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Castelfidardo: tappa decisiva dell'unità d'Italia |
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di Rosalba Pigini gent. concessione da "la Voce del C.I.F.R." n. 91 |
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A circa 3 metri da terra, dove il tronco dà origine alle prime biforcazioni, uno dei rami principali, amputato chissà quando e chissà perché, sembra una cicatrice che rende asimmetrica la chioma maestosa. Quando le si passa accanto, la quercia sembra chiamarci. Appoggiare la mano alla corteccia è un'esperienza straordinaria. Nel silenzio irreale del luogo, il grande albero ci parla. Racconta di urla di soldati, di giovani vite spezzate, di speranze appagate e di altre disilluse
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Nell'altro schieramento, le giubbe azzurre dei Sardo-Piemontesi erano agli ordini del Generale Cialdini, al quale si deve il merito dell'organizzazione, in quel 1860, della calata nelle Marche del IV Corpo d'Armata che da Cattolica, con un'avanzata travolgente, punterà su Ancona per conquistare tutta la regione.
La notte del 17 settembre 1860, scese, silenziosa, distendendosi sui due eserciti schierati e consapevoli dello scontro imminente. La giovane quercia osservava attonita e ascoltava i sussurri e i bisbigli levarsi dai due lati della sua collina, preghiere silenziose e parole dolci a ricordare mogli, giovani figli e genitori in un saluto che la mente sapeva poter essere l'ultimo. Poi, alle prime luci del giorno, improvviso, l'ordine di attacco si levò dal campo dei papalini. E il silenzio lasciò il posto alle cannonate. I passi dei fanti si fecero sempre più rapidi e quelli dei cavalli frenetici. E fu un inferno di fuoco, di grida, di richiami. Si cominciò a combattere e morire.
Avanzate, arretramenti, soldati feriti soccorsi dai compagni, corpo a corpo per conquistare uno spicchio di terra in più, su, verso la cascina Sciava sulla sommità della collina. Fuoco, spari, paura, coraggio, timori, speranze e dolore. Sotto la quercia, il generale de Pimodan, ferito, continuava a esortare i suoi al combattimento, guidandoli. Poi, colpito per la terza volta, cadde ferito a morte. Fu fatto prigioniero, trasportato alla Cascina per essere curato e onorato anche dai nemici. Ai bersaglieri vengono a dare manforte i due battaglioni di fanteria del generale Cialdini e la battaglia giunge al culmine: assalti alla baionetta, mischie accanite; molti restano sul campo. Le forze preponderanti dei piemontesi hanno la meglio: alle 14 la battaglia è conclusa. La vittoria degli Italiani a Castelfidardo è un passo decisivo per l'Unità d'Italia. Castelfidardo faceva parte dello Stato Pontificio fino alla data della battaglia e i bolli dello Stato Pontificio venivano usati per affrancare la corrispondenza in partenza, come in questa lettera da Macerata a Verona del 2/4/1860 affrancata con 8 baj. A causa dell'interruzione dei collegamenti postali tra gli Stati Sardi e l'Austria conseguente alla guerra del 1859, venne inoltrata via Milano-Coira (Svizzera)- Feldkirch (Austria) –e giunse a Verona il 13/4/1860 come documentato dai bolli di transito e di arrivo a tergo.
Con la vittoria delle truppe piemontesi sulle truppe pontificie del 18 settembre 1860, Castelfidardo, con le Marche e l'Umbria, passò sotto lo Stato Piemontese. I francobolli pontifici cessarono di avere validità nelle Marche il 30 settembre 1860. Dal 1° ottobre furono introdotti i francobolli sardi. Le tariffe postali sarde invece furono adottate solo dal 16 ottobre. In quei 16 giorni quindi per affrancare la corrispondenza si dovevano convertire le tariffe postati dalla valuta pontificia a quella sarda e questa lettera ne dà testimonianza. Spedita da Macerata per Roma venne affrancata con quattro diversi francobolli di Sardegna per un porto di 75 c., esatta conversione in centesimi della tariffa pontificia di 15 baj. La lettera, però, venne tassata in arrivo per l'intero importo perché l'amministrazione pontificia non riconosceva i francobolli sardi.
Come detto fino al 15 ottobre l'affrancatura veniva fatta convertendo le tariffe pontificie in quelle sarde e così avvenne anche per questa lettera spedita proprio il 15 ottobre 1860, quindi ultima data di validità ufficiale delle tariffe pontificie, da Pesaro per Recanati, affrancata con 15 centesimi corrispondenti alla tariffa pontificia di 3 bajocchi prevista per le lettere scambiate tra località di due direzioni postali non contigue. | |||||||||||||||
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