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La posta dei prigionieri di guerra

I DIMENTICATI
(prigionieri di tutti)

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NANYUKI

Gustavo Cavallini

 

Trovata su internet senza indicazione di origine, questa immagine del campo di Nanyuki
ha sullo sfondo ben visibile il Monte Kenya.

A Nanyuki, capolinea del tronco ferroviario proveniente da Nairobi, vi è il campo (una volta di 3 mila prigionieri civili) n. 354, in cui sono stati concentrati quasi 800 civili prigionieri politici. Nello stesso distretto sono piccoli campi di lavoratori militari e la grande officina «48 G.T.» di riparazioni autoveicoli, ove cooperano 200 operai italiani. (Dalla Relazione Melis)

Aldo Buson ricorda:

“Mi imbarcai per destinazione ignota al porto di Berbera nell’Ottobre del 1941. Arrivati al porto di Mombasa ci caricarono su un treno di ferro e ci portarono a Nanyuki (provincia di Nairobi), in un campo di concentramento a 4500 metri di altitudine. Con lo sbalzo di temperatura (dal caldo Mombasa al freddo di Nairobi), ebbi una crisi di salute con conseguenza gravissime. Mi presi una malattia infettiva e mi isolarono su un campetto dove c’erano altre sette o otto persone. Dopo sei mesi, feci una visita all’ospedale di Nairobi, da dove mi mandarono in convalescenza nello stesso campo di concentramento, assistito da un medico italiano che si chiamava Galante, di origine napoletana. Per parecchio tempo ebbi di continuo la febbre a 37/38 gradi. La Croce Rossa Internazionale intervenne nel campo, ci visitò tutti e, assieme ad altri ammalati, fummo mandati a Suez.”

Fuga sul Kenia – 17 giorni di liberta’

Nel campo di Nanyuki è stata preparata e portata a termine la più famosa fuga da un campo di prigionia in Kenia. Felice Benuzzi, triestino, il dott. Balletto e Enzo Barsotti hanno organizzato con mezzi di fortuna e nella massima segretezza una scalata alla cima del Monte Kenya, durata diciassette giorni, e conclusa con il loro rientro volontario.

Per preparare la scalata Benuzzi disponeva solo di una riproduzione della montagna che figurava sulla etichetta di una scatola di carne e verdure prodotta in Sud Africa.

Ecco l’etichetta che e’ servita a Felice Benuzzi per progettare la scalata. Ci e’ stata fornita cortesemente dal Centro Documentazione del Museo Nazionale della Montagna – CAI Torino, che ringraziamo vivamente.

Anche il Times di Londra ha dato notizia della scalata dei tre prigionieri italiani con questa simpatico commento. “Il Kenya è in debito verso I prigionieri italiani che hanno costruito l’unica strada decente della nostra Colonia. Ora I tre prigionieri di guerra italiani sono in debito verso il Kenya per la più bella avventura della loro vita.

La notizia della scalata figura su una copertina della Tribuna Illustrata e su quella dell’Illustrazione del popolo del tempo. Il libro di Benuzzi, pubblicato in inglese e in italiano, ha avuto grande fortuna. Tradotto in francese e in tedesco, ha avuto diverse edizioni italiane ed ha ispirato due film girati in Kenia. Il dott. Adriano Landra è stato il primo italiano ad arrampicarsi sul Monte Kenia dopo la scalata leggendaria di Benuzzi e Balletto.

“Nel raggiungere Point Lenana , dove anni prima I miei connazionali avevano issato il Tricolore – racconta Landra – trovai piantati nella roccia i ramponi usati dai due prigionieri. Li riconobbi perche erano stati fabbricati con le scatole di tonno e sardine, come mi avevano raccontato. Piu’ avanti c’era anche un pezzo di corda. Sono tra i cimeli più cari che conservo.”

Il sig. Angelo Chemello, che ringraziamo sentitamente, ci scrive:


a questo proposito le allego due immagini di oggetti assai rari, prodotti in loco dai POW italiani. Un bottone metallico e una tessera in legno-vetro. Quest’ultima mi è stata donata dagli eredi del soldato Ettore Schiavon di Padova, classe 1911. Schiavon era un soldato della Divisione Sabauda, con cui aveva combattuto per la conquista dell’Abissinia nel 35-36. Era poi rimasto in Abissinia presso la “Colonia Agricola di Olettà”, sino alla cattura da parte britannica avvenuta nell’aprile 1941.

La tesserina riporta delle indicazioni assai preziose: il legno è di Grevillea robusta, una specie non autoctona importata largamente dai britannici durante il loro periodo coloniale. Il vetro scheggiato non è tagliato al diamante, ma grattato con mezzi di fortuna. La parte sottostante di colore celeste riporta la sigla NC, cioè non cooperante, con i due trasferimenti del prigioniero: Nanyuki e Njeri, dal 1941 al 1946. Nella parte destra sopra il numero di matricola del POW, la bandiera italiana è riportata al contrario e senza stemma sabaudo (tutto chiaro no?), con la scritta “NON PIEGO”.

Ricordiamo che il sig.Chemello ha volute ripercorrere i luoghi dove era stato prigioniero suo zio, con la vecchia ferrovia da Mombasa a Nairobi, poi in macchina fino a Nanyuki e a Nord fino a Jinja in Uganda. Il viaggio e’ descritto in un suo articolo che compare nella Bibliografia.

Fonte:

https://site.prigionieriinkenia.org


CORRISPONDENZE DA NANYUKI

Corrispondenza diretta al Sig. Zucca Pietro Luigi, n°65932, camp 354, block B, East Africa Force.
Curiosità: la scritta Kenia è stata scritta in un secondo tempo a matita.

Fonte:
www.ebay.com

Gustavo Cavallini
31-08-2024