il postalista storia postale toscana ASPoT Arezzo la nostra storia   CATALOGHI DI TOSCANA
 

Giuseppe Montanelli fu ucciso o soltanto ferito al Molino di Curtatone?

di Sergio Leali
Le "divise uniformi" degli impiegati
delle Poste Granducali - 1835

Giuseppe Montanelli è da considerare uno dei più noti personaggi dell’Ottocento toscano.
Nato a Fucecchio il 21 gennaio 1813, frequentò la facoltà di giurisprudenza a Pisa divenendo successivamente professore di diritto nello stesso ateneo.
Nel 1848 fu uno dei più fervidi propugnatori dell’intervento del Granducato di Toscana nella guerra che si stava preparando nelle terre lombarde.

Appena il granduca Leopoldo II prese la decisione di inviare in queste terre un contingente di truppe regolari affiancate da civici e da numerosi volontari fra i quali gli scolari (come allora erano chiamati gli studenti delle università di Pisa e di Siena), Giuseppe Montanelli entrò a far parte, come capitano, del Battaglione Pisano-Senese, composto da 336 uomini. Durante i mesi trascorsi sulle rive del Mincio dai militi toscani, egli condivise privazioni e disagi ai quali i volontari erano sottoposti.

Il giorno della battaglia (29 maggio), Montanelli fu inviato alle case del Molino di Curtatone e qui rimase colpito a una spalla mentre porgeva un fucile a un suo milite. Nonostante la grave ferita raccomandò all’amico Giovanni Morandini, che lo sorreggeva, di testimoniare di essere stato ferito mentre guardava in faccia il nemico e non di spalle. Morandini, che faceva parte del Battaglione Livornese, con atto di grande cameratismo e amicizia, pur di non abbandonare Montanelli si fece fare prigioniero con lui per assisterlo.

La sorte di Montanelli destò fra i suoi amici e colleghi non poche preoccupazioni. Per alcuni giorni fu creduto morto sul campo di battaglia tanto che a Firenze gli furono celebrati solenni funerali.

Mazzini addirittura scrisse il necrologio. Da due lettere spedite rispettivamente il 31 maggio da Guidizzolo e il 2 giugno da Montichiari, risulta che anche l’amico Edoardo Mayer, capitano del Battaglione Livornese, non conosceva il reale destino del professore.

Sul “SUPPLEMENTO AL GIORNALE L’AVVENIRE” si dava per certo che Montanelli fosse fra i caduti. Infatti una corrispondenza da Milano riporta che nella chiesa di S. Felice il 9 giugno furono celebrate le esequie in suffragio di Montanelli e di Leopoldo Pilla. Nella stessa corrispondenza, che riporta le iscrizioni affisse alla porta della chiesa, si legge tra l’altro:

GLORIA A VOI
O PILLA O MONTANELLI
MAESTRI DI ALTO SAPERE
CHE INSEGNATE ANCORA
COME PER LA PATRIA SI MUORE

In realtà il professore era rimasto solamente ferito come egli stesso riferì nella lettera inviata il 31 maggio 1848 a un amico di Pisa. Essa giunse però solamente una decina di giorni dopo.
La lettera, di cui si riporta il testo, fu pubblicata sul giornale locale Italia:

Mantova, 31 maggio

Ti scrivo per farti sapere che son vivo. Ho una ferita alla clavicola del braccio sinistro. Ma per quanto mi dicono i chirurghi, l’osso non è impegnato e non c’è nessun pericolo. Vi è stato poi il gran vantaggio che la palla è uscita. Se vi fosse modo di far sapere a mio padre che son prigioniero, ma non ferito, te ne sarei grato. Il povero Pietro Parra mi morì accanto; io presi il suo fucile, perché avevo finito i fulminanti della mia carabina, e, mentre lo caricavo, fui ferito. Fui portato da tre amici nella casa accanto alla quale combattemmo e dopo pochi minuti, tanto io quanto gli altri tre, che erano il dott. Morandini di Massa, il sergente Menichetti e un Colandini, credo di Livorno, fummo fatti prigionieri. Essendo stato portato all’Ospedale sono stato separato da questi tre giovani; ma sarebbe bene far sapere alle loro famiglie che sono sani e salvi. Siamo trattati benissimo. Io come ufficiale ho una stanza distinta, dove mi trovo col capitano Araldi di Modena e con un altro toscano.

         Montanelli

Giuseppe Montanelli con il braccio al collo
in una curiosa caricatura ottocentesca

 

Presentiamo una lettera indirizzata a Montanelli, con un contenuto triste e accorato, che costituisce una preziosa testimonianza anche dal punto di vista storico-postale. Gli fu spedita da Firenze il giorno 10 luglio da tale Sabanini quando ormai la notizia della sua presunta morte era stata smentita.


La lettera reca il seguente indirizzo:

Ill.mo Sig. Giuseppe Montanelli Prigioniero di Guerra in Mantova. A chiunque cada in mano questa lettera si fa preghiera di farla giungere al suo indirizzo.

Eccone il testo:

Mio caro Beppe
L’avere avuto prova che ti giunse una prima mia letterina che ti scrissi in unione a Gino ed a Giusti, mi da coraggio a scriverti la seconda, pregando Dio che essa cada in mano di gente cortese che si diano pensiero di fartela avere. Dirti come la gioia del saperti salvo, sia in parte amareggiata dal pensiero di saperti prigioniero, e cui sa per quanto, è cosa inutile. Penso al tedio e alla noia di queste lunghe giornate che tu passerai chiuso fra coteste mura. Povero Beppe! Non passa giorno che io non venga a visitarti col pensiero, e mi pare di rompere i silenzi della tua stanza, e abbracciarti e parlarti a lungo. Oh! perché tanta poca parte dell’anima può trasfondersi nella parola scritta? Io vorrei che questo foglio ti dicesse tutto quello che io ti direi se ti vedessi. E quante cose avremmo da dirci dopo tanti casi e tante fortune! Con Malenchini ho parlato molto di te e degli altri nostri; ho raccolto ogni sua parola con grandissimo amore, e ne ho provato quel senso che si prova a raccogliere i fiori sul sepolcro di persona amata. Delle tue amarezze sapevo già qualche cosa, poiché me n’era giunta la voce quando io non era per le strette dell’Appennino. Ma con nessuno volli parlarne mai, perché troppo ti amo: non mi reggeva il cuore di sentirti calunniato da gente che non valgono un tuo capello. E sempre ho fatto così, e appena ora da Cencio ho avuto qualche notizia di più. Beppe mio, che crudeli amarezze devi aver patito! E forse da chi meno te lo saresti aspettato. Ma fortuna per te che il dolore più che abbatterti ti solleva, e le ingiurie degli uomini ti sono occasione di amare di più. Perdonami se re… triste memoria nella tua mente: avevo bisogno di dirti una parola sopra avvenimenti che ti hanno toccato sì da vicino.
Caro Beppe, quello che per mezzo mio ti dicono gli amici che veramente ti amano io mi trovo insufficiente a ripetere.
Ti abbracciano tutti con me, e pregano Dio per la tua prossima liberazione. Addio, povero prigioniero, io non posso consolarti d’altro che di parole d’affetto e di pietà! Addio – non ho mai sentito come oggi la tristezza che si chiude in questa parola! Addio t’abbraccio con tutto il cuore
         Il tuo
        Sabanini
Firenze 10 luglio

La lettera giunse a Mantova, da dove però Montanelli era partito con gli altri prigionieri per la fortezza di Theresienstadt. Presso il locale ufficio postale la lettera fu timbrata con il bollo FRANCA e fatta proseguire per Verona, quindi per il Tirolo, poi per Salisburgo e infine giunse a Theresienstadt il 28 luglio.

Nel frattempo però Montanelli era stato liberato; la lettera fu di conseguenza rispedita. Transitò da Mantova il 2 settembre e quindi, via Firenze, fu inoltrata a Pisa dove giunse il 20 dello stesso mese.
Tutti questi passaggi sono evidenziati dai bolli postali apposti parte sul frontespizio e parte sul retro.

Giuseppe Montanelli, durante la sua prigionia a Mantova ebbe modo di intrattenere un rapporto epistolare con la contessa Teresa Arrivabene Valenti Gonzaga.
Il professore fiorentino, mentre si trovava ricoverato in ospedale per le ferite subite nel combattimento, ricevette da lei un mazzolino di fiori. La volle ringraziare con una graziosa poesia scritta il 16 giugno. Eccone il testo:

De’ tuoi fiori la fragranza
Coll’emblema tricolor
Alla mesta nostra stanza
È spiracolo d’amor

Non è squallida la vita
Del ferito prigionier,
se la rendono fiorita
di gentili alme i pensier

Più che plauso fragoroso
Premio anelo al mio patir
Qualche palpito amoroso
Qualche tenero sospir.

O celesti mansuete
Scese in terra a consolare
Voi mutabili non siete
Come il vento popolar.

È la turba cittadina
Aura amica ed uragan
Oggi a un idolo s’inchina
Lo calpesta all’indoman.

Ma la fiamma che s’accende
Nel pietoso nostro cor
Mai non langue e forza prende
Sempre nuova dall’amor.

E soave ci accompagna
Nel difficile cammin
Qual per lubrica campagna
Luna amica il pellegrin.

Immortale degli eroi
Nella storia è la virtù,
Ma il dolor che costa a voi
Ha una pagina lassù.

Lo stesso Montanelli le fece recapitare anche un messaggio:

Mille grazie e del mazzolino e di tutto. Per ora non mi occorre denaro ma nell’occorrenza profitterò della persona che me lo esibisce. Faccio in questo momento promemoria al Governatore per protestare contro l’accusa che mi è stata fatta d’essere escito jer l’altro senza permesso.
Si figuri se anche per noi una privazione di non aver più visite.
Tante volte rammenteremo quella bell’ora passata insieme !
Araldi sta al solito. Le fà mille saluti. Le rimandiamo con mille ringraziamenti alcuni libri che ci ha favorito, e se non le è d’incomodo la pregherei a mandarcene altri, specialmente romanzi.
Mi creda
Suo aff.mo G. Montanelli

I Mantovani dimostrarono grande affetto verso i fratelli tosco-napoletani. Questi a loro volta il 15 giugno, pochi giorni prima di lasciare la città, indirizzarono loro sentiti e commossi ringraziamenti.
Riportiamo quanto scrisse Giuseppe Montanelli al momento di lasciare Mantova. Questo messaggio fu sottoscritto anche dal tenente Giuseppe Gherardi, dal sottotenente napoletano Fernando Rodriguez e dai soldati Luigi Floridi e Odoardo Giusti:

Fratelli Mantovani
-------

Nel lasciarvi vi diamo un amplesso col cuore gonfio di lacrime!
La sera del 29 Maggio dai Campi di Curtatone e di Montanara noi eravamo condotti in questa Città prigionieri feriti!
Soffrimmo! – ma pure non chiameremo i giorni passati fra voi giorni di sventura.
Coll’affetto della madre che veglia sul figlio ammalato, la vostra pietà vegliò su noi.
E nel sentirci tanto amati nò non ci sentimmo infelici.
Noi vi rendiamo grazie – Noi concordiamo. Questa parola vi offenderebbe! Ma vi rendiamo Amore per Amore. E quanto vi amiamo lo sentiamo nel proferire questo Addio che ci strappa il cuore.

Addio. Addio

Prof. Giuseppe Montanelli
Tenente Giuseppe Gherardi
So Tenente FerdoRodriguez
Luigi Floridi
Odoardo Giusti

Dalla prigione di S. Domenico
15 giugno

Gli ultimi prigionieri lasciarono Mantova il 22 giugno e vollero rendere grazie alla Municipalità con queste parole:

I Prigionieri Toscani
recando vivo nell’animo
il Santo dovere di gratitudine
al Municipio di Mantova
che ha sì ben confermata l’antica fama di cortesia
nell’ora della partenza volgono un mesto addio,
pieno di quegli affetti che non hanno parole
---------
22 giugno 1848
ore 3 antimeride

Bellissime sono anche le frasi con le quali lo stesso Montanelli ricordò le emozioni provate nella sera in cui, ferito e prigioniero, fu portato a Mantova:

“Gli spirti de’ caduti s’aggirano invisibili fra le tedesche baionette ed hanno voci di rivendicazione. E nel mese di maggio, quando fiorisce la rosa e l’usignolo innamorato canta sulle rive del Mincio, la madre mantovana sparge di fiori le terre di Curtatone e di Montanara e dice al figlioletto: QUI I GIOVANI TOSCANI MORIVANO GRIDANDO W L’ITALIA”.

Giuseppe Montanelli in una fotografia tratta da:
“L’unità d’Italia. Albo di immagini 1859-1861” di F. Antonicelli


il postalista storia postale toscana ASPoT Arezzo la nostra storia   CATALOGHI DI TOSCANA