Il barone di broglio I Questo sonetto politicamente unn’è tanto corretto, ma mi sia permesso di parla’ liberamente: siamo o non siamo in democrazia ? A me piace pensa’ co’ la mi’ mente senza fammi incanta’ da chicchessia, e te lo dico, un me ne importa niente se un sei d’accordo coll’idea mia. Un voglio dire che il Risorgimento unn’abbia imprese belle ed onorate, tanti italiani corsero al cimento per vincere o morire, non scordate ! Ma i Mille, è noto, senza il tradimento, dal Borbone n’avrebbero buscate. II So’ centocinquant’anni e un m’è passata la rabbia d’ave’ perso la Toscana col plebiscito, quella buffonata, quando fu confermata la mattana d’andà co’ piemontesi, e consegnata in loro mani una Nazione sana che la Maremma, colla Val di Chiana, da la morte a la vita avea portata. Il gangheretto lo fece Bettino che tradì la fiducia di Leopoldo, insieme al Boncompagni, ch’era al soldo dello straniero. O un gli bastava ‘l vino e ‘l su’ castello, a questo manigoldo? Ma te vatti a fida’ d’un fiorentino ! Beppe
Il postalista