Aotearoa, ossia “Il Paese della lunga Nuvola Bianca”: denominazione che i Maori,
popolazione polinesiana, diedero alla Nuova
Zelanda allorché nell’VIII secolo giunsero alle
due isole. Per i Maori era titolo di vanto
l’essere discendenti da quei coloni dai quali
avevano appreso l’arte della navigazione e dei
combattimento in mare.
I Maori, dalle attività primitive della caccia e
della pesca, successivamente, si dedicarono
all’agricoltura e, fiduciosi della protezione
degli dei, offrivano sacrifici ponendo doni sul
Tuhau (altare) al fine di ingraziarsi Tane (dio
delle foreste), Rongo (dio della pace e della
patata dolce), Tangaroa (dio del mare),
Haumia (dio delle radici di felce), nonché
Hine-Moana la fanciulla Oceano che
aspettava dopo l’Ara Wanui per consegnare al
dio Tane Mahuta colui che abbandona il
mondo.
Le guerre tribali si susseguivano ed i
prigionieri pendevano dalle parole del Mou (capo) che pronunciava: <Ka mate, Kainga,
Ka Kai> (uccisi, cucinati, mangiati).
Raramente i prigionieri, anche delle stesse
tribù, venivano risparmiati; nel caso di
parentela la loro condizione era la schiavitù
senza riscatto.
La storia indica nel X secolo l’avvenuta
scoperta delle due isole da parte di
popolazioni polinesiane provenienti dalle
Isole Marchesi e lo si deve a Kupe (esploratore di cui si mette in dubbio
l’esistenza) che con sette canoe condusse i
Moriori da Hawaiki alle isole dette ‘La Terra
della lunga Nuvola Bianca’ e la scoperta fu
salutata con il grido <Ao-Tea-Roa>.
Vi è una molteplicità di leggende che in
ordine alla scoperta della Nuova Zelanda -
come accennato - si identificano in ogni parte
delle due isole: si racconta che Tane Mahuta,
il potente dio del bosco e padre di tutte le
creature che amano la luce e la libertà, si
alzò, pigiò le mani contro il corpo della madre
e con forza premé i piedi sul padre.
I genitori si strinsero l’un l’altro in un
abbraccio; Tane mobilitò tutte le forze di cui
era dotato finché i corpi enormi della Terra e
del Cielo non furono divisi. Altri passi della
‘evoluzione’ portarono a terribili movimenti
della natura: tutto ciò provocò la nascita di
Ao-tea-rea.
All’insegna dell’elemento uomo si svolgevano
le vicende della vita, mentre per la continuità
della specie mancava Uha (donna); com’era
prevedibile ci si rivolse a Randi (Padre Cielo)
poiché Randi era il vero creatore: prima di lui
si risaliva al Nulla ed alla Notte.
Sulla religione molte le dottrine, una più
significativa formulava che il Mondo e
l’Universo sono la creazione di un Essere
superiore, chiamato IO, il quale concretizzò la
sua opera tramite la prima coppia Rangi-Papa (Cielo e Terra) e che vi fossero anche
dodici cieli minori abitati da dei e semidei più
o meno ‘perfetti’ a seconda della distanza che
li divideva da Io. Quelli che man mano si
allontanavano da Io si sarebbero abbrutiti ed
avrebbero perduto il regno celeste.
Il male veniva raffigurato da un serpente, e
qui la fantasia raggiungeva il limite
dell’impossibile poiché in Nuova Zelanda non
esistono serpenti.
Tutto si attuava nell’osservanza delle
tradizioni e nella volontà espressa dagli avi
che avevano attinto direttamente dagli dei. I
capi preparavano un popolo di guerrieri
poiché in battaglia le lotte erano frequenti: gli
dei lo volevano!
Gli assalti venivano accompagnati con canti –
elevati in onore dei Sommi Spiriti - e le
guerre erano sempre giustificate. Tutto era
lecito, anche il tradimento nei confronti degli
ospiti, se tale metodo poco corretto potesse
giovare alla tribù.
Si combatteva con più tipi di mazze come la
‘Tewhatewa’ e la ‘Taiaka’ lunghe un metro e mezzo, mentre quelle corte, le ‘Patu’,
presentavano profonde tacche che
producevano effetti micidiali. Il possesso di
asce quadrangolari di nefrite fa pensare che i
guerrieri si sfidassero al combattimento corpo
a corpo poiché così erano stati addestrati sin
dalla più tenera età ed il tipo di lotta
ravvicinata era storicamente considerata
un’istituzione.
I combattenti si schieravano in assetto di
guerra e se il comandante del drappello
veniva ucciso, i guerrieri abbandonavano il
campo.
La guerra tra le tribù era una consacrazione
religiosa e un’acquisizione di potere. I Maori
della Baia delle Isole infliggevano continue
perdite alle tribù meridionali e forse questi
accadimenti erano accettati con
rassegnazione dai vinti.
L’arrivo dei Pakeha (Europei) e dei mercanti
americani, seguiti dai cacciatori di foche e di
balene, sconvolse la vita sociale delle tribù.
La ‘distribuzione’ delle armi da fuoco agli
autoctoni provocò continue lotte di potere
creando disordini ma anche compromessi con
gli uomini venuti da lontano. Prima
dell’arrivo dei ‘bianchi’, le guerre dovevano
procurare donne, giada schiavi e mana (potere spirituale – condizione sociale) , dopo,
grazie alle armi moderne, si accentuò il
desiderio di ottenere il bottino senza fare
ricorso all’onore ed ai valori tradizionali del
popolo.
Con l’arrivo degli stranieri, i Maori furono
contagiati di malattie virali che provocarono
la riduzione di un quarto della popolazione
ma è anche vero che furono introdotti prodotti
agricoli – tra cui la patata – ed animali – tra
cui il maiale – che influenzarono la vita degli
indigeni che si diedero all’agricoltura ed al
commercio dando luogo, in parte, allo
sviluppo edilizio delle due isole.
In seguito al <Trattato di Waitingi> del 6
Febbraio 1840, la Nuova Zelanda divenne
colonia di S.M. Britannica ma nel 1845, a
seguito di speculazioni dei coloni che volevano
acquisire territori forse sacri, scoppiò la
guerra contro gli Inglesi: i Maori ne uscirono
vincitori anche se dovettero ritirarsi per
costruire dei Pa (collina fortificata) ed unire
maggiormente le loro forze. Le fortezze erano
cinte da palizzate che tenevano conto di una
serie di fossati, bastioni e labirinti;
piattaforme alte nove metri, nonché riserve
d’acqua contenute nelle zucche. Inoltre la
cattura di armi e di un cannone inflissero
numerose perdite agli Inglesi, finché
durarono le munizioni, poi dovettero ritirarsi.
Questo sistema difensivo divenne poi materia
di studio per le Accademie militari inglesi.
Nelle vicende descritte si inserì il
Cristianesimo anche se i Maori lo integrarono
con culti messianici (Pao Marire o Ringatu).
Cambiò il culto dei Maori?
A prescindere che le tribù intendevano “credi
diversi”, alcuni Hapu (clan) avevano in parte
rinnegato Tane, abbracciando Tu. Il primo
dio, considerato il più potente, era ritenuto il
vero <Padre> delle creature, Signore dei
boschi, degli uccelli, dei navigatori, del creato.
Il secondo era Tu il ‘Dio della Guerra’, aveva dei
limiti nei confronti di Tane; non poteva essere
sacro e potente come Tane, Signore di tutti gli
alberi e degli uccelli.
Al contrario dei Cristiani che potevano implorare
lo stesso Dio, i Maori assecondavano i ‘Mou’ che da
veri capi sostenevano che ogni tribù dovesse
contare sui propri dei poiché un dio comune
avrebbe potuto accogliere le preghiere dei nemici.
I costumi maori suscitarono nei navigatori europei
alcune perplessità ma anche accoglienza e
meraviglia: tutto era regolato da un cerimoniale da
manuale; la Whanau (famiglia) era alla base della
società. Un parentado si estendeva dai nonni agli
zii, ai cugini e viveva nella stessa casa ed i cugini
erano considerati fratelli, gli zii e le zie come padri
e madri. Le decisioni del Kaumatua (capo famiglia)
erano prese in modo patriarcale ma dopo aver
sentito le opinioni del <gruppo>.
Il battesimo nulla aveva da invidiare o da imparare
dai riti cristiani: il neonato veniva cosparso di
acqua corrente di ruscello e la cerimonia prevedeva
la recisione del cordone ombelicale e l’attribuzione
del nome.
Oggi i Maori, contrariamente ad altri popoli, hanno
aderito alla religione cattolica per il 15% ed hanno
la Diocesi Metropolitana a Wellington oltre le
Diocesi Suffraganee di Aukland, Christchurch,
Dunedin Hamilton e Palmerston North.
Sin dalla prima infanzia le ragazze venivano
iniziate da un Tohunga (sacerdote) alla ‘Whare Pore’
(tessitura) e nei lavori cantilenavano frasi che
incitavano al lavoro ed alla perfezione.
L’arte della manifattura di tessuti ottenuti dalle
cortecce e dalle fibre di lino, dimostra in modo
inequivocabile un’avanzata tecnica artigianale.
Dagli indumenti di pelle di cane si passò ai
mantelli di piume di kiwi e successivamente ai
lavori con fibre di lino. Alcuni reperti in tal
senso dimostrano l’alta tecnologia raggiunta ed
è sufficiente constatare l’ordito ed i calami
trattenuti da 114 punti di cucito. Nei Centri di
Cultura e Commerciali, ancora oggi, si possono
constatare le varie attività del popolo maoro.
A Rotorua vi è il più grande centro di
operatività artigianale e commerciale dove si
può ammirare la vera e propria civiltà dei
Maori. Vengono offerte agli ospiti la visione di
Peruperu (danze di guerra), Poi (danze di
donne) e canti folkloristici seguiti
dall’immancabile cena che viene allietata dagli
stessi visitatori che propongono poi le canzoni
più rappresentative dei propri Paesi.
A Rotorua vi è anche il ‘Park Termal’ di
Whakarewarewa con i suoi geyser ed il Pohutu, il geyser più grande di tutta la Nuova
Zelanda, nonché le Grotte di Waitomo famose
in tutto il mondo per le Gloworms (filamenti
luminosi che a milioni, come lucciole,
illuminano il buio delle caverne).
A Whaka (Rotorua), la Legge cimiteriale
prescrive la sepoltura dei defunti almeno due
metri sotto terra ma sono esclusi i Maori
poiché la terra calda non lo consente loro
cosicché i loro morti riposano sopra la terra.
Molti i musei dedicati alla storia,
all’archeologia, alla etnologia maora a
Christchurch, Wellington, Milford Sound,
Queenstown, Aukland.
Quest’ultima località, meglio conosciuta come
la ‘città delle vele’, pur raggiungendo appena il
milione di abitanti, solo Los Angeles, è la città
più estesa al mondo. Poggiata su 64 coni
vulcanici spenti, la città si estende per km
5.580 e per 80 km è attraversata dalla Highway
Street. Ha un ricchissimo Museo Storico ed
Etnografico dei Maori e tratteggia in più lingue
i loro vari usi e costumi fin dall’epoca
preistorica. Interessante è notare la cura della
persona, presso questi popoli: le acconciature
dei giovani si diversificano in più <regole> tenendo conto del rango di appartenenza.
Barba corta, capelli raccolti in ciocca in cima
alla testa, pettine decorato appeso alla ciocca
ed una cintura intorno alla vita.
Il tatuaggio era praticato da esperti: da quello
modesto sul viso delle donne a quello più
appariscente sul loro seno, sul labbro superiore
e sulle cosce.
Per gli uomini, il tatuaggio teneva conto del
valore dimostrato in battaglia con l’uccisione e
con l’aver mangiato guerrieri nemici. Sino
all’inizio del secolo scorso, i Maori tagliavano
la testa al nemico ucciso e la conservavano
come trofeo di vittoria. Del resto in molte
regioni dei cinque continenti, cannibalismo e
caccia alle teste erano considerati mezzi magici
di trasfusione della forza vitale.
Ancora oggi il tatuaggio, anche se con minore
vistosità, accompagna i Maori nelle feste
tradizionali.
Le donne erano escluse dall’effettuare tatuaggi
il cui compito era affidato al Thounga te Moko (esperto nell’arte) ed era un’operazione che
richiedeva abilità ed i Moko sono da
considerare <itineranti>, dato che si
spostavano da un luogo all’altro per eseguire i
lavori su commissione.
Nel periodo dell’incisione il soggetto era Tapu (sacro) e veniva alimentato con uno speciale
imbuto per evitare che si potesse annullare il
lavoro che, tra l’altro, durava diversi mesi.
L’incisione teneva conto del valore del
guerriero, dei nemici uccisi e di quanti ne
aveva mangiati. I disegni sono rimasti quasi
immutati anche se i tatuaggi in altre parti del
corpo non vengono più praticati.
Oggi i Maori siedono, con quattro
rappresentanti, al Parlamento di Wellington
(eletti per tre anni) con funzioni legislative
sicché la scienza del tatuaggio si è affievolita e,
sotto certi aspetti, è quasi finita.
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