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Rispedizioni pontificie via di Toscana |
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Thomas Mathà (AIEP) | |||
Le "divise uniformi" degli impiegati delle Poste Granducali - 1835 |
PERCORSO: le schede > Storia postale toscana fino al 31 marzo 1851 > questa pagina Esaminiamo due lettere spedite da Montpellier, Francia, dirette a Roma, a distanza di una settimana tra fine marzo ed inizio aprile 1845. Grazie a questa “coppietta” si riescono a rilevare molte regole e prassi nello scambio transfrontaliero delle corrispondenze epistolari. Entrambi le missive sono dirette “poste restante” a Roma, e quindi il mittente ha voluto specificare che fosse il destinatario a levarle presso l’ufficio postale, e che non venissero recapitate. Probabilmente sapeva che il suo compaesano francese era in viaggio e preferiva indicare alle poste il trattenimento presso il loro uffici. Come dimostrano i timbri di transito e di arrivo (7.4. Roma, 9.4. Napoli; 14.4. Roma, 17.4. Napoli), a Roma era già noto che il Mess. Bose non fosse a Roma in quel momento, ma si era trasferito a Napoli.
Il percorso Entrambi le lettere, come dimostrano i timbri francesi sul retro, hanno transitato Aix ed Antibes (ufficio postale di scambio con la Sardegna), per proseguire poi via Nizza, Genova, Sarzana, Firenze per Roma. La prima lettera reca il bollo CORRISP(ONDEN)ZA EST(ERA) DA GENOVA, applicato a Firenze, e ci dice che il plico è stato aperto in Toscana. Invece sulla seconda non è stato impresso questo bollo di transito, e possiamo dedurre che la lettera ha viaggiato in plico chiuso in transito per la Toscana. Il successivo viaggio per Napoli è avvenuto via Terracina e Fondi (i rispettivi uffici postali di scambio tra Pontificio e Napoli). I bolli utilizzati È interessante, ma solo una curiosità e senza una rilevanza pratica, che l’ufficio di Montpellier ha utilizzato due bolli diversi, in un caso in nero e nel secondo in rosso. La seconda lettera, essendo stata prepagata parzialmente fino al confine sardo, doveva essere bollata (previsto dal regolamento francese) anche con i bolli accessori P.D. (Port Destination) e P.F. (Port Frontiere), il primo è stato applicato a Montpellier, il secondo dall’ufficio postale sardo di Nizza. Il bollo P.P. (Port Payé), sempre applicato in partenza a Montpellier, conferma il prepagamento avvenuto (una ridondanza francese…). Il bollo VIA DI NIZZA segna il transito ligure, sul bollo transito applicato in Toscana ho già scritto prima. Da notare che Roma applicò il bollo di arrivo in rosso sul retro (DIREZIONE DI ROMA), mentre Napoli lo mise sulla fronte. Infine, il controllore postale di Napoli, a termine ed a conferma delle operazioni di tassazione, sul retro lasciò il suo bollo AGDP (Amministrazione Generale delle Poste). Normalmente troviamo il bollo d’arrivo sul retro, e il bollo del controllore davanti, qui dunque è il contrario.
Arriviamo al capitolo più difficile. La seconda lettera invece è stata prepagata (confermato anche da un fregio diagonale a penna, antico segno del prepagamento postale) fino a Sarzana, pagando 6 decimes per il percorso Montpellier-Antibes (220-300 km, tariffa interna francese del 1828), e 5 decimes per diritti sardi via Antibes (tariffa 116 bis dell’agosto 1844), per un totale di 11 decimes, come da annotazioni sul retro. Successivamente a Roma venne tassata per 23 bajocchi: le lettere “franco Sarzana” scontavano una riduzione di 8 bajocchi (da qui sappiamo il valore del transito sardo), quindi 15 bajocchi, ma in questo caso la lettera era considerata di un foglio e mezzo, e quindi: 15 + 50% = 7,5 arrotondato 8 = 23 baj.
Questo ulteriore percorso è particolare. Dalle due lettere si riesce però a capire come avveniva la contabilità postale tra le due amministrazioni. Le poste pontificie segnavano in alto a sinistra il credito pontificio verso Napoli, baj 52 ovvero baj 29, scrivendo sopra un numero di registro giornaliero o settimanale (N 16 e N 9). Come mai questi importi? In teoria, l’amministrazione pontificia, quando spediva una lettera per l’estero, chiedeva al mittente il prepagamento dell’impostazione, ovvero il diritto di immissione verso l’estero, che all’epoca ammontava di 5 bajocchi per una lettera semplice. Ma in questi casi di rispedizione verso Napoli non era evidentemente così: le poste calcolavano la tassa di distanza fino al confine, ovvero fino all’ufficio postale pontificio di scambio. La tariffa Tosti prevedeva per una lettera da Roma a Terracina una tassa di 3 bajocchi, raddoppiata in entrambi i casi, essendo le lettere di peso superiore. Nulla rileva in questo contesto che siano di 1 ½ o 2 fogli, perché si consideravano solo progressioni intere (diversamente dalla tassazione in arrivo). Quindi il calcolo era 46+6=52 e 23+6=29 bajocchi. Le poste napoletane prendevano in carico le lettere, tassandole come segue. 80 grana era la tassa totale per la prima, 52 per la seconda (su entrambi le lettere le poste napoletane iniziavano a scrivere sul lato destro delle tassazioni, poi cancellate). Invece i dettagli li troviamo sul retro: per arrivare alla conversione dell’importo in bajocchi in grana napoletani, le poste scrivevano: 52 + la conversione di 13 (52*0,25), aggiungendo poi la competenza interna di 15 (lettera di 2 fogli provenienti dall’Italia settentrionale), quindi 80. Sulla seconda manca questo dettaglio, ma l’operazione era analoga: 29 + 8 (29*0,5=7,25 arrotondato 8) + 15 = 52. Thomas Mathà AIEP |
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