Alle aste possono succedere cose strambe, e per aggiudicarsi un pezzo talvolta si compera una capretta petulante perchè fa parte di un lotto con un ben più ambito quadrupede. Così fu per un lotto di due lettere che avevano ben poco in comune, ma tant’è. Mi ritrovai così proprietario di una lettera del 18 febbraio 1840, da Livorno ad Alessandria d’Egitto, priva di timbri postali poiché recapitata dal capitano della nave come si deduce dalla scritta a fianco dell’indirizzo “Con Capitano Antonio Taglierani / D L A [Dio L’Assista]”.
Nulla di eclatante, e non c’è neppure il nome della nave; il testo della missiva sembra a prima vista la solita tiritera commerciale, nel caso specifico la spedizione di una cassa contenente diversi disegni da consegnare al pittore Pietro Avoscani previo rimborso di costi e spese. Viene acclusa una lettera per l’Avoscani e il conteggio che si rivela interessante
perché i disegni provengono direttamente dal pittore Tommaso Gazzarrini (1790-1853), professore dell’Accademia Fiorentina e insegnante di giovani pittori come il Fattori.
Qui si comincia a solleticare il nostro interesse: una cassa di disegni da Livorno all’Egitto, da un pittore ad un altro. Non vi sono altri dettagli e quindi bisogna rimboccarsi le maniche e fare le dovute ricerche. Lentamente e pazientemente si va formando un’immagine ricca di dettagli e personaggi notevoli e così ho deciso di condividere coi lettori i risultati delle mie piccole scoperte.
Livorno era uno dei tre porti commerciali più importanti dell’intera penisola e fin dalla metà del 1500 beneficiava di privilegi che nel corso degli anni portarono allo status ufficiale di porto franco. Nel 1837 la popolazione era da molto tempo decisamente cosmopolita e la città e i sobborghi contavano oltre 76.000 abitanti. Fin dal decennio precedente giungevano a Livorno direttamente dall’Egitto reperti archeologici che sarebbero andati ad arricchire le collezioni dei musei più importanti di mezza Europa. Appena prima del Natale del 1828 arrivò a Livorno la nave “Cleopatra” con un carico di ben 76 casse piene di antichità egizie che finirono nella collezione granducale e poi al Museo Egizio di Firenze che in Italia è secondo solo a quello di Torino.
All’epoca era di moda tra i livornesi recarsi ai magazzini per sbirciare sarcofaghi, mummie e altri inestimabili reperti archeologici. È alquanto probabile che tra i visitatori vi fosse anche un adolescente dal nome di Pietro Avoscani (1816-1891) figlio del conte Francesco Camillo Avoscani, suo fratello si era trasferito fin dal 1825 ad Alessandria d’Egitto dopo aver accompagnato il primo legno di guerra ordinato dal
viceré Mohamed-Ali a Livorno. Nel corso degli anni Camillo divenne capitano e direttore dell’Arsenale Militare.
Nel 1837 molti porti e città furono colpiti dal colera; al tempo stesso si riaccendevano moti rivoluzionari con conseguenti arresti in tutta la penisola. Il giovane Pietro era già un provetto decoratore, orafo, pittore e architetto e si era associato al movimento mazziniano ben noto col nome di Giovine Italia. Con la spietata soppressione dei sovversivi in corso, Pietro, se catturato, poteva essere condannato a morte e fu quindi prudente ai primi di marzo lasciare Livorno e raggiungere il fratello. Infatti preceduto dalla sua fama di buon pittore e architetto, già da qualche mese il
viceré dell’Egitto aveva fatto pressioni sul console toscano ad Alessandria
affinché venisse emesso un passaporto che consentisse a Pietro di recarsi in Egitto.
Appena giunto, Pietro fu assediato da richieste e aspettative di Mohamed-Ali e fece del suo meglio per accontentarlo nei suoi piani con progetti di edifici e di palazzi diciamo pure sontuosi e monumentali. Onde assicurarsi l’Avoscani, gli promise di promuoverlo a colonnello. Purtroppo nel 1839 si spegneva Camillo lasciando al fratello una vasta fortuna. Il
viceré aveva molti piani e ottenne per Pietro passaporti per fare un tour educativo in Europa. Il giovane architetto s’imbarcò alla volta della Grecia dove fu accolto benevolmente dal re e dalla regina davanti ai quali dipinse in men che non si dica un affresco che li lasciò a bocca aperta tra gli applausi della corte. Il ventitreenne Avoscani era in corrispondenza con Sabadelli, Bezzuoli, Tommaso Gazzarrini, Marini e Medici, grandi pittori toscani dell’epoca.
Dopo essersi riempito gli occhi e la mente con i capolavori architettonici dell’antichità proseguì alla volta di Costantinopoli dove fu ricevuto dal Sultano e rimase per quasi due mesi. Era poi la volta di Odessa dove il governatore, il principe Vorontsov, lo accolse cordialmente e dove ebbe modo d’incontrare Rodocanacchi, console toscano. Alcuni studiosi hanno avanzato l’ipotesi che questo tour europeo dell’Avoscani fosse un pretesto per attività spionistiche che giovarono al sovrano riformatore Mohamed-Ali. Nell’estate del 1841, come di consueto lo Zar e la corte villeggiarono in Crimea e Vorontsov si adoperò per assicurare ad Avoscani l’accesso alla corte imperiale. Il pittore architetto fece omaggio all’imperatrice di alcuni suoi dipinti eseguiti durante la villeggiatura. Quando la corte s’accertò che tra i tanti talenti l’Avoscani aveva una gran bella voce tenorile, il principe Suvaroff lo accompagnò al piano in una serie di arie di Vincenzo Bellini. Festeggiato ed ammirato dall’aristocrazia russa, Avoscani spese i cinque mesi più felici della sua vita.
Il grand tour continuò alla volta di Mosca, San Pietroburgo, la Germania e poi l’Italia dove si assicurava fornitori d’alto rango del pregiatissimo marmo di Carrara di cui Mohamed-Ali si era invaghito. Il
viceré spese cifre da capogiro per acquistare questo marmo creando lavoro per centinaia di operai.
Dopo diciotto mesi di assenza, Avoscani fu assediato da progetti colossali del
viceré. Nel 1842 mise in scena il Barbiere di Siviglia di Gioachino Rossini al Palazzo Gabbari di Alessandria, la prima opera montata per un sovrano egizio. Mohamed-Ali ne fu entusiasmato al punto che la passione per l’opera rimase con lui per tutta la sua vita.
Nel frattempo, in Italia l’Avoscani aveva sviluppato ulteriormente contatti con pittori di gran fama e aveva investito cinquantamila franchi in quadri e oggetti d’arte che importò in Egitto dove organizzò una mostra, la prima in assoluto di quel tipo per l’alta società del Cairo. In breve tempo tutte le opere d’arte andarono a ruba.
Mohamed Ali morì nel 1849, e il suo successore, Abbas-Pascià onorò l'Avoscani incaricandolo di decorare i palazzi dell'Abbassia e di Helmieh.
Avoscani continuò nel ruolo di impresario operistico negli anni seguenti al Teatro Italiano di Alessandria situato a Okelle Moharrem Bey. Nel 1856, si avventurò nuovamente nella messa in scena di una stagione d’opera accompagnato da un festival musicale con balletti, tragedie, e saggi ginnici in onore del sovrano appena rientrato dall’Italia.
Tra le rose ci furono anche le spine e Avoscani fece speculazioni e investimenti sbagliati che gli causarono rovesci di fortuna non indifferenti. Ciò nonostante, nel 1859 Halim-Pascià lo inviò a Londra come suo rappresentante nei negoziati per un prestito notevole da una banca inglese.
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Centenario della rappresentazione dell'AIDA 1871 - 1971 |
Tra i maggiori successi del periodo si deve far cenno ai due teatri che Avoscani costruì, uno nelle vicinanze di Porta Rosetta ad Alessandria (Teatro Zizinia, 1863) su committenza del potente e ricco console greco Etienne Zizinia, e l’altro al Cairo (Teatro dell’Opera,1869) su committenza del Chedivè Isma' il Pascià per celebrare l'apertura del Canale di Suez. Il teatro fu inaugurato col Rigoletto di Giuseppe Verdi; tuttavia il sovrano voleva molto di più ma la guerra Franco-Prussiana ritardò il progetto certamente faraonico della prima assoluta dell’Aida di Giuseppe Verdi che però ebbe un’accoglienza trionfale il 24 dicembre 1871 con direttore d’orchestra Giovanni Bottesini.
Gli anni della vecchiaia non furono tra i migliori e Avoscani vide la benevolenza nei suoi confronti delle autorità egizie affievolirsi e molti suoi progetti furono scartati o accantonati. Ne conseguirono complicazioni finanziarie che amareggiarono gli ultimi anni della sua vita. Pur sempre sul viale del tramonto, Avoscani inviò regolarmente a istituzioni italiane cifre sostanziali in beneficenza; inoltre nel 1848 organizzò la spedizione di non pochi volontari per la prima guerra d’indipendenza e aiutò finanziariamente molti studenti toscani onde potessero completare i loro studi. Si spense ad Alessandria nel marzo 1891.
Egypt, Khedivial Opera House, 1869
E qui si conclude la storia di una lettera a prima vista priva d’interesse ma che poi si è rivelata ricca di scoperte interessanti. La morale è semplice: non costa molto leggere i testi delle lettere che abbiamo nelle nostre collezioni; ricordiamoci che senza questi messaggi non esisterebbe la storia postale e che la lettera e la posta sono pressoché inseparabili: una è la causa, l’altra l’effetto.
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