il tramonto di un regno








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il tramonto di un regno


di Giancarlo MAGNONI

13° Periodo dal 27 aprile al 9 maggio 1945

a) Territorio a sud della linea La Spezia – Bologna – Rimini (ex Linea Gotica): A.M.G./A.C. E LUOGOTENENZA

b) Territorio a nord della linea La Spezia – Bologna – Rimini (ex Linea Gotica): Sotto il controllo degli Alleati. La guerra è ufficialmente finita con la firma della resa delle truppe tedesche ed italiane della RSI il 29 aprile a Caserta.

Seconda parte relativa al 28 aprile 1945
 


sabato 28 aprile 1945


Territorio a nord

FUCILAZIONE DEI GERARCHI A DONGO
Il “Colonnello Valerio”
è venuto da Milano con il compito specifico di sopprimere Mussolini e vendicare i partigiani fucilati in Piazzale Loreto il 10 agosto 1944.
 

La foto mostra il gruppo dei gerarchi, scortato dai partigiani di Valerio, che si avvia verso il lungolago di Dongo e, a fianco, la riproduzione dell’elenco redatto dallo stesso colonnello Valerio (Walter Audisio) che si firma Magnoli, con i nomi dei gerarchi che saranno fucilati. L’altra firma, Guido Conti, è quella del partigiano noto con il nome di “Lampredi”.

Nella foto, il primo della fila è Alessandro Pavolini (nato nel 1903) Segretario del Partito Fascista Repubblicano, seguito da Paolo Porta, comandante della XIa Brigata Nera “Cesare Rodini” di Como. Vengono poi Vito Casalinuovo (n.1898), ufficiale d’ordinanza del Duce; Mezzasoma Ferdinando (n.1907), Ministro della Cultura Popolare; Idreno Utimperghe (n.1905) comandante della XXXVIa Brigata Nera di Lucca; Ernesto Daquanno (n.1897) direttore dell’Agenzia Stefani.





Nella stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu ucciso insieme a Dongo insieme ai gerarchi dai partigiani, i fucilati furono sedici; quelli che accompagnavano la fuga di Mussolini.


 

 


Altre immagini di parte del gruppo mentre si avvia verso il muretto del lungolago dove avverrà la fucilazione di gruppo come si può vedere dalle foto successive.

 

Le fotografie, ritrovate negli archivi della Procura di Como, sono di estremo interesse storico perché permettono di identificare con certezza i gerarchi fascisti allineati sul lungolago di Dongo, pochi istanti prima della loro fucilazione, avvenuta alle ore 17.47 del 28 aprile 1945. Gli attimi prima della fucilazione e la fucilazione furono filmati da Luca Schenini, commerciante di legnami, fotografo dilettante e appassionato di cinematografia, con una cinepresa Baby. Il filmato fu sequestrato da Walter Audisio.

 

In questa foto si vede, di spalle, “Riccardo che ha diretto il fuoco del plotone di esecuzione.

 

Ecco l’esatta identità dei gerarchi visibili in questa foto; da sinistra: Nicola Bombacci, Francesco Maria Barracu, Idreno Utimperghe, Alessandro Pavolini, Vito Casalinuovo, Paolo Porta, Fernando Mezzasoma, Ernesto Daquanno.


LE ULTIME ORE DI MUSSOLINI E DI CLARETTA PETACCI

Oggi sono stati fucilati (sembra alle 16,20) anche Mussolini e la Petacci, a Giulino di Mezzegra. In serata i corpi dei giustiziati vengono portati a Milano.

Il pregevole libro (Le ultime ore di Mussolini, Mondadori, 2005) di Pierluigi Baima Bollone, Professore ordinario di Medicina legale all'Università di Torino, riporta in auge, con buona pace di numerosi "Dongologi" (1), la versione secondo cui Benito Mussolini e Claretta Petacci furono uccisi a Giulino di Mezzegra (poco dopo le 16 del 28 Aprile 1945 davanti al cancello di villa Belmonte sulla strada carrozzabile (via XXIV Maggio) che congiunge la frazione di Giulino con quella più a valle di Azzano. Sulla scena dell'esecuzione erano presenti tre partigiani comunisti: Walter Audisio (Valerio), Aldo Lampredi (Guido) e Michele Moretti (Pietro). Le armi usate sarebbero state (il condizionale è d'obbligo) una pistola Beretta calibro 9 mm corto (matricola n° 778133) e un mitra francese MAS calibro 7,65 mm lungo (matricola n° F. 20830).

...............
(1) Secondo altre versioni, da tutta una serie di testimonianze, rilievi e considerazioni di ogni genere, si vorrebbe invece dare quasi per certo (il dubbio è riferito solo alla impossibilità di eseguire alcune verifiche) che Mussolini venne ucciso la mattina del 28 aprile 1945 nel cortile sotto casa dei De Maria (vedi foto del casolare) a Bonzanigo, in un orario che oscilla tra poco dopo le nove e poco prima della 10. Claretta Petacci invece venne uccisa, con una sventagliata di mitra alle spalle, intorno a mezzogiorno, su di un prato all’inizio della mulattiera via del Riale che porta a Bonzanigo. I “dongologi” asseriscono: “Lo abbiamo già fatto tante altre volte e quindi non staremo ora qui a fornire le considerazioni e le prove che attestano questi orari e modalità di morte antimeridiana smentendo, al contempo e definitivamente, la “fucilazione” davanti al cancello di Villa Belmonte in Giulino di Mezzegra alle 16,10, descritta dalla “storica versione”, la “vulgata”.

Dopo l'esecuzione, la pistola Beretta calibro 9 venne donata da Aldo Lampredi ad Alfredo Mordini (Riccardo), capo del plotone dei partigiani dell'Oltrepò pavese che uccisero a Dongo i gerarchi della Repubblica Sociale Italiana nel tardo pomeriggio del 28 Aprile 1945, perché la custodisse in ricordo suo e dello storico compito a cui era servita. La pistola, dono della vedova Mordini, è attualmente custodita nel Museo storico di Voghera (Bernini F., Così uccidemmo il Duce, C.D.L. Edizioni, 1998). Il mitra francese MAS calibro 7, 65 apparteneva invece a Michele Moretti commissario politico della 52° Brigata Garibaldi che catturò i componenti della colonna Mussolini, Petacci inclusa, il giorno prima (27 Aprile) nei pressi del paese di Musso poco distante da Dongo. L'arma requisita dal colonnello Valerio dopo il fatto di sangue è stata data dallo stesso in omaggio al Museo storico nazionale di Tirana (Albania) che dal 1980 la espone al pubblico ( Vacca G., Sinani S., Vi regalo il mitra che ha sparato al Duce, in "Corriere della Sera", 31 luglio 2004).

ULTIMI ACCORDI IN SVIZZERA PER LA RESA TEDESCA

All’una del mattino, il generale Wolff, che ha messo nuovamente piede sul suolo tedesco, va a prendere Rahn a Merano ed insieme si recano a Bolzano dal gauleiter Hofer ed iniziano una discussione comune che va avanti dalle due del mattino fino alle 7,30. Sono presenti, oltre Rahn e Hofer: Von Vietinghoff, Rottiger, il tenente colonnello Moll, Von Reichel, aiutante militare di Hofer, e Stengl, aiutante politico.
In apertura della discussione Wolff riferisce ai presenti i risultati più importanti del suo viaggio facendo anche un riassunto degli ultimi avvenimenti. Dopo aver comunicato che oggi i due plenipotenziari tedeschi partiranno da Annecy per andare a Caserta, Wolff, spiega chiaramente ai presenti che, essendo stato perso troppo tempo e avendo gli alleati conseguito con la loro grande offensiva un successo clamoroso sul fronte italiano, in questo momento non si può più pensare di ottenere le clausole da loro previste inizialmente; in particolare non si possono più realizzare i principali desideri politici del Gauleiter Hofer, secondo cui il Tirolo (settentrionale e meridionale) non dovrebbe venire occupato da truppe alleate ma continuare a restare soggetto all’autorità dello stesso Gauleiter. Hofer ne rimane profondamente deluso. Egli pretenderebbe, tra l’altro, che nella zona le istruzioni militari continuino a sottostare alla direzione e alla volontà politica rappresentate dalla sua persona. Nasce così un acceso dibattito sulla situazione militare fra Hofer da una parte e Rottiger e Moll dall’altra. Dopo una notte di veglia e cinque ore di infruttuosa discussione i presenti si separano con l’intesa di aspettare il ritorno dei due ufficiali da Caserta.
Oggi il feldmaresciallo Kesselring, nel pieno caos dell’esercito, viene nominato comandante in capo di tutti i gruppi di armata operanti nello scacchiere sud divenendo anche il superiore del capo del gruppo d’armate sudovest, von Vietinghoff.

Subito dopo l’arrivo a Caserta (alle 18) della delegazione tedesca, ha luogo un primo incontro, presieduto, come i due incontri successivi, dal generale Morgan, capo di S.M. di Alexander. Durante questo primo incontro vengono consegnate ai plenipotenziari tedeschi le condizioni d’armistizio. Presenziano diversi ufficiali dello stato maggiore Alleato e due russi.
In tarda serata, avviene già un secondo incontro, i due delegati tedeschi, che nel frattempo hanno studiato i documenti, in base all’esame fatto, sollevano varie obiezioni contro le singole disposizioni del trattato che sembrano non realizzabili; in particolar modo cercano di ottenere l’assicurazione che il gruppo di armate C sia internato in Italia e non condotto in prigionia in Inghilterra o negli Stati Uniti. Dopo questo incontro chiedono alle autorità alleate la possibilità di inviare un radiomessaggio al generale Wolff e al colonnello generale Von Vietinghoff per informarli dei punti più importanti delle condizioni dell’armistizio e ne ottengono il consenso.

ULTIME AZIONI DEI PARTIGIANI

Milano è ormai virtualmente libera. Nella foto un corteo di popolo fa ala al passaggio di un camion carico di partigiani che esce dalla prefettura per andare ad assediare l’Hotel Regina dove si è asserragliato il comando piazza tedesco di Milano che sta discutendo la resa con il comando alleato. Dalle finestre del palazzo già sventolano la bandiera italiana e quelle alleate. Esultanza di partigiani e cittadini nell’altra foto, scattata oggi in piazza del Duomo.

In mattinata, Graziani prigioniero di Daddario, che ha passato la notte all’Hotel Regina, viene trasferito all’Hotel Milano, in via Manzoni.

A Torino, con l’arrivo di altre unità partigiane e l’aiuto di armi controcarro prelevate dai depositi fascisti conquistati, ad integrare i bazooka, gli uomini di Barbato riescono a far abbandonare definitivamente le posizioni ai nazifascisti. Torino può così festeggiare finalmente la libertà, anche se permangono le insidie di numerosi cecchini che vanno snidati uno per uno e la minaccia delle due divisioni di Schlemmer a ovest.

I partigiani liberano anche Aosta.

L’attacco partigiano alla 26^ divisione tedesca si completa oggi con la resa della divisione e la cattura del suo comandante, generale von Arnim, e del generale von Alten, ma è costata centinaia di morti.

Insorge Venezia, mentre nella zona circostante la divisione partigiana omonima salva i ponti sulla Tesina e il Bacchiglione, uccide 700 tedeschi e ne cattura 10000 subendo 300 perdite. I patrioti di Venezia hanno uno scarsissimo armamento, (sono armati quasi tutti di sole pistole), tuttavia occupano tutti gli edifici pubblici, fanno 3000 prigionieri e permettono l’evacuazione solo al personale navale tedesco dietro consegna delle carte con le zone minate.

Provincia di Piacenza – Alle 5 del mattino il grosso della divisione Piacenza fa il suo ingresso in Piacenza. I combattimenti sono cessati. In totale le formazioni piacentine hanno avuto 633 caduti, 261 feriti, 53 invalidi,10 mutilati, 21 dispersi.

A Fiume i partigiani “titini” fucilano in piazza S.Vito alcuni cittadini per semplici sospetti sul loro passato fascista

ANCORA RAPPRESAGLIE NAZIFASCISTE

Provincia di Belluno – A Belluno i tedeschi uccidono una madre e il suo neonato.

Provincia di Brescia – A Forno Allione un civile polacco viene impiccato dai tedeschi al cancello d’ingresso dello stabilimento Elettro Grafite.

Provincia di Cuneo – Soldati della 34^ divisione di fanteria, si rendono colpevoli dell’eccidio di 13 persone a Genola, un paese non distante dalla strada che da Cuneo conduce a Torino e situato a circa sei chilometri a sud di Savigliano.

Provincia di Mantova – Ad Ostiglia i tedeschi in ritirata uccidono presso il Santuario della Comuna un civile di quarantacinque anni di Castelmassa.

Provincia di Torino – Ancora soldati della 34^ divisione di fanteria, uccidono 13 persone a Nichelino, alla periferia meridionale del capoluogo piemontese, e a Santhià, una cinquantina di chilometri a nordest di Torino, quando i partigiani hanno fatto saltare i ponti impedendo la ritirata alle unità del LXXV° corpo d’armato tedesco, alcune truppe di questa unità fucilano, insieme ai partigiani catturati, alcuni civili estranei all’episodio (se ne ignora il numero).

Provincia di Trieste – A Trieste, le SS fucilano all’alba Mario Maovaz, del partito d’azione, già seviziato dai fascisti di Salò.

Provincia di Udine – A Magnano in Riviera i mercenari cosacchi in ritirata nella bassa friulana falciano a raffiche di mitraglia il medico Aldo Traghetti che, catturato, tentava di fuggire.
 

LE TRUPPE ALLEATE RAGGIUNGONO MILANO

A Milano, alle 16,05, nei pressi di San Siro, vengono paracadutati alcuni uomini della Special Force: sono i primi alleati che entrano in Milano mentre le avanguardie del grosso delle truppe si stanno avvicinando alla città (vedi foto).

Tra le tante località raggiunte oggi dagli alleati spiccano, oltre a Milano, i seguenti capoluoghi di provincia: Bergamo (già in mano ai partigiani), Brescia, Como, Cremona e Padova.

La 1^ divisione corazzata del IV° Corpo USA raggiunge il lago di Como presso il confine con la Svizzera, mentre Vicenza viene liberata dal II° Corpo (88^ divisione).

La risiera di San Sabba (TS), tristemente nota quale lager italiano, viene raggiunta dagli Alleati che aprono le celle dei pochi superstiti. Unità del XIII° e del V° Corpo (VIII^ Arm.) avanzano verso Padova e Venezia che sta insorgendo.

Nel settore tirrenico, mentre elementi della 92^ divisione USA (V^ Armata), proseguendo rapidamente oltre Genova, raggiungono Savona, iniziano trattative per la resa tedesca nella valle del Taro. Emissari tedeschi raggiungono le linee brasiliane a Gaiano e ammettono l’inutilità e anche l’impossibilità di proseguire la lotta. Chiedono che al gen. Carloni venga assicurato lo stesso trattamento che sarà riservato al comandante tedesco.

Il tenente generale tedesco Max-Joseph Pemsel, capo di Stato Maggiore dell’Armata “Liguria”, che firma la resa.
Graziani, oltre ad essere ministro delle Forze Armate, ha anche il comando di questa armata.




Da “La Libertà” (MI)













 

 

 




Da “L’Avanti” (MI)

 


 


Territorio a sud


Dal “Corriere del Mattino” (FI)





Dal “Corriere del Mattino” (FI)

 

 

 

DAL DIARIO DI PUNTONI
“La notizia del giorno è l’arresto di Mussolini
e di un seguito di gerarchi effettuato da patrioti nelle vicinanze di Como.
Dal 25 si sta svolgendo a San Francisco la conferenza delle Nazioni Unite con la quale si vuol concretare – o almeno si dice – l’organizzazione della pace. L’Italia, naturalmente, non vi è stata ammessa neppure come membro osservatore, e ciò nonostante tutti i passi e tentativi, anche molto poco dignitosi, fatti da personaggi ufficiali e non ufficiali. Si delineano già attriti tra la Russia e le due grandi nazioni anglosassoni, specialmente tra Russia e Inghilterra. La Russia continua a mantenere un atteggiamento consentitole dalle sue grandi vittorie militari e dalla sua potenza. Pomo della discordia è la questione dei due governi polacchi che ha impedito, fino ad oggi, alla Polonia di essere presente alla conferenza”.

DAL DIARIO DI MACMILLAN
Roma/Terni Assisi
– “In auto a Terni, con partenza da Roma alle otto e mezzo. Pioggia a catinelle. Finalmente la siccità è finita. Ho passato tutta la giornata nelle acciaierie insieme agli ufficiali sudafricani del genio che hanno assunto la direzione degli impianti e hanno già compiuto un lavoro meraviglioso. La pioggia, l’odore, i laminatoi in funzione e le colate di acciaio mi hanno fatto venire la nostalgia di casa: era proprio come a Stockton o a Middlesborough! Ho fatto colazione al circolo ufficiali e ho poi terminato il giro di questo enorme complesso industriale (che comprende anche una centrale elettrica) alle cinque del pomeriggio. La centrale elettrica era stata quasi del tutto rovinata dalle demolizioni da bombardamento, ma l’impianto di riparazioni di Terni è riuscito a far funzionare due reparti (le fucine di acciaio pesante, le nuove turbine ecc.) e alla fine di maggio e alla fine di giugno saranno in funzione altri due reparti. Ora a Terni si producono ponti Bailey, parti di carro armato, lamiere e tanti oggetti di uso civile. Naturalmente la centrale elettrica è ad acqua (cioè è una centrale idroelettrica) azionata da una grande cascata alta circa 190 metri, dove si è ottenuto il bacino di alimentazione bloccando le acque del fiume Nera. (…)”.



STORIA POSTALE del 28 aprile
 

 

Una cartolina raccomandata fuori distretto affrancata regolarmente 3,60 (1,20 + 2,40) e una cartolina semplice fuori distretto con ACS di Siracusa.

 

Lettera raccomandata espressa aerea 14,00 (2,00 lettera fuori distretto + 2,00 di sovrattassa aerea + 5,00 di diritto espresso + 5,00 di raccomandazione), chi applicò le frecce probabilmente per indicare valori gemelli, incorse nel frequente errore di chi non attribuisce a tale doppia presenza ai due servizi cui i valori sono destinati: per essere valori gemelli dovrebbe trattarsi di presenze di due stessi valori ma di diverse serie ordinarie o commemorative. A fianco una lettera semplice da Trapani a Campobello che presenta una piacevole afffrancatura conposta da tre serie diverse: sovrastampati PM, Roma e Imperiale.
 

 

Lettera raccomandata espressa (?) da Benevento a Roma affrancata 11,00 (?) e una lettera raccomandata da Firenze a Pistoia regolarmente affrancata 7,00 con la presenza del 5,00 Imperiale divenuto, in questo periodo, in fase di esaurimento. ACS di Firenze.

 



Da “Il Corriere del Mattino” di Firenze:
 

 

 

 

 

 


 

 

 

 

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