Storia Postale
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Sugli avvenimenti del 4 aprile 1860 alla Gancia di Palermo |
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di Giuseppe MARCHESE (Nuovo Corriere Filatelico 48/1983) | ||||||||||||||
(NdR - Nella documentazione donata da Giuseppe Marchese alla rivista, non abbiamo purtroppo rinvenuto le immagine delle corrispondenze da lui descritte nell'articolo) l 4 Aprile 1860 un gruppo di patrioti mazziniani e liberali si barricano alla Gancia, una chiesa del centro storico di Palermo, e da lì danno il segnale della rivolta contro l'inviso governo del borbone. Attorno a questo esiguo gruppo vi è una popolazione ostile al governo borbonico che, benché sostenuto da una forte guarnigione militare, per diversi giorni non riesce ad avere ragione dei rivoltosi. Ben presto la situazione rischia di diventare pericolosa. Molte città dell'isola sono in fermento: specialmente Messina è tenuta sotto controllo per evitare che segua l'esempio di Palermo e trascini tutte le altre città isolane. A Palermo fin dal 5 Aprile la situazione impone ai governativi la chiusura degli uffici pubblici compreso il servizio postale: la città, stretta nel cerchio del cordone militare, resta isolata fino al 12 Aprile. Nemmeno il telegrafo funziona in quei giorni e l'unico collegamento possibile con l'esterno è via mare tramite le navi militari: è con questo mezzo che da Palermo partono e arrivano gli ordini per gli Intendenti delle valli e da questi le notizie non proprio liete delle altre località dell'isola. Il 6 Aprile gruppi di rivoltosi attaccano Monreale e Boccadifalco, sedi di guarnigioni borboniche. L'8 Aprile, giorno di Pasqua, a Messina viene dichiarato lo stato di assedio. Il 10 Aprile Rosolino Pilo e Giovanni Corrao, entrambi mazziniani, dopo un colloquio con Garibaldi, sbarcano in Sicilia, tra Messina e il capo di Torre Faro, incitando alla resistenza in attesa del prossimo arrivo del generale. Timorose di quanto avviene, nonostante i proclami che minimizzano gli avvenimenti, le autorità militari sono costrette a concedere la Guardia Nazionale alle principali città siciliane, eccetto Palermo, Messina e Catania, dove esistevano forti guarnigioni. L'istituzione della Guardia Nazionale toglie tuttavia all'amministrazione borbonica il controllo della sicurezza pubblica demandandola al ceto benestante, alla borghesia: il che viene temporaneamente considerato il male minore. Ma quando può riprendere in pugno la situazione il governo borbonico non esita a sciogliere la Guardia: è il caso di Trapani «riconquistata» il 20 Aprile 1860 con lo sbarco di un forte contingente di soldati a cui fa seguito lo scioglimento della Guardia Nazionale. Ai primi di Maggio «tutti i comuni dell'isola si reggono a comune, la bandiera tricolore sventola da per tutto, la guardia Nazionale è da per tutto ordinata, il dazio sul macino non si paga. Dove sono i soldati, ivi la compressione, dove soldati non sono, ivi l'indipendenza» secondo una lettera del 2 Maggio pubblicata nel volume I cento anni della provincia di Palermo, Manfredi editore, Palermo, 1961. Di questi fatti visti dall'interno, ben poco si conosce all'esterno. Ecco l'eco degli avvenimenti siciliani in Italia ripresa dalle memorie di Garibaldi: «Io ero in Caprera quando mi giunsero le prime notizie d'un movimento in Palermo: notizie incerte, or di propagante insurrezione, ora annientata alle prime manifestazioni. Le voci continuavano però a mormorare d'un moto; e questo, soffocato a no, aveva avuto luogo. Ebbi l'avviso dell'accaduto dagli amici del continente. Mi richiedevano le armi e i mezzi del millione di fucili: titolo che s'era dato ad una sottoscrizione per l'acquisto d'armi. Rosolino Pilo, con Corrao, si disponevano a partire per la Sicilia. Io conoscendo lo spirito di chi reggeva le sorti dell'Italia settentrionale e non ancora desto dallo scetticismo in cui m'avevano precipitato i fatti recenti degli ultimi mesi del 1859, sconsigliavo di fare, se non si avevano nuove più positive dell'insurrezione. Gettavo il mio ghiaccio di mezzo secolo nella fervida, potente risoluzione di 25 anni. Ma era scritto sul libro del destino! Il ghiaccio, la dottrina, il pedantismo seminava il vano di ostacoli la marcia incalzante delle sorti Italiane! Io consigliavo di non fare, ma per Dio! si faceva; ed un barlume di notizie annunciava che l'insurrezione della Sicilia non era spenta. Io consigliavo di non fare? Ma l'Italiano non dev'essere ove l'Italiano combatte per la causa nazionale contro la tirannide? Lasciai la Caprera per Genova; e nelle case de' miei amici Angier e Coltelletti si cominciò a ciarlare della Sicilia e delle cose nostre. A villa Spinola, poi, in casa dell'amico Augusto Vecchi, si principiò a fare dei preparativi per una spedizione». Il moto della Gancia, per quanto attiene alla storia postale, ci lascia un ricordo attraverso i documenti del tempo che evidenziano l'avvenimento. È infatti notorio che una lettera da Messina per Palermo, o viceversa, impiegava due giorni ad arrivare, per Trapani un giorno, per Catania due giorni, ed è attraverso lo sfasamento di queste date di partenza e di arrivo che si riesce ad individuare una lettera incappata negli avvenimenti della Gancia. Le partenze della posta da Palermo avvenivano il Martedì, Giovedì e Sabato, alle ore 24 a seconda delle destinazioni. Il martedì 3 Aprile si ebbe quindi la normale partenza per le varie destinazioni. Il 4 Aprile, mercoledì, si attendeva l'arrivo del corriere da Trapani alle ore 14 e la vettura corriera da Catania e Messina, via interna, alle ore 20, quando a mezzogiorno le campane della Gancia suonarono a stormo per indicare l'inizio della sommossa. Le lettere pervenute quel giorno vennero bollate e distribuite, mentre i plichi portati dai corrieri provenienti da Catania-Messina per le montagne in arrivo Venerdì 6, da Trapani e da Corleone in arrivo Venerdì 6 e da Messina via costiera in arrivo sabato 7 non vennero distribuiti. Accantonati, vennero inoltrati alla posta solo dopo la cessazione dei tumulti: portano le date di arrivo o distribuzione dal 13 al 18 Aprile. Si ha motivo di credere che entro le date dal 5 al 10 Aprile 1860 siano state inoltrate pochissime lettere da Palermo e tutte per via di mare. A maggior riprova della presente documentazione postale presentiamo due lettere spedite da Palermo. La prima è una lettera affr. gr. 2 da Palermo 10.4.1860 a Catania: caso assolutamente inconsueto, non porta l'annullo circolare a data unito al ferro di cavallo. Essa dice: «...fino a questo minuto che scrivo non ho ricevuto alcuna lettera meno di quella del 2 corrente mese». La seconda porta la data manoscritta interna del 12 Aprile 1860 e l'annullo con data analoga. Nel testo si legge: «...ritardo a causa della posta... la mia salute e di tutte le persone di mia conoscenza è ottima, statevi tranquillo sul mio conto». Man mano che la situazione si normalizza affluiscono all'Ufficio postale di Palermo le bolgette accantonate nel periodo della rivolta. Ma la scintilla della Gancia non è spenta. Esauritosi l'impulso dei mazziniani e dei liberali, è in arrivo Garibaldi con due vapori e 1.000 uomini. L'epoca dei Borboni è finita.
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