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La Prima guerra d’indipendenza nella corrispondenza tosco-pontificia |
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Thomas Mathà (AIEP - ASPoT) | |||
Le "divise uniformi" degli impiegati delle Poste Granducali - 1835 |
PERCORSO: le schede > Storia postale toscana fino al 31 marzo 1851 > questa pagina > Storia postale dello Stato Pontificio Due lettere interessanti dell’archivio Thomas Pate di Livorno svelano interessanti notizie storiche sull’inizio della prima guerra d’indipendenza. Fu una lotta combattuta dal 18 al 22 marzo 1848 a Milano tra la popolazione della città e le truppe austriache. Fra il 16 e il 17 marzo 1848 a Milano si diffuse la notizia dei moti rivoluzionari scoppiati in Francia, Austria, Ungheria, Boemia e Croazia. La città, sotto la dominazione asburgica, insorse e dopo cinque giornate di violenti combattimenti contro le truppe austriache, al comando del maresciallo Radetzky, si liberò degli occupanti. Nella terza giornata (20.3.) il consiglio di guerra milanese respinse la proposta di armistizio degli austriaci e si costituì un governo provvisorio. Il giorno successivo (21.3.) i milanesi conquistarono tutte le caserme e le posizioni tenute ancora dagli austriaci; in serata iniziò la ritirata di Radetzky con le sue truppe, che si allontanarono dalla città. All’alba del 23, dopo aver aperto le porte, Milano accolse i primi volontari provenienti da Genova e Torino. Quindi Carlo Alberto emanò il proclama in cui annunciava ai popoli della Lombardia e del Veneto che stava accorrendo con il suo esercito in appoggio agli insorti. Ci si avviava verso la Prima guerra di indipendenza, nel corso della quale, il 6 agosto 1848, gli austriaci rientrarono in Milano. Spesso i commercianti informavano i loro corrispondenti non solo sui dettagli dei loro affari, ma anche su fatti e circostanze della vita: soprattutto se v’erano notizie sulla guerra, che da un lato ai commercianti recava moltissimi problemi (rincaro dei prodotti, frontiere chiuse ecc.), ma dall’altro lato, chi disponeva di una rete importante, si arricchiva e ne approfittava. La prima lettera è dello spedizioniere Celestino Facchini di Bologna dell'8 marzo 1848, che tratta vari affari, tra cui l’invio di balle di seta per la Spagna. A fine della lettera però, Facchini informa: “Si dà positivo che nell’entrante settimana saremo costituzionali. La Francia quando opera fa presto e speriamo di farne anche noi se li nostri Governi si metteranno una volta d’accordo per fare che l’Italia sia tutta libera e Nazione.” La lettera lascia Bologna quindi l’8 marzo ed arriva a Livorno il giorno successivo, come ci insegna il bollo sul retro con la strada ferrata. Era prepagata 7 ½ bajocchi di impostazione (per le lettere che partivano dagli uffici postali di frontiera, come Bologna, se di peso superiore ai 6 denari, scontavano la riduzione del 50% sullo scaglione successivo, quindi 5 + 2,5 = 7,5 baj). All’arrivo veniva tassata 8 crazie, pesandola 6 grammi. Ma le poste livornesi ripesavano la lettera, e cancellando sia il peso di 6 per 8, anche la tassa aumentava quindi a 10 crazie.
La seconda lettera era dell’impresa Giuseppe Strometti di Pesaro e il titolare scriveva il 28 marzo 1848: “Continuo con le presenze, onde pregarvi caldamente, che le Polizze firmate dal Capitano C. F. Burner, commandante il Vapore Ibernia, siano inoltrate in Londra via di Terra ai destinatari, perché possino trovare la Sicurtà marittima da Costì a destino, anche per il Fuoco. Ciò mi interessa assai, giacchè ho dubbio, che le mie lettere scritte ai medesimi per l’oggetto, non possino avere il loro corso, per gli intralci politici in Lombardia.” Il mittente pagava 5 baj impostazione (5 e “Imp.e” sul retro), lasciando al destinatario il pagamento della tassa interna per lettere fino a 6 denari di peso per 6 crazie.
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