sabato 28 aprile 1945
Territorio a nord
FUCILAZIONE DEI GERARCHI A DONGO
Il “Colonnello Valerio”è venuto da Milano con il compito specifico
di sopprimere Mussolini e vendicare i partigiani fucilati in Piazzale
Loreto il 10 agosto 1944.
La foto mostra il gruppo dei gerarchi, scortato dai partigiani
di Valerio, che si avvia verso il lungolago di Dongo e, a fianco,
la riproduzione dell’elenco redatto dallo stesso colonnello
Valerio (Walter Audisio) che si firma Magnoli, con i nomi dei
gerarchi che saranno fucilati. L’altra firma, Guido Conti,
è quella del partigiano noto con il nome di “Lampredi”.
Nella foto, il primo della fila è Alessandro Pavolini
(nato nel 1903) Segretario del Partito Fascista Repubblicano,
seguito da Paolo Porta, comandante della XIa Brigata Nera
“Cesare Rodini” di Como. Vengono poi Vito Casalinuovo (n.1898),
ufficiale d’ordinanza del Duce; Mezzasoma Ferdinando (n.1907),
Ministro della Cultura Popolare; Idreno Utimperghe (n.1905)
comandante della XXXVIa Brigata Nera di Lucca; Ernesto Daquanno
(n.1897) direttore dell’Agenzia Stefani. |
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Nella
stessa giornata anche il fratello di Clara, Marcello Petacci, fu
ucciso insieme a Dongo insieme ai gerarchi dai partigiani, i fucilati
furono sedici; quelli che accompagnavano la fuga di Mussolini.
Altre immagini di parte del gruppo mentre si avvia verso il muretto del
lungolago dove avverrà la fucilazione di gruppo come si può vedere dalle
foto successive.
Le
fotografie, ritrovate negli archivi della Procura di Como, sono di
estremo interesse storico perché permettono di identificare con certezza
i gerarchi fascisti allineati sul lungolago di Dongo, pochi istanti
prima della loro fucilazione, avvenuta alle ore 17.47 del 28
aprile 1945. Gli attimi prima della fucilazione e la fucilazione furono
filmati da Luca Schenini, commerciante di legnami, fotografo dilettante
e appassionato di cinematografia, con una cinepresa Baby. Il filmato fu
sequestrato da Walter Audisio.
In questa foto si vede, di spalle, “Riccardo che ha diretto il fuoco
del plotone di esecuzione.
Ecco l’esatta identità dei gerarchi visibili in questa foto; da
sinistra: Nicola Bombacci, Francesco Maria Barracu, Idreno Utimperghe,
Alessandro Pavolini, Vito Casalinuovo, Paolo Porta, Fernando Mezzasoma,
Ernesto Daquanno.
LE ULTIME ORE DI MUSSOLINI E DI CLARETTA PETACCI
Oggi sono stati fucilati (sembra alle 16,20) anche Mussolini e la
Petacci, a Giulino di Mezzegra. In serata i corpi dei giustiziati
vengono portati a Milano.
Il
pregevole libro (Le ultime ore di Mussolini, Mondadori, 2005)
di Pierluigi Baima Bollone, Professore ordinario di Medicina legale
all'Università di Torino, riporta in auge, con buona pace di numerosi "Dongologi"
(1), la versione secondo cui Benito Mussolini e Claretta Petacci furono
uccisi a Giulino di Mezzegra (poco dopo le 16 del 28 Aprile 1945 davanti
al cancello di villa Belmonte sulla strada carrozzabile (via XXIV
Maggio) che congiunge la frazione di Giulino con quella più a valle di
Azzano. Sulla scena dell'esecuzione erano presenti tre partigiani
comunisti: Walter Audisio (Valerio), Aldo Lampredi (Guido) e Michele
Moretti (Pietro). Le armi usate sarebbero state (il condizionale è
d'obbligo) una pistola Beretta calibro 9 mm corto (matricola n° 778133)
e un mitra francese MAS calibro 7,65 mm lungo (matricola n° F. 20830).
...............
(1)
Secondo altre versioni, da tutta una serie di testimonianze, rilievi e
considerazioni di ogni genere, si vorrebbe invece dare quasi per certo
(il dubbio è riferito solo alla impossibilità di eseguire alcune
verifiche) che Mussolini venne ucciso la mattina del 28 aprile 1945 nel
cortile sotto casa dei De Maria (vedi foto del casolare) a Bonzanigo, in
un orario che oscilla tra poco dopo le nove e poco prima della 10.
Claretta Petacci invece venne uccisa, con una sventagliata di mitra alle
spalle, intorno a mezzogiorno, su di un prato all’inizio della
mulattiera via del Riale che porta a Bonzanigo. I “dongologi”
asseriscono: “Lo abbiamo già fatto tante altre volte e quindi non
staremo ora qui a fornire le considerazioni e le prove che attestano
questi orari e modalità di morte antimeridiana smentendo, al contempo e
definitivamente, la “fucilazione” davanti al cancello di Villa Belmonte
in Giulino di Mezzegra alle 16,10, descritta dalla “storica versione”,
la “vulgata”.
Dopo
l'esecuzione, la pistola Beretta calibro 9 venne donata da Aldo Lampredi
ad Alfredo Mordini (Riccardo), capo del plotone dei partigiani dell'Oltrepò
pavese che uccisero a Dongo i gerarchi della Repubblica Sociale Italiana
nel tardo pomeriggio del 28 Aprile 1945, perché la custodisse in ricordo
suo e dello storico compito a cui era servita. La pistola, dono della
vedova Mordini, è attualmente custodita nel Museo storico di Voghera (Bernini
F., Così uccidemmo il Duce, C.D.L. Edizioni, 1998). Il mitra francese
MAS calibro 7, 65 apparteneva invece a Michele Moretti commissario
politico della 52° Brigata Garibaldi che catturò i componenti della
colonna Mussolini, Petacci inclusa, il giorno prima (27 Aprile) nei
pressi del paese di Musso poco distante da Dongo. L'arma requisita dal
colonnello Valerio dopo il fatto di sangue è stata data dallo stesso in
omaggio al Museo storico nazionale di Tirana (Albania) che dal 1980 la
espone al pubblico ( Vacca G., Sinani S., Vi regalo il mitra che ha
sparato al Duce, in "Corriere della Sera", 31 luglio 2004).
ULTIMI ACCORDI IN SVIZZERA PER LA RESA TEDESCA
All’una del mattino, il generale Wolff, che ha messo nuovamente piede
sul suolo tedesco, va a prendere Rahn a Merano ed insieme si recano a
Bolzano dal gauleiter Hofer ed iniziano una discussione comune che va
avanti dalle due del mattino fino alle 7,30. Sono presenti, oltre Rahn e
Hofer: Von Vietinghoff, Rottiger, il tenente colonnello Moll, Von
Reichel, aiutante militare di Hofer, e Stengl, aiutante politico.
In apertura della discussione Wolff riferisce ai presenti i risultati
più importanti del suo viaggio facendo anche un riassunto degli ultimi
avvenimenti. Dopo aver comunicato che oggi i due plenipotenziari
tedeschi partiranno da Annecy per andare a Caserta, Wolff, spiega
chiaramente ai presenti che, essendo stato perso troppo tempo e avendo
gli alleati conseguito con la loro grande offensiva un successo
clamoroso sul fronte italiano, in questo momento non si può più pensare
di ottenere le clausole da loro previste inizialmente; in particolare
non si possono più realizzare i principali desideri politici del
Gauleiter Hofer, secondo cui il Tirolo (settentrionale e meridionale)
non dovrebbe venire occupato da truppe alleate ma continuare a restare
soggetto all’autorità dello stesso Gauleiter. Hofer ne rimane
profondamente deluso. Egli pretenderebbe, tra l’altro, che nella zona le
istruzioni militari continuino a sottostare alla direzione e alla
volontà politica rappresentate dalla sua persona. Nasce così un acceso
dibattito sulla situazione militare fra Hofer da una parte e Rottiger e
Moll dall’altra. Dopo una notte di veglia e cinque ore di infruttuosa
discussione i presenti si separano con l’intesa di aspettare il ritorno
dei due ufficiali da Caserta.
Oggi il feldmaresciallo Kesselring, nel pieno caos dell’esercito, viene
nominato comandante in capo di tutti i gruppi di armata operanti nello
scacchiere sud divenendo anche il superiore del capo del gruppo d’armate
sudovest, von Vietinghoff.
Subito dopo l’arrivo a Caserta (alle 18) della delegazione tedesca, ha
luogo un primo incontro, presieduto, come i due incontri successivi, dal
generale Morgan, capo di S.M. di Alexander. Durante questo primo
incontro vengono consegnate ai plenipotenziari tedeschi le condizioni
d’armistizio. Presenziano diversi ufficiali dello stato maggiore Alleato
e due russi.
In tarda serata, avviene già un secondo incontro, i due delegati
tedeschi, che nel frattempo hanno studiato i documenti, in base
all’esame fatto, sollevano varie obiezioni contro le singole
disposizioni del trattato che sembrano non realizzabili; in particolar
modo cercano di ottenere l’assicurazione che il gruppo di armate C sia
internato in Italia e non condotto in prigionia in Inghilterra o negli
Stati Uniti. Dopo questo incontro chiedono alle autorità alleate la
possibilità di inviare un radiomessaggio al generale Wolff e al
colonnello generale Von Vietinghoff per informarli dei punti più
importanti delle condizioni dell’armistizio e ne ottengono il consenso.
ULTIME AZIONI DEI PARTIGIANI
Milano è ormai virtualmente libera. Nella foto un corteo di
popolo fa ala al passaggio di un camion carico di partigiani che esce
dalla prefettura per andare ad assediare l’Hotel Regina dove si è
asserragliato il comando piazza tedesco di Milano che sta discutendo la
resa con il comando alleato. Dalle finestre del palazzo già sventolano
la bandiera italiana e quelle alleate. Esultanza di partigiani e
cittadini nell’altra foto, scattata oggi in piazza del Duomo.
In mattinata, Graziani prigioniero di Daddario, che ha
passato la notte all’Hotel Regina, viene trasferito all’Hotel Milano, in
via Manzoni.
A Torino, con l’arrivo di altre unità partigiane e l’aiuto di
armi controcarro prelevate dai depositi fascisti conquistati, ad
integrare i bazooka, gli uomini di Barbato riescono a far abbandonare
definitivamente le posizioni ai nazifascisti. Torino può così
festeggiare finalmente la libertà, anche se permangono le insidie di
numerosi cecchini che vanno snidati uno per uno e la minaccia delle due
divisioni di Schlemmer a ovest.
I partigiani liberano anche Aosta.
L’attacco partigiano alla 26^ divisione tedesca si completa oggi
con la resa della divisione e la cattura del suo comandante, generale
von Arnim, e del generale von Alten, ma è costata centinaia di morti.
Insorge Venezia, mentre nella zona circostante la divisione
partigiana omonima salva i ponti sulla Tesina e il Bacchiglione, uccide
700 tedeschi e ne cattura 10000 subendo 300 perdite. I patrioti di
Venezia hanno uno scarsissimo armamento, (sono armati quasi tutti di
sole pistole), tuttavia occupano tutti gli edifici pubblici, fanno 3000
prigionieri e permettono l’evacuazione solo al personale navale tedesco
dietro consegna delle carte con le zone minate.
Provincia di Piacenza – Alle 5 del mattino il grosso della
divisione Piacenza fa il suo ingresso in Piacenza. I combattimenti sono
cessati. In totale le formazioni piacentine hanno avuto 633 caduti, 261
feriti, 53 invalidi,10 mutilati, 21 dispersi.
A Fiume i partigiani “titini” fucilano in piazza S.Vito alcuni
cittadini per semplici sospetti sul loro passato fascista
ANCORA RAPPRESAGLIE NAZIFASCISTE
Provincia di Belluno – A Belluno i tedeschi uccidono una
madre e il suo neonato.
Provincia di Brescia – A Forno Allione un civile polacco
viene impiccato dai tedeschi al cancello d’ingresso dello stabilimento
Elettro Grafite.
Provincia di Cuneo – Soldati della 34^ divisione di fanteria, si
rendono colpevoli dell’eccidio di 13 persone a Genola, un paese
non distante dalla strada che da Cuneo conduce a Torino e situato a
circa sei chilometri a sud di Savigliano.
Provincia di Mantova – Ad Ostiglia i tedeschi in ritirata
uccidono presso il Santuario della Comuna un civile di quarantacinque
anni di Castelmassa.
Provincia di Torino – Ancora soldati della 34^ divisione di
fanteria, uccidono 13 persone a Nichelino, alla periferia
meridionale del capoluogo piemontese, e a Santhià, una
cinquantina di chilometri a nordest di Torino, quando i partigiani hanno
fatto saltare i ponti impedendo la ritirata alle unità del LXXV° corpo
d’armato tedesco, alcune truppe di questa unità fucilano, insieme ai
partigiani catturati, alcuni civili estranei all’episodio (se ne ignora
il numero).
Provincia di Trieste – A Trieste, le SS fucilano all’alba Mario
Maovaz, del partito d’azione, già seviziato dai fascisti di Salò.
Provincia di Udine – A Magnano in Riviera i mercenari
cosacchi in ritirata nella bassa friulana falciano a raffiche di
mitraglia il medico Aldo Traghetti che, catturato, tentava di fuggire.
LE TRUPPE ALLEATE RAGGIUNGONO MILANO
A
Milano, alle 16,05, nei pressi di San Siro, vengono paracadutati
alcuni uomini della Special Force: sono i primi alleati che entrano
in Milano mentre le avanguardie del grosso delle truppe si stanno
avvicinando alla città (vedi foto).
Tra le tante località raggiunte oggi dagli alleati spiccano, oltre a
Milano, i seguenti capoluoghi di provincia: Bergamo (già in mano ai
partigiani), Brescia, Como, Cremona e Padova.
La 1^ divisione corazzata del IV° Corpo USA raggiunge il lago di Como
presso il confine con la Svizzera, mentre Vicenza viene liberata dal II°
Corpo (88^ divisione).
La risiera di San Sabba (TS), tristemente nota quale lager italiano,
viene raggiunta dagli Alleati che aprono le celle dei pochi superstiti.
Unità del XIII° e del V° Corpo (VIII^ Arm.) avanzano verso Padova e
Venezia che sta insorgendo.
Nel settore tirrenico, mentre elementi della 92^ divisione USA (V^
Armata), proseguendo rapidamente oltre Genova, raggiungono Savona,
iniziano trattative per la resa tedesca nella valle del Taro. Emissari
tedeschi raggiungono le linee brasiliane a Gaiano e ammettono
l’inutilità e anche l’impossibilità di proseguire la lotta. Chiedono che
al gen. Carloni venga assicurato lo stesso trattamento che sarà
riservato al comandante tedesco.
Il tenente generale tedesco Max-Joseph Pemsel, capo di Stato Maggiore
dell’Armata “Liguria”, che firma la resa.
Graziani, oltre ad essere ministro delle Forze Armate, ha anche il
comando di questa armata.
Da “La Libertà” (MI)
Da “L’Avanti” (MI)
Territorio a sud
Dal “Corriere del Mattino” (FI)
Dal
“Corriere del Mattino” (FI)
DAL DIARIO DI PUNTONI
“La notizia del giorno è l’arresto di Mussolini e di un seguito di
gerarchi effettuato da patrioti nelle vicinanze di Como.
Dal 25 si sta svolgendo a San Francisco la conferenza delle Nazioni
Unite con la quale si vuol concretare – o almeno si dice –
l’organizzazione della pace. L’Italia, naturalmente, non vi è stata
ammessa neppure come membro osservatore, e ciò nonostante tutti i passi
e tentativi, anche molto poco dignitosi, fatti da personaggi ufficiali e
non ufficiali. Si delineano già attriti tra la Russia e le due grandi
nazioni anglosassoni, specialmente tra Russia e Inghilterra. La Russia
continua a mantenere un atteggiamento consentitole dalle sue grandi
vittorie militari e dalla sua potenza. Pomo della discordia è la
questione dei due governi polacchi che ha impedito, fino ad oggi, alla
Polonia di essere presente alla conferenza”.
DAL DIARIO DI MACMILLAN
Roma/Terni Assisi – “In auto a Terni, con partenza da Roma alle otto
e mezzo. Pioggia a catinelle. Finalmente la siccità è finita. Ho passato
tutta la giornata nelle acciaierie insieme agli ufficiali sudafricani
del genio che hanno assunto la direzione degli impianti e hanno già
compiuto un lavoro meraviglioso. La pioggia, l’odore, i laminatoi in
funzione e le colate di acciaio mi hanno fatto venire la nostalgia di
casa: era proprio come a Stockton o a Middlesborough! Ho fatto colazione
al circolo ufficiali e ho poi terminato il giro di questo enorme
complesso industriale (che comprende anche una centrale elettrica) alle
cinque del pomeriggio. La centrale elettrica era stata quasi del tutto
rovinata dalle demolizioni da bombardamento, ma l’impianto di
riparazioni di Terni è riuscito a far funzionare due reparti (le fucine
di acciaio pesante, le nuove turbine ecc.) e alla fine di maggio e alla
fine di giugno saranno in funzione altri due reparti. Ora a Terni si
producono ponti Bailey, parti di carro armato, lamiere e tanti oggetti
di uso civile. Naturalmente la centrale elettrica è ad acqua (cioè è una
centrale idroelettrica) azionata da una grande cascata alta circa 190
metri, dove si è ottenuto il bacino di alimentazione bloccando le acque
del fiume Nera. (…)”.
STORIA POSTALE del 28 aprile
Una cartolina
raccomandata fuori distretto affrancata regolarmente 3,60 (1,20 +
2,40) e una cartolina semplice fuori distretto con ACS di Siracusa.
Lettera raccomandata
espressa aerea 14,00 (2,00 lettera fuori distretto + 2,00 di
sovrattassa aerea + 5,00 di diritto espresso + 5,00 di
raccomandazione), chi applicò le frecce probabilmente per indicare
valori gemelli, incorse nel frequente errore di chi non attribuisce a
tale doppia presenza ai due servizi cui i valori sono destinati: per
essere valori gemelli dovrebbe trattarsi di presenze di due stessi
valori ma di diverse serie ordinarie o commemorative. A fianco una
lettera semplice da Trapani a Campobello che presenta una piacevole
afffrancatura conposta da tre serie diverse: sovrastampati PM, Roma e
Imperiale.
Lettera raccomandata
espressa (?) da Benevento a Roma affrancata 11,00 (?) e una lettera
raccomandata da Firenze a Pistoia regolarmente affrancata 7,00 con la
presenza del 5,00 Imperiale divenuto, in questo periodo, in fase di
esaurimento. ACS di Firenze.
Da
“Il Corriere del Mattino” di Firenze:
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