 si indica la moneta siciliana, mentre nel 1802 si indica una tassazione in moneta napoletana (esattamente la metà di quella napoletana).
Ma il fatto che vi sia un richiamo alla moneta napoletana non significa necessariamente che questa venga adoperata nella tassazione.
D'altra parte si può avere conferma del tipo di tassazione eseguita in Sicilia confrontandola con quella adottata a Napoli. Se la moneta adottata è quella siciliana deve essere il doppio di quella napoletana e deve corrispondere alla tariffa in vigore. (Fig. 1), (Fig. 2), (Fig. 3), (Fig. 4).
Fig. 1 - Lettera da Palermo 3.7.1794 a Genova. A Napoli apposta la tassa di grani 4 napoletani pari a lettera semplice per il percorso Palermo-Napoli. In arrivo a Genova apposta la tassa di soldi 2.
Fig. 2 - Lettera da Napoli 12.7.1794 a Palermo. Segno di tassa di grani 8 siciliani.
Fig. 3 - Lettera da Napoli 27.8.1814 a Palermo. A retro datario piccolo di Palermo. Segno di tassa da 16 grani siciliani quale tariffa per lettera semplice.
Fig. 4 - Lettera da Palermo 28.2.1815 a Napoli. Annullo lineare Palermo e segno di tassa di grani 8 napoletani, apposta a Napoli, pari al porto di una lettera semplice. |
Il primo cenno sicuro sul tipo di tassazione appare sul decreto del 10.11.1819: "La tassa sarà apposta sulle lettere in cifre numeriche ch'esprimeranno la moneta di grana e cavalli.” (5)
Il decreto di cui si parla, a causa anche dei moti palermitani del 1820 entra in vigore il primo aprile 1820, ma passerà ancora del tempo prima che la norma trovi effettiva applicazione (Fig. 5).
Fig. 5 - Lettera da Mistretta 2.7.1820 a Palermo, la quale porta eccezionalmente il lineare della corsa e l'ovale dell'Officina postale. Segno di tassa di grani napoletani 4 secondo la nuova tariffa introdotta col decreto del 10.11.1819. Infatti Mistretta distava da Palermo 80 miglia e ricadeva nella seconda fascia dei percorsi fino a 100 miglia. Rispetto alla precedente legislazione la tariffa è aumentata di 3 grani.
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Si giunge al 1845 senza nessun cambiamento.
Con decreto del 22 aprile 1845 le tariffe "dell'una e dell'altra parte dei reali dominii" vengono unificate.
La moneta ufficiale che s'imprime sulle lettere è quella napoletana. Ciò è evidente poiché il decreto riporta le tasse che si aboliscono.
Il 1858 porta una novità di rilievo. Nasce il francobollo di Napoli e contemporaneamente si aboliscono le tariffe per distanze, ma solo per Napoli. In Sicilia la tariffa cambia l'anno dopo col primo gennaio 1859.
Il pagamento delle tasse in moneta napoletana è ormai entrato nell'uso comune e il decreto del 5 Luglio 1858 non fa cenno alcuno sul tipo di moneta con cui si devono pagare i bolli di posta. (6)
Una piccola storia di posta direte voi. Eppure è una dimostrazione di quante cose non conosciamo del nostro passato e quante altre erroneamente interpretiamo lasciandoci andare a una sorta di rimpianto per il passato, della vita idilliaca di un tempo, del paradiso perduto. Alle volte la cruda realtà ci viene incontro facendoci smettere di sognare un paradiso che non c'è mai stato.
Vedi anche (Fig. 6), (Fig. 7).
Fig. 6 - Lettera da Modica 18.9.1843 a Napoli via Messina trasportata coi vapori postali. In arrivo tassata per grani napoletani 5.
Fig. 7 - Lettera da Napoli 4.5.1843 a Noto via Palermo (istradata via Messina) trasportata coi vapori postali. In arrivo tassata per grani napoletani 5.
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NOTE
(1) - G. Russo, Bolli e annullamenti postali del Regno di Sicilia, nel periodo d'uso dei francobolli di Ferdinando II. S. F. Flaccovio Palermo 1968.
(2) - Tariffa per la tassa in moneta di Sicilia delle lettere di fuori regno, ed affrancamento di esse, ragguagliata a tenore del nuovo regolamento promulgato in Napoli nel mese di Aprile 1725 ed eseguito in questo Regno d'ordine di S.E. in virtù del biglietto della Sua Reale Segreteria del 17 Maggio 1725.
(3) - Archivio di Stato Palermo.
Real segreteria incartamenti, busta 5234.
(4) - Archivio di Stato Palermo.
Fondo Poste e Procacci busta 28.
(5) - Decreto relativo al servizio delle Poste ne' Domini oltre il Faro.
Capodimonte, 10 Novembre 1819.
Biblioteca Fardelliana Trapani.
(6) - Decreto prescrivente che dal primo gennaio 1859 in avanti venga esteso a domini oltre il Faro l'uso dei bolli di posta.
Ischia, 5 Luglio 1859.
Biblioteca Fardelliana Trapani.
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