Ho acquisito il bel libro uscito nel 2008 dai tipi della libreria
Cortina di Torino di cui è autore il compianto POSTALISTA Giovanni
Riggi di Numana dal titolo " IL SEGRETO EPISTOLARE".
Nelle oltre 200 pagine si scoprono dettagliatissime descrizioni di
come gli antichi corrispondenti, con ingegnosi metodi,
salvaguardavano il segreto epistolare.
L'opera prende in considerazione il lasso temporale "nel periodo
della civiltà della carta" come sottotitola il volume, cioè dal 1400
al 1900. L'autore ha fatto oggetto della pubblicazione la sua ricca
collezione più volte premiata in mostre internazionali con
moltissime riproduzioni e illustrazioni dei pezzi descritti e
racconta di avere aperto e richiuso le lettere più volte, seguendo
le pieghe originali, per capire la manualità applicata dagli antichi
corrispondenti nella piegatura dei fogli delle lettere. Manualità
che l'uomo moderno ha perso disponendo di buste preconfezionate.
Riggi di Numana accompagna per mano il lettore anche nel settore dei
metodi per la sigillatura degli scritti descrivendoli ampiamente e
riportando disegni esemplificativi di sigillatura. Nelle ultime
pagine del penultimo capitolo del suo libro (pag. 194) l'autore
descrive un tipo di chiusura che definisce "Lettere chiuse con
graffe metalliche" affidate alle Poste come raccomandate nei primi
anni Novanta dell'Ottocento.
Per la realizzazione della chiusura il Riggi ipotizza l'uso di un
punzone e di un martelletto che per mezzo di uno scodellino inserito
nella busta permetteva di sigillare con sicurezza l'invio. Il testo
conclude
"...A quanto ci risulta, questo sistema di chiusura fu utilizzato
solo su raccomandate ed ebbe una vita brevissima: le buste ritrovate
sono infatti datate tra il 1892 ed il 1894. Il motivo per cui questo
sistema di chiusura scomparve ci è ignoto, ma crediamo di poterlo
immaginare. In primo luogo era altrettanto macchinoso e dispendioso
in energie, attenzione e tempo quanto la realizzazione di assicurate
...."
Penso di poter aderire al sollecito che il Riggi fa nella
conclusione della sua pubblicazione di chi avesse altri elementi "di
farcelo sapere al fine di migliorare le nostre conoscenze e per
completare questa prima indagine".
Mi sento perciò autorizzato a mostrare una busta di servizio dei
conti correnti postali usata negli anni Trenta del Novecento;
evidentemente il sistema non era poi così macchinoso come l'autore
riteneva.
|
|
Si può ipotizzare che la manualità fosse
facilitata inserendo la busta in una piccola incastellatura e che lo
scodellino metallico interno fosse tenuto fermo da una calamita
posta al centro della struttura e che lo schiacciamento della graffa
fosse praticato con un punzone a leva semplificando molto
l'applicazione del sigillo. Guardando con attenzione la busta
riprodotta si nota in effetti una leggera impronta del dischetto
metallico che dall'interno fu usato come ribattitore della graffa e
che è stato eliminato all'apertura. Riproduco anche l'interno della
busta dove si nota la graffa metallica verniciata di rosso,
rilevando che nell'operazione di ribattitura il dischetto metallico
ha graffiato la carta nella parte interna.
Degno di nota per questo argomento é un richiamo sulle chiusure con
sigilli metallici che si trova pubblicato nel 1939 sul numero di
marzo della "Rassegna delle poste e telecomunicazioni" trovato
on-line grazie all'ISSP che pubblica la raccolta completa della
rivista edita dal 1929 al 1943. Detto paragrafo vieta espressamente
l'uso di sigilli metallici per le assicurate (siamo nel "39 quindi
ben oltre le date riportate dal Riggi) ma evidentemente utilizzati
anche dalle Regie Poste Italiane per le raccomandate di una certa
importanza inerenti al servizio a denaro.
NdR - Si consiglia anche la lettura di I Siegelmarken di MisterKappa
|