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C'รจ posta per Giuseppe Montanelli

di Pietro Lazzerini
Le "divise uniformi" degli impiegati
delle Poste Granducali - 1835

Montanelli è morto! Il Professore è caduto ucciso dagli austriaci sul campo di battaglia di Curtatone! I patrioti italiani lo piangono in pubblico ed in privato ( Mazzini scrisse addirittura un necrologio) e nelle Chiese si prega per lui.

La notizia viene più volte smentita e confermata nei giorni successivi al 29 maggio 1848.
Giuseppe Montanelli si era aggregato alla Compagnia di bersaglieri comandata da Vincenzo Malenchini che nel momento più difficile del combattimento, mentre il contingente toscano si stava ritirando, asserragliati in una casa denominata “il molino”, si opponeva con una coraggiosa difesa all’avanzare di un battaglione di croati; era morto il l’amico Parra, non si contavano più i feriti e, quando anche Montanelli stesso viene colpito alla spalla da un proiettile nemico, ha la forza di gridare a Malenchini:” Cencio, moriamo invece di arrenderci”. I croati entrano nel “molino”, lo trovano ferito, assistito da due coraggiosi volontari, Colandini e Morandini che non avevano voluto abbandonarlo; vengono fatti prigionieri e condotti a Mantova.

Nella “Storia del Risorgimento e dell’Unità d’Italia” di Cesare Spellanzon, vol. 4, pag.570, si legge: “I prigionieri rimasti nelle mani del nemico, toscani la massima parte, e un piccolo numero di napoletani furono milleduecentosettantasei, tra i quali Giuseppe Montanelli, che fu pianto nei primi giorni per morto dai patrioti italiani; e Pietro Fanfani e Tommaso Gherardi del Testa: essi furono fatti marciare fino a Verona e poi per la via di Trento, Innsbruck e Praga, mandati a soggiornare in Boemia, una parte a Josephstadt, un’altra a Theresienstadt fino alla fine della guerra.”

La lettera che presento venne spedita da Firenze il giorno 11 luglio, quando ormai vi era la certezza che Montanelli era prigioniero.
L’indirizzo è importante: “Ill.mo Sig.Giuseppe Montanelli Prigioniero di Guerra in Mantova. A chiunque cada in mano questa lettera si fa preghiera di farla giungere al suo indirizzo.”

Proprio in quei giorni era stato siglato un accordo per il trasposto delle lettere e dei pacchi per i prigionieri e fu comunicato quanto segue: “la Soprintendenza Generale delle Poste ha la soddisfazione di annunciare al pubblico di aver felicemente combinato il modo, in grazia dell’interessamento fraterno dell’inclito Consiglio delle Poste di Milano, di mandare sicure e franche le corrispondenze ai prigionieri toscani che sono ritenuti dagli austriaci in Salzburg. Si prevengono perciò tutti coloro che si trovano nel caso di dover scrivere ai suddetti di non gettare le loro lettere in buca, ma di consegnarle ai Ministri delle Francature e ai capi dei rispettivi uffici postali. La medesima Soprintendenza Generale delle Poste si incarica anche di far pervenire qualche piccolo gruppo ai prigionieri medesimi, purchè non eccedenti il valore in franchi 60.”

La lettera partì da Firenze franca e per la via di Mantova, Verona, Tirolo fino all’ Austria; ritornò poi in Italia perché nel frattempo il Montanelli era stato liberato. Per la precisione, come attestano i vari timbri, partita da Firenze il giorno 11 luglio,passò per Mantova dove fu apposto il “FRANCA” rosso; giunse il 18 a Salzburg ( punto di smistamento) ,poi il 28 a Theresienstadt e ritransitata per Mantova il 2 settembre; transitò per Firenze il 18 fino a giungere definitivamente a Pisa il 20 dello stesso mese.

Il documento è, a mio parere, molto interessante non solo dal punto di vista storico postale, ma soprattutto perché attesta una generosa e cavalleresca concessione del nemico ed in particolare per la grande considerazione ed ammirazione che gli austriaci ebbero per i toscani di Curtatone e Montanara.

Mi piace chiudere con le parole di Giuseppe Montanelli che così ricordò quei giorni:
“ Gli spiriti dei caduti s’aggirano invisibili fra le tedesche baionette, ed hanno voci di rivendicazione. E nel mese di Maggio, qundo fiorisce la rosa, e l’usignolo innamorato della rosa canta sulle rive del Mincio, la madre mantovana sparge di fiori la terra di Curtatone e dice al figlioletto: Qui i giovani toscani morivano gridando: Viva l’Italia".

 


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