ANTEFATTO.
Razzie, saccheggi e devastazioni avevano ormai reso impossibile la vita alle popolazioni cristiane rivierasche sia della penisola italiana che di Francia e Spagna.
Tragica poi la cattura dei cristiani che per gli uomini rappresentava la schiavitù a vita nelle galere saracene come rematori; ancor peggiore quella di giovanetti e donne che venivano venduti ai ricchi e viziosi turchi per i loro harem.
Vedremo che due furono, di fatto, le situazioni che portarono alla vittoria di Lepanto: la prima, l’assunzione al soglio di Roma del determinato Papa Pio V, l’uomo giusto al momento giusto; l’altra fu l’atroce fine degli ultimi difensori veneziani di Famagosta
( Cipro ) che rappresentò la classica goccia che fece traboccare il vaso.
Inutile ricordare che Lepanto è uno dei cento eventi che cambiarono le sorti del mondo; ecco perché ancor oggi la vicenda di Lepanto assume contorni sempre interessanti e, come dire, moderni.
Andiamo a narrare l’intera impresa della Lega Santa.
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Figg. 1-11 |
Nelle sopra esposte vignette sono raffigurate scene e vascelli che parteciparono alla battaglia che consegnò il Mediterraneo alla Cristianità. Da notare che le emissioni provengono da Paesi cattolici di tutti i continenti, talmente fu importante tale scontro.
RIASSUNTO DELLA BATTAGLIA.
Quando sul soglio di San Pietro salì Papa Pio V, combattivo e determinato com’era, decise che era da porre fine all’egemonia saracena nel Mediterraneo. Il Papa impostò la questione quasi fosse una vera e propria Crociata ed affidò ad un generale spagnolo di grande carisma il comando dell’immensa flotta della Lega Santa, indicando nel porto di Messina il punto di raccolta. Come noto, il porto di Messina è il cono di un vulcano spento, profondo e largo tanto da accogliere le centinaia di vascelli che qui affluirono. In più era vicino allo Jonio ed all’Egeo.
LA LEGA SANTA.
Vollero partecipare anche sovrani che pur non avevano interessi marittimi. Come per tutte le battaglie necessitava una goccia che facesse traboccare il vaso: i veneziani di Marcantonio Bragadin resistevano a Famagosta ( Cipro) finchè poterono. Poi si arresero ed i turchi, per stroncare la resistenza di Bragadin gli tagliarono orecchie e naso; e poi lo massacrarono con cento frustate. Quindi lo costrinsero a portare per una salita un grosso macigno e sacchi di sabbia pesanti. Gli proposero la salvezza in caso avesse abiurato la fede cattolica, ma egli non cedette. Allora iniziarono a spellarlo da vivo, cominciando dalla testa. Morì per collasso.
Alla notizia di questa sanguinaria atrocità, il Papa indisse la Crociata contro i turchi.
Si unirono a Spagna e Venezia che fornirono oltre la metà della 200 navi cristiane, altri Stati:
1. Impero di Spagna ( Regno delle 2 Sicilie )
2. Repubblica di Venezia
3. Stato pontificio
4. Repubblica di Genova
5. Ducato di Savoia
6. Ducato di Urbino
7. Granducato di Toscana
8. Cavalieri di Malta ( SMOM ).
COMANDANTI
PER LA LEGA:
don Giovanni di Austria; era un Generale, ma allora gli scontri navali avvenivano a navi ferme; come in terra e moschetti e cannoni sparavano sulle navi avversarie. Naturalmente per le preventive manovre marittime, le flotte operavano agli ordini di veri ammiragli validi; e precisamente:
- CENTRO: Marcantonio Colonna ( Stato pontificio )
- Sebastiano Venier ( Rep. di Venezia )
- Pietro Giustiniani ( Rep. di Genova ) ;
CORNO SINISTRO: Agostino Barbarigo ( Ven. ), cadde in battaglia;
CORNO DESTRO: Gianandrea Doria ( Rep. Genova );
RISERVA: Alvaro de Balzan (SP.); quest’ultima aliquota si rivelerà di massima importanza nello scontro.
EFFETTIVI:
- 28.000 soldati
- 12.920 marinai
- 43.500 rematori
- 204 galee
- 6 galeazze
- 1.815 cannoni di vario calibro.
PER L’IMPERO OTTOMANO:
CENTRO: Alì Pascià, cadde in battaglia );
CORNO DESTRO: Mehemet Shoraq ( un rinnegato calabrese, Scirocco );
CORNO SINISTRO: Uluc Alì ( Occhiali ); col contingente algerino;
RISERVA: Murad Dragut.
EFFETTIVI:
- 34.000 soldati
- 13.000 marinai
- 41.000 rematori cristiani schiavi
- 216 galee
- 64 galeotte
- 64 fuste ( vascelli veloci )
- 750 cannoni.
Come si vede, quindi, a parte le artiglierie, i turchi erano più numerosi ed avevano più navi. Comunque altre fonti danno cifre diverse, ma non credibili e certe.
LA BATTAGLIA VERA E PROPRIA.
Partiti da Messina, i cristiani raggiunsero il golfo di Patrasso, e qui furono affrontati dai turchi che nei giorni precedenti avevano saccheggiato i paesi costieri cristiani.
All’alba del 7 ottobre 1571 le due squadre navali furono in vista l’una dell’altra.
A completamento dello schieramento cristiano, don Giovanni chiese all’ammiraglio veneziano Agostino Barbarigo di tenersi il più vicino possibile ai bassi fondali di Capo Scrophia; e lasciò poi una squadra di riserva al comando del marchese spagnolo di Santa Cruz. Poi mandò in avanti le grosse galee con le artiglierie più potenti onde sfruttare la loro superiore potenza di fuoco contro gli avversari.
Quindi salì su una piccola e veloce imbarcazione e passò in rivista l’intera flotta della Lega, lanciando saluti augurali.
A sua volta, Alì Pascià promise ai rematori cristiani la libertà se avessero ben operato in battaglia. Iniziò lo scontro e le potenti galeazze bloccarono le navi di Alì Pascià, mentre invece i due corni laterali avanzarono ad alta velocità. Ciò provocò una situazione di formazione ad arco concavo e l’allineamento turco si ruppe. Lo scontro più feroce avvenne sui bassi fondali che Scirocco conosceva bene, mentre il Barbarigo rimase ucciso e la sua nave ammiraglia venne persa e ripresa più volte. Alla fine Scirocco fu catturato e la sua nave affondata. A distanza ravvicinata la potenza di fuoco dei moschetti a miccia usati dagli europei produsse perdite micidiali tra le forze turche. L’acme dello scontro fu il combattimento per la cattura dell’ammiraglia di Alì Pascià che dopo tre assalti di fila respinti, venne finalmente abbordata e catturata. Uluch Alì addirittura scappò e si mise sotto la protezione dei cannoni costieri della fortezza di Lepanto ( oggi: Navpaktos).
La Cristianità aveva vinto.
PERDITE.
Per la Lega Santa =
7.656 morti
7.784 feriti
17 navi affondate ;
Per l’Impero ottomano =
30.000 uomini tra uccisi, feriti e catturati
137 vascelli catturati
50 navi affondate
15.000 rematori cristiani liberati dalla schiavitù.
NB= Altre fonti citano cifre diverse che non appaiono però sicure ed accettabili.
CONSEGUENZE.
La battaglia di Lepanto costituì il primo grande scontro della flotta occidentale contro le navi saracene. Da allora la flotta turca si rinchiuse nel Bosforo e negli Stretti interni e non uscì mai più in mare aperto, neppure nei due conflitti mondiali. I Sultani si dedicarono all’armata terrestre che un secolo dopo sarà davanti a Vienna (1683).
Lo sforzo in denaro, navi ed equipaggi prodigato dalla Serenissima a Lepanto, mise questa repubblica in cattive condizioni militari e navali. A mala pena riusciva a proteggere i suoi fondaci in Oriente e stentava a dar la caccia ai pirati Uscocchi che ormai infestavano il Basso Adriatico. (Vedasi Fig. 12):
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Fig. 12 |
Erano un’etnia cristiana originariamente formatasi nei Balcani, che si era riversata sulle coste adriatiche per sfuggire all’avanzata dei turchi. Inizialmente svolsero una feroce guerriglia ai saraceni (non facevano prigionieri); poi si dedicarono alla pirateria dal loro quartier generale di Segna, nel Quarnaro. Da lì organizzavano veloci scorrerie sia contro i paesi veneziani sia contro le rotte mercantile turche.
PERSONAGGI.
Ci piace ricordare la partecipazione a vario titolo di personalità famose all’epoca, come lo scrittore spagnolo Miguel de Cervantes, che fu ferito e perse la mano sinistra. Venne trasportato all’Ospedale Maggiore di Messina, fu operato e vi restò in convalescenza. Sembra che proprio lì abbia iniziato a scrivere il “Don Chisciotte della Mancia”. Ricordiamo ancora il generale genovese marchese Imperiale, che sacrificò la propria galea per la salvezza di una pontificia; nonché Ascanio della Corgna, Pietro Lomellini, Antonio Canal, Giorgio Grimaldi e Girolamo Bisanti di Cattaro.
RAPPRESENTAZIONI ARTISTICHE DELLO SCONTRO.
Già da subito Papa Pio V ordinò una serie di quadri dello scontro; nel 1633 Marcantonio Colonna, ammiraglio pontificio, fece erigere a Piazza Micheli a Livorno la Fontana dei 4 mori incatenati.
DON GIOVANNI D’AUSTRIA.
Era figlio illegittimo dell’Imperatore Carlo V e di una popolana, tale Barbara Blomberg; per cui alla morte dell’Imperatore, il trono passò al figlio legittimo Filippo II. Giovanni era nato a Ratisbona il 24.2.1547 ; morì a Bourges (oggi inglobata nella città belga di Namur) il 1.10.1578, ossia a soli 31 anni, fatto avvelenare dal fratellastro Filippo II che ne temeva l’ampia popolarità in tutta Europa dopo la vittoria di Lepanto. Qui aveva solo 26 anni circa, ma era già ben noto come condottiero valido e determinato. Ne presentiamo due immagini coi nn. 13-14; nella prima appare in un quadro d’epoca; e nel monumento eretto in suo onore a Messina nella Piazza, appunto, dei Catalani :
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Figg. 13-14 |
MARINA SARACENA.
Ritengo che sia opportuno dividere il periodo preso in osservazione in due grandi comparti temporali:
• La marina saracena
• La marina ottomana.
Andiamo ad osservare il primo periodo. La considerazione iniziale da fare è che la fede islamica e la lingua araba rendevano compatte le squadre navali musulmane. Laddove Venezia, Genova, le repubbliche marinare ed anche le superpotenze di allora (Francia e Spagna) perseguivano interessi mercantili particolari, la unicità islamica naturalmente favoriva l’egemonia nel Mediterraneo, a partire da quello occidentale. Era il boom di: Mamma li turchi. Razzie, saccheggi e devastazioni colpivano le cittadine rivierasche cristiane. Le torri di controllo non sempre funzionavano a dovere, dando un buon preavviso alle popolazioni costiere perché si rifugiassero sui monti.
Inutile far l’elenco delle incursioni saracene. Ancor oggi i toponimi locali fanno testo. Recco, piccola cittadina ligure, ha – per esempio- un rione che si chiama Vastato, in quanto venne depredato da un raid islamico. Tracce storiche addirittura di insediamenti fissi arabi si hanno Nel Basso Piemonte a dimostrazione, se ve ne fosse la necessità, della diffusione saracena.
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Figg. 15-23 |
Nelle sopra esposte figure vediamo da sinistra a destra e dall’alto verso il basso alcune immagini relative al tema, e precisamente: il porto di Messina pieno di vascelli da cui sarebbero partite le temute navi cristiane; galea turca in fiamme; il promontorio di Lepanto in Etolia; porto saraceno; feluca turca; galea saracena durante la battaglia; una delle torri di protezione della rada di Lepanto; e due fasi dello storico scontro.
Proseguiamo. La Spagna poi fu interamente occupata dai Moros e bisognerà aspettare la campagna di Isabella la Cattolica e di suo marito per vederne la sparizione. Si ripete, lingua e religione unificate favorivano la diffusione dell’Islam che ad un certo punto rese il Mediterraneo intero un lago musulmano. La Storia, con annali e ritrovamenti, parla chiaro; ad es. la guerra di corsa delle navi saracene partite da basi egiziane o turche iniziò contro la Sicilia e l’Italia nel VII Secolo e proseguì fino agli inizi del XIX Secolo, quando le squadre francesi e spagnole distrussero le basi arabe di partenza: Algeri, Tunisi, Tangeri ecc. Coi loro raids le navi saracene portavano di sorpresa agguati ed attacchi sia a navi occidentali mercantili che militari, che a località rivierasche per impossessarsi di merci e persone. Donne e giovanetti venivano poi venduti al mercato degli schiavi e destinati agli harem per il piacere dei ricchi turchi; giovani e uomini venivano invece destinati al remo sulle galere. E di galee vogliamo parlare, perché esse costituivano l’80% delle squadre musulmane. Erano agili e – se il vento cessava – potevano essere trainate dalle barche a remi fino alla successiva bolla di vento. Quando talora le popolazioni costiere riuscivano a salvarsi, rifugiandosi sui monti retrostanti, la carestia in seguito affliggeva le loro campagne, bruciate dai corsari e quindi non più produttive. Uno per tutti, ricordiamo un Santo siciliano, Antonio Nigro, catturato e poi impiccato a Tunisi assieme a tanti cristiani, che rifiutarono l’abiura il 15.1.1500 (dall’articolo “ Mamma li turchi “ pubblicato su Internet il 23.9.2014 )
MARINA OTTOMANA.
Con questa dizione intendiamo dare maggiore autorevolezza alla potenza navale turca, (evidenziando la sua nazionalità: la Sublime Porta di Costantinopoli). Non c’erano più i capi-corsari con piccole squadre personali, ma si era andata a costituire una vera flotta nazionale, diciamo a partire dal 1700. Si potrebbe pensare che abbiamo sforato il limite temporale del tema, ma di un determinato argomento è sempre meglio evidenziare sviluppo e conclusione. Da ora in poi tratteremo il tema un secolo alla volta.
IL 500.
La flotta, ancora turco-ottomana, dominava tratti di costa anatolica, subentrando al Sultanato di Rum che sin dal Sec. X si era opposto ai Bizantini nell’Egeo. Il salto di qualità avvenne dopo la vittoria navale del 1308 ad Imrali (Kalolimno) che permise l’egemonia nel Mar di Marmara. Ingrossando i ranghi pian piano l’Impero di Costantinopoli divenne una delle più importanti potenze navali del Mediterraneo. Furono aperte nuove basi marittime e Costantinopoli giunse a conquistare i porti albanesi, con ciò controllando gli imbocchi dell’Adriatico. Alla fine del ‘400 era costituita da una quarantina di grosse galee, da alcune maone (ossia grandi galere con potenti cannoni), più alcune centinaia di galeotte e fuste (vascelli veloci). Sotto il regno di Selim I la crescita fu costante e portò alla conquista del Regno dei Mamelucchi egiziani.
I vascelli erano comandati da preparati ufficiali che erano supportati da sapienti cartografi, il migliore era Piri Reis. Col tempo la flotta si spinse nel Mediterraneo occidentale fino ai porti del Marocco. Pur se gli occidentali per resistere si alleavano di volta in volta, subirono gravi sconfitte come a Prevesa nel 1538. Alla fine fu giocoforza per la Francia consentire alle squadre ottomane di svernare a Tolone. Lepanto (1571) bloccò lo sviluppo per un certo tempo.
IL 600.
La marina ottomana si riprese e copiò i nuovi più potenti galeoni spagnoli. Fu così che passarono nell’Atlantico e saccheggiarono le città cristiane britanniche ed islandesi. Solo Venezia costruiva galeoni migliori. Così a fine ‘600 Costantinopoli raggiunse il suo acme territoriale; il Mediterraneo era ormai un lago arabo.
IL 700.
Questo secolo apportò molte sconfitte in quanto gli occidentali ormai si alleavano fra loro per combattere validamente l’Islam. A Capo Matapan nel 1718 la flotta musulmana venne battuta dalla Squadra alleata di Venezia, Malta e Portogallo. I costruttori navali della Spagna si concentrarono per superare la potenza delle galee della Serenissima: Contemporaneamente i paesi del Nordafrica (Marocco ed Algeria) si rendevano indipendenti e praticavano per loro conto una guerra di corsa contro i mercantili europei.
L’ 800.
Qui Sinope e Navarino bloccarono lo sviluppo islamico. In particolare Sinope è ricordata come l’ultimo scontro navale a vela . Siamo già alla guerra di Crimea (1853-56). La flotta zarista ora domina quel settore di mare.
IL 900.
Ripetiamo: sforiamo il tempo attinente al nostro tema, ma è sempre bene portare a termine gli argomenti. La guerra italo-turca (1911-12 ) vede la veloce squadra del Principe Luigi di Savoia, Duca degli Abruzzi, “ripulire“ l’Adriatico che divenne interamente italiano. La Squadra turca si allontanò e si rinchiuse nel Mar di Marmara, pur essendo consistente con due corazzare e due incrociatori pesanti, 7 CC.TT. ed una nave-appoggio. Le successive guerre balcaniche vedono sempre sconfitte turche, come ad Ellis contro una Squadra greca (C/ amm. Kountouriotis) che sbaragliò una potente squadra nemica, forte perfino di due navi da battaglia. Poi la conquista da parte dei greci di Lemno e della grande base di Mudros indusse la flotta turca a rinchiudersi nel Dardanelli. E lì vi rimase anche nei due conflitti mondiali. Con l’avvento di Kemal Ataturk, la flotta cambiò perfino nome e divenne: TURK DENIZ KUVVETLERI e collabora oggi con la NATO di cui è membro effettivo.
BIBLIOGRAFIA:
Silvio Bertolli : “Sangue sul mare. Grandi battaglie navali”. – Rizzoli, Milano, 2006 ;
Giuliano da Frè : “ Storia delle battaglie sul mare.”- Ed, Odoya – Bologna 2014.
Alberto Caminiti
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