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La posta dei prigionieri di guerra

I DIMENTICATI
(prigionieri di tutti)

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ELDORET: il campo e le corrispondenze

Gustavo Cavallini

Nel campo n. 356 di Eldoret vivono circa 3.500 ufficiali, con quasi 1000 uomini di truppa, che sono addetti ai servizi del campo. Il numero degli ufficiali ha subito solo una lieve riduzione, poiché molto limitato è stato il loro impiego e il loro esodo oltremare. È un campo leggermente migliore degli altri rispetto agli impianti e in genere sotto ogni altro rapporto, essendo l’unico campo ufficiali con quello di Londiani.

Vi sono mense, sale da studio, una specie di università con corsi di varie discipline, quattro Chiese, campi e sale per gli sports, quattro teatri, ecc. Gli ufficiali possono uscire a passeggio per alcune miglia lungo una strada delle belle campagne circostanti.

L’altimetria è eccessiva: m. 2100 s.l.m. Ovunque l’acqua per ogni impiego è sufficiente e, nella più parte dei campi, molto abbondante. Le docce sono numerosissime, mentre i gabinetti lasciano molto a desiderare.
Manca, s’intende, l’illuminazione elettrica (tranne negli ospedali di Nyeri e di Eldoret), ma con lampade a petrolio vi è la luce necessaria. (Rapporto Melis)

The POWer Song

[…]
sei messo male in guerra
mangi poco
dormi per terra
le donne purtroppo
non ce ne sono tutti più o meno
facciamo il meglio che possiamo.
Se ti viene la malaria o il tifo
mangi comunque carne in scatola.
Siamo onesti,
sicuramente in guerra
sei messo male.

The POWer Song (La canzone del prigioniero/potere) è stato uno dei brani di cabaret più popolari eseguiti dal Capitano Mario Felli e da suo fratello Giorgio nel 1942 mentre erano detenuti nel campo 356 A degli ufficiali di prigionia a Eldoret, in Kenya. Questo campo era uno dei più grandi costruiti nell'Africa orientale dalle autorità militari britanniche per confinare i soldati fascisti italiani catturati in Africa e nel Mediterraneo durante la seconda guerra mondiale. Nelle sue memorie inedite “Come ho visto un angolo d'Africa” , Mario Felli fornisce numerosi dettagli su come era solito eseguire il pezzo con il "Quartetto Borodin", un ensemble composto dai due fratelli insieme agli ufficiali Visentin e De Poltronieri, sul campo del campo palcoscenico teatrale costruito dagli internati italiani.

La POWer Song ha rappresentato il momento iconico di una performance iniziata con i quattro uomini che si annunciavano comicamente facendo capolino dalla tenda, uno alla volta e uno sopra l'altro, cantando "Borodin, Borodin, Borodin e Borodin "in un crescendo. Vestiti con smoking assemblati e baffi appuntiti e cerati con nastri alle estremità, sono poi apparsi solennemente sul palco portando voluminose custodie di strumenti da cui hanno estratto solo piccole armoniche per cantare e improvvisare sketch. Davanti a loro c'erano quattro leggii su cui posizionavano delicatamente fogli di musica formato cartolina su cui era scritta un'unica grande nota. Il quartetto ha offerto uno spettacolo di varietà delle vignette e dei brani italiani preferiti degli anni '10 -'30 prima di raggiungere il gran finale con The POWer Song . Nell'istante in cui accennarono alle prime note della melodia, tutte le centinaia di prigionieri nel teatro si alzarono e si unirono a loro nel cantare insieme le sue rime. Nel mix umoristico di italiano e inglese stentato sottolineato dalla parola POWiere nel titolo, la canzone riassume in modo appropriato gli eventi più traumatici affrontati dai prigionieri di guerra italiani durante la Seconda Guerra Mondiale: combattimenti, prigionia nei campi di prigionia in paesi stranieri, privazione di cibo, malattie, mancanza di contatto con i civili, soprattutto con le donne, e il conseguente malessere endemico.

Produzioni musicali, spettacoli teatrali, opere liriche e spettacoli di cabaret divennero attività creative cruciali che aiutarono i prigionieri militari italiani a sopravvivere alla detenzione nelle mani degli Alleati che, soprattutto nelle colonie britanniche africane, durò dal 1941 alla fine del 1946 o addirittura all'inizio del 1947, molto tempo dopo la fine della seconda guerra mondiale.

FONTE:

https://site.prigionieriinkenia.org
www.delcampe.net
https://muse-jhu-edu



CORRISPONDENZA DA ELDORET

 

Cartolina scritta dal P.W 27723, il Ten. Mario Neri Serneri alla mamma, la Sig.ra Lina, sembra residente a Foiano della Chiana.

27 maggio 1943
Carissima mamma
Contento tue buone notizie, ti confermo
Che io pure sto bene e sempre ti penso.
Stai tranquilla a mio riguardo e prenditi
Infiniti baci dal tuo aff.mo figlio Mario

Lettera inviata dalla madre a Oscar Magni, prigioniero nel campo inglese di Eldoret in Kenya. La lettera è inviata da Roma e offre un drammatico racconto della situazione della città a poche settimane dalla sua liberazione (avvenuta il 4 giugno 1944).

Roma, 25 agosto 1944

Agosto 25 – 1944

Carissimo figlio, dopo tanto tempo di pene per il tuo silenzio finalmente ricevo le tue lettere del giorno e luglio, puoi figurarti la nostra gioia, ora siamo più tranquilli. Roma fu salva dalle distruzioni di quelle aeree per l’intervento del S. Padre. Quanto dobbiamo alla sua saggezza e diplomazia! Oggi dobbiamo ritenerlo la personalità più grande del momento e quanto fa ancora nel silenzio per rallentare tanti dolori! Abbiamo passato mesi orribili, siamo tutti magri, abbiamo sofferto la fame. Ora stiamo poco meglio, la fame sussiste sempre e la tremenda carestia, per quanto facciano gli Alleati non possono supplire a tantissimi bisogni; non abbiamo più nulla, tutto rubato e razziato dal furore teutonico. Della Fede e Angiola non si può sapere nulla, già da parecchi mesi la posta non funziona. Quanto ci penso a loro e prego perché siano risparmiate da tanti dolori. Vivo con la speranza di presto rivederti, certo siamo invecchiati tutti, io sono l’ombra di me stessa, ma la salute è buona. Nei momenti più difficili di fame per noi, Angiola trovò il modo di mandarci un pacco di viveri. Solo una figlia poteva avere questo pensiero, certamente è un angiolo, che figlia ideale! Che benedizione per una famiglia tua sorella, Gino, i piccoli ti pensano sempre. Oggi tutti auguriamo vicino quel giorno beati di riunirci. Baci dal babbo che ti scrisse il 17 luglio. Tante e tante carezze e baci dalla tua mamma. Padre Magni è morto, il babbo fu a parlagli qualche mese prima della sua morte, il nostro intransigente è mutile [?], non capiscono certe cose. Ricevuta cartolina Valentino Rosario.

FONTE

https://prigionieri.parmaintempodiguerra.it
https://www.ebay.it