S. P. del Regno delle due Sicilie

 

pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori

Storie di Vita siciliana

di Giorgio CHIANETTA
(Bollettino Prefilatelico e Storico Postale n. 173)

fig. l. Vita, situata sulla corsa traversa da Alcamo a Castelvetrano del cammino principale da Palermo aTrapani e Mazara. Gli itinerari sono evidenziati sulla carta della Sicilia di Robert Mylne edita a Londra nel 1804, che riporta i percorsi delle strade esistenti in quel periodo nel Val di Mazara, nessuna di queste ancora carrozzabili.

Dall’esame di alcune lettere di una piccola località nel trapanese ho tratto spunto per raccontarvi alcune vicende avvenute tra il giugno 1820 e fine novembre del 1821, tipico esempio di quell’interessante ed inevitabile intreccio tra storia postale, storie private e Storia.

Vita è un piccolo centro situato nel cuore della parte occidentale dell’antica “Val di Mazzara”, oggi nella provincia di Trapani. Rispetto ad altre località siciliane ha una storia relativamente recente, fondata nei primi anni del 1600 dal nobile siciliano Vito Sicomo, feudatario del luogo, il quale nel 1607 ottenne da re Filippo III di Spagna il diritto a popolare le sue terre e diede origine ad un nuovo centro abitato, Vita (1).
Nei due secoli successivi rimase un piccolo comune, ragione per cui le fonti a stampa del 1800 non sono prodighe di informazioni privilegiando le vicine città di Alcamo o Salemi ed i luoghi più rinomati come la non lontana Segesta.

Con la riorganizzazione amministrativa dell’ottobre 1817 le tre storiche valli (2) in cui era suddivisa la Sicilia già dal tempo degli Arabi vennero riordinate in sette valli minori, ovvero le antiche province. Il comune di Vita, con una popolazione allora stimata in 3.160 abitanti (3), venne inserito nel distretto di Alcamo, valle minore di Trapani. Nell’aprile del 1819 seguì la riorganizzazione dell’amministrazione giudiziaria periferica con l’istituzione dei circondari, e Vita fu aggregato a quello di Calatafimi.

Tra il novembre del 1819 ed il febbraio del 1820 vennero pubblicati anche i decreti istitutivi della nuova organizzazione postale (4) che si sarebbe avviata il 1° aprile 1820: Vita divenne sede di officina di posta, collegata alla capitale Palermo attraverso la corsa traversa da Alcamo a Castelvetrano del cammino principale da Palermo a Trapani e Mazzara (Fig. 1).

Quale sia stato il metodo di scelta delle località delle nuove officine postali non è un fatto evidente dalla documentazione ufficiale. Ben 115 officine distribuite sul territorio, organizzate in sei Direzioni provinciali e tutte guidate da una Direzione Generale a Palermo era obiettivamente una struttura complessa e forse sovradimensionata se rapportata alle reali esigenze del tempo. Considerando poi il contesto in cui viveva la maggior parte della popolazione siciliana appare poco comprensibile l’esistenza di molte officine in piccoli centri, come appunto Vita, forse istituite (o mantenute, confermando le precedenti luogotenenze di posta) più per provvedere alle esigenze dei rami locali della pubblica amministrazione che per operare come servizio per la collettività.

Già pochi mesi dopo, la stessa Direzione Generale si rese conto che la nuova organizzazione postale non dava i risultati attesi, soprattutto mancavano i ritorni economici. Ritardi ed inefficienze erano diffusi, soprattutto nei piccoli centri, e questo era motivato anche dalla complessità del processo di gestione della posta e soprattutto della sue procedure di contabilità. E’ sintomatico il fatto che alcuni ufficiali, preoccupati dalla difficoltà del lavoro e coscienti dell’età avanzata, dopo poche settimane chiesero di essere sostituiti (5).

Nel giugno del 1820 venne decretata la chiusura di 41 delle 115 officine di posta (6), tra cui quella di Vita. Una tale decisione, solo a pochi mesi dalla loro attivazione, farebbe pensare alla volontà di correggere un errore già palese, e non ad una conseguenza dei risultati di pochi mesi di funzionamento, viste le oggettive difficoltà di Palermo ad ottenere un quadro completo sull’andamento del servizio. Palermo in pratica non era in grado di conoscere il “prodotto”, o come diremmo oggi il fatturato, di molte delle officine di posta. Numerosi erano gli errori nei bilanci mensili ricevuti nei primi mesi e molte le inadempienze anche totali.

L’attuazione del decreto di chiusura venne però ritardata sino al novembre del 1821 a causa dei moti rivoluzionari scoppiati a Palermo nel luglio 1820, di cui si parlerà più avanti. Le inefficienze ed i problemi continuarono ancora per parecchi mesi e gli agenti contabili della Direzione Generale cercarono di mettere insieme i dati che avevano preparando un gran numero di rendiconti, mensili, bimestrali, ed anche su periodi più lunghi. Ad esempio nel “Notamento sull’esistenza de’ Bilanci, e Stati di Controllo per le officine del Cammino di Trapani, e delle osservazioni per quei tutt’ora mancanti” (7), redatto il 21 novembre del 1821, così viene scritto a proposito dell’officina di Vita:

“Si è eseguita una significativa fatica, cioè la rivangazione di tutt’i carichi da aprile 1820 a tutto agosto 1821 e si è rimessa a scrittura corrente in seguito della quale si attendono tutti i bilanci e controlli.”.

Quindi l’officina di Vita per più di un anno non aveva presentato i rendiconti mensili, nulla da aprile 1820 a novembre 1821. A differenza di altre situazioni c’erano forse dei validi motivi, un susseguirsi di avvenimenti che prima turbarono e poi sconvolsero quella tranquilla officina di posta.

Iniziamo da giugno 1820: sono trascorsi pochi mesi dalla apertura della nuova officina di posta di Vita quando il suo ufficiale, il notaio Gaspare Scaduto, passa a miglior... vita. Venuta a conoscenza del fatto la Direzione Generale di Palermo si preoccupa come prima cosa della continuità del servizio e dà le disposizioni per passare temporaneamente la funzione di ufficiale postale al cancelliere comunale, come da regolamento. Ricordiamo che in Sicilia il cancelliere comunale era colui che per legge doveva gestire, senza compenso aggiuntivo, il servizio postale nei comuni che non erano sedi di officina, ed era sempre il cancelliere a doverne assumere le incombenze nelle località sedi di officina ogniqualvolta l’ufficiale di posta fosse stato assente o non disponibile.

Giuseppe Romano, cancelliere del comune di Vita, a fine giugno assume quindi il ruolo di ufficiale di posta ed in una delle sue prime comunicazioni con la Direzione Generale di Palermo così scrive:

Vita li 28 Giugno 1820

Signore
Accuso il ricapito di un mazzetto di fogli di avviso fattomi tenere entro officio de’ 26 corrente.
Riguardo alla consegna dell’oggetti tutti dalla Direzione Generale rimessi per il servizio di questa Comune Regia Posta al Difunto Uffiziale mi si fece sentire dall’Esecutore testamentario che in questi giorni mi si consegneranno.
Il Cancelliere Comunale
da Uffiziale Provvisorio
Giuseppe D.r Romano


La lettera riporta il N.° 3 di protocollo. Notate come la consuetudine di scrivere lettere per il Comune di Vita lo induca a sbagliare, e come rimarchi nella firma il fatto di essere prima il cancelliere e poi l’ufficiale di posta, ancora provvisorio.
Anche in una successiva lettera del 2 luglio così scrive al Direttore Generale:

Vita lì 2 luglio 1820
Signore
Quest’oggi mi sono state passate dal Cugino del Difunto Ufficiale di Posta Not.r Scaduto, gl’oggetti tutti appartenenti al ramo postale, per cui mi darò tutta la premura di notarvi nelli libri corrispondenti le lettere ricevute, e distribuite, ed altro ammente del regolamento.
Il Cancelliere da Ufficiale Provvisorio
Giuseppe D.r Romano.

fig. 2 - Lettera dall'officina di posta di Vita del 2 luglio 1820.

La lettera (Fig. 2), segnata all’interno con il N.° 5 di protocollo, reca l’impronta del bollo ovale con fregi “VITA” e l’impronta dell’ovale “REAL SERVIZIO”, entrambi in nero, due dei quattro bolli in dotazione ad ogni officina (gli altri erano “FRANCA” e “ASSICURATA”). La Direzione Generale di Palermo vuole però conoscere tutti i dettagli del passaggio di consegne e nella risposta del 6 luglio ordina all’ufficiale postale di mandare una distinta completa di quanto ricevuto. Il Romano aveva già provveduto a redigere il processo verbale di consegna degli oggetti postali, di cui ne prepara una copia “da valere pell’Amministrazione delle Regie Poste” che spedisce a Palermo. Eccone alcuni passi:

Vita lì due Luglio 1820
Nella Casa Comunale ed alla nostra presenza conferitosi il rev.° Sacerdote D. Nicolò Scaduto, Curato maggiore di questo Comune, qual zio del difonto Notar D. Gaspare Scaduto, Offiziale della posta di questo Comune ed hà passato in potere del Cancelliere Comunale D. Giuseppe D.r Romano li seguenti oggetti ed altro appartenente al ramo postale di detto Comune e cioè:
Primariamente un libro titolato organizzazione delle Poste delli Dominij di là del faro.
Più un estratto instampa degl’articoli relativi aj Doveri prescritti nella nuova organizzazione.
Più un notamento che si spediscono di unita ai fogli d’avviso diretti a Palermo.
Più fogli d’avviso destinati alle spedizioni dirette per Palermo.
Più altri fogli d’avviso per la spedizione ad Alcamo.
Più num.° novi bilanci d’introjto mensile senza essere scritturati ed inbianco.
Più un libro di Real servizio d’arrivo ripieno a tutti li 9 Giugno 1820.
Più un libro di lettere di Real Servizio d’arrivo [si riferiva probabilmente al registro delle lettere in partenza] ripieno a tutti l’otto Giugno 1820.
Più un libro di lettere assicurate di spedizione senza esservi nulla notato.
Più un libro di lettere assicurate d’arrivo senza esservi nulla annotato.
Più un libro di lettere affrancate di spedizione senza esservi nulla annotato.
[…]
Più num.° quattro suggelli per uso di detta officina cioè uno coll’indicazione Vita, altro assicurata, altro Real Servizio, altro franca.
E di tutto ciò abbiamo redatto il presente processo verbale per depositarsi in potere del Cancelliere; fatto e chiuso oggi, giorno mese ed anno come sopra.=
Il sindaco Sigismondo Triolo
Sac. Nicolò Scaduto
Il Cancelliere Giuseppe Dottor Romano
Per copia conforme
Il Cancelliere
Giuseppe D.r Romano


Il documento descrive nel dettaglio l’articolata dotazione amministrativa di una officina postale siciliana, fatta di registri e di libri contabili (una decina) e di tanti moduli a stampa, tutti da utilizzarsi secondo le regole del complesso Codice postale (composto da oltre 500 articoli!) da richiedere un estratto di ben 24 pagine. Sono citati anche i quattro bolli (suggelli) di cui l’officina di Vita era dotata, ancora per poco come vedremo più avanti. Dalla lettura del verbale si rileva che tutti i moduli dei bilanci mensili ed alcuni registri, tra cui quello delle lettere “assicurate” e “franche”, all’atto della consegna erano ancora intonsi; i registri delle lettere di “Real servizio” in arrivo e partenza riportavano annotazioni sino all’8-9 giugno 1820. Possiamo quindi dedurre che nel periodo in cui il notaio Gaspare Scaduto aveva condotto l’officina furono certamente spedite e ricevute lettere di “Real servizio” ma nessuna lettera “franca” e nessuna “assicurata”.

Nel mese di luglio la situazione cambia radicalmente: il 15 scoppia a Palermo la rivolta contro il governo centrale e tra le altre cose viene temporaneamente sospeso il corso della posta. Il marchese Ruffo, a capo della Amministrazione delle Poste di Palermo e sostenitore dei Borboni (8), viene sostituito dal marchese di San Giacinto, già suo Segretario Generale. Con una circolare a stampa datata 24 luglio, il San Giacinto comunica a tutti gli ufficiali il ristabilimento del servizio postale per l’interno che per l’estero, rende nota la sua nomina e comunica infine il ritorno alle tariffe in vigore prima dell’aprile 1820 per la tassazione delle lettere per l’interno della Sicilia. Tale circolare raggiunge anche l’officina di Vita ed il 30 luglio il Romano ne dà riscontro a Palermo:

Vita lì 30 Luglio 1820
Signore
accuso il ricapito della circolare de’ 24 del cadente Luglio, prescrivente la tassa da esigersi pelle lettere dell’interno, che pell’estero, e sarà mia cura l’adempimento.
L’Uffiziale della Posta
Giuseppe D.r Romano.

Dopo questa lettera, sull’officina di Vita sembra calare il silenzio. Gli scritti riprendono solo l’11 ottobre 1820 con una lettera alla Direzione Generale di Palermo stranamente contraddistinta dal N.° 1 di protocollo e soprattutto con segni grafici a penna “VITA” e “REAL SERVIZIO” al posto dei normali bolli ovali (Fig. 3). Cos’era successo? Ce lo spiega lo stesso Giuseppe Romano, che nella lettera così racconta:

Al Signor Direttore Generale delle Regie Poste di Palermo.
Vita lì 11 Ottobre 1820
Signore
… Sùddicciò debbo sommetterle che sotto il giorno 12 Agosto scorso, passando da questa [da Vita] le guerriglie sotto protesto d’andare a Trapani, quali erano composte di tanti assassini, che andavano rubbando, unitesi con alcuni di questa malintenzionati diedero mano alla tumultazione assaltando pria la Cancelleria Comunale, e brucciarono tutte le carte ivi esistenti, poscia passarono a tutte le case de’ facoltosi del Comune, a quella del Prosegreto, e fra l’altri la mia ed in ogni casa che assaltavano rubbavano il tutto, e brucciavano tutte le carte, che ivi si ritrovavano. In quella del Prosegreto oltre della rapina bruciarono tutte le carte prosegreziali, e i libri e scritture di sua casa, e nella mia domentre rubbavano il mobilio, argento ed altro pure diedero alle fiamme tutti l’atti Notarili di mio Signor Padre, gl’atti de’ Notari difonti, o sia Archivio, che conservava mio Signor Padre qual Conservatore Generale, tutti i libri, e scritture di mia casa, e fra l’altri i libri Codice Bolli, ed altro appartenenti al Ramo Postale, avendomi in una parola bruciato il tutto, e rubato il mobile, argento ed altro.
Ciò essendo non possono da me punto eseguirsi le incombenze d’Uffiziale Postale mancandomi tutto il materiale necessario ed appartenente al detto Ramo, laonde bisogna altravolta provedermi del Codice, libri, bolli, fogli d’avviso, ed altro per uso di detto Uffizio, per così adempire al dovere di mia carica. Loché serva di mio discarico.
L’Uffiziale
Giuseppe D.r Romano”

fig. 3 - Lettera dell'officina di posta di Vita dell'11 ottobre 1820. Arriva a Palermo il 14 ottobre, come da datario impresso sul recto, posizione tipica di quel periodo.

I moti rivoluzionari si erano propagati da Palermo ad altri paesi e città della parte occidentale della Sicilia. Le cosiddette “guerriglie” erano in pratica delle spedizioni organizzate dai rivoltosi per “convincere” altre città siciliane ad abbracciare la causa rivoluzionaria (9). Erano però composte anche da vagabondi e delinquenti privi di scrupoli e di qualunque controllo, e questo spiega le devastazioni a cui si abbandonarono, proprio come quelle prima descritte dal Romano. Tutti gli oggetti postali dell’officina di Vita, inclusi i quattro bolli, erano quindi andati perduti; sappiamo che analoghe devastazioni avvennero anche nelle officine di Trabia e Ficarazzi (10), nei dintorni di Palermo. Alla Direzione Generale il marchese Ruffo, che nel frattempo aveva ripreso il suo posto, così annota per la risposta:

Si resta inteso. Procuri per ora di servire della miglior maniera possibile ed in appresso la D. G. non mancherà a spedire le opportune provvidenze. Ruffo.

La risposta al Romano fu inviata il 19 ottobre. La promessa di rimandare tutta la dotazione dell’officina fu in buona parte disattesa. Furono mandati alcuni moduli a stampa (11)ma non i nuovi registri né i nuovi bolli postali: così l’officina di Vita continuò ad annotare a penna la provenienza nelle lettere in partenza, ancora per un mese o poco più (fig. 4).

fig. 4 - Lettera dal comune di Vita del 30 novembre 1821. Il monogramma al centro è il bollo di controllo "MRDG" (Marchese Ruffo Direttore Generale) apposto in arrivo a Palermo per attestare la correttezza della franchigia.

Il 19 novembre 1821 divenne esecutivo il provvedimento di chiusura decretato nel giugno dell’anno precedente. La Direzione Generale di Palermo invia ai titolari delle 41 officine soppresse una circolare con le disposizioni per l’immediata chiusura e con l’ordine di consegnare oggetti e denaro al locale prosegreto (12). A tutti gli altri ufficiali invia la comunicazione per conoscenza e l’elenco delle officine chiuse in modo tale che essi possano modificare di conseguenza le reciproche relazioni postali. Altre comunicazioni vengono inviate ai sindaci ed ai prosegreti dei comuni sedi di officina soppressa. Ai sindaci si danno le indicazioni sulla presa in carico da parte del locale cancelliere delle incombenze del servizio postale, alle dipendenze dell’officina di posta a cui sarebbero state aggregate (nel caso di Vita, sarà Salemi). Ai prosegreti si dà l’incarico di prendere in consegna dall’ufficiale postale tutti gli oggetti inerenti il servizio ed in particolare le somme di denaro in deposito presso le officine, con l’ordine di rimettere il tutto alla Direzione Generale, ad eccezione del libro del codice postale che andava consegnato al sindaco come dotazione per il cancelliere.

A Vita la situazione è un po’ particolare: l’ufficiale di posta ed il cancelliere comunale sono la stessa persona, Giuseppe Romano, che cessa di avere un doppio incarico per ritornare all’unico servizio che svolgeva in origine, mantenendo ora in altra veste l’incombenza del disbrigo della posta. Egli non ha nemmeno l’onere di riconsegnare documenti e contabilità al prosegreto perché, come si è visto, ad agosto dell’anno precedente tutto era stato bruciato dalle “guerriglie” palermitane. In realtà qualcosa da consegnare c’era, la giacenza di cassa da ottobre che il Romano si affretta a notificare al locale prosegreto (13).

Privato della sua officina postale, il comune di Vita si trova ora escluso dalle soste del corriere postale che proveniente da Calatafimi ora prosegue verso la successiva tappa di Salemi, pur continuando a transitare da Vita (il cammino da Alcamo a Castelvetrano non è in pratica cambiato, vedi fig. 1). In altri termini, la corrispondenza relativa al comune di Vita può essere lasciata e prelevata solo a Salemi, l’officina di posta a cui Vita era stata aggregata. Salemi e Vita si sarebbero poi scambiate la posta con un corriere di posta interna, pagato dal comune di Vita, che avrebbe coperto le poche miglia di distanza. Questa situazione si sarà presentata probabilmente in molte delle officine di posta soppresse, la cui chiusura aveva certamente velocizzato il percorso dei corrieri ordinari e affittatori e semplificato un po’ il lavoro di alcuni ufficiali di posta, rendendo però meno efficiente il servizio postale di 41 comuni.

A fine novembre 1821, solo pochi giorni dopo aver inviato le comunicazioni di chiusura, quasi seguendo un disegno complessivo già preordinato, ecco che la Direzione Generale di Palermo rende nota una nuova disposizione: i sindaci dei comuni delle officine soppresse possono chiedere che il corriere postale in transito si fermi nella locale cancelleria per lo scambio della relativa corrispondenza. Apparentemente è un passo indietro, vengono reintrodotte le soste che rallentavano i corrieri, ma tutto è concesso purché ci sia un ritorno economico: infatti questo servizio ha un costo, un canone annuo da pagarsi anticipatamente. A Vita la comunicazione viene inviata il 29 novembre ed il sindaco prontamente risponde il giorno successivo chiedendo conferma del canone annuo:

Vita, lì 30 Nov.e 1821
Signore
Di riscontro al di lei foglio de’ 29 stante n.° 2243 mi dica qual dovrà essere la somma annua che questo Comune di terzo in terzo dovrà pagare alla Direzione Generale per lo farlo presente al Sig.e Intendente per autorizzarmi a tale esito, e così restare ferma quest’officina osia di lasciarsi dal Corriero ordinario al passaggio di questa le lettere al Cancelliere, e riceversi al ritorno.
Il Sindaco
Sigismondo Triolo


Nella minuta della risposta così scrive la Direzione Generale:

Al Sindaco del Comune di Vita, il 10 Dicembre 1821
Rispondendo al di lei foglio del 30 Novembre scorso, col quale ha chiesto sapere qual somma debbesi pagare da cotesto Comune per esservi lasciata al passaggio del Corriere la corrispondenza al medesimo appartenente, le dico che può corrispondere la somma di once
(14) sei annuali pagabili di terzo in terzo anticipatamente. Quindi in questa intelligenza farà Ella arrivare i suoi riscontri, perché possano dalla Direzione Generale al proposito emettersi le convenienti disposizioni.
Il D.G.


Tornando all’ultima lettera (Fig. 4), essa riporta sul frontespizio ancora le indicazioni grafiche di provenienza apposte dall’ormai ex ufficiale di posta Giuseppe Romano, ora solo cancelliere comunale. In più riporta i bolli ovali di Salemi a riprova dell’avvenuta aggregazione postale a questa officina. Nei primi di dicembre, il Romano cessò di marcare la corrispondenza con le annotazioni grafiche, infatti già dal 12 dicembre le lettere provenienti da Vita recano solo i bolli ovali di Salemi.


___________________________________

NOTE:

  1. E’ naturale pensare che il nome Vita derivi da quello del fondatore Vito Sicomo, anche se esiste una ipotesi di origine più antica.
  2. Il R.D. N.° 932 dell’11 ottobre 1817 stabiliva la riorganizzazione, dal 1° gennaio 1818, delle tre grandi Valli di Mazara, di Noto, e di Demone in sette nuove Valli minori, Palermo, Messina, Catania, Girgenti, Siracusa, Trapani, Caltanissetta, ognuna amministrata da una Intendenza; ogni intendenza era poi suddivisa in distretti.
  3. I dati non sono a volte coerenti. Le tabelle allegate al decreto del 1817 prima citato, riportano per il comune di Vita una popolazione di 3.160 anime secondo i dati del censimento del 1798; nelle tabelle annesse alla legge del 1819 sui circondari (N.° 1565 del 16 aprile) vengono indicati per Vita 2.800 abitanti; Giuseppe Ortolani nel suo Nuovo dizionario geografico statistico, edito nel 1819, parla di 5.120 abitanti.
  4. R.D. N.° 1756 e 1757 del 10 novembre 1819 e N.° 1896 del 25 febbraio 1820.
  5. Cito per tutti un passo della lettera del 7 aprile 1820 spedita da Vincenzo Giorgio, nominato Ufficiale di Posta di Burgio (provincia di Girgenti) al Direttore Generale Ruffo: “Non capisco come Vostra Eccellenza non si hà benignato riscontrarmi per quello riguarda la mia renunzia, che in dette mie hò avanzato all’E. V. onde la priego di eligere altro soggetto abile a poter sostenere tale carica, giacché, stante la mia ignoranza di lettere, non posso in verun conto poter servire, attendo al di lei oracolo su questo particolare, giacché non riparando a ciò è l’istesso che uscirmi il cervello dovendo pratticare un officio, che io non sò, e mentre non posso far di meno di eseguire il disbrigo del Corriero, mi protesto di non incolpare a mancanza tutti gli errori.”.
  6. R.D. N.° 2013 del 27 giugno 1820.
  7. Archivio di Stato di Palermo, Fondo Poste e Procacci, busta 119.
  8. Lorenzo Previteri, L’istituzione delle officine postali nel Regno di Sicilie - La rivoluzione siciliana del 1820-1821, Aldo Ausilio Editore in Padova, 1976, p. 31.
  9. Vedi a questo proposito un articolo di Giuseppe Marchese, I moti del 1820 dalle parti di Trapani, in Numero Unico edito in occasione di Drepanumphil 2003.
  10. Lorenzo Previteri, op. cit., p. 28.
  11. In una lettera del 29 marzo 1821, il Romano comunica alla Direzione Generale che sono terminati i fogli di avviso per Palermo e per le officine in corrispondenza, ed i notamenti delle lettere di Real Servizio, moduli a stampa essenziali per lo svolgimento del servizio perché accompagnavano ogni spedizione da una officina di posta.
  12. Il prosegreto era il responsabile dell’amministrazione finanziaria in Sicilia nei piccoli comuni, non capoluoghi di distretto. Segreto e prosegreto erano cariche derivanti dalla vecchia amministrazione finanziaria siciliana, che verrà rinnovata solo nel gennaio del 1824.
  13. Vedi lettera del 21 novembre 1821 pubblicata su: Vincenzo Fardella de Quernfort, Storia postale del regno di Sicilia dalle origini all’introduzione del francobollo (1130-1858), Editrice Zefiro, Palermo, 1999, p. 198.
  14. oncia (onza) siciliana, 1 oncia = 3 ducati napoletani; dal 1° gennaio 1821, l’antica monetazione siciliana in onze, tarì, grana e picc(i)oli era stata formalmente abolita dai documenti ufficiali nei territori al di là del Faro, a favore della monetazione napoletana in ducati, carlini, grana e cavalli, che già dall’aprile 1818 era stata decretata come unica moneta del Regno; nonostante questo l’abitudine di fare i conti in once era ancora molto radicata.
 
pagina iniziale le rubriche storia postale filatelia siti filatelici indice per autori