Noi che ci occupiamo di storia postale privilegiamo come
oggetti da acquisire le lettere, e su queste concentreremo
l'interesse della presente nota, rilevando che per l'epoca presa in
esame sono praticamente gli unici oggetti postali conosciuti. Le
lettere del periodo sono usualmente formate da uno o più fogli di
carta che hanno viaggiato dal mittente al destinatario trasportate
dalla posta e successivamente sono giunte fino a noi.
Nelle missive lo scritto è riportato su uno o più fogli, che sono
stati piegati su se stessi per la sigillatura, oppure una volta
piegati su se stessi avvolti in un ulteriore mezzo foglio che è
stato usato per l'indirizzo e la consueta sigillatura. La busta
preincollata di forma moderna si è diffusa dopo l'inizio della
seconda metà dell'Ottocento.
I collezionisti, il più delle volte, rivolgono la loro attenzione
all'esterno di questi involucri, concentrandosi sui segni grafici
che vi sono stati tracciati dal servizio postale e naturalmente
anche sui primissimi variopinti francobolli emessi.
Qualche cultore é interessato anche al testo scritto, pochi però
pongono attenzione e osservano da un punto di vista tecnico anche i
supporti cartacei e gli strumenti che ne hanno lasciato traccia con
la scrittura.
Ricordiamo che il mittente stendendo il segno grafico ha
materializzato il suo pensiero, e la scrittura ne ha indelebilmente
fissato sulla carta tracce che riguardano la sua cultura, il
carattere e gli interessi; lo stesso modo di vergare l'indirizzo può
essere spia delle sue idee. In questo periodo lo strumento usato per
il segno grafico è stata la penna d'oca, oppure una cannuccia con
pennino metallico: strumenti di scrittura che nel periodo convissero
fino alla vittoria della nuova invenzione metallica.
Con il suo scrivere il mittente ha fatto una operazione molto
importante sia per il destinatario che per noi: ha trasformato un
semplice foglio di carta in un prezioso messaggio.
Penso perciò che valga la pena fissare, seppur brevemente, la nostra
attenzione anche sui supporti delle corrispondenze e sugli strumenti
per scrivere. Il periodo preso in osservazione è la prima meta
dell'Ottocento, periodo che coincide col passaggio dalla carta
fabbricata a mano a quella prodotta a macchina in rullo continuo a
prezzi veramente molto ridotti. L'innovazione ha messo in crisi i
produttori della nostra penisola, per anni leaders della
fabbricazione della carta in Europa; nello stesso periodo si ebbe il
passaggio dalla penna d'oca al pennino metallico fabbricato in
massa, a prezzo ridottissimo, dalle manifatture inglesi.
Nel primo Ottocento la carta per scrivere, da inviare per posta,
perciò "da lettere", articolo pregiato, era fornita dall'industria
specializzata nella fabbricazione di fogli di minor spessore
rispetto alla produzione normale, per intenderci quella usata nelle
scritturazioni da archiviare e per la stampa.
La motivazione della preferenza per la carta sottile era ovviamente
legata al peso delle missive che determinava la tariffa dovuta per
il porto di spedizione postale, ed anche, penso, alla facilità di
piegatura su se stessa necessaria alla sigillatura e all'invio.
1806
- Parte di lettera di periodo napoleonico scritto probabilmente con
pennino metallico su carta a mano sottilissima e leggera che mostra
le caratteristiche righe della vergellatura.
1832 - Scritta con penna d'oca su carta a macchina BATH azzurrina
con marchio impresso a secco su carta ancora umida che ha provocato
l'assottigliamento della carta.(vedi foto sotto)
Agli inizi del periodo di nostro interesse, su
documenti in mio possesso, inviati o circolanti su suolo italiano,
si rilevano quasi esclusivamente lettere di carta fabbricata
manualmente; successivamente, dagli anni Venti si diffuse e prese
piede, fino a sostituire completamente quella manuale, la carta
fabbricata a macchina. Si riconosce la carta a mano perchè é rugosa
in superficie e con segni di linee lasciate dalla vergellatura e
spesso ha anche una filigrana che i produttori inserivano come
marchio di fabbrica; le filigrane erano immagini o lettere visibili
in controluce come linee luminose rilevabili per uno spessore
ridotto della carta. Le carte fabbricate con la macchina continua
inizialmente non avevano filigrana.
Nel processo manuale ciascun foglio da lettera era fabbricato
singolarmente e aveva le dimensioni utili per avere un foglio
rettangolare piegato a metà dal lato minore su cui scrivere, per poi
piegare ulteriormente in modo di poterlo sigillare con ceralacca o
con le cosiddette ostie di farina colorate da inumidire e pressare
per salvaguardare il segreto epistolare da sguardi indiscreti.
La carta a macchina delle lettere prese in esame é prevalentemente
di produzione estera; é liscia e leggera, e per una metà dei
campioni che ho esaminato colorata in azzurro. Per personalizzare la
produzione, nei primissimi tempi, veniva commercializzata con
impresso un marchio a secco.
La carta di produzione italiana a macchina é arrivata sul mercato
dopo alcuni anni ed inizialmente era incolore a volte grigiastra per
cariche minerali ed era piuttosto pesante. Ho notato anche alcune
carte sicuramente formate a mano che sono rugose ma non recano
tracce della vergellatura, mostrano però la stessa filigrana di
altri fogli con evidenti tracce di vergellatura; probabilmente, per
imitare la produzione estera a macchina, sono stati modificati i
telai che recano tracce di una rete finissima e in un caso la data
del 1855 (forse sovrapposta al telaio solito con vergellatura,
essenziale questa per impedire la
bombatura del filtro quando era caricato con la sospensione e
permettere di ottenere un
foglio di carta di spessore uniforme).
Le dimensioni dei fogli (logicamente rifilati con la taglierina)
variavano da cartiera a
cartiera; da misurazioni fatte da me, su una trentina di lettere
dell'epoca, ho rilevato come
dimensione totale:
per la carta a mano (periodo 1802 - 1855) da un minimo di mm 225 X
350 ad un massimo di mm 300 X 400.
Per la carta a macchina (periodo 1823 - 1865) da un minimo di mm 250
X 410 a un massimo di mm 330 X 440.
Ho trasformato il peso dei fogli in gr. rapportati alla superficie
in mm. in una misura moderna: in gr.al metro quadro.
Il peso della carta a mano va da gr. 42/m2 a 81/m2. mentre per la
carta a macchina ottengo da gr. 41/m2 a 68/m2
Da rilevare che gli oggetti con il minore peso della carta a mano
(riconoscibile come detto sopra, per i segni della vergellatura e
per le filigrane impresse come marchio di qualità) sono quelli del
periodo napoleonico agli inizi dell'Ottocento 1802 - 1803 (periodo
in cui le tariffe prevedevano pesi del primo porto di gr. 6).
Ho notato che una missiva realizzata con carta a mano del 1827 in
partenza da Milano per Bergamo era stata alleggerita a gr. 6,8
(forse per non superare il porto di mezzo lotto pari a gr. 8,75)
asportando la parte inferiore del foglio col classico sistema della
piegatura e asportazione con tagliacarte che ha lasciato il foglio
leggermente sfrangiato.
I fogli più antichi della carta a macchina (per una buona metà
colorati) sono di produzione estera e quasi tutti hanno un marchio
di fabbrica impresso a secco (probabilmente impresso con carta
ancora umida perchè si nota un assottigliamento della carta visibile
per trasparenza).
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Esempi di filigrane di carta a mano della prima metà dell'ottocento
Carta
a macchina di produzione inglese con bollo a secco, in trasparenza
mostra l'assottigliamento.
Esempio di preparazione della punta della penna |
Filigrana di carta a mano con tracce di rete fine
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Strumenti per scrivere: penna
d'oca e pennini metallici
All'inizio del periodo in esame si usavano in
prevalenza le penne d'oca, anche se si hanno notizie che dal Medio
Evo in poi sono stati fabbricati pennini metallici di alto costo,
appannaggio di personaggi importanti o in uso nelle segreterie dei
commercianti e degli uffici pubblici con molta corrispondenza. I
pennini erano realizzati singolarmente usando come materiale rame,
argento e oro, i fabbricanti erano gli orafi o gli argentieri, i
soli capaci di avere la finezza delle lavorazioni di oggetti così
minuscoli. A questi preziosi manufatti mancava però la flessibilità
del pennino moderno e molti usavano la penna d'oca che era molto più
flessibile e poco costosa.
La materia prima era diffusa e senza altra utilizzazione perciò di
basso prezzo, veniva prelevata dalle oche vive a cui rispuntavano le
penne. Era poi lavorata da esperti artigiani per dare ad essa
flessibilità e resistenza che le penne allo stato naturale non
hanno. Rimaneva il problema del consumo per abrasione della punta
che richiedeva continui laboriosi rifacimenti come succede per i
lapis.
Cannuccia e selezione di pennini in uso fino agli anni Cinquanta. I
più usati erano il Michell(?) per esercizi di calligrafia in corsivo
inglese (quarto da sinistra con tre fori). Il quarto da destra a
lancia per scrittura normale per fare i compiti. Entrambi fabbricati
dalla marca Presbitero di Milano. Chi era giovane Sessant'anni fa se
li ricorda senz'altro.
Contrariamente a quanto si può pensare la
tecnologia per produrre il pennino in quantità richiedeva conoscenze
metallurgiche raffinate delle leghe ferrose e delle tempere
necessarie per ottenere flessibilità e durata. Il momento propizio
per il combinarsi di tecniche di: laminazione degli acciai,
lavorazione con le trance, metallurgia delle leghe ferrose e forza
motrice a buon mercato ottenuta dal vapore, sono gli anni Trenta
dell'Ottocento, quando un ex fabbricante di coltelli, Joseph Gillott,
a conoscenza delle tecniche necessarie, brevetta il modo di
fabbricare pennini metallici a basso prezzo. L'officina di Gillot
con le sue tecniche monopolizzò per anni la fabbricazione esportando
pennini in tutto il mondo.
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