il tramonto di un regno









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il tramonto di un regno


di Giancarlo MAGNONI

3° Periodo: dal 9 settembre al 23 settembre 1943.
Territorio a nord della linea del fuoco: TRANSIZIONE E CAOS
Prima parte dal 9 settembre alla liberazione di Mussolini il 12 settembre
 

CONTINUA LA SISTEMATICA INVASIONE DELL’ITALIA DA PARTE DELLE TRUPPE TEDESCHE

Alle 2,30 del 9 settembre le truppe tedesche cominciano a muoversi per completare l'accerchiamento di Roma. Il generale Puntoni, aiutante di campo del Re, annota questa informazione sul suo diario, viene chiamato da Ambrosio il quale, presenti il principe Umberto e il generale Roatta, lo informa, su espresso desiderio di Badoglio, che la situazione si va facendo sempre più grave. Viene proposto, ritenendo impossibile la difesa della capitale, di far partire da Roma il capo dello Stato e il governo per impedire che vengano catturati dalle forze germaniche. Puntoni informa il Re di questa possibile eventualità ed anche del fatto che Roma si ritiene ormai circondata e che di tutte le strade la via Tiburtina sia l'unica non ancora sotto controllo dei tedeschi. "Il Re, convinto ormai che tutto sia stato predisposto per la partenza del governo al completo, aderisce a malincuore ad abbandonare Roma. Il suo intento è di garantire la continuità dell'azione del governo in collegamento con gli alleati e di impedire che la Città Eterna subisca gli orrori della guerra". Questo è il pensiero del Sovrano, scrive ancora Puntoni, ma in realtà partono soltanto i ministri della Marina e dell'Aeronautica.

I SAVOIA VERSO IL SUD…UNA FUGA O UN TRASFERIMENTO PER GARANTIRE UN RAPPORTO ISTITUZIONALE CON GLI ALLEATI?

9 settembre - Nelle primissime ore di questa mattina (alle 5,15), poche ore dopo che la famiglia reale si è trasferita al Ministero della Guerra, il generale Roattai, resosi conto che l’azione convergente dei tedeschi contro Roma è ormai in corso di sviluppo su tutte le direttrici, ad eccezione di quella della Tiburtina, suggerisce di approfittare di questa situazione e partire subito verso l’Abruzzo, seguendo appunto la Tiburtina. .
Il ministro della Marina, ammiraglio De Courten, verso le cinque, viene a conoscenza, da una telefonata di Ambrosio, che gli ordini impartiti ieri sera sono stati superati dagli avvenimenti e che deve recarsi a Pescara, lasciando tuttavia il Supermarina a Roma. Immediatamente il “Da Noli” e il “Vivaldi” ricevono l’ordine di spostarsi a ponente della Sardegna, attraversando le Bocche di Bonifacio per attaccare e distruggere i natanti tedeschi che potranno incontrare. Più tardi De Courten dispone la partenza per Pescara delle corvette “Scimitarra” e “Baionetta”, rispettivamente da Brindisi e da Pola, e dell’incrociatore “Scipione” da Taranto.

9 settembre - Alle 5,10 avviene la partenza dal ministero della Guerra del corteo di macchine con a bordo il Re ed il seguito. Nell'auto reale, una berlina guidata dall'autista Baraldi, prendono posto il Re, la Regina, il generale Puntoni e il tenente colonnello De Buzzeccarini, aiutante di campo di servizio. Seguono la macchina della Regina con a bordo Badoglio, il ministro Acquarone e il maggiore Valenzano, nipote e segretario particolare di Badoglio; una terza macchina sulla quale si trovano il principe Umberto, il generale Gamerra e due ufficiali di ordinanza maggiori Campello e Litta poi altre due macchine, una con il cameriere del Re, Pierino Masetti, la cameriera della Regina, Rosa, custodi anche del bagaglio reale e una, la 1500 di Puntoni, con gli attendenti di Puntoni e di Buzzeccarini. Il generale Sorice, all’ultimo, ha deciso di rimanere a Roma (1).
La piccola colonna di macchine prende così la Tiburtina e si dirige su Pescara (via Tivoli – Avezzano - Popoli) dove è stato fissato il luogo di riunione delle personalità che dovrebbero seguire il Re.

L'intero stato maggiore, ministri, generali, conti, marchesi, duchi e in prima fila i reali, raggiungono Chieti e si recano a Palazzo Mezzanotte in Piazza Grande dove sono accolti e vi resteranno per 18 ore, mentre i reali con Badoglio, al bivio Brecciarola deviano verso il castello dei duchi di Bovino (vedi riproduzione), dove arrivano alle ore 11 e qui pranzano realizzando anche una sosta non prevista ma prudenziale.
Il gruppo aveva sostato al bivio Pescara-Chieti, ed era stato deciso di mandare Acquarone, perché in abiti civili, ad effettuare un giro di esplorazione nella vicina città di Pescara. Era stato anche deciso che in attesa del ritorno di Acquarone il Re si appartasse, appunto, nel vicino castello di Crecchio dove i duchi di Bovino sorpresi e compiaciuti da tale augusta visita, "fanno miracoli per rendere il più possibile confortevole la sosta del Sovrano" dice Puntoni.
 

 

L’ARMISTIZIO SULLA STAMPA ITALIANA

 

 

 

 

9 settembre - Firenze - Su "Il Nuovo Giornale" di Firenze, uscito in edizione straordinaria, vi si legge l'appello lanciato dai Partiti del Fronte della Libertà a firma del Gruppo di Ricostruzione Liberale, della Democrazia Cristiana, della Democrazia del Lavoro, del Partito d'Azione, del PSIUP e del Partito Comunista d'Italia:

"Nell'ora grave che il popolo italiano attraversa, tutti quanti sentono l'amore del proprio Paese debbono stringersi per l'estrema salvezza di questo e per la difesa della libertà. Difesa contro coloro che - non curanti della condanna morale che il popolo italiano ha per essi irrevocabilmente pronunziata - tentano impossibili e grottesche risurrezioni; difesa contro gli attacchi da qualsiasi provenienza. Essi invitano perciò gli italiani tutti e in particolare i lavoratori, a stringersi attorno ai soldati d'Italia e cooperare con essi: restino pertanto ai loro posti di lavoro; e laddove si tenti di impedire o si impedisca o si sia impedita l'opera delle autorità responsabili, resistano ed usino tutti i mezzi a loro disposizione per contrastare la prepotenza di ogni eventuale nemico".

                                                                     LE SOFFERENZE DELLA MARINA ITALIANA

 

Nella notte sul 9 settembre, nelle basi navali di Genova e La Spezia la prima reazione dei comandanti della Marina Italiana alla clausola armistiziale, che prevede il trasferimento della flotta nei porti alleati, evidenzia una tendenza quasi unanime all'autoaffondamento della unità. Dopo una lunga e concitata telefonata fra l'ammiraglio Bergamini (nella foto) e il Capo di Stato Maggiore della Marina De Courten ancora a Roma, ma sul piede di partenza per il sud con il seguito del Re, gli animi si placano e "obtorto collo" viene accettato l'ordine di prendere il mare alla volta della Maddalena come prima destinazione in attesa di ulteriori ordini in merito.

 

9 settembre - Ore 3 del mattino: le navi italiane che si trovano già fuori rada dei porti di Genova e La Spezia prendono il largo e dirigono alla Maddalena. Sono:
9^ Divisione navale: Roma e Vittorio Veneto;
7^ Divisione navale: Eugenio di Savoia, Duca d'Aosta e Montecuccoli;
8^ Divisione navale: Duca degli Abruzzi, Garibaldi e Attilio Regolo;
12^ Squadra C/T: Mitragliere, Fuciliere, Carabiniere e Velito;
14^ Squadra C/T: Legionario, Oriali, Artigliere, Grecale e Libra.
Al mattino dal porto di Pola, salpano prima la divisione dell'Accademia Navale, poi la corazzata Giulio Cesare con tutte le altre unità.

Avvicinandosi alla Sardegna giunge la notizia che la Maddalena è stata occupata dai tedeschi e la rotta viene cambiata. Nuova destinazione Bona in Algeria, sono le 14,45. Le unità provenienti dai porti di Genova e La Spezia si sono incontrate e riunite sulla stessa rotta alle 6,30, già alle 9,45 viene avvistato un primo aereo, poi altri avvistamenti si susseguono alle 10,30,10,45 e 10,56. A rotta già invertita (15,33) inizia l'attacco aereo tedesco.

La Marina è l'Arma italiana più efficiente e moderna e per questo ambita dagli alleati che per questa ne hanno elaborata una speciale clausola armistiziale (la quarta). Al mattino di oggi schiera 5 corazzate, 8 incrociatori, 7 incrociatori ausiliari, 23 sommergibili, una settantina di Mas e 37 cacciatorpediniere e torpediniere. Il dislocamento è: a Genova e La Spezia 3 corazzate (tra cui la nave ammiraglia Roma), 6 incrociatori e due squadriglie di caccia; a Taranto 2 corazzate e 3 incrociatori (al comando dell'ammiraglio De Zara) mentre le altre unità si trovano sparse in Corsica, Albania, Francia (Bordeaux), Danzica ed in porti giapponesi.

VERSO IL SUD, UN’ODISSEA FRA IL TRAGICO E IL RIDICOLO

Ore 12,40 del 9 settembre - Acquarone mandato in avanscoperta rientra a Crecchio con buone notizie tali da far decidere al gruppo a muoversi alle ore 13 verso Pescara.
Nel frattempo per tutto il giorno affluiscono a Chieti a Palazzo Mezzanotte, un centinaio di personaggi, trascinandosi dietro sulle loro bellissime macchine beni e valori, ma non certo la dignità di uomini e di soldati.

Badoglio ha prelevato dai conti correnti intestati al capo del governo, 4 milioni il 4 settembre e 6 milioni l'8 e fatti convertire in franchi svizzeri, già nel mese di agosto, altri 4 milioni prelevati dagli stessi fondi. A proposito di questo danaro Badoglio scriverà una lettera al suo successore Ivanoe Bonomi da Salerno il 12 giugno 1944, eccone il testo:

"Alla sera dell'8 settembre 1943, nel rifugiarmi al Ministero della Guerra io avevo portato con me una valigetta contenente, oltre alle mie sostanze personali, anche le seguenti somme dello Stato: 10 milioni di lire italiane; 800000 franchi svizzeri; un vaglia per 200000 franchi svizzeri. Questi danari, prelevati sul fondo della Presidenza del Consiglio, avrebbero dovuto servire per i primi bisogni del governo e della Real Casa nel caso probabile di dover lasciare Roma. Nel mattino del 9, nel momento di confusione della partenza, io ho dimenticato la valigia, che per fortuna fu ritirata da mio figlio, funzionario degli Esteri, che disgraziatamente rimase a Roma. Sono stato informato dal commendator Floridi, zio di mia nuora, che provvide all'occultamento di Mario fino alla sua cattura, che queste somme sono state spese in sussidi ai profughi ed ai partigiani come io stesso avevo fatto arrivare l'ordine a mio figlio. Ma sebbene Floridi ritenga di poter presentare una documentazione approssimativa dell'impegno di detto danaro, io chiedo che sia atteso il ritorno di prigionia di mio figlio Mario per avere dati più precisi".

Badoglio nella sua "precipitosa" partenza da Roma si dimentica anche di dare adeguate disposizioni per la sorte di Mussolini tuttora "sorvegliato speciale" a Campo Imperatore e, sulla sua scrivania, di un appunto del Re, di carte importanti e segrete, che non dovevano cadere in mano ai tedeschi, nonché del memoriale del generale Ugo Cavallero estremamente compromettente se letto dai tedeschi per il generale stesso che, proprio oggi viene liberato dal carcere.

Alle 16 del 9 settembre - All'aeroporto di Pescara, si tiene una specie di consiglio della Corona. A Pescara erano nel frattempo giunti anche i capi di Stato Maggiore Generale Ambrosio e i Capi di Stato Maggiore della Marina, De Courten, e dell'Aviazione Sandalli. Si decide di puntare su una località delle Puglie per la futura base del Governo; viene scartato l'aereo come mezzo di trasporto in quanto si ignora quale sia la situazione militare negli aeroporti pugliesi. De Courten annuncia che spera di poter richiamare la corvetta Baionetta, da Pola, l'incrociatore Scipione l'Africano e la corvetta Scimitarra da Taranto. Un fono e poi un aereo mandato in perlustrazione precisa che la nave era ancora all'altezza di Ancona, tempo di arrivo verso mezzanotte. Viene così stabilita come ora di imbarco la mezzanotte e come località il molo di Ortona. Re e famiglia, spazientiti, nuovamente attraverso la stessa strada, se ne ritornarono a Crecchio dove rimarrà fino alle 23. A Pescara rimase Badoglio.

Chieti - A Palazzo Mezzanotte; dove sono confluiti gli altri nobili fuggiaschi (mentre all'Albergo Sole si trova tutto lo Stato Maggiore) tutti stanno aspettando il da farsi dentro questo palazzo che sta diventando una trappola. Saranno 18 lunghe ore drammatiche e angoscianti per tutti, stipati nel grande cortile e negli scantinati dove sostano anche le macchine con i loro tesori, guardati a vista per alcune ore; poi per bisogni fisiologici o per avere continue notizie, che arrivavano sempre più drammatiche, rimasero perfino incustodite o solo con gli autisti che cercavano in giro affannosamente carburante per proseguire il viaggio. Cinquanta macchine di quella cilindrata, venute da Roma, e che poi avevano scorrazzato per i colli chietini e per ben due volte a Pescara, erano ormai senza benzina, e sta diventando un grosso problema procurarsela a Chieti dove da mesi non circola un'auto proprio per irreperibilità di carburante. La tensione verso notte sale ai massimi gradi, e molti non si preoccupano più degli averi (e qui alcuni ne approfitteranno) ma di salvare la pelle.

Ore 21 del 9 settembre - Puntoni annota sul suo diario che a quell'ora Umberto di Savoia lo chiama nella sua stanza. Umberto gli dice: "La mia partenza da Roma è senza dubbio uno sbaglio. Penso che sarebbe opportuno che io tornassi indietro; la presenza nella Capitale di un membro della mia Casa in momenti così gravi, la reputo indispensabile...". Sembra che Puntoni riesca a dissuaderlo ricordandogli che molto probabilmente tutte le strade per Roma sono bloccate e i tedeschi non chiederebbero di meglio che poter prendere un così nobile ostaggio.

Umberto, il futuro “Re di Maggio” del 1946, capiva che questo allontanamento da Roma da parte di tutta la famiglia reale sarebbe stato interpretato dagli italiani come una “fuga”. Sentiva che questa decisione avrebbe dato inizio al declino della Monarchia.

Ore 23 del 9 settembre - A Chieti a Palazzo Mezzanotte e in parte all'Albergo Sole, dove sono confluiti tutti i fuggiaschi, arriva trafelato il Capo di S.M. generale Roatta per la seconda volta di ritorno da Pescara ed è convinto di trovarvi il Re. Fa gelare il sangue a tutti comunicando ai presenti che la nave della salvezza (la corvetta Baionetta) non sarebbe mai arrivata a Pescara (invece è attraccata!) ma che si stava dirigendo verso Ortona. Qui in alto mare avrebbe aspettato un piccolo motopeschereccio in partenza dal molo, il Littorio, ma sulla Baionetta ci potevano salire, per portarli in "salvo", solo il re, la sua famiglia e pochi altri, al massimo una decina.

Roatta poi si veste in borghese, si fa dare un paio di mitra non senza discussione dalle ex camice nere che assistevano alla incomprensibile scena, dice loro che è un ordine del re e se ne va verso Crecchio per dare la nuova notizia alla famiglia reale lasciando tutti nel panico in una fuga senza meta per le colline chietine dove conti, marchesi, duchi, ministri e due dozzine di generali di tre e quattro stelle stanno perdendo onore e dignità.

A Palazzo Mezzanotte la Fuga di mezzanotte diventa una scena pietosa!! I nobili (pieni di ori e di averi) che hanno seguito la fuga del Re, della Regina e del figlio Umberto, si sentono abbandonati, traditi, intrappolati, disperati, e non sanno dove andare. Scene non proprio nobili, fra gridi, pianti, recriminazioni, accuse molto molto pesanti. Gli ufficiali si disinteressarono di loro, si tolgono le divise, si vestono in borghese, abbandonando nel palazzo perfino quanto si erano portati dietro (pacchi di documenti, cartelle, borse, divise, che ora diventavano compromettente e fastidiosa zavorra per la fuga; poi visto che alcune macchine non si muovono, si dileguano nella notte anche a piedi .
Molti non arriveranno mai ad Ortona, Chi non si darà alla macchia, verrà catturato e deportato. I più fortunati saranno quelli che rimasti senza benzina, sono scappati a piedi in alcuni casali, giù dalla ripa prospiciente il Palazzo; lì salveranno la vita e qualche cofanetto di ori e denari, le uniche cose che si erano portate dietro in abbondanza e che purtroppo pesavano.
Perfino gli innocenti duchi di Bovino che avevano per due volte nell'arco della giornata dato alloggio al re nella loro casa a Crecchio, non saranno risparmiati; infatti il giorno dopo la loro casa sarà incendiata e gli stessi duchi finiranno deportati in Germania. Il re e Badoglio non avevano lasciato a loro quell'immunità tedesca per la fuga, che evidentemente valeva solo per loro.

Un poco prima delle 24 il Re con il suo seguito giungono ad Ortona dove con loro somma meraviglia scoprono che, malgrado si sia cercato di far tutto nella massima segretezza, le banchine del porto sono piene di macchine. Sono giunti quasi tutti gli ufficiali dello Stato Maggiore. C'è anche Roatta, Capo di Stato Maggiore dell'Esercito, che vestito in borghese, ma con un fucile mitragliatore a spalla, è circondato da ufficiali superiori.

La corvetta Baionetta (640 tonnellate di stazza, è al comando del tenente di vascello Piero Pedemonti ed ha un equipaggio di 114 marinai e sei ufficiali.) è fortunatamente giunta ed aspetta al largo. Le operazioni di imbarco devono essere effettuate a mezzo di un peschereccio. Si aspetta solo Badoglio che nel pomeriggio era rimasto a Pescara e sapeva di doversi trovare al molo di Ortona per le 24.

Alle 0,30 del 10 settembre il Re, visto che Badoglio non arriva, decide di dare inizio alle operazioni di imbarco ed un'altra sorpresa lo attende sulla Baionetta. Badoglio e De Courten vi si erano già imbarcati a Pescara e se ne stavano tranquillamente in attesa degli altri..Con altri pescherecci giungono sottobordo e si imbarcano altre personalità. Sul Baionetta riescono ad imbarcarvisi, oltre al re, alla regina e al principe Umberto e ai loro aiutanti di campo e camerieri, il presidente del Consiglio Badoglio, due ministri militari (Sandalli e De Courten), il ministro della Real Casa (Acquarone) e cinquantasette generali (fra i quali Ambrosio e Roatta), tutti sistemati alla meglio sul ponte della piccola nave certamente non attrezzata per tale missione.
 

MARINA ITALIANA

9 settembre - Ore 16,12: affondamento della corazzata Roma colpita da due bombe razzo lanciate da aerei tedeschi provenienti dalla Francia. Su 1948 uomini imbarcati 1352 periscono (1326 in mare e 26 successivamente al recupero dei 622 naufraghi).
La corazzata (vedi foto) era entrata in servizio il 14 giugno 1942, stazzava 43000 ton. ed era al comando del capitano di vascello Adone Del Cima. Sulla Roma era imbarcato anche l'Ammiraglio Bergamini (vedi foto nel
 

testo), che comandava tutta la flotta in trasferimento da
Genova e La Spezia, e tutto il suo stato maggiore. Periranno tutti nell’affondamento. Dei superstiti 460 rimasero internati per tre mesi nella base navale spagnola di Port-Mahon e cinque mesi a Caldas de Malavella.
Anche la corazzata “Italia” viene colpita ma può proseguire. Affondano due altre navi: il “Vivaldi”, colpito dalle batterie costiere, e il “Da Nola”, incappato in una mina.


INTORNO A ROMA

Le truppe italiane cercano di opporre una certa resistenza alla prepotenza tedesca: la divisione “Ariete” (generale Cadorna) attacca la 3^ divisione corazzata tedesca nella zona di Monterosi – Bracciano, infliggendole perdite così gravi da indurre il comandante tedesco a non muovere più le sue truppe (1) mentre la divisione “Granatieri” si sta battendo coraggiosamente tra la Magliana e Porta San Paolo per contrastare il passo ai tedeschi provenienti da Ostia.

STORIA POSTALE del 9 settembre 1943

La data odierna per i documenti postali inviati e bollati il 9 settembre, conferisce un maggior valore al documento stesso. Si presume, ma lo si è anche constatato con la infrequente ritrovamento di documenti postali con tale data, che gli italiani, convinti che l’armistizio significasse anche fine della guerra, quel giorno, si dedicarono poco alla corrispondenza. Lo fecero maggiormente i militari che invece erano convinti che l’armistizio fosse il “prologo” della fine del conflitto.

La grande illusione…la guerra è finita (!?)

 


 

 

 

 

Franchigia usata dal Capitano Vincenzo del Pinto che scrive da Bonerva (SS), dove fu censurata, a Oleggio (VA). Respinta al mittente rientrò il 22 gennaio 1944 (come scritto manualmente)

 

 





Franchigia con censura di Marina E(2)
da Venezia. Nel testo un soft “siete contenti?” con evidente riferimento all’armistizio visto come la prossima fine del conflitto…
 


 





Il Cap. Gianni Pennati scrive al padre da San Germano Vercellese e, fra l’altro, dice: …Siete contenti della notizia avuta presto tutti saremo alle nostre case!!!!...

 

 

 

 

Parte da Avellino il 9 settembre per Napoli dove giunse in data non individuabile ma sicuramente nel 1944 da come si evince dal visto di censura ACS.(Allied Censor Service)

 

VERSO IL SUD – 10 settembre

 

bombardamento che fortunatamente non avverrà. Non si hanno invece notizie della corvetta Scimitarra che doveva raccogliere gli ufficiali dello Stato Maggiore che non era stato possibile imbarcare sul Baionetta. In realtà la corvetta non è riuscita a raggiungere il porto di Ortona in tempo per prendere tutte queste persone, che timorose della piega che stavano prendendo gli avvenimenti, si sono gradualmente allontanati in cerca di altri rifugi.

Alle 11 del 10 settembre sia il Baionetta che lo Scipione l'Africano, che la sta scortando, entrano in allarme perché un aereo tedesco le sta sorvolando. L'aereo si allontana ma è sorto in tutti il timore di un attacco di aerei da

Il Re ha deciso di sbarcare a Brindisi (nella foto il re, la regina e il principe Umberto) presumendo che non vi siano né tedeschi né alleati. Egli cerca una zona che sia ancora sotto il controllo italiano ove il Governo possa riprendere, rapidamente e senza costrizioni, le sue funzioni. Bari risulta ancora in mano tedesca mentre Brindisi, non ancora raggiunta dalle truppe Alleate sbarcate a Taranto, risulta ormai sgomberata dai tedeschi. I 500 uomini della Luftwaffe del colonnello Freiherr von Cablenz, acquartierati nei pressi dell'aeroporto, sono partiti durante la notte sul 10 verso il nord.

Alle 14 del 10 settembre il comandante la piazza marittima di Brindisi ammiraglio Luigi Rubartelli inquadra nel binocolo un incrociatore leggero (lo Scipione l'Africano fa parte della classe Capitano Romani e stazza 5420 ton.) e una corvetta (la Baionetta).
L'ammiraglio, pur avendo riconosciuto trattarsi di navi italiane, teme che queste siano cadute in mano tedesca ed un conseguente colpo di mano per impadronirsi della fortezza che potrebbe riuscire solo se le navi riuscissero ad attraccare nel porto. Altrimenti le batterie costiere forti di pezzi da 381 renderebbero non compatibile il fuoco delle due navi.
Le preoccupazioni di Rubertelli cadono non appena un suo aiutante gli porta un messaggio in chiaro giunto via radio dalla corvetta: "Invito Bottiglione ad andare incontro alla Baionetta, vi troverà un suo fraterno amico". Solo De Courten, suo compagno di studi all'Accademia Navale, può chiamare così Rubartelli perché è stato lui stesso a mettergli addosso tale soprannome. Fatto inviare un messaggio di "ricevuto" l'ammiraglio monta su un motoscafo per raggiungere le navi ferme in rada.

Sulle navi ogni timore sulla reale situazione esistente a terra viene dissipato non appena la sagoma di Rubartelli, uomo alto e massiccio, risulta distinguibile per De Courten dietro al pilota del motoscafo. Salito a bordo l'ammiraglio trasecola alla vista di tanti importantissimi personaggi. Oltre al Re ed il suo seguito, Rubartelli si trova di fronte un maresciallo d'Italia, dodici generali e una ventina fra colonnelli e maggiori.
Si decide di sbarcare ed il Baionetta attracca quasi di fronte all'edificio dell'ammiragliato. Al momento dello sbarco gli equipaggi delle navi all'ormeggio, ammassati in coperta, gridano "Viva il re!" agitando i berretti.

Il Re ed il suo seguito prendono alloggio al primo piano dell'appartamento dell'ammiraglio che si ritira con la moglie, sorpresa in vestaglia dalla Regina, e il figlio al piano terreno. Nell'appartamento dell'ammiraglio trovano modo di sistemarsi anche Puntoni, Gamerra e le ordinanze. Badoglio, il duca Piero Acquarone e il ministro dell’Aeronautica Renato Sandalli vanno a

 stare nella casermetta dei sommergibilisti, De Courten a bordo dell’incrociatore Scipione l’Africano, di scorta alla Baionetta, i generali dello Stato Maggiore e del Comando Supremo requisiscono l'albergo Internazionale sul lungomare Regina Margherita, con vista sul porto interno. I mercantili Abbazia e Campidoglio, attraccati nel porto, forniranno alloggio a militari e funzionari del Governo.
Il "governo" si installa momentaneamente negli uffici del Comando Marina al Castello Svevo di Federico II° (vedi foto). per sistemarvi i generali e i loro seguiti.
 


 

Nasce così in questo pomeriggio denso di avvenimenti il Regno del Sud, praticamente un piccolo stato che ancora nessuno sa se potrà sopravvivere ad un ritorno aggressivo dei tedeschi o ad una vittoriosa entrata delle truppe alleate.
 


L’INUTILE DIFESA DI ROMA CITTA’ APERTA
 


 

10 settembre - A Roma il colonnello Giaccone (al centro nella foto), sostituto del generale Conte Calvi di Bergolo, firma con i tedeschi una convenzione in base alla quale le 6 divisioni italiane (Piave, Granatieri, Centauro, Sassari, Ariete e Piacenza), che hanno sostenuto combattimenti con i tedeschi nella stessa Roma, saranno sciolte con musica e bandiere e i militari inviati alle loro case. La resistenza dell'esercito italiano affiancato dalla popolazione cessa alle 16 con la firma della resa. Negli scontri i morti italiani sono stati 570, 414 militari e 156 civili. I feriti sono stati 742.
I tedeschi affidano il comando della Città Aperta di Roma al generale Conte Calvi di Bergolo.
 


CONTINUA LA SISTEMATICA OCCUPAZIONE TEDESCA DELL’ITALIA
 

10 settembre - I Tedeschi entrano ed occupano Bologna. Entrano anche in Zara. Hitler prende due provvedimenti riguardanti l'Italia. Le due regioni di frontiera che passano sotto il controllo dei due gaulaiter e la divisione del resto dell'Italia, sempre sotto il controllo tedesco, in due zone: una di operazioni sotto il comando del maresciallo Rommel (militarmente gestita dal Gruppo di Armate B e comprendente tutto il nord Italia fino alla catena appenninica a nord della Toscana) e l'altra per il centro - sud, nota poi come "territorio occupato" (che sarà militarmente in mano al Gruppo di , Armate C del generale Kesselring) sotto il controllo formale di Rudolph Rahn dal quale, nella sua qualità di plenipotenziario tedesco, dipenderanno tutte le relazioni politiche con qualsiasi organo amministrativo italiano.

 

 

STORIA POSTALE del 10 settembre 1943

 

 

 

Lettera inviata da Lucca a Bari che il 15 sarà già in mano alleata e per questa ragione è stata rinviata AL MITTENTE per SERVIZIO SOSPESO
 

 

 

 

Cartolina illustrata da Napoli a Bellavista (NA) dove giunse dopo l’occupazione di quella località da parte Alleata come evidenziato dal visto di censura ACS (Allied Censor Service).
Nel testo il mittente dice, fra l’altro:
“…Sto bene e spero di salvarmi da ogni pericolo…”
 

 

 

Quando a Firenze questa lettera espressa veniva bollata in partenza, i tedeschi, con ingenti forze, entravano in città e le caserme italiane si svuotavano. Fu un vero fuggi, fuggi di uomini che speravano di poter tornare alle loro case nel sud. La popolazione fiorentina aiutò, quando possibile, questi ragazzi aiutandoli a vestirsi in borghese.

 

 

11 settembre - Ore 9,30 - Nel neonato Regno del Sud, denominata dagli Alleati King's Italy, il Re tiene consiglio nel salotto della palazzina dell'Ammiragliato (vedi foto). Fa un caldo afoso, i tedeschi hanno fatto saltare l’acquedotto pugliese e l’acqua è scarsissima.
 

Alla riunione presenziano il principe Umberto, Badoglio, Sandalli, De Courten, Ambrosio, Roatta, Acquarone e Puntoni.
Il Re legge le direttive impartite da Eisenhower per stabilire subito la collaborazione fra le truppe alleate e il governo italiano. Per quanto riguarda le richieste contenute nel messaggio inviato ieri da Eisenhower a Badoglio, lo stesso Maresciallo dichiara di avere dato, oggi stesso, risposta informandolo di avere ordinato a tutte le Forze Armate italiane di “agire vigorosamente contro l’aggressione tedesca”. Nella riunione viene anche deciso di lanciare agli italiani un proclama del Re e uno di Badoglio, quale Capo del Governo. Viene inoltre confermata Brindisi come sede

provvisoria del governo, riconosciuta più adatta per la ricostituzione e funzionamento del governo stesso, sulla scorta delle informazioni raccolte via radio.

Alle 11, dopo il consiglio, il re si reca a visitare i lavori di difesa intorno a Brindisi e qua e là si leva qualche grido di “Viva il Re”.

A Brindisi, le truppe italiane presenti avevano accettato la presenza della famiglia reale senza conoscere la ragione di questo trasferimento e si domandavano quale fosse il vero significato di questa presenza.

A mezzo del piccolo apparecchio radio consegnato a Castellano a Lisbona, Badoglio chiede oggi a Eisenhower l’invio di un ufficiale di collegamento per mantenere stretti contatti. Eisenhower aderisce subito e sceglie per tale incarico il generale inglese sir Noel Mason – Mac Farlane, governatore militare di Gibilterra. I ministri Murphy e Macmillan, consiglieri politici americano e britannico presso il Quartier Generale di Algeri, vengono invitati ad accompagnare a Brindisi Mac Farlane.

 

LA MARINA ITALIANA SI CONSEGNA AGLI ALLEATI
 

 

11 settembre - Malta: al mattino giungono le navi delle 7^, 8^ e 9^ divisioni e la 14^ squadriglia (nella foto il Commodoro Royal M. Dick, capo di stato maggiore dell’ammiraglio inglese Cunningham, riceve sulla banchina di La valletta l’ammiraglio Da Zara) eccetto le unità rimaste sul luogo dell'affondamento della Roma che, recuperati i naufraghi, hanno fatto rotta sulle Baleari.

Giungono a Maiorca anche le navi Pegaso e Impetuoso che per evitare l'internamento, dopo aver sbarcati i feriti recuperati dal naufragio della Roma, ripartono nella notte sul 12
 

 

STORIA POSTALE dell’11 settembre 1943
 

 

 

Lettera indirizzata dal Comune di Caprese Michelangelo (AR) alla Commissione Italiana di Armistizio con la Francia (quello concluso nel 1940) di Mentone. Fu respinta al mittente a causa degli avvenimenti in corso.

 

 

12 settembre - Normalmente considerato periodo di Repubblica Sociale Italiana (cioè il fascismo risorto dalle sue ceneri), è in realtà un periodo di TRANSIZIONE durante il quale prevale solamente l'occupante Tedesco che il 12 provvede a liberare Mussolini, confinato in un albergo sul Gran Sasso, per portarlo in Germania.

Già dal 10 settembre Hitler ha deciso di annettere l'Alto Adige, il Trentino e la provincia di Belluno al Terzo Reich creando una regione con il nome di Prealpi. Sarà considerata zona di operazioni. (territorio color turchese nella cartina). In realtà è una mossa di Hitler per avere un accesso al mare Mediterraneo.

 

 

La liberazione di Mussolini - 12 settembre - E’ una domenica splendida. Alle 13, dieci alianti con a bordo novanta paracadutisti decollano dall’aeroporto di Pratica di Mare; sono rimorchiati da altrettanti Heinkel 126, al comando del maggiore pilota Johannes Heidenreich.

Alle 14,00, ora convenuta dal piano, mentre gli uomini del maggiore Mors, viaggiando su strada con camion hanno raggiunto (alle 13,45) e occupato la stazione della funicolare, gli alianti vengono sganciati sul Gran Sasso dall'apparecchio rimorchiatore. Li accompagna un piccolo aereo ricognitore (vedi foto) che servirà a ricondurre Mussolini alla base aerea

tedesca di Pratica di Mare.
Nove alianti riescono ad atterrare felicemente, uno si schianta a terra contro le rocce. Un paracadutista si frattura una caviglia.
Il generale Soleti, preso in ostaggio dai tedeschi, salta a terra dal primo aliante e grida ai carabinieri di guardia all'esterno dell'albergo, stupiti dalla scena alla quale hanno assistito, di non sparare.
Mussolini appare ad una finestra dell'albergo e un gruppo di ufficiali tedeschi e italiani sale le scale per andare a salutarlo. Sembra che la prima richiesta di Mussolini sia stata di poter andare tranquillamente, in automobile, a casa sua alla Rocca delle Caminate, un comportamento coerente con il primo desiderio espresso a Badoglio dopo il suo arresto.
 

Gli ordini di squadra dei tedeschi sono però categorici: Mussolini deve essere portato a Pratica di Mare. Mussolini cerca per un po’ di discutere ma poi si lascia convincere a salire sul ricognitore.

Il decollo si rivela difficoltoso perché Skorzeny, uomo grande e grosso, è voluto salire anche lui a bordo e solo la perizia del pilota, vista l'aria fine della montagna, riesce ad evitare un disastro. Il viaggio dal Gran Sasso alla base di Pratica di Mare si svolge senza che i passeggeri si scambino una sola parola.

Per odine di Hitler, appena giunto alla base, Mussolini viene fatto salire su un velivolo Heinkel insieme a Soleti, Gueli e Skorzeny. Poco prima di mezzanotte atterrano a Vienna dove, insieme a Scorzeny, viene alloggiato all'Hotel Continental.
 

Mussolini, stanchissimo, si corica subito ma poco dopo riceve una telefonata da Hitler. Di questa telefonata si trova traccia nel diario di Goebbels, il quale scrive che Mussolini ha detto al Fuhrer di essere stanco e malato, che desidera anzitutto farsi un lungo sonno e lunedì vorrebbe visitare la sua famiglia a Monaco. Goebbels dice anche: "Presto vedremo se è ancora capace di un'attività politica su larga scala. Il Fuhrer lo pensa".

Io personalmente mi sono sempre posto una domanda: ma perché i tedeschi vollero operare la liberazione di Mussolini con quello spiegamento di forze? Non potevano attendere un altro paio di giorni e procedere a questa azione via terra, tramite la funivia? Il 14 avrebbero, come ebbero, il controllo di tutta l’Italia fino alla linea del fuoco; temevano che, ritardando questa azione, Mussolini potesse suicidarsi o che fosse passato per le armi dai carabinieri che lo “sorvegliavano”? Nessuno storico, per quanto io ho potuto constatare dai molti testi consultati, ha mai espresso qualcosa di analogo al mio dubbio. I tedeschi temevano che Badoglio avesse progettato la consegna di Mussolini agli anglo-americani. E come avrebbe fatto Badoglio a realizzare un simile piano? Il 12 settembre era già a Brindisi e i tedeschi lo sapevano benissimo.

 

STORIA POSTALE del 12 settembre 1943

 

 

 

Questa cartolina in franchigia, timbrata a Bressanone (BZ) il 12, è di un militare che comunica alla famiglia: “Io sto bene non pensate a male sono prigioniero baci cari a tutti sempre allegri Nino”. In realtà c’era poco da stare allegri!

 

 

 

 

Lettera semplice via aerea tariffa ridotta per militari da Firenze alla PM 101, già sciolta a Valona in Albania, e pertanto, respinta AL MITTENTE SERVIZIO SOSPESO

 

 


 

 

 

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