S. P. del Regno delle due Sicilie

 

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Alcune considerazioni sul Servizio Postale
e sulle lettere inoltrate per via privata in Sicilia

di Giuseppe MARCHESE (Bollettino Prefilatelico 1980)



Fig.1 - Lettera da Comiso 20-11-1855 a Siracusa.
Istradata a Modica e consegnata all'Officina Postale di quella località, la lettera attraverso Scicli raggiunse il terminale di Noto ove ricevette l'annullo "Noto" attestante il cambio di corsa. La lettera poi prosegue attraverso Palazzolo, Buccheri e Vizzini fino a Lentini capolinea della "corsa traversa". Da Lentini prosegue poi per Siracusa con la corsa da Messina a Siracusa. Dopo questo periglioso viaggio la lettera, che giustamente era stata "raccomandata all'amico Onisi" (manoscritto), non venne neanche assoggettata al porto per doppia corsa e fu tassata per due grani.

Chi raccoglie o fa collezione di prefilateliche sa quanto gradevoli e ricercati siano gli annulli di dotazione, ma anche quelli accessori, specie se impressi con inchiostri colorati. È innegabile che in tutte le collezioni l'aspetto estetico è determinante e quindi nelle prefilateliche è determinante il bollo che da solo contribuisce a rendere meno piatta una lettera con un breve indirizzo vergato sopra.

Ma se tale comportamento è generato da un motivo puramente decorativo è doveroso spezzare una lancia anche in favore di quelle lettere che non portano bolli ornamentali vari. Parlo in sostanza di quelle lettere che vennero recapitate, in periodo prefilatelico, per mezzo di trasportatori occasionali e non affidati al regolare servizio postale.
Nel non molto felice regno di Ferdinando II, chiamato dai suoi sudditi con il vezzeggiativo di "re bomba" vi era un servizio postale descritto come efficiente e capillare. Ecco infatti cosa scrive Gaetano Russo a pag. 23 nel suo volume citato in bibliografia:

«... Insomma una ben congegnata rete di corse e di percorsi principali, tanto sulla cosiddetta "via delle marine" quanto sulla "via delle montagne", l'una e l 'altra percorsa dal corriere della Direzione Generale e collegata ai comuni vicini da corse minori, o da cammini traversi».

Dello stesso avviso, anche se di tono meno elegiaco, sono anche gli altri studiosi che hanno parlato sul servizio postale prefilatelico in Sicilia.

Senza allungare eccessivamente il discorso che verte principalmente su altri argomenti preciso che il carattere e l'organizzazione del servizio postale in Sicilia erano strettamente riservati a quella ristretta cerchia di persone che per il loro rango e per la struttura sociale dell'epoca dimoravano nelle grandi città.

A riprova di ciò si constata che in tutta la Sicilia esistevano 72 "officine postali" dopo la riforma del 1820, le quali coprivano sì tutte le principali città dell'isola, ma ne escludevano una considerevole parte.
In provincia di Trapani vennero istituite le officine postali di: Alcamo, Calatafimi, Castelvetrano, Marsala, Mazara, Salemi, Trapani. Città queste tutte rivierasche, eccetto Calatafimi e Salemi, che da sole dovevano abbracciare l'estensione dell'entroterra trapanese ai confini delle province di Palermo e Agrigento quella che viene oggi comunemente denominata "Valle del Belice".

Con queste premesse non sorge nessun dubbio che una lettera impostata a Messina giungesse a Palermo esattamente 3 giorni dopo, anche se il servizio era bisettimanale; che una lettera impostata a Palermo venisse recapitata a Mazara l'indomani.
Però se un cittadino di Partanna, poniamo, avesse dovuto scrivere a Messina la cosa diventava alquanto complicata. Innanzi tutto la lettera doveva essere recapitata all'Officina Postale di Salemi a cura della cancelleria comunale di Partanna. Da Salemi la lettera proseguiva per Calatafimi e Alcamo e da qui raggiungeva Palermo. Il successivo percorso Palemo-Messina la riscontrava vecchia di almeno una settimana.

A conferma che alla celerità dei servizi postali dei maggiori centri veniva sacrificata una maggiore distribuzione delle Officine ce lo confessa candidamente il decreto reale del 27 Giugno 1820 quando afferma:
« Considerando che la celerità e l'esattezza del servizio postale dei nostri domini oltre il Faro esige una diminuzione del numero delle Officine di Posta stabilite nei vari comuni dei domini medesimi inforza del Decreto del dì 25 Febbraio di quest'anno... decretiamo la soppressione delle Officine descritte nello "Stato" annesso al presente decreto».
Con questo atto reale vengono soppresse 41 Officine Postali delle 115 istituite il 25 Febbraio.

Questo naturalmente è uno dei motivi per i quali molti preferivano affidare la propria lettera a dei corrieri privati che provvedevano a recapitarla a destino con più celerità e meno spesa del servizio postale di sua maestà.
Questa concorrenza dell'iniziativa privata verso quella pubblica, dovette assumere una consistenza rilevante se il Barone di Montenero, Intendente di Trapani, fu costretto a emettere un "avviso" pubblico in cui ricordava ai cittadini i termini della legge postale invitandoli a una maggiore osservanza della norma. (Figura 2).



Fig. 2 - Manifesto "avviso" del 30 Luglio 1839

Ma naturalmente questi "avvisi" non impedirono l'estendersi del fenomeno che aveva, come abbiamo detto, motivi di praticità e le lettere per via privata continuarono ad essere tranquillamente inoltrate, tant'è che vi facevano ricorso anche gli uffici pubblici di sua maestà.

Nel tentativo di mettere fine a questo scempio delle finanze pubbliche gli amministratori del tempo pensarono di allargare la rete postale affidando ai corrieri del lotto l'incarico di accettare e di trasportare messaggi e lettere; tentativo che si dimostrava tardivo e di dubbia utilità pratica.

Nel breve intermezzo della :rivoluzione siciliana del 1848-49 il metodo di mandare le lettere per la via più breve ebbe una larga utilizzazione, così che è normale trovare le "Trinacrie" senza il bollo postale di inoltro.

Dopo la restaurazione del 1849 e fino al 1860 vi fu un continuo giocare a guardie e ladri tra cittadini e funzionari pubblici in tema di lettere, ma senza nessun particolare accanimento, come avvenne per esempio per la famigerata tassa sul macinato, poiché chi scriveva a quei tempi era generalmente o nobile, o "sovrastante" in un feudo degli innumerevoli nobili che risiedevano a Palermo, oppure "uomo di lettere" e possidente egli stesso, ed allora le autorità locali chiudevano gli occhi di fronte a questi galantuomini che frodavano l'erario, è vero, ma lo facevano in modo che non si poteva loro dire di no.

Fig. 3 - Lettera da Messina 5 Marzo 1847 a Siracusa. Nel testo il mittente scrive: « per mezzo del Sig. Alfio Di Stefano di Catania riceverete la presente assieme a una balla...».

Fig. 4 - Lettera da Messina 18-7-1856 a Siracusa. La lettera che porta manoscritto « con un collo C P P N. 20» e «vap. il Dilig.te » è stata trasportata via mare in accompagnamento al collo. Probabilmente in quanto chiusa venne ritirata e inoltrata tramite l'Ufficio Postale del porto di destinazione.

BIBLIOGRAFIA

RUSSO Gaetano, Bolli ed annullamenti del Regno di Sicilia, Palermo, 1968.
MANCINI Vito, Storia postale del Regno delle Due Sicilie, Molfetta, 1970.


 
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