domenica 29 aprile 1945
Territorio a nord
IL TERRIBILE SPETTACOLO IN PIAZZALE LORETO A MILANO
Un partigiano vicino ai cadaveri di Mussolini e della Petacci e, nella
foto a fianco, i cadaveri di Mussolini, la Petacci e dei gerarchi
fucilati a Dongo stesi sulla pavimentazione della piazza al ludibrio
della gente che si accanisce con calci e sputi sui corpi inanimi.
Ferruccio Parri definirà poi lo scempio di piazzale Loreto
«un’esibizione da macelleria messicana». Sandro Pertini, che pure,
incrociando il dittatore in fuga, la sera del 25 aprile, sulle scale
dell’Arcivescovado, aveva detto che l’avrebbe volentieri ucciso con le
sue mani, commenterà: «L’insurrezione si è disonorata». E Indro
Montanelli, andato a vedere di persona facendosi largo a fatica in mezzo
alla fiumana di bandiere rosse, scriverà: «Lo spettacolo, che mi ha
lasciato addosso un vago senso di vergogna, mi insegna cos’è la piazza
quando si ubriaca di qualche passione e mi ispira un odio profondo verso
tutti coloro che cercano di ubriacarla».
L’esposizione con oltraggio
(ferite, sputi, dileggio) dei cadaveri di Mussolini, di Claretta Petacci e di alcuni gerarchi e militari resterà
tra gli avvenimenti italiani più emblematici del secolo e forse il più
emblematico in assoluto. Non per l’importanza storica in sé, accessoria
rispetto ai fatti precedenti, ma per l’eccezionale forza di
rappresentazione: violenza, furore, crudeltà, la più bestiale
cancellazione del fascismo, il brutale epilogo della guerra civile.
Non ancora chiare sono le origini dell'ordine di esporre i cadaveri in
pubblico. La tesi più probabile è che il CLN non avesse esplicitamente
richiesto di portare le salme in Piazzale Loreto. Sarebbero stati quindi
i partigiani incaricati della fucilazione e della custodia dei gerarchi
a portare i corpi intorno alle 3.40 di notte a Piazzale Loreto, luogo
scelto in quanto utilizzato dai fascisti il 10 Agosto 1944 per
l'esposizione di quindici corpi di antifascisti fucilati dai
repubblichini.
Verso le 7 del mattino, quando i partigiani incaricati della custodia
delle salme dormivano, i primi passanti si accorsero della presenza dei
cadaveri, e soprattutto della presenza del corpo del Duce. In poche ore,
tramite il passaparola ma anche tramite Radio Milano Liberata, che aveva
già annunciato l'esecuzione dei gerarchi, la piazza si riempierà. La
folla, incredula di trovarsi di fronte i corpi dei suoi più infami
aguzzini, inizia a calpestare i cadaveri, a colpirli con ortaggi e colpi
di armi da fuoco. Solo grazie l'intervento di alcuni partigiani e dei
vigili del fuoco, che lavarono le salme ormai ricoperte di sangue, sputi
e urina, i corpi di Mussolini, Starace, Pavolini, Zerbino e della
Petacci vennero sottratti dalla rabbia della folla e appesi "a testa in
giù" sulla pensilina di un distributore di benzina presente nella
piazza.
ULTIME TERGIVERSAZIONI DOPO LE TRATTATIVE PER LA RESA IN SVIZZERA E
FIRMA DELLA CAPITOLAZIONE IN ITALIA
Alle
4 del mattino, i plenipotenziari tedeschi a Caserta, Wenner e Von
Schweinitz, consegnano agli alleati il messaggio da trasmettere a Wolff
e Von Vietinghoff. Questo documento, causa forti disturbi atmosferici e
conseguente difficoltà di ricezione, viene però capito solo in parte a
Bolzano.
Mentre il maggiore Wenner è pronto a sottoscrivere la resa, von
Schweinitz, come aveva immaginato Wolff, insiste sulla clausola che le
truppe tedesche devono venire internate in Italia e afferma che le
condizioni presentategli oltrepassano i poteri ricevuti da von
Vietinghoff. Viene poi accettata la seguente formula: von Schweinitz
firmerà, rilasciando però una dichiarazione che, così facendo, egli va
oltre i poteri concessigli.
Alle 14, al Palazzo Reale di Caserta (Quartier Generale alleato), dopo
le tergiversazioni da parte di Von Schwenitz, viene finalmente firmata
la capitolazione del gruppo d’esercito C. La cessazione delle ostilità
viene fissata per le ore 12, ora di Greenwitch, del 2 maggio 1945. Il
generale Morgan, quale primo rappresentante degli Alleati a nome del
comandante in capo delle forze del Mediterraneo, sottoscrive il
documento. Wenner firma a nome del generale Wolff e von Schweinitz a
nome di Vietinghoff.
Nella foto da sinistra: il colonnello Sweetman, il contrammiraglio Lewis
capo di stato maggiore delle forze navali alleate, il maresciallo Baker,
capo di stato maggiore delle forze aeree, il maggiore sovietico Kislenko,
il tenente polacco Vraeveskj, il maggior generale americano Lemnitzer,
vice capo di stato maggiore del comando alleato e, seduto, il generale
Morgan che firma i documenti della resa.
In questa vicenda di trattative svoltasi in Svizzera si è in realtà
giunti quasi esclusivamente per merito del dottor Husmann che è riuscito
ad esercitare un influsso intellettuale decisivo sui capi delle SS che
hanno partecipato alle varie trattative. Questo pedagogo svizzero ha
portato a termine il suo compito con un successo assolutamente
sorprendente: proprio lui, un civile, è riuscito a convincere i capi
delle SS di grado elevato ed elevatissimo che il loro mondo ideale e la
loro posizione di potere erano fondati in realtà su di un errore e che
entro poco tempo, quindi, sarebbero crollati. Importantissimi anche
l’impegno e la perseveranza del colonnello svizzero Waibel.
Nelle ultime due foto sono visibili, in abiti borghesi, i due
plenipotenziari tedeschi colonnello von Schweinitz e maggiore Wenner.
RESISTENZA: AZIONI DEI PARTIGIANI
Ha termine oggi la battaglia per la liberazione di Schio. 42
partigiani sono morti. Negli scontri con le retroguardie della divisione
Goering i tedeschi perdono 500 uomini fra morti e feriti, altri 6000 si
arrendono alle formazioni Garibaldine. Insieme a Genova, Schio è l’unico
caso di resa incondizionata della Wehrmacht ai partigiani. I partigiani
liberano Piacenza che con abile e coraggiosa manovra avevano
isolato mantenendo una testa di ponte sul Po che ha impedito il
passaggio ai tedeschi.
Si conclude oggi a Codevigo, nella laguna veneta, la lunga marcia
della XXVIII^ Brigata “Mario Gordini” che, fin dal 12 gennaio al comando
di Bulow, ha affiancato il gruppo da combattimento “Cremona”,
nell’avanzata verso il nord.
RAPPRESAGLIE NAZIFASCISTE
Provincia di Bolzano - Le SS fanno partire verso il passo della
Meldola il professor Mario Padoa, ordinario di chimica organica e
inorganica dell’università di Modena (lo avevano prelevato nel febbraio
il capitano Gold e il maresciallo Grizzer delleSS) e altri quaranta
internati. Di tutti loro non sene saprà più nulla.
Provincia di Cuneo – A Mondovì, 28 chilometri a est di
Cuneo, una pattuglia della 34^ divisione tedesca Brandenburg ricerca il
meccanico Francesco Prato, comunista, che nei giorni della liberazione
aveva chiesto la liberazione dei presidi tedeschi della zona. Lo trova
mentre dorme con la famiglia in un fabbricato a ridosso del Santuario di
Vicoforte. Gli sventurati vengono allineati davanti alla porta
dell’abitazione ed eliminati a raffiche di mitra: il capofamiglia
Francesco Prato, la moglie Giovanna, la figlia, ventiduenne, Marcella e
il figlio Franco di quattordici anni. La stessa pattuglia fucila altre
sei persone. Il massacro ha avuto luogo nelle immediate vicinanze del
santuario di Vicoforte.
Provincia di Mantova – A Casalmoro i tedeschi in fuga
uccidono due donne e due partigiani loro parenti.
Provincia di Torino - A Torino, dove i partigiani di
Barbato stanno provvedendo a snidare gli ultimi irriducibili
cecchini, incombe ancora la minaccia dell’arrivo delle due divisioni (la
34^ e la 5^) del generale Schlemmer, una grossa colonna comprendente
mezzi corazzati, proveniente da Pinerolo, che attraversa paesi e
villaggi intorno a Torino saccheggiando e incendiando. Il colonnello
Stevens, comandante della missione alleata, vorrebbe far saltare i ponti
sul Po; il comando partigiano si oppone e a Schlemmer che chiede via
libera è opposto un netto rifiuto. Il generale tedesco cambia direttrice
di marcia dirigendosi verso il Canavese. Verso le 21,30 si attesta nei
pressi di Grugliasco, un piccolo centro lungo la strada per la Francia,
a pochi chilometri dal capoluogo piemontese. Grugliasco è tutta pavesata
di colori perché libera, e i partigiani decidono di far passare la
colonna. Mandano a parlamentare il parroco, ma i tedeschi se ne fanno
beffa. Disarmano i partigiani e, dopo averli fucilati, ne violentano i
cadaveri con calci alla nuca fino a staccarne il capo. Intanto
saccheggiano negozi e case. Una trentina di persone, tra cui parecchi
civili, sfuggite al rastrellamento si sono rifugiate in un edificio ma
verso la mezzanotte vengono catturate. Altre hanno riparato in un’altra
casa verso le sei del mattino. Legati, con le braccia dietro la testa,
vengono fatti passare per le vie del paese, tra la gente terrorizzata.
Ma essi cantano, con dignità e fierezza. Tra di essi vi è il parroco che
aveva tentato di parlamentare e un cappellano garibaldino. I tedeschi li
suddividono in tre gruppi e li fucilano. Sessantasei i cadaveri sul
terreno: 58 garibaldini e otto civili.
Provincia di Treviso - A Castel di Godego e nella frazione
di Cazzadora, i tedeschi in ritirata uccidono 80 civili, tutti
maschi. Il più giovane, Igino Tolin, ha 15 anni, il più vecchio, Antonio
Baldan, ne ha 65. A Nervesa della Battaglia due tedeschi uccidono
il civile Egidio De Sordi mentre si dirige alla casa di un amico per
vegliarne la salma. Catturati dai partigiani, vengono presentati alla
madre dell’ucciso, la quale chiede di non fare vendetta. I due vengono
così poi consegnati agli americani. A Galliera Veneta alcuni
tedeschi in ritirata uccidono don Fausto Calegari, cappellano della
parrocchia di San Niccolò, mentre porta i conforti religiosi a due
partigiani moribondi.
Provincia di Udine – A Cervignano del Friuli una colonna
di SS proveniente da Grado ha uno scontro con i partigiani e punta su
Cervignano. Alla periferia della cittadina cattura ventidue civili e li
elimina a raffiche di armi automatiche in due gruppi: tredici in
località Tre Ponti, sull’argine del fiume Taglio, e nove nell’immediata
periferia di Cervignano, sull’argine destro del fiume Aussa.
Provincia di Vicenza – A Pedescala alle 5 del mattino,
paracadutisti tedeschi SS iniziano a sparare da un carro armato. Poi
irrompono nel paese incendiando le case e uccidendo chiunque trovino. A
loro si aggiungono alcuni italiani con l’uniforme delle SS: In un
sottoportico, a pochi passi dalla chiesa, vengono trucidati ventisei
uomini, tra cui il parroco don Fortunato Carlassare e suo padre. La
soldataglia continua gli assassinii, gli stupri e i saccheggi fino
all’alba del 2 maggio, quando lascerà il paese dove ha ucciso 64 persone
(55 uomini e 9 donne).
GERMANIA: SI APPROSSIMA LA FINE
Hitler sposa Eva Braun nel bunker della cancelleria a Berlino.
GLI ALLEATI AVANZANO VERSO I CONFINI
Settori centro – orientali - Prosegue l’avanzata alleata nel Nord
Italia: unità del V° Corpo raggiungono Venezia insieme a unità
italiane del Gruppo da combattimento “Cremona” mentre la 2^ divisione
neozelandese del XIII° corpo britannico, avanzando in direzione di
Trieste, raggiunge il Piave. La 6^ divisione corazzata si congiunge con
elementi dell’VIII^ Armata nella zona di Padova.
Gli alleati raggiungono Ghedi (BS), Imperia, Pontechiasso (CO),
Varese e Cuneo già in mano ai partigiani. A Fiume i
partigiani slavi incominciano a invadere la periferia orientale
contrastati dai tedeschi che non hanno altra risorsa che darsi
prigionieri agli Alleati.
Settore tirrenico – Valle del Taro – Alle 5,30 del mattino
i parlamentari tedeschi si ritirano, assicurando che l’atto iniziale
della resa sarà rappresentato dall’arrivo di una colonna di ambulanze
cariche di feriti. E alle 13, dopo che Mascarenhas ha ribadito la
richiesta di resa incondizionata, si presentano le prime ambulanze
tedesche presso Ponte a Scodogna. Mentre le operazioni di resa
continuano, i brasiliani ottengono che anche i partigiani cessino le
ostilità contro le retroguardie e che restituiscano centocinquanta loro
prigionieri, sotto responsabilità brasiliana, direttamente alla 148^
divisione tedesca.
Alle
18,30 (o alle 14?) si presentano il generale. Carloni, il suo capo di
Stato Maggiore il tenente colonnello Antonio Bertone e vari ufficiali.
Mascarenhas dispone che il comandante della divisione “Italia”
venga accompagnato dal generale Zenobio a Firenze, presso il Quartier
Generale della V^ Armata.
A Castiglione, presso Chiavari, il comandante del IV° Corpo
d’armata, generale Crittenberg (secondo da sinistra nella foto),
accetta la resa dell’armata tedesca in Liguria
Il 1° Gruppo di Combattimento della X Divisione Mas (formato dal “Barbarigo”,
dal “Lupo”, dai “Nuotatori paracadutisti”, dagli artiglieri del “San
Giorgio” e dal battaglione genio “Freccia”), 2200 uomini, si arrende
agli inglesi nei pressi di Padova. I piccoli reparti della Decima
rimasti in Venezia Giulia, e formati quasi per intero da giovanissimi,
resistono fino all’ultimo e cadono sul posto.
L’ESERCITO ITALIANO DEL NORD: DELLE QUATTRO DIVISIONI
La “Monte Rosa”, dopo essere rimasta a lungo frantumata in tre zone
diverse (Garfagnana, Liguria e Piemonte), con “grave pregiudizio per la
sua compagine morale e disciplinare” ha scritto Carloni (1), era stata
raccolta in Piemonte. Dispone ancora di 10.000 uomini (erano 19.000 alla
sua partenza da Munzingen alla fine del luglio 1944), quasi tutti
schierati dal Rocciamelone ad Aosta sul fronte alpino occidentale, con
forti reparti in val Chisone e nelle valle cuneesi della Maira, della
Varaita e della Stura. In data odierna molti reparti sono in
ripiegamento verso Pinerolo, altri si dirigono verso Torino e Ivrea,
altri ancora si sono già arresi (2).
Anche la “Littorio” si trova in Piemonte. Subito dopo il rientro in
Italia, la divisione granatieri era stata schierata alle spalle della
linea Gotica, fra Castel San Giovanni, Voghera e Tortona. E’ zona
partigiana e molti degli uomini e degli ufficiali non avevano voluto
essere impiegati nelle frequenti operazioni di polizia e di
controguerriglia. Le ripetute richieste del generale Agosti erano state
infine accolte e, all’inizio di dicembre, l’unità era stata trasferita
al fronte, fra il Cuneese e la Valle d’Aosta, su un arco molto esteso.
In data odierna il grosso della divisione è in marcia verso Cuneo.
Soltanto il 4° Reggimento alpini è rimasto in Valle d’Aosta
nell’illusoria speranza di bloccare, d’intesa con il CLN, l’arrivo delle
forze francesi (3).
La divisione “Italia” finisce in Emilia. Dal gennaio 1945 l’unità
si trova sul fronte della Garfagnana, nella valle del Serchio, dove ha
sostituito la “Monte Rosa”. I reparti sono stati in crisi perenne e
anche il lavoro del nuovo comandante Carloni, non ha potuto dare grandi
frutti. Ci sono state le imboscate dei partigiani che, ha scritto
Carloni, “hanno prodotto sensibili perdite ed hanno concorso ad
aumentare lo stato di disagio dell’unità”. Ci sono state le diserzioni,
molto alte soprattutto fra i pionieri. Infine, sono mancati i trasporti;
v’è stata “penuria estrema di carburante”; i soldati sono stati
costretti a subire il tormento di lunghe marce in montagna, fra neve e
fango; i comandanti hanno incontrato “enormi difficoltà per mantenere
una certa regolarità nei servizi logistici”. In queste condizioni, il 19
aprile la divisione di Carloni aveva iniziato la ritirata. In data
odierna si trova in Emilia, si sta dirigendo verso Fornovo di Taro e
tenta di rompere l’accerchiamento con un ultimo attacco nei pressi di
Modena, ma viene bloccata dalle truppe brasiliane che sbarrano la via
Emilia (4).
Per quanto riguarda la “San Marco”, il suo comandante, generale
Farina, ieri ha trattato la resa con il CLN di Alessandria e nella
notte, mentre qualche reparto si sta dirigendo verso la Lomellina e
Milano, lancia il suo ultimo ordine del giorno:
“Domattina tutti i reparti della Divisione si concentreranno a
Valmadonna, a nord di Alessandria, dove deporranno nelle mie mani le
armi ed i materiali che saranno depositati e presi in consegna dalle
nuove autorità dell’esercito italiano. (…) La grave decisione da parte
mia è stata presa:
1.- Per gli eventi generali che hanno segnato la fine della guerra.
2.- Per la scomparsa di tutte le autorità nostre.
3.- Per la consegna di se stesso fatta dal maresciallo Graziani.
4.- Per il dichiarato fermo del Duce e dei maggiori gerarchi alla
frontiera svizzera.
5.- Ed infine e soprattutto per la necessità di evitare uno spargimento
di sangue completamente italiano e per risparmiare alla zona da noi
tenuta le ulteriori distruzioni dell’intervento aereo anglo-americano
pronto da ieri a scatenarsi”.
Graziani, dall’Hotel Milano viene condotto a San Vittore.
All’ingresso in carcere è spogliato e sottoposto, come vuole il
regolamento, ad una minuziosa ispezione personale. Poi è condotto nella
cella 65, guardata a vista da una sentinella armata. La sua detenzione
dura poco più di dodici ore. Alle 19, infatti, Daddario lo preleva e lo
conduce in auto a Ghedi, nel Bresciano, dove lo attende il generale
Crittenberg, comandante del IV Corpo d’Armata corazzato americano e dove
Graziani firma le resa.
…………
(1) Suo comandante fino al 22 febbraio 1945.
(2) Gli uomini lasceranno le armi ad Ivrea, nel
Torinese, a Lanzo ed Orbassano, e presso Cuneo, a Casteldelfino. Non
pochi alpini cadono negli scontri finali, altri verranno fucilati dopo
la cattura.
(3) Con i suoi uomini verrà catturato anche il suo
comandante, generale Agosti. Agosti, che ha 51 anni e soffre per una
grave mutilazione che risale alla prima guerra mondiale, verrà condotto
con altri ufficiali nel campo di concentramento di Coltano, ma non si
rassegnerà: non vuole essere giudicato dinanzi a un tribunale militare.
Ad un gruppo di uomini che lasciano il campo, confiderà: “Io non
permetterò che una banda di traditori mi processi”. Trasferito a Roma, a
Forte Boccea, alle tre di notte del 27 gennaio 1946, Agosti andrà in una
latrina e, toltosi il laccio di una benda, dopo averlo fatto passare fra
le grate dell’inferriata, si impiccherà.
(4) Domani, anche gli ultimi reparti di bersaglieri
della “Italia” getteranno le armi nella zona di Collecchio.
Da
Italia Libera (MI)
Nella foto, il saluto dei
rappresentanti del CLNAI ai primi alleati.
Territorio a sud
DAL DIARIO DI PUNTONI
“Le operazioni in Italia procedono con molta rapidità: praticamente ogni
resistenza in grande stile è cessata. Quasi tutta la Valle Padana è in
mano degli alleati e dei patrioti.
E’ confermato l’arresto di Mussolini con la sua amante Petacci e di
quasi tutti i maggiori gerarchi del fascismo. La radio della sera
annuncia che gli arrestati, giudicati dai tribunali del popolo, sono
stati giustiziati”.
Con queste esecuzioni, evidentemente, si è voluto concludere il
movimento insurrezionale e dare soddisfazione alla massa più scalmanata
prima che al governo del C.L.N. subentrasse quello alleato o che gli
arrestati fossero messi nelle mani del governo regolare il quale ha
trovato giusto il provvedimento! Sembra anche che ci sia stata
l’approvazione degli alleati. E questo si capisce: una gatta di meno da
pelare!”.
DAL DIARIO DI MACMILLAN
Assisi – “Una giornata passata in tutta pace, ma che è terminata con
notizie elettrizzanti. (…) Molte bandiere in giro, ma nessuna
agitazione. La sera, abbiamo appreso che i partigiani di Milano avevano
catturato e impiccato Mussolini ed altri fascisti. Più tardi, una
telefonata da Caserta mi ha informato che i delegati militari tedeschi
(giunti, come ho poi saputo, ieri) avevano firmato la resa militare al
quartier generale alleato. Noi avevamo già stabilito con precisione i
termini e per la verità avevo preferito non essere immischiato nella
cosa. E’ importante che i russi non ci sospettino di alcuna manovra
politica e per questo ho reputato prudente non essere a Caserta.
Tuttavia sono contentissimo, soprattutto per Alex, che la sua trionfale
offensiva (ora abbiamo in nostre mani circa centomila prigionieri) sia
stata coronata dalla resa delle forze che gli sbarravano il passo.
Questa è una conferma completa della bontà delle sue iniziative
strategiche e tattiche. La radio ci ha anche informato del tentativo di
Himmler che voleva arrendersi agli inglesi e agli americani e della
ferma risposta venuta da Downing Street (1). E’ quanto
mai sciocco che i tedeschi abbiano pensato di cavarsela ricorrendo in
questo momento ad un trucco così ingenuo. Secondo la radio, Himmler ha
detto che Hitler era morente per “emorragia cerebrale”: la cosa andrebbe
benissimo per tutti. Dopo avere appreso tutto questo (e dopo avere avuto
altre telefonate da Caserta e da Roma) siamo andati a fare due passi
nella piazza antistante la grande chiesa (il Duomo) e sotto il cielo
stellato abbiamo meditato sulla mutevolezza delle cose umane. Certo, mai
mi sarei immaginato di apprendere la notizia che la campagna di guerra
del Mediterraneo era finita e che si è ormai alle ultime fasi della
guerra in Europa, standomene qui ad Assisi! Adesso sembrano ora sei
settimane, ora sei anni, ora sei decenni da quando la guerra è iniziata
e si stenta a credere che è finita o che sta per finire.
Hitler è rimasto al potere per vent’anni, con tutto il suo genio per
fare del male, con tutta la sua forza e tutta la sua arroganza. San
Francesco non si direbbe che abbia avuto molto potere, ma qui in questa
bella città si capisce quanto immensa sia la forza e la persistenza del
bene. Ed è questo un pensiero che dà un po’ di consolazione. (…)”.
………….
(1) Il 24 aprile, Himmler aveva offerto la resa
incondizionata della Germania alla Gran Bretagna e agli Stati Uniti ma
non alla Russia e gli era stato risposto che la Germania doveva
arrendersi a tutte e tre le potenze.
STORIA POSTALE del 29 aprile
Piego comunale affrancato come manoscritti con una sestina del 0,20
Imperiale
sovrastampato PM
Da “La Nazione del Popolo” di Firenze
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