Appendice A
Paolo Calvini *
ANALISI FTIR
(SPETTROSCOPIA INFRAROSSA IN TRASFORMATA DI FOURIER)
Spettroscopia infrarossa.
La spettroscopia infrarossa si basa sull’assorbimento della radiazione di frequenza
compresa tra 4000 e 400 cm‾¹ (tra il visibile e le microonde) da parte delle molecole.
L’energia associata alla radiazione infrarossa è in grado di provocare oscillazioni
dei gruppi di atomi che costituiscono una molecola, particolarmente se i legami tra
gli atomi sono di tipo covalente e gli atomi stessi sono leggeri (idrogeno, carbonio,
azoto, ossigeno). Per tale motivo la spettroscopia FTIR è particolarmente indicata nell’analisi
di composti organici. In generale, ogni molecola organica dà origine ad uno
spettro caratteristico, che appresenta per così dire la sua “impronta digitale”. Inoltre
alcuni gruppi di atomi che compongono la molecola danno origine a segnali caratteristici
ad una determinata frequenza, indipendentemente dagli atomi vicini e dalla
posizione all’interno della molecola stessa. Quest’ultima caratteristica permette all’analista
di ottenere utili informazioni su tali gruppi e di valutarne l’origine e la reattività,
anche nei frequenti casi in cui l’impronta digitale è troppo confusa per un’identificazione
sicura dell’intera molecola.
Nei campioni presi in esame nel presente lavoro ci si è trovati di fronte ad una
miscela eterogenea di componenti organici (carta, collatura, leganti e pigmenti degli
inchiostri, prodotti di degradazione), ognuno con il proprio spettro FTIR che contribuisce,
sommandosi agli altri, allo spettro totale registrato dallo strumento. Tramite
appositi algoritmi di sottrazione spettrale, di deconvoluzione e di best-fit 1) è possibile,
entro certi limiti, separare i contributi spettrali di ogni componente e giungere alla
loro identificazione sfruttandone i segnali FTIR dei gruppi atomici caratteristici (alcooli,
aldeidi, chetoni, carbossili, esteri, ammine). Tuttavia le molecole inorganiche composte da atomi pesanti (piombo, mercurio, ferro, rame presenti nei pigmenti degli
inchiostri) spesso sfuggono all’analisi FTIR, che deve perciò essere integrata da altre
tecniche analitiche specifiche.
Strumenti e metodi.
Lo strumento utilizzato in questo lavoro è uno spettrofotometro FTIR Perkin-Elmer Spectrum One (fig. A1) dotato di accessorio ATR con cella a ZnSe. Tale configurazione
strumentale è particolarmente indicata nel caso di materiali cartacei o pittorici
in quanto permette l’analisi non distruttiva dei campioni, che vengono semplicemente
appoggiati sullo stativo orizzontale e sottoposti ad una debole pressione per
assicurarne il contatto con la finestra di passaggio della radiazione infrarossa, con
sonda di misura pari a circa 1 mm². Lo spettro risultante è pertanto la somma degli
spettri degli inchiostri (presenti come linee sottili), e di una limitata porzione della
carta circostante. Le misure sono state effettuate con una risoluzione di 4 cm‾¹ nell’intervallo
tra 4000 e 550 cm‾¹ in unità di Assorbanza (A) ed il rapporto segnale/ rumore è stato innalzato ripetendo la misura per dieci volte sullo stesso punto.
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Fig. A1. Lo spettrofotometro FTIR Perkin-Elmer Spectrum One, presso il laboratorio della
Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio della Liguria, qui ripreso durante l’analisi di
uno dei documenti. |
Analisi delle buste in materiale plastico trasparente.
La fig. A2 riporta lo spettro FTIR della tasca di plastica commerciale utilizzata per
la conservazione dei documenti (A) confrontato con quelli di altri materiali plastici
(B e C).
La somiglianza tra il campione incognito (A) ed il copolimero cloruro di vinileacetato
di vinile (B) è evidente. In ogni caso, il segnale a circa 1726 cm‾¹ presente sia
in (A) che in (B) è tipico di un gruppo estere, che può idrolizzare nel tempo dando
origine a componenti acidi a basso peso molecolare. Il segnale dell’estere è invece
assente nella busta commerciale in polipropilene (C).
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Fig. A2. Spettri FTIR del campione incognito (A) confrontato con quelli di un copolimero 98%
cloruro di vinile - 2% acetato di vinile (B), di una tasca commerciale a base di polipropilene (C). |
Analisi delle carte e dei bolli.
Campioni 1821. Le due carte sono fatte a mano e di manifattura diversa, come
testimoniato dalle due diverse filigrane. Ambedue sono collate con gelatina (segnali
tipici a circa 1643 e 1550 cm‾¹). La carta con filigrana “torre” contiene una quantità leggermente maggiore di collatura ed è azzurrata, ma il segnale FTIR del colorante
(probabilmente indaco) non è rilevabile all’ FTIR in quanto di debole intensità e nascosto
dai forti segnali della carta e della collatura.
Questa stessa carta, con timbro rosso non alterato, contiene quantità rilevabili di
carbonato di calcio (debole segnale a 873 cm‾¹ ed innalzamento del picco a circa 1424 cm‾¹ ), al contrario dell’altro campione, con filigrana “masso”, con timbro alterato.
Stante le minime differenze spettrali, nella parte inferiore della fig. A3 viene riportato
lo spettro FTIR della sola carta con filigrana “torre”, spettro di riferimento utilizzato
per valutare le differenze con quello degli inchiostri.
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Fig. A3. Spettri FTIR di confronto sui documenti del 1821. |
Sia l’inchiostro alterato sia quello non alterato mostrano le stesse caratteristiche
spettrali generali. Il doppietto a 2912 e 2850 cm‾¹ , assente nella carta, è dovuto al
legante, ma il segnale è troppo debole per stabilire con certezza se il legante è di tipo
cellulosico (gomma arabica) o oleoso degradato. Tuttavia quest’ultima ipotesi è da
escludere, stante la mancanza di aloni fluorescenti all’UV intorno ai bolli, mentre l’aspetto
generale dello spettro tra 1700 e 1500 cm‾¹ suggerisce un legante a base di
gomma arabica. La banda tra 1500 e 1200 cm‾¹, larga, forte e poco risolta indica un
colorante di origine vegetale. Le minime differenze tra i due spettri FTIR dei bolli
potrebbero essere imputabili all’eterogeneità del substrato e non sono pertanto una
prova esaustiva di un degrado causato dalla tasca in cui il bollo alterato era stato conservato.
Non è da escludere, inoltre, la presenza e la modifica di un componente inorganico
nell’inchiostro, componente inorganico che l’FTIR non è in grado di evidenziare.
Campioni 1844.
Anche in questo caso le due diverse filigrane indicano che i due campioni di carta
sono di manifattura diversa. Ambedue sono collate con gelatina e contengono piccole
quantità di carbonato di calcio. Nella carta con filigrana “testa”, con bollo che ha
subito variazione di colore, il segnale della gelatina è leggermente meno forte che
nella carta con filigrana “ancora”. In ogni caso, stante la minima differenza spettrale
tra le due carte, nella parte inferiore della fig. A4 viene riportato per semplicità soltanto
lo spettro FTIR della carta con bollo degradato con filigrana “testa”.
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Fig. A4. Spettri FTIR di confronto sui documenti del 1844. |
Sia il bollo con inchiostro non degradato sia quello degradato presentano segnali
di carbonato di calcio, dal che si può dedurre che i due inchiostri non siano particolarmente
acidi. Rispetto alla carta di base, il doppietto a circa 2920 e 2843 cm‾¹ dei
bolli indica la presenza di un legante oleoso a catena alifatica (gruppi C-H). Tuttavia
la banda dell’estere (R-COOR) a circa 1726 cm‾¹ , tipica degli olii, è assente in ambedue
i bolli. La mancanza di segnali FTIR significativi nei bolli confrontati con il substrato
cartaceo indica che l’inchiostro è a base di un colorante inorganico. La mancanza di
segnali evidenti di ossalati 2) e di ossidazioni prodotte dal ferro 3) porta ad escludere una
composizione degli inchiostri a base di ossi-idrossidi di ferro, il cui colore può variare dal rosso al ruggine ed al bruno in funzione della granulometria e dei vari stati di
ossidazione. La presenza di un ampio alone fluorescente all’UV intorno alla traccia dei
due bolli suggerisce che dopo 150 anni il legante oleoso sia stato parzialmente degradato
dal pigmento inorganico con idrolisi dell’estere 4). Tuttavia questo è avvenuto sia
per il bollo alterato sia per quello non alterato, e pertanto la variazione di colore
riscontrata non è imputabile a questa reazione di idrolisi del legante.
Una delle caratteristiche salienti del bollo alterato è la presenza delle bande tipiche
dei solfati, caratterizzati dall’aspetto “ondulato” della larga banda R-OH centrata
a 3333 cm‾¹ e dal forte segnale a 1105 cm‾¹ . Per verificare se questa fosse la causa dell’alterazione,
gli spettri FTIR sono stati ripetuti in diverse posizioni sia sulle carte sia
sui bolli. I risultati ottenuti hanno evidenziato la non uniforme distribuzione dei solfati,
i cui segnali sono più o meno intensi nelle diverse carte esaminate e nelle diverse
posizioni, indipendentemente dalla presenza del bollo. Inoltre la presenza di solfati è limitata alla superficie del foglio e tende a perdersi con i ripetuti maneggiamenti
dei campioni nei vari passaggi analitici e di confronto visivo. In assenza di campioni
di riferimento uguali, conservati in località diverse ed in condizioni ambientali diverse,
non è possibile stabilire con certezza se la presenza di solfati sia dovuta alle tecniche
di manifattura delle carte, a procedimenti di asciugatura degli inchiostri manoscritti
oppure a condizioni ambientali sfavorevoli che hanno portato alla formazione
di solfato di calcio (vedi Appendice B, esami XRF) per attacco acido al carbonato di
calcio inizialmente presente in quantità probabilmente superiore a quella riscontrata
più di un secolo dopo. In quest’ultimo caso è da considerarsi una fortuna che l’artigiano
produttore delle carte abbia usato il carbonato di calcio, una riserva alcalina
che, reagendo con l’acidità ambientale, ha protetto i documenti dal degrado.
Campioni 1848-49.
Ambedue le carte sono caratterizzate dalla filigrana “ancora”, ed hanno uno spettro
FTIR perfettamente sovrapponibile ed analogo a quello della carta 1844 con la stessa
filigrana, a parte l’eventuale segnale dei solfati. Il campione 1849 presenta una leggera
colorazione azzurra, che tuttavia non dà segnali evidenti all’ FTIR. In fig. A5 sono
riportati gli spettri FTIR della carta e di due bolli, uno non alterato e l’altro alterato.
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Fig. A5. Spettri FTIR di confronto su documenti del 1848-49. |
Rispetto ai campioni del 1821 (fig. A3) si nota, nei bolli, un segnale più forte del
legante oleoso (gruppi C-H a circa 2920 e 2843 cm‾¹ ), cui corrisponde un debole
segnale dell’estere a circa 1726 cm‾¹ . In ambedue i casi (bollo alterato e non) il sottile
anello di fluorescenza sotto UV intorno agli inchiostri indica una minor degradazione
del legante. Per il resto, le caratteristiche spettrali sono analoghe a quelle dei campioni 1844 (fig. A4), a parte i forti assorbimenti nella zona tra 1500 cm‾¹ e 200
cm‾¹, anch’essi imputabili al legante oleoso. Un’accurata analisi con tecniche di
deconvoluzione e di curve fitting degli spettri FTIR, associate ad altre analisi specifiche
ma distruttive, permetterebbe con ogni probabilità di identificare il legante ed i
suoi prodotti di degradazione ma tale identificazione, lunga e laboriosa, esula dagli
scopi del presente lavoro.
Conclusioni.
Dal primo screening tramite spettroscopia FTIR su diversi tipi di carte ottocentesche,
con bolli rosso-arancio che presentano variazioni di colore in condizioni di conservazione
diverse sono emersi i seguenti punti salienti.
1. La conservazione dei documenti in tasche di plastica trasparente con segnali
FTIR di gruppi estere (sia pur deboli) non giova certamente alla stabilità cromatica dei
bolli.
2. L’inchiostro utilizzato negli anni Venti dell’Ottocento, a base di pigmenti vegetali
e leganti “gommosi” è diverso da quello degli anni Quaranta, a base di pigmenti
minerali e leganti oleosi. Tale variazione composizionale è stata tuttavia riscontrata
esaminando un numero troppo limitato di campioni ed andrebbe suffragata da ulteriori
analisi storico-scientifiche.
3. L’alterazione cromatica riscontrata non è imputabile alle interazioni tra il materiale
plastico delle tasche ed il legante, degradato nei 150 anni di vita del manufatto.
4. La causa dell’alterazione cromatica risiede nel tipo di pigmento usato negli
inchiostri dei bolli rossi siciliani del XIX secolo. È altamente probabile che il colore
osservato oggi sia già leggermente diverso da quello originale, sia nel caso dei bolli
anni Venti sia in quelli successivi. L’entità della variazione può dipendere inoltre dalla
permanenza, in passato, in ambienti inadatti con accatastamento dei documenti. Di
conseguenza, la recente conservazione in contenitori non adatti che ha provocato ulteriore
alterazione potrebbe avere influito in maniera diversa su campioni originariamente
simili ma dalla “storia” diversa.
5. Sebbene l’analisi FTIR non sia particolarmente adatta allo studio della composizione
di pigmenti colorati stesi su substrati organici eterogenei, i cui forti assorbimenti
infrarossi mascherano i deboli segnali dei componenti inorganici, dal complesso
delle analisi effettuate risulta una probabile composizione a base di minio degli
inchiostri dei bolli successivi agli anni Venti 5). Tale ipotesi deve tuttavia essere confermata
con tecniche analitiche più adatte, quali la spettroscopia Raman e l’XRF.
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NOTE
*) Ministero Beni e Attività Culturali, Soprintendenza Beni Architettonici e Paesaggio della Liguria, via
Balbi,10, 16126 Genova, paolo.calvini@tin.it.
1) Paolo CALVINI, Stefano VASSALLO, “Computer-aided infrared analysis of heterogeneous works of art”,
di prossima pubblicazione in Studies in Conservation.
2) Nuria FERRER, Maria Carme SISTACH, “Characterisation by FTIR spectroscopy of ink components in
ancient manuscripts”, in Restaurator 26, 2005, pagg. 105-117.
3) Paolo CALVINI, Andrea GORASSINI, “The degrading action of iron and copper on paper: a FTIR -deconvolution
analysis”, in Restaurator 23, 2002, pagg. 205-221 (con un’errata corrige in www.paolocalvini.it).
4) Jaap VAN DER WEERD, Annelies VAN LOON , Jaap J. BOON, “FTIR studies of the effects of pigments on
the aging of oil”, in Studies in Conservation 50, 2005, pagg. 3-22.
5) Sébastien AZE, Jean-Marc VALLET, “Chromatic degradation processes of red lead pigment”, in preprint. chemweb.com/inorgchem/0206001.
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