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22 febbraio 1814: la capitolazione del Forte Belvedere |
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di Alessandro Pratesi | |||
Le "divise uniformi" degli impiegati delle Poste Granducali - 1835 |
Pubblichiamo un documento inedito, di grande interesse storico soprattutto in questo periodo di celebrazioni napoleoniche, che rappresenta un collegamento puntuale fra quelle vicende storiche e la Toscana. Nel 1813, tornato a Napoli dalla campagna napoleonica in Russia e constatato l'indebolimento della posizione politica internazionale dell'Imperatore, Murat decise che per salvare il proprio trono di re delle Due Sicilie era giunto il momento di staccarsi dalla politica di Napoleone, addirittura vacillante dopo la sconfitta di Lipsia e destinato verso quello che fu poi il confinamento all'Elba, ricercando l'appoggio delle potenze vincitrici. Ciò avvenne fra lo stupore, la delusione e l'incredulità dello stesso Napoleone, che lo aveva sempre considerato il suo braccio destro militare e che nel 1808 lo aveva posto sul trono napoletano. Sappiamo per certo, grazie alle sue "Memorie di Sant'Elena", che Napoleone soffrì pesantemente il voltafaccia di Murat, cui era sinceramente affezionato (ne era anche cognato, avendo sposato sua sorella Carolina Bonaparte) e che stimava altamente sul piano del valore in battaglia, tanto da affermare che se avesse potuto contare sull'apporto della cavalleria di Murat, Waterloo si sarebbe trasformata in una grande vittoria francese. Nei primi mesi del 1814 tutti i reggimenti napoletani furono impegnati nella breve campagna contro le truppe napoleoniche nell'Italia centro-settentrionale, occupando Roma, la Toscana, l'Emilia e le Marche: E' A QUESTE VICENDE CHE SI RIFERISCONO I DOCUMENTI QUI PUBBLICATI. Nonostante la pace raggiunta con il restaurato regno francese e con lo Stato Pontificio, Murat presto si pentì di aver abbandonato Napoleone (a quel tempo all'Elba), tanto più che i nuovi alleati, Austria ed Inghilterra, non gli davano affidamento. Così, alla metà del 1814, il Governo Napoletano riallacciò i rapporti con quello Napoleonico, in vista di un imminente ritorno alle armi. Il 1815 vide tutti i reggimenti napoletani impegnati nella guerra contro l'Austria che, a sua volta non fidandosi dei voltafaccia di Murat, aveva imposto la restaurazione dei Borbone a Napoli e dichiarato guerra al Governo di Murat. Questi quindi si trovò a dover combattere contro i contingenti austriaci che nel frattempo avevano preso il controllo del centro-nord Italia, Toscana inclusa (che era stata riassegnata al già deposto Granduca Ferdinando III di Lorena), per poter compiere il disegno di unificazione della Penisola sotto la propria corona, ed in definitiva per conseguire assieme a Napoleone, tornato finalmente sui campi di battaglia, l'obiettivo di disfarsi della minaccia austriaca. Il disegno di Murat era quindi di riunire sotto il suo comando l'intera Italia, per renderla indipendente e sottratta all'influenza delle potenze europee che di fatto, apertamente o per interposto sovrano, la controllavano. Tali principi furono poi esplicitati nel "Proclama di Rimini" del 12 maggio 1815 (ma formalmente retrodatato al 30 marzo), un appello ai popoli italiani ad insorgere ed unirsi a lui, addirittura antesignano degli ideali unitari italiani che poi maturarono nei decenni a seguire sino all'epopea risorgimentale, della quale il Proclama è considerato convenzionalmente l'inizio. Murat risalì dunque da Napoli con un esercito di 45.000 uomini, attraverso Lazio, Umbria e Marche puntando su Bologna e mediante un secondo contingente da Roma verso la Toscana. Questo secondo contingente, conquistata Firenze, avrebbe dovuto ricongiungersi all'armata principale napoletana prima di andare a scontrarsi in Val Padana con il grosso dell'esercito austriaco, ma la manovra non poté essere compiuta a causa della resistenza accanita delle truppe austriache arroccate a Pistoia, che riuscirono a lungo a sbarrare il passaggio dell'Appennino. Fu così che dopo le successive battaglie di Occhiobello (FE) e Tolentino, l'Austria riuscì a stroncare definitivamente il progetto murattiano e ad assumere il controllo politico e militare della Penisola. Risalendo nella cronistoria sopra delineata, nel gennaio del 1814 Murat si era presentato alle porte di Firenze per conquistarla, e le forze francesi che la difendevano si erano organizzate mediante la nomina di un nuovo comandante della fortezza di Belvedere, che costituiva il principale baluardo difensivo della città, con mandato di difenderla "sino all'estrema impossibilità di proseguire nella difesa" (vedi atto di nomina a comandante di Rozier). Alla resa dei conti, però, sia lo stesso comandante della fortezza, che quello delle intere forze francesi in Toscana, si resero conto dell'inutilità di una resistenza ad oltranza contro le soverchianti forze napoletane, decidendo quindi di sottoscrivere l'ATTO di CAPITOLAZIONE, manoscritto in lingua francese e sottoscritto dai rispettivi capi militari. Interessante l'esame delle condizioni di resa, esplicitate nei vari "CAPITOLI", appunto, dell'atto di CAPITOLAZIONE: l'onore delle armi, il lasciapassare per raggiungere il territorio metropolitano francese, quali armi portare con sé e quali lasciare al forte, ecc.
A T T O di N O M I N A di T O U R E Z a C o m a n d a n t e d e l Gran Ducato di Toscana A seguito delle Disposizioni e decisioni di Sua Altezza Imperiale Monsignor Principe Felice (Baciocchi - n.d.r.), Fatto a Firenze il 28 gennaio 1814 (confermo: ventotto gennaio 1814) A T T O di C A P I T O L A Z I O N E del F O R T E B E L V E D E R E a F I R E N Z E Fra Noi Sottoscritti Articolo Primo Articolo Secondo Articolo Terzo Articolo Quarto Articolo Quinto Articolo Sesto Articolo Settimo Articolo Ottavo Fatto e sottoscritto al Forte di Belvedere di Firenze il venti due Febbraio Mille ottocento quattordici. Approvato e Ratificato dal sottoscritto Luogotenente Generale Comandante Superiore in Toscana . Approvato e Ratificato dal sottoscritto Capo di Battaglione ed Ufficiale della Legion d’Onore , Comandante il Forte di Belvedere a Firenze. Alessandro Pratesi |
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