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La donna nella religione induista
di Giancarla CEPPI (da www.filateliareligiosa.it/)




Donna intenta a ricamare

L’induismo è la religione più antica in assoluto. La tradizione vedica risale al 4000 a.C. Si tratta di una religione con diverse correnti e un’eterogeneità di concezioni che sono cambiate nel tempo e nei luoghi in cui l’induismo si è affermato come religione dominante.

Storicamente nel periodo vedico propriamente detto che va dal 2500 al 500 a. C, alle donne è permesso di partecipare alle discussioni filosofiche, vestire i paramenti sacri, leggere i veda e cantare i mantra. In quel periodo vi sono anche delle donne rischi.
I Rishi sono i "cantori ispirati" (o "veggenti") degli inni sacri denominati Veda, in un significato più generico, e successivo, tale termine indica anche un saggio, un santo, un eremita.



Raffigurazione di moglie

Il matrimonio non è obbligatorio e una donna può decidere anche di non sposarsi.
Le vedove possono risposarsi se ancora in età fertile.

Nel sesto secolo nasce e si rafforza il culto della dea madre. Ma questo periodo dorato della civiltà dell’Indo decade forse a causa di alluvioni, pestilenze e carestie, ma soprattutto per l’invasione persiana e dorica.

Le prime a soffrire di questo decadimento sono proprio le donne a cui per secoli non viene riconosciuto nessun diritto privato né tanto meno pubblico. Il sistema delle caste risale a questo periodo.

La divisione in caste è la seguente: bramani (sacerdoti), ksatriya (guerrieri), vaisya (commercianti e artigiani), e i sudra (i servi).
Ogni casta ha delle sottocaste e a queste in seguito si aggiungono i fuori casta propriamente detti e gli adivasi cioè gli appartenenti alle tribù aborigene.

Il detto più diffuso dopo il periodo aureo vedico diviene: donne e paria sono degli out cast.



Contadine del Nepal, dove la religione più praticata è l’induismo, intente al raccolto nei campi.

Anche alle donne delle caste superiori non è permesso partecipare direttamente ai riti religiosi. I matrimoni sono rigorosamente endogamici e vengono stabiliti dalle famiglie, spesso quando gli 'sposi' sono ancora bambini. Le relazioni pre ed extra matrimoniali erano punite con l'espulsione e spesso con la morte. La dote è obbligatoria: se finisce durante il matrimonio, il marito può anche decidere di uccidere la moglie e di risposarsi!

Oltre a questo si consolida l’usanza del sati. Se una donna rimane vedova, dal momento che perde ogni diritto (che già non aveva) e non potendo più risposarsi, è costretta a seguire il marito nella stesa pira dove viene bruciato secondo il rito induista.



La prima e la seconda immagine rappresentano le danze kathakali del Sud dell’India,
la terza rappresenta la danza kathak del nord.

Con l’avvento dell’impero Mogul, per l’influenza della religione islamica, anche fra gli induisti viene introdotta la poligamia.



Sai Baba, vissuto alla fine del XIX sec., venerato sia dai mussulmani che dagli induisti.

Tenendo conto che l’India è stato ed è un subcontinente molto abitato, a seconda delle tradizioni locali si osserva una minore o maggiore ortodossia, anche perché la religione induista non ha né dogmi, né autorità centrali, né gerarchie. In generale però la donna ha patito una condizione totalmente sottoposta. Bisogna arrivare all’inizio del XIX secolo durante la dominazione inglese, per trovare i primi riformatori dell’induismo.

In particolare Rām Mohan Roy, un intellettuale nato nel Bengala, è tra i primi esponenti del modernismo riformatore indiano e tenta di dimostrare come i fondamenti pseudo etici delle disparità sociali e di alcune usanze crudeli, quali il rogo delle vedove (abolito, grazie al suo contributo nel 1829), fossero in realtà sovrastrutture devianti dalla purezza della religione originaria.
Nel 1828 fonda il Brāhma Samāj, "Società di Dio", che ha grande e rapida diffusione.
La società propugna un monismo sincretico, in cui possano convivere induismo, islamismo e cristianesimo, con un culto a carattere congregazionale e una liturgia in vernacolo.

Anche Ghandi è un grande riformatore dell’induismo.
Egli tiene in grande considerazione le donne e afferma che “costituiscono la metà migliore della società”. Come riconoscimento, al suo movimento contro il colonialismo inglese parteciparono molte donne delle classi medie.



Gandhi è ritratto insieme alla moglie Kasturba




Nonostante però che il sati sia stato considerato illegale già dal 1829, ancora nella fine del secolo scorso, nei villaggi sperduti dell’India era ancora praticato, come pure il matrimonio tra bambini. Quello che ha sempre caratterizzato l’India, ma non solo, è la differenza di comportamenti e di ruoli tra i villaggi e le città che tuttora persiste, anche se da un punto di vista legale fin dal 1985 tutte le forme di asservimento della donna sono state abolite dall’allora presidente Rajiv Ghandi, sostenuto dalla moglie Sonia Maino.

Nel 1955 era stata abolita la poligamia e nel 1961 l’obbligo della dote che la sposa doveva pagare allo sposo per il matrimonio. Il costume della dote è un esempio di come l’induismo abbia rilevato usanze preesistenti dovute alla minore importanza che la donna ha avuto nell’agricoltura. Laddove si pratica l’agricoltura con l’aratro, la forza lavoro predominante è quella dell’uomo; mentre con l’agricoltura del raccolto, la donna è più importante, come in Africa dove la dote è pagata dal marito alla famiglia della moglie.

Madre Teresa di Calcutta, oggetto di
venerazione oltre che da parte dei cristiani
anche dai buddisti e dagli indù

A questo punto per amore di verità occorre precisare che nel subcontinente indiano ci sono Stati, come il Kerala, dove la tradizione affida alla donna un ruolo importante con l’eredità matrilineare, accompagnato da forme di poliandria.
Per inciso il Kerala è lo Stato indiano dove c’è la più alta percentuale di alfabetizzazione delle donne. La poliandria si ritrova anche a nord dell’India nel Laddak. Tutto ciò esula comunque dall’influenza religiosa.
Il Kerala è lo stato indiano dove si è maggiormente diffuso il cristianesimo e in Laddak la religione dominante è il buddismo lamaista.

Gli dei dell’Olimpo induista: Ganesha, il dio elefante signore del buon auspicio, Brama, il padre di tutti gli esseri il dio creatore, Visnù il dio della protezione e della costruzione e Shiva il dio della distruzione.
Interessante notare come nella raffigurazione delle divinità si faccia riferimento sia al corpo maschile che a quello femminile

Nel prossimo articolo mi riservo di trattare il ruolo della donna nel Buddismo.


(N.d.r. Si ringrazia la prof. Ceppi per la gentile collaborazione, e il socio Francesco Meroni per il materiale filatelico)