Oggigiorno trovarla è quasi un'ardua impresa e spesso la si scopre sotto uno spesso strato di manifestini pubblicitari che la rendono perfettamente mimetizzata nello scenario urbano. La sua storia è, però, ben lungi da essere recente. Nella penisola essa comparve nello Stato Pontificio, agli inizi del 1632, e fu posta lungo le vie consolari. In particolare la prima fu installata sulla Flaminia.
Tale innovazione faceva sì che la nostra lettera potesse essere affidata al servizio postale anche in assenza del corriere, in qualsiasi ora della giornata. Con la loro installazione avvenne una vera e propria rivoluzione sociale. Infatti, si liberalizzava l'accesso al servizio postale da parte della numerosa utenza popolare facendolo cessare, di fatto, il privilegio legato alla casta. La posa in opera delle cassette portò anche al diffondersi del traffico postale definito "ordinario" perché effettuato in modalità ordinaria cioè regolarmente.
Le prime cassette in realtà erano buche postali in pietra con eventuali bordature in metallo della feritoia, potevano anche recare delle iscrizioni scolpite. Talvolta erano in legno con la toppa per la chiave. Le prime buche delle lettere vennero installate sulle pareti dei palazzi comunali dei borghi italici. Inoltre era consuetudine che fosse presente nelle antiche stazioni di sosta e cambio di cavalli lungo le strade di grande comunicazione ove la buca accoglieva la corrispondenza, in attesa della levata da parte del postiglione o del corriere lungo il loro tragitto.
Verso il XVIII secolo si potevano incontrare delle buche delle lettere a forma di testa leonina che erano in uso nella Serenissima Repubblica di Venezia col nome di bocca della verità.
Nei secoli le buche delle lettere si modificarono fino ad assumere la forma di cassette di diverse fogge e materiali. Verso il 1818, nel Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele I emanò un regolamento postale che cita espressamente di "gettare le lettere in buca" come un'alternativa di spedizione delle lettere ordinarie che già erano tassate, allo stesso "diritto" di quelle presentate all'Uffizio di Posta. Quello che variava era solo il momento di riscossione della tassa che era anticipato, se il mittente voleva spedirle "franche" presentandole alla posta, oppure pagate a destino, se gettate nella buca.
Con la nascita del Regno d'Italia l'amministrazione postale emanò specifiche norma chiarificatrici sulla struttura delle cassette postali. Queste dovevano essere posizionate ad un metro e cinquanta dal suolo affinché l'acqua non vi penetrasse e non si potessero estrarre fraudolentemente le missive dall'esterno. I materiali usati erano vari e le nuove cassette andarono a sostituire man mano le buche in pietra e\o quelle delle precedenti amministrazioni postali. I colori usati per renderle riconoscibili erano in genere vivaci e andavano dal verde al giallo e al rosso. La nuova e rivoluzionaria normativa postale del 1863 prevedeva che la
(Buche delle Lettere – Salerno ''Poste Centrali'' non funzionante!)
comodità resa all'utenza nel "gettare in buca" le lettere già affrancate con i francobolli facesse sì che ci fosse un risparmio di spesa anche per l'amministrazione postale. Gli uffici ambulanti postali, poi, visto il loro particolare lavoro potevano utilizzare delle cassette postali asportabili. Non tutte le "buche" erano uguali, man mano si differenziarono per rendere più veloce la consegna delle missive. Una prima suddivisione vi fu tra quelle destinate a contenere la posta per la città e quelle per le altre destinazioni. In seguito vi fu anche la suddivisione tra buche per le stampe e le lettere.
Nell'Italia rurale il sistema del ritiro della posta venne implementato a partire dal 1864 quando si diffusero gli uffici postali periferici: le Collettorie. Esse, per norma, dovevano avere nella sede, che spesso era nei pressi od all'interno della casa comunale, una buca delle lettere accessibile esternamente per imbucare ed all'interno agli addetti dell'ufficio. Questo particolare tipo di buca era chiusa verso l'esterno con una piastra di ghisa coesa al muro e munita all'interno di uno sportello con chiave. Quest'ultima era detenuta dal collettore il quale era il solo autorizzato al recupero della posta imbucata durante la chiusura della collettoria. L'amministrazione postale, da sempre parsimoniosa, forniva la piastra di chiusura della buca ma ne devolveva la cura e manutenzione ai comuni in cui era installata. Il più delle volte il Collettore era un dipendente comunale che per arrotondare il modesto stipendio era anche l'addetto della Collettoria. Fra i suoi compiti c'era anche quello di svuotare la buca delle lettere e consegnare il tutto all'ufficio postale da cui dipendeva. Ulteriore incombenza era quello di fare "la gita"di vuotatura delle buche postali poste nel territorio di competenza della Collettoria e contemporaneamente anche consegnare e raccogliere la posta lungo la strada data dall'utenza rurale. Insomma un piccolo ufficio ambulante ed il tutto veniva fatto usando dei mezzi di fortuna, sovente a piedi.
Ai primi del Novecento nelle grandi città comparvero delle cassette di raccolta sistemate sull'esterno dei "tram" almeno di quelli che lungo il loro tragitto prevedevano una fermata per la stazione ferroviaria. Lì le cassette tranviarie venivano prelevate, svuotate e la posta immediatamente smistata e caricata sugli "ambulanti postali". Milano ebbe anche un "ufficio ambulante su autovettura elettrica" che faceva un percorso circolare della città ritirando la corrispondenza lungo il suo percorso. La peculiarità di tale servizio era che le lettere raccolte venivano lavorate e smistate strada facendo per poi essere rimesse direttamente agli uffici di zona.
Con l'incremento del traffico postale e per favorire l'impostazione si cercò di aumentare i punti di raccolta delle lettere facendo così nascere le ''cassette postali'' ovviamente più facili da posizionare e da svuotare. In genere venivano poste vicino alle farmacie o ai venditori di generi di monopolio, "sale e tabacchi", i quali erano anche destinati alla vendita dei francobolli. Si tenga presente che il regolamento postale prevedeva espressamente che nelle cassette postali e/o nelle buche si potesse imbucare solo quella corrispondenza che "non richieda accettazione da parte della posta" quindi escludendo le lettere "registrate", ovvero raccomandate ed assicurate.
La "levata" della posta dalle cassette postali e/o dalle buche avveniva in orari ben definiti e differenziati a secondo la conformazione territoriale. Nei piccoli centri, di norma, era effettuata una volta al giorno mentre nelle grandi città più volte con orari di levata segnalati. Durante il ventennio fascista sulle cassette postali accanto allo stemma sabaudo venne introdotto il fascio littorio che furono asportati al momento del cambio istituzionale anche scalpellandoli o nascondendoli sotto delle placchette metalliche. Giunta fino ai giorni nostri, sempre più in concorrenza con nuove forme di comunicazione che tendono a ridurre l'uso della lettera e della scrittura la cassetta postale si è trasformata in un contenitore di bollette o di depliant pubblicitari.
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