il tramonto di un regno









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il tramonto di un regno


di Giancarlo MAGNONI


4° Periodo dal 23 settembre al 25 novembre 1943.
Territorio a sud della linea del fuoco: A.M.G.O.T. E MISSIONE MILITARE ALLEATA (poi A.M.G. E A.C.C.) E REGNO DEL SUD CON VITTORIO EMANUELE III° E BADOGLIO A BRINDISI.

Seconda parte (dal 30 settembre al 16 ottobre 1943)
 


Giovedì 30 Settembre 1943

Sui rapporti degli Alleati con l’Italia di Badoglio - Con l’incrociatore Scipione l’Africano, al mattino Badoglio e De Courten. rientrano a Taranto e proseguono per Brindisi.
Nel pomeriggio alle 17,30 il Re riceve De Courten e l'ammiraglio De Zara che comanda le unità italiane concentrate a Malta. Alle 18,30 riceve Badoglio che gli deve riferire sul convegno di Malta e dell'avvenuta firma dell'armistizio lungo.

Gli Alleati, astutamente, diramano un comunicato ufficiale dove non si parla di armistizio, né corto né lungo, ma si dice che “il principale argomento di discussione è stato il metodo per rendere più efficienti gli sforzi militari italiani contro il comune nemico. Alcune unità delle forze militari italiane di terra, di mare e dell’aria sono già state impegnate attivamente contro il comune nemico.

Roosvelt decide oggi di dare una risposta cortese ma significativa alla lettera di Vittorio Emanuele del 21 settembre:

“Maestà,
Ho ricevuto con molto piacere le vostra lettera datata 23 settembre, trasmessami per telegrafo dal generale Eisenhower; concordo pienamente con la Vostra opinione che, nel comune interesse dei nostri paesi, è necessario e urgente che la massima possibile parte del territorio italiano sia liberato dai tedeschi e che il nostro pieno sforzo sia unicamente diretto verso il raggiungimento di questo obiettivo, impiegando tutte le risorse militari disponibili dell’Italia e dei governi alleati.
E’ intenzione dei governi alleati di ottenere il controllo di Roma al più presto.
E’ mio desiderio che l’amministrazione civile delle zone d’Italia riconquistata sia assunta dal governo italiano, nel limite consentito da considerazioni militari, e sotto l’alta sorveglianza del comandante in capo alleato.
Viene preso in considerazione, previa consultazione con i nostri alleati, il cambio per la lira.
Con l’espressione dei migliori auguri per un prossimo successo del nostro comune sforzo per cacciare e distruggere gli invasori nazisti dal Vostro paese, sono
Vostro cordialmente                                                                                                   Franklin D. Roosvelt”

Dal diario di Puntoni - “…Acquarone mi fa leggere la copia di un verbale in cui sono riassunte le principali clausole dell’armistizio. Ho l’impressione, però, che il verbale mostratomi da Acquarone non abbia nulla a che fare con il vero e proprio armistizio, quello segreto che nessuno conosce: Forse soltanto il Sovrano l’avrà avuto da Badoglio.

A Malta, in complesso, gli angloamericani non sarebbero stati scortesi ma si sarebbero invece mostrati intransigenti per quanto riguarda l'applicazione delle più dure clausole della resa. Hanno insistito perché l'Italia dichiari guerra alla Germania e non hanno accolto con molto entusiasmo l'offerta di collaborazione delle nostre truppe per le operazioni nel Sud. Gli Alleati ritengono che lo Stato Maggiore italiano non sia in grado di ricostruire unità efficienti e ben armate".
 

 

 

 

Il Maresciallo Badoglio è preoccupato per la sua casa di Roma, una grande villa in via Bruxelles (vedi foto), costruita dopo la vittoria in Etiopia con i milioni chiesti e ottenuti in premio da Mussolini, sul terreno regalato dal governatorato della capitale. In questi giorni è arrivato a Brindisi, da Roma, l’avventuriero Giuseppe Cambareri che lui conosce da quando è stato ambasciatore in Brasile, mezzo trafficante e mezzo agente segreto al servizio del generale Carboni quando comandava il SIM, gli chiede per prima cosa la sorte della sua villa. L’altro gli rivela che i tedeschi sono entrati e l’hanno svaligiata. Badoglio resta a lungo in silenzio, affranto dalla notizia.

 


 
Finisce il martirio di Napoli

 

 

 

 

Alle 9,30, nella periferia meridionale di Napoli,
compaiono le prime autoblindo dei King’s Dragoon Guards inglesi. In città continuano le sporadiche sparatorie dei napoletani in armi contro i reparti di retroguardia tedeschi. Con gli inglesi cominciano a giungere anche i parà americani dell’82^ divisione. Vengono fermati nella loro marcia per consentire a Clark di raggiungerli. Su un cingolato blindato accanto al generale Ridgway, alle 11, preceduto e seguito da una lunga colonna di carri armati e camionette Clark entra in Napoli. La città è stata ormai evacuata dai tedeschi sotto l'incalzare della sommossa popolare nella quale hanno trovata la morte 197 uomini e 41 donne, altri 140 e 70 donne moriranno successivamente per le ferite riportate. 21 i mutilati e 53 gli invalidi (da altro testo i morti sono stati, dal 9 settembre ad oggi, 448, 337 uomini e 111 donne, molti dei quali nel modo più brutale)

 


 

Gli americani che entrano oggi in Napoli, restano sbalorditi per l’estensione delle distruzioni, per le scene agghiaccianti cui assistono negli ospedali semidistrutti, dove i feriti delle incursioni e quelli delle rappresaglie tedesche si ammucchiano con i morti, tra i corridoi e gli scaloni. Restano sgomenti per lo stato miserando in cui appaiono ai loro occhi quei monumenti insigni della cultura e dell’arte, che, nei loro lontani anni di scuola, anche essi hanno imparato ad apprezzare e ad amare, come espressione di un patrimonio comune a tutta la civiltà occidentale, dalla Chiesa di Santa Chiara a quella dei Gerolomini, al Museo Filangieri, ai Granili.
 

 

Il colonnello americano Kraegge comandante delle forze alleate che prendono possesso della città, si trova di fronte a una Napoli per lui incomprensibile piena di civili armati e scugnizzi che chiedono da mangiare improvvisando gioiose danze folkloristiche e di cortei funebri, di evviva e di pianti.
 

La sera i comandanti degli insorti si presentano a Palazzo Reale dove Kraegge ha insediato il suo comando, la loro speranza di trovare una parola di elogio per l'eroico comportamento rimane delusa. Kraegge li accoglie abbastanza freddamente e alla loro dichiarata disponibilità con tutti i loro uomini ad un volontariato per qualsiasi compito ricevono la seguente risposta:


"Faccio molto affidamento sulla vostra cooperazione. Potreste adoperarvi utilmente per assicurare la distribuzione ordinata dell'acqua con le autobotti, per mantenere l'ordine pubblico nelle code, per sgomberare le macerie dalle strade di transito e per rimuovere quegli enormi cumuli di immondizie putrescenti".

 


 


La città è in condizioni disperate a alla fame. Circa 10000 edifici sono più o meno in rovina a causa degli incessanti bombardamenti subiti, 6 chiese sono completamente distrutte, 19 gravemente danneggiate e 20 in modo meno grave. I morti fra la popolazione sono stati complessivamente 22000 dall'inizio dei bombardamenti ad oggi.

Alle 10,30 le batterie tedesche, poste su posizioni dominanti, aprono il fuoco contro la città, provocando nuove distruzioni e nuove vittime tra la folla che si è riversata nelle strade e nelle piazze. A piazza Dante le granate germaniche aprono vasti vuoti tra la popolazione, uccidendo 24 persone; al vico Giganti sette napoletani perdono la vita; un altro contadino viene ucciso in via Arenaccia; ed infine al vico Carrozzieri alla Posta le cannonate tedesche uccidono altre sette persone. Poi cominciano a brillare le mine che i guastatori germanici hanno nascosto in vari punti e che i napoletani non sono riusciti a localizzare e disinnescare.

Alle caserma Diaz alcune granate provocano due morti e due feriti; a piazza Carità, nei locali adiacenti al "“anco di Roma"” una mina provoca vaste distruzioni, la morte di cinque persone e il ferimento di due. Un’altra mina, alla Posta Centrale, uccide dodici persone e ne ferisce molte altre, tra cui numerosi americani; altre vittime ancora si hanno all’ospedale “Principi di Piemonte”.


Sabato 2 Ottobre 1943


Sui rapporti degli Alleati con l’Italia di Badoglio - Stalin acconsente, oggi, alla richiesta di Roosvelt (del 28 settembre) a che sia tenuto segreto almeno temporaneamente, il testo dell’armistizio lungo firmato ormai dal 29. Eisenhower, quindi, nell’assicurare a Badoglio che, come da sua richiesta, il testo dell’armistizio venga mantenuto segreto con l’opinione pubblica italiana, si è presa una grave responsabilità. Qualora i Russi non avessero approvato sarebbe stato un altro problema da risolvere.
Churchill, come richiestogli ieri da Roosvelt, telegrafa a Mosca chiedendo a Stalin che l’Unione Sovietica si associ alla progettata dichiarazione angloamericana sulla cobelligeranza italiana, ottenendo oggi stesso la sua adesione.

Domenica 3 Ottobre 1943


Per un esercito italiano del Sud - Riguardo alla collaborazione militare con gli alleati, il nostro Stato Maggiore cerca in ogni modo di ottenere delle autorizzazioni all’approntamento di Grandi Unità.

Intanto, a San Giovanni Vernotico, continua l’approntamento del 1° Raggruppamento Motorizzato. Ma la sua gestazione non è semplice. Il generale Dapino, designato quale comandante dell’unità, prepara un lungo promemoria riguardante “numerose questioni da risolvere al più presto per assicurare un buon approntamento”. Il documento viene sottoposto dallo stesso Dapino direttamente al generale Roatta, scavalcando le normali vie gerarchiche, a cominciare dal generale De Stefanis, dal quale dipende l’unità.

Lunedì 4 Ottobre 1943

Alexander e Eisenhower prevedono, ottimisticamente, di entrare in Roma entro la fine di ottobre (dovranno bensì attendere esattamente otto mesi) e rimandano, pertanto, il programmato trasferimento del Comando Supremo del Mediterraneo da Algeri a Napoli per poi stabilirlo così definitivamente a Roma.

Re Giorgio VI d’Inghilterra risponde oggi alla lettera inviatagli da Vittorio Emanuele il 21 settembre preoccupandosi di sottolineare, non richiesto, che non si può parlare di riconoscere il Governo italiano come alleato. Infatti, mentre si dichiara concorde nel ritenere necessario che le truppe alleate raggiungano al più presto Roma, aggiunge anche:

“(…) Nello stesso tempo devo mettere in chiaro che mentre il mio governo è pronto a trattare con il governo di Vostra Maestà su una base de facto, circa le questioni che sorgono nell’esecuzione dell’armistizio e nella espulsione dell’invasore tedesco dal suolo italiano, non si può parlare di riconoscere il governo di Vostra Maestà come nostro alleato (…)”.

Martedì 5 Ottobre 1943


Roosvelt pressato da Churchill, telegrafa ad Eisenhower:
“Il presidente e il primo ministro sono del parere che il Re d’Italia dichiari guerra alla Germania al più presto possibile. Non sembra esservi necessità alcuna di attendere che Roma sia occupata. Esercitate pertanto pressioni sul governo italiano per una prossima dichiarazione di guerra senza attendere ulteriori successi.


Mercoledì 6 Ottobre 1943

Per un esercito italiano del Sud - In località Santo Spirito (Bari), si incontrano la delegazione italiana, composta dal maresciallo Badoglio e da Ambrosio (Capo di Stato Maggiore), e i rappresentanti alleati nelle persone del generale Alexander, del suo Capo di Stato Maggiore e del maresciallo Cunningham. L’incontro sembra positivo, almeno nelle apparenze, soprattutto per l’atteggiamento insolitamente benevolo e accomodante messo in mostra dagli anglo – americani e dallo stesso Alexander che, a differenza di quello avuto durante la conferenza a bordo della “Nelson”, ha esordito significativamente ricordando quanto affermato da Eisenhower a Malta a proposito dei piani operativi alleati che erano stati concretati senza tenere conto del concorso di forze italiane, ma ha anche aggiunto subito che ciò non significava tuttavia che non si sarebbe accettato l’aiuto italiano: “Se questo vi sarà, si avrà un ulteriore vantaggioso incremento delle forze disponibili”.

Alexander si è dichiarato anche favorevole, non soltanto alla richiesta fatta da Badoglio circa l’ingresso simbolico in Roma di truppe italiane a fianco di quelle angloamericane, ma anche alla loro partecipazione ai combattimenti per la presa della città.

Giovedì 7 Ottobre 1943

Dal diario di Puntoni - “Alle ore 18 il Sovrano riceve il generale Ambrosio, alle 18,30 il Maresciallo Badoglio e mezz’ora dopo il generale Pieche, prefetto di Foggia. Badoglio sembra deciso a forzare la mano al Re per fargli dichiarare la guerra alla Germania. Da come agisce, è facile capire quale sia stato, a tale proposito, il suo contegno durante il convegno di Malta. A Sua Maestà ha detto di aver seguito i suoi consigli mentre in realtà deve essersi impegnato con Eisenhower per una dichiarazione di guerra ai tedeschi a brevissima scadenza.
Dato che Badoglio non si decide ad allargare le basi del governo, il Sovrano ha incaricato Acquarone di andare domani a Napoli per prendere contatto con qualche personalità politica napoletana e indurla a entrare nel governo, il quale ha bisogno assoluto di essere ampliato e consolidato. Il Re vuole che una eventuale dichiarazione di guerra alla Germania, se dovremo proprio arrivarci, sia decisa e annunciata da un Presidente che abbia alle spalle un Gabinetto regolarmente costituito.

Gli angloamericani ci tengono per il collo e ci adoperano come vogliono; Badoglio è la loro marionetta. Una volta dichiarata la guerra alla Germania, i tedeschi scateneranno la loro vendetta con la ferocia che li distingue e chi ne farà le spese saranno gli italiani che si trovano nelle zone sotto il loro controllo. L’unica speranza è che Hitler sia trattenuto dalla sua amicizia per Mussolini.
Le operazioni di guerra sul nostro fronte vanno molto a rilento; le forze tedesche si riprendono celermente e organizzano difese alle quali in un primo tempo avevano rinunciato. Roma rimane un sogno vago e lontanissimo. Il Re mi appare assai amareggiato e sfiduciato”.

Bari – Viene pubblicato oggi il seguente proclama del Re alla Marina:

“Marinai d’Italia!
Or sono pochi giorni, e già sembrano secoli, voi avete lasciato in silenzio i nostri porti per obbedire, in perfetta disciplina, alle condizioni di armistizio chiesto ed accettato per il supremo interesse del Paese.
Ho condiviso tutta la profonda amarezza della vostra partenza ed ho offerto con voi alla Patria questa nuova dura prova di dedizione e di sacrificio.
Ora, che per leale e generoso riconoscimento del Comando in Capo angloamericano, il mare, testimone e geloso custode del vostro valore, riudrà l’eco possente della vostra fede, vi giunga la voce grata e commossa del Re.
Nuove prove vi attendono, nuove glorie vi arrideranno.
Marinai d’Italia!
Dimostrate a tutti, quanto ogni italiano può e sa dare per la libertà e la salvezza della Patria”.

Sempre a Bari
, viene lanciato da aerei il seguente manifesto di propaganda monarchica pubblicato in città:

“Italiani!
I tedeschi ed i “tedeschi onorari”, cioè i fascisti, scagliano la loro rabbia ed il loro livore sul Re per essersi trasferito da Roma!
Certo avrebbero preferito imprigionarlo, od ucciderlo, ma non così il popolo italiano, che sa di avere ancora la guida sicura dei propri destini.
Il Re non si è mai allontanato dall’Italia, e lo sanno le popolazioni di queste regioni meridionali che lo acclamano entusiasticamente nelle sue quotidiane visite, apportatrici di bene e di fede.
Viva il Re! Questo oggi è il grido che deve unire gli italiani di ogni partito nella ferma decisione di cacciare presto e per sempre il tedesco dal suolo della Patria

In effetti una domanda sorge spontanea: e se il Re e il governo Italiano, nonché tutto lo Stato Maggiore al gran completo fossero rimasti a Roma, cosa avrebbero fatto i tedeschi?

Venerdì 8 Ottobre 1943

Il Governo e le autorità militari di Brindisi sono impegnati con il problema, di natura politico - diplomatica, rappresentato dalla richiesta alleata della dichiarazione di guerra dell’Italia alla Germania. Gli americani, richiamandosi a quanto affermato a Malta, premono con insistenza. La dichiarazione di guerra, a loro parere, è un passo ufficiale che sancirebbe una situazione di fatto che dura ormai da un mese. Da parte italiana, e soprattutto da parte di Vittorio Emanuele III, si sta cercando di temporeggiare nella speranza di ottenere qualche contropartita vantaggiosa sia da questa dichiarazione di guerra, sia, e soprattutto, dalla eventuale rottura col Giappone.

Sabato 9 Ottobre 1943
 

 

 

A Trani Vittorio Emanuele III passa in rassegna una formazione dell'esercito italiano in via di ristrutturazione

 

 

 

 

 

e decora al valor militare monsignor Perrone, vicario dell’Arcivescovo, per il suo coraggioso comportamento di fronte ai tedeschi che tentavano di occupare la città il 14 di settembre..

 

 

Storia Postale del 9 ottobre 1943
 

 


 

 

Piego comunale inviato da Catania il 9 ottobre a Belpasso. Afrancato con valori AMGOT della Sicilia


Domenica 10 Ottobre 1943

Il re sta cedendo. L’Italia ha una forza contrattuale pressoché nulla. L’insistente ricerca di contropartite vantaggiose alla dichiarazione di guerra alla Germania si sta ormai rivelando senza via d’uscita. E’ giocoforza piegarsi alla volontà angloamericana.

A Napoli un'esplosione in una caserma evacuata dai tedeschi e occupata dagli sfollati provoca la morte di 25 persone ed il ferimento di altre 30.
Nella città sconquassata e semidistrutta si inseriscono a poco a poco gli angloamericani. Oggi una sfilata memorabile attraversa la città. Dura ore intere: la V Armata, con tutte le sue unità, con i cannoni e le jeeps, le autoblindo e i carri pesanti, le cucine e gli ospedali, i servizi, per le strade cittadine per allontanarsi in direzione del fronte.

A Napoli si installano i Comandi e i Depositi, i centri di smistamento e di rifornimento, le centrali di polizia e di propaganda, nonché tutti i servizi di retrovia. La vita degli eserciti alleati si sovrappone così a quella della città.

Nel Palazzo Reale di Napoli si installa un comando della NAAFI-EFI; le sale superstiti vengono trasformate in bar e ritrovi, il “Teatrino di Corte” in cinematografo, affidato alla gestione di un maggiore inglese, “mister Millar”. Nel Palazzo Troise pone i suoi uffici il Dipartimento dello Spettacolo, l’E.N.S.A., che sovraintenderà a tutti gli shows organizzati per i militari inglesi, e nei negozi UPIM si installano i “NAAFI Stores”, nei quali si venderà di tutto per le forze alleate: dalle bottiglie di Scotch alle ciambelle calde zuccherate (le famose “doughnuts”). Al Palazzo della Singer, al Rettifilo, si trasferiscono il “Psychological Warfare Branch” (PWB) e la stazione radio; in quello dell’Intendenza di Finanza, la “Peninsular Base Section” (PBS). Nel palazzo della Banca del Lavoro ha trovato sede un gruppo della RAF. A San Rocco di Capodimonte, nelle caverne dell’ “Alfa” decentrata, viene installata la 114 Maintenence Unit, con tutti i suoi depositi di materiale bellico.


 

 

 

 

Nella foto una fastosa sala del Palazzo Reale trasformata in posto di ristoro per i militari alleati.



 


Lunedì 11 Ottobre 1943

Durante il mattino il Re si reca a Taranto ove passa in rassegna gli equipaggi di alcune navi che da Malta ci sono state restituite dagli alleati.

Gli americani e gli inglesi hanno inviato a Brindisi un ultimatum: il governo italiano deve decidersi a dichiarare la guerra alla Germania entro il 12 ottobre, giorno della loro riunione con i sovietici ad Algeri. Arriva oggi, da Napoli, il ministro del Lavoro Piccardi il quale entrerà nuovamente nella compagine governativa. Piccardi si schiera subito dalla parte di Badoglio, per sostenerlo nella sua decisione: se non riesce a persuadere il re a dichiarare guerra alla Germania – gli suggerisce – minacci di dare le dimissioni. Badoglio si consulta anche con De Courten e poi va da Vittorio Emanuele. Restano chiusi a discutere per quattro ore e alla fine (quasi alle diciassette) il sovrano dà il suo consenso.

Acquarone rientra da Napoli dove i suoi tentativi di convincere alcuni uomini politici a entrare nel governo Badoglio sono andati tutti falliti. Nessuno intende partecipare ad un governo presieduto dal Maresciallo. Fra l’altro, Acquarone riferisce che si fa sempre più intensa la propaganda politica contro la monarchia. “Gli uomini politici napoletani” dice “sono assolutamente contrari a una dichiarazione di guerra alla Germania”, ma non è affatto vero. Mentre dice questo viene a sapere che la guerra è praticamente già stata dichiarata; va su tutte le furie e minaccia di dare le dimissioni.

La dichiarazione di Badoglio al generale Eisenhower della dichiarazione di guerra è del seguente tenore:

“11 ottobre 1943
Generale Eisenhower. Ho il grande piacere di informarvi che Sua Maestà il Re d’Italia ha dichiarato guerra alla Germania. La dichiarazione sarà consegnata dal nostro ambasciatore a Madrid all’ambasciatore di Germania il 13 ottobre alle ore 15 tempo di Greenwich. Con questo atto tutti i legami con l’orribile passato sono recisi ed il mio Governo sarà orgoglioso di essere in grado di marciare con voi verso l’inevitabile vittoria.
Caro generale, siate così gentile di comunicare quanto sopra ai governi Anglo – Americani, Russo e delle altre Nazioni Unite. Vi sarò anche grato se vorrete essere così cortese di informare le ambasciate d’Italia in Ankara e Buenos Aires e le Legazioni a Berna, Stoccolma, Dublino e Lisbona
(dimenticando quella di Kabul).

Ed ecco il testo del telegramma inviato dal governo italiano al Regio Ambasciatore Italiano a Madrid affinchè lo inoltri all’ambasciatore tedesco:

"Vostra Eccellenza è incaricato da S.M. il Re di comunicare all'Ambasciatore di Germania a Madrid, affinché lo partecipi al suo Governo, che di fronte ai continui ed intensificati atti di guerra compiuti contro gli Italiani dalle forze armate tedesche, l'Italia si considera dalle ore 15 (ora di Greenwich) del giorno 13 ottobre in stato di guerra con la Germania".

Martedì 12 Ottobre 1943

Oggi Murphy telegrafa al Dipartimento di Stato a Washington nei termini seguenti:

“Secondo le ultime notizie da Brindisi, l’Italia dichiarerà la guerra contro la Germania alle ore 16 del 13 ottobre. Originariamente si era compreso che la dichiarazione sarebbe stata fatta dal Re, ma, all’ultimo momento, quest’ultimo espresse una forte preferenza affinché Badoglio facesse la dichiarazione per ragioni costituzionali. La proclamazione sarà completata da una conferenza stampa da tenersi da Badoglio all’ora sopraindicata”

Stranamente Murphy sembra non essere stato aggiornato dei fatti da Badoglio che già da ieri ha scritto a Eisenhower sia l’ora (le 15 e non le 16) e il giorno in termini ufficiali. Non gli sarà stata consegnata la lettera a Eisenhower per conoscenza?

Mercoledì 13 Ottobre 1943

 

 



 

 

Dal 13 ottobre, a seguito della dichiarazione di guerra alla Germania da parte dell'Italia legale (sud), gli Alleati considerano l'ex - nemico come una nazione cobelligerante, una formula che senza accettarci come alleati permetterà, ma con molte limitazioni e rigorosi controlli, di far intervenire nella lotta contro i tedeschi una parte del ricostituito esercito italiano al Sud. Un contributo cercato da Badoglio nella speranza di lenire le future ferite che saranno inferte all'Italia al tavolo della Pace.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Nelle foto: Badoglio che legge la dichiarazione di guerra con a fianco il generale Taylor.

 

Questo il testo del comunicato-annuncio di Badoglio:

ITALIANI! - Con la dichiarazione fatta l'8 settembre u.s., il Governo da me presieduto, mentre annunciava la accettazione da parte del Comandante in Capo delle Armate angloamericane in Mediterraneo dell'armistizio da noi richiesto, ordinava alle truppe italiane di rimanere con le armi al piede, pronte a respingere qualsiasi tentativo di violenza da qualsiasi parte venisse loro fatta.

Con una simultaneità d'azione che evidentemente palesò un ordine superiore da tempo impartito, le truppe tedesche imposero ad alcuni reparti il disarmo, mentre nella maggior parte dei casi passarono decisamente all'attacco. Ma non si limita a questo la prepotenza e la ferocia tedesca. Già avevamo nozioni di questo loro procedere nei soprusi, furti, violenze di ogni genere commessi a Catania mentre erano nostri alleati. Scene ancora più selvagge contro le inermi popolazioni si sono verificate poi in Calabria, nelle Puglie e nel Salernitano. Ma dove la ferocia nemica superò ogni limite di umana immaginazione fu a Napoli. La eroica popolazione di quella città, che subì per settimane ogni tormento, validamente concorse con le truppe angloamericane a volgere in fuga l'odiato tedesco.

ITALIANI! Non vi sarà pace in Italia finche un solo tedesco calcherà il vostro suolo. Noi dobbiamo, tutti compatti, marciare avanti con i nostri amici degli Stati Uniti di America, della Gran Bretagna, della Russia e delle altre Nazioni Unite. Nei Balcani, in Jugoslavia, in Albania, in Grecia, ovunque si trovino truppe italiane che sono state testimoni di uguali atti di aggressione e di crudeltà, esse devono combattere fino all'ultimo contro i tedeschi.

Il Governo da me presieduto sarà tra breve completato, chiamandovi a far parte rappresentanti di ogni partito politico, così da costituire una vera espressione di Governo democratico del Paese, fermo restando il principio, già enunciato, che, finita la guerra, il popolo italiano sarà libero di scegliere con le elezioni il governo che più gli aggredirà.

ITALIANI! Vi informo che S.M. il Re mi ha dato l'incarico di notificare oggi 13 ottobre la dichiarazione di guerra alla Germania.


La trasmissione della Dichiarazione di Guerra - L'Ambasciatore d'Italia a Madrid, Giacomo Paolucci di Calboli, che ha ricevuto telegraficamente l'ordine da Badoglio di comunicare all'Ambasciatore di Germania che l'Italia si considera in stato di guerra contro la Germania da oggi alle 15 (ora di Greenwich), è dall'8 settembre che non ha più contatti con lo stesso.
Fa chiedere, comunque, un colloquio che però gli viene rifiutato. Paolucci decide allora di incaricare un segretario del recapito della lettera di comunicazione della nostra dichiarazione di guerra, questi però si vede sprezzatamente respingere la lettera e decide di lasciarla a un usciere dell'ambasciata che, ricevutala, non sapendo cosa fare, la consegna a sua volta a un funzionario tedesco che gli ordina di restituirla al mittente. L'usciere raggiunge di corsa il nostro segretario e gli infila, senza ulteriori commenti, il plico in tasca....
In effetti la dichiarazione di guerra non essendo stata notificata, ne raccolta, risulta giuridicamente e formalmente "nulla", tanto che se fosse stata valida l'Italia sarebbe tuttora in guerra con la Germania non essendo mai successivamente intervenuto un armistizio o concluso un trattato di pace. In sostanza si è trattato di una dichiarazione unilaterale che permetterà comunque all'Italia di poter ricevere dagli angloamericani il riconoscimento di Nazione Cobelligerante. Un modo diplomatico per non inserirci nel novero delle Nazioni Unite in qualità di Alleati, visto il nostro troppo recente passato di nemici.
 

 

 

 

Nella foto: soldati italiani di stanza a Bari che esultano alla notizia che in realtà ha puro valore simbolico considerando che già parte di quegli uomini si erano già fronteggiati con i tedeschi.

 

 

Dal diario di Puntoni – “Alle 13 è stato comunicato, via Spagna, lo stato di guerra con la Germania. Sua Maestà è convinto che Badoglio si è piegato alle pressioni degli alleati e che non ha strappato nulla in cambio di una decisione così grave”.

Giovedì 14 Ottobre 1943

Per un esercito Italiano del Sud - Subito dopo la dichiarazione di guerra alla Germania, gli italiani esprimono pubblicamente la loro rinnovata fiducia in una crescente partecipazione alle operazioni; il maresciallo Badoglio, dopo avere ricevuto i giornalisti, ha affermato:

“Scopo unico del mio governo è quello di liberare il Paese dalla oppressione tedesca. E’ evidente che tale liberazione non potrà essere raggiunta se non unendo strettamente la nostra azione militare con quella degli angloamericani”.


Oggi, rispondendo alle domande del corrispondente dell’ “Eight Army News”, Badoglio torna sull’argomento sottolineando ancora più esplicitamente proprio l’aspetto della collaborazione militare:

“Noi abbiamo già equipaggiato numerose truppe che presteranno la loro opera agli ordini del generale Alexander (…). Non posso precisare a quale armata alleata verranno assegnate. Ma questo non è che l’inizio”.

Intanto a San Pietro Vernotico continua l’addestramento e il coordinamento dei vari reparti del 1° Raggruppamento Motorizzato.

Storia Postale del 14 ottobre 1943

Viene posto in vendita il valore da 2 lire della serie A.M.G.O.T. sia a Palermo che a Catania.

La storia postale del Regno del Sud, per la parte strettamente attinente ai documenti di posta (lettere, cartoline, pieghi, franchigie ecc.), ha la problematica della reperibilità.
Il Sud nel periodo in esame. 24 settembre-25 novembre 1943 constava di un territorio ridotto alle quattro province pugliesi, alla Sicilia che produrrà una sua particolare Storia Postale rigidamente modulata sulla serie di francobolli della AMGOT e alla Sardegna con una circolazione postale quasi esclusivamente interprovinciale nell’ambito dell’isola.

Le province a sud di Napoli, con l’esclusione delle suddette province pugliesi (Bari, Brindisi, Lecce e Taranto) erano praticamente territorio di retrovia in mano al Governo Militare Alleato (AMG) e la posta era praticamente interrotta o in lenta ripresa. A Napoli la ripresa ufficiale della posta anche in città, avvenne il 10 dicembre. In realtà sono reperibili documenti viaggiati anche prima. Foggia era praticamente quasi isolata. Nelle altre province: Reggio Calabria, Catanzaro, Cosenza, Matera e Potenza lo scambio della posta si svolgeva principalmente fra Enti in ambito intercomunale. La posta privata, dalla mia esperienza di ricerca in quasi, ormai, 40 anni era veramente molto infrequente e questo anche perché in quelle province esistevano poche industrie e una popolazione forse poco dedita a scambi epistolari. Non dimentichiamo anche l’alto tasso di analfabetismo che allora affliggeva quella parte di Italia. Salerno, Avellino e Benevento sono state a lungo in “prossimità” della linea del fuoco e in funzione di retrovia.

Da quanto sopra emerge la mia piena convinzione che se un collezionista si trova in possesso di due lettere semplici, affrancate entrambe con un normale francobollo da 0,50 con l’effige reale, una partita da Milano e arrivata regolarmente a Bologna, l’altra partita da Matera anche questa arrivata regolarmente (con timbro di arrivo) a Reggio Calabria, difficilmente realizza la enorme differenza fra le due lettere che ad occhio sono praticamente identiche. Il rischio è che siano entrambe cestinate perché apparentemente di nessun valore. In realtà la prima, in RSI, è veramente di valore storico postale zero; la seconda, nel Regno del Sud o in regime di AMGOT, è un bel pezzo che, se ne fossi mai stato in possesso, l’avrei esibito subito in questo contesto.

Tutto quanto sopra anche per giustificare la mancanza di immagini di documenti postali in questo periodo in esame.


Venerdì 15 Ottobre 1943

Dai Partiti dell’opposizione nel Regno del Sud - Nella mattinata la Direzione del Partito Socialista Italiano di Unità Proletaria approva all'unanimità il seguente ordine del giorno:

"La Direzione del P.S.I.U.P.:
preso atto della deliberazione del fuggiasco governo del re il quale dichara guerra alla Germania hitleriana;

udito il messaggio col quale il maresciallo Badoglio fa appello alla collaborazione di tutti i partiti per la formazione di un ministero democratico di unione nazionale;

DICHIARA:

che l'unione nazionale non può farsi attorno alla monarchia che per vent'anni ha tradito la giurata fede nella costituzione avallando tutte le ignominie della dittatura mussoliniana e che il 10 giugno 1940 ha dichiarato guerra all'Inghilterra e alla Francia e, successivamente, all'Unione Sovietica ed agli Stati Uniti contro la volontà dell'immensa maggioranza del popolo;

che un governo democratico non può essere formato e diretto dai militari che hanno assecondato e servito il fascismo nei suoi criminali piani di oppressione e di guerra;

3° che la guerra alla Germania nazista non può essere politicamente e militarmente diretta dalle istituzioni e dagli uomini che sono stati fino a ieri i complici e gli alleati di Hitler, che hanno organizzato la rivoluzione di palazzo del 25 luglio col solo scopo di salvare la monarchia sganciandola da un regime che crollava in pezzi, che dal 25 luglio all'8 settembre si sono rifiutati di condurre a fondo la lotta contro il fascismo; che l'8 settembre hanno respinto l'invito del Comitato delle opposizioni ad armare il popolo ed hanno preferito alla lotta la fuga, che in tutta la loro politica dall'ottobre 1922 ad oggi hanno ubbidito alla costante preoccupazione di soffocare l'iniziativa popolare.

La Direzione del P.S.I.U.P. respinge l'invito alla collaborazione col re fellone e con la camarilla regia ed in cospetto delle nazioni alleate che hanno riconosciuto il governo Badoglio, riafferma il diritto del popolo italiano e della sua avanguardia antifascista a darsi oggi, e non dopo la pace, il governo che corrisponde all'interesse ed all'onore della nazione e che ha le qualità morali e politiche e tecniche per mettersi alla testa del paese nella guerra di liberazione contro il nazismo e contro la quinta colonna fascista.
In conseguenza di che la Direzione dà mandato ai suoi delegati nel Comitato di Liberazione Nazionale di subordinare l'adesione del Partito a detto Comitato, al rifiuto categorico di ogni collaborazione col re ed all'impegno che nella sospensione della costituzione e delle prerogative regie i partiti antifascisti promuovano la formazione di un governo provvisorio di salute pubblica munito di poteri straordinari per condurre la guerra contro il nemico di fuori e quello di dentro e per creare le condizioni di una libera consultazione del popolo sull'organizzazione futura dello Stato italiano e della forma di governo.

Il P.S.I.U.P. impegna tutti i lavoratori ad attenersi fermamente ad una politica di intransigenza nei confronti dei Savoia e della camarilla regia ed a rivendicare con estrema energia un governo provvisorio di salute pubblica che sia l'espressione della volontà popolare.

Il re fellone sta scivolando sempre di più sulla curva del consenso….anche al Sud.

Storia Postale del 15 ottobre 1943

Viene messo in vendita, sia a Palermo che a Catania, il valore da 60 centesimi della serie A.M.G.O.T.

Sabato 16 Ottobre 1943
 

 

Il Comitato Centrale di Liberazione Nazionale (CCLN), in clandestinità a Roma, superato il punto morto nel quale si è venuto a trovare dopo la riunione del 28 settembre, approva all'unanimità un documento, steso da Giovanni Gronchi (nella foto), con il quale viene rifiutato ogni possibile collaborazione con il Governo Badoglio ed esige la sospensione dei poteri della Monarchia.

Il re fellone sta scivolando sempre di più sulla curva del consenso….anche al Nord.
 

 

 

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