Torna alla Storia Postale Toscana |
|
|||||||||||||
la storia postale della Toscana |
||||||||||||||
le domande dei lettori |
||||||||||||||
Franco Moscadelli risponde a Roberto Monticini
Risponde Franco Moscadelli L’impronta del bollo di Arezzo sui documenti prefilatelici del 1837 e del 1838 inviati per un controllo spettrografico presentano una riflessione alla radiazione trattata infrarossa riferibile ad un rosso arancio riconducibile al pigmento organico dell’inchiostro in soluzione acquosa di “rosso titòlo” e/o “arancio rosso di molibdeno”. I pigmenti fosfomolibdici di questo tipo in soluzione, in genere non sono molto resistenti alla luce, per cui tendono a sbiadire ed ossidarsi, lasciando le parti più organiche e pesanti che si trovano all’interno dell’inchiostro usato a quel tempo, grafite, polvere fine di nero fumo, gomme, addensanti ed acidificanti, solfato ferroso. Sono certo che l’impronta sbiadita e molto ossidata, che a prima vista appare di colore grigio fumo, era originariamente di color rosso sanguigna classificato internazionalmente come Pantone 166 e che la cattiva conservazione nel tempo ha eluso la colorazione del pigmento. In effetti a forte ingrandimento si notano completamente gli aloni, per così dire “evaporati” dell’annullo completo e del punzone originale. Sono presenti altresì ancora molte parti di molibdeno ben visibili rossastre mischiate a parti grigio nere di ossido di ferro, marrone di ruggine e gomma arabica ancora ben “ancorate” alle fibre della carta con parti cristalline nere infinitesimali di grafite. In allegato le immagini.
| ||||||||||||||
|