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NYERI: il campo e le corrispondenze |
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Gustavo Cavallini | ||||||||||||||
Nyeri è una piccola cittadina a circa due ore e mezza di macchina dalla capitale del Kenya Nairobi, arroccata su una delle colline che circondano il Monte Kenya. Qui, a milleottocento metri, in mezzo a un verde ordinato che ricorda i paesaggi europei e dove anche la gente sembra esserne consapevole, sorge un luogo della memoria per migliaia di italiani. Il Sacrario Militare degli Italiani di Nyeri, costruito dal Governo italiano tra il 1950 e il 1952 su un terreno offerto in concessione dalle Missioni della Consolata, ospita le spoglie del Duca Amedeo D'Aosta, e di altri 700 prigionieri italiani che dal 1941 al 1946 furono detenuti in 15 campi dell'Africa orientale e principalmente in Kenya ed erano già stati sepolti in 25 cimiteri di guerra sparsi sul territorio nazionale. All'interno del santuario si possono leggere i nomi dei soldati che persero la vita durante la prigionia, dopo essere stati deportati e costretti a lavori pesanti e condizioni al limite della sopportazione umana, tra cui malattie infettive, insetti e animali, cibo scadente e zero igiene. Durante la prigionia gli italiani furono impegnati nella costruzione di strade e servizi. Lo stesso Duca d'Aosta, sebbene tenuto in una prigione particolare, il castello di Macmillan vicino a Thika, già affetto da tubercolosi, morirà di malaria. Amedeo di Savoia, prigioniero degli inglesi n° 11590 nel campo Dònyo Sàbouk (Nairobi) morì il 3 marzo 1942 di tubercolosi all’ospedale di Nairobi. L’ultima confessione, a Padre Boratto disse: «Come è bello morire in pace con Dio, con gli uomini, con se stesso. Questo è quello che veramente conta». Sulle montagne dell’Etiopia organizzò l’ultima resistenza degli italiani in Africa Orientale. Asserragliato sull’Amba Alagi dal 17 aprile al 17 maggio 1941 con 7.000 italiani e 3.000 ascari contrastò i 39.000 uomini del Generale Cunningham. Insignito della Medaglia d’oro al valore militare dal Re Vittorio Emanuele III: «Comandante superiore delle Forze Armate dell’Africa Orientale Italiana, durante undici mesi di asperrima lotta, isolato dalla Madre Patria, circondato da nemico soverchiante per mezzi e per forze, confermava la già sperimentata capacità di condottiero sagace ed eroico. Aviatore arditissimo, instancabile animatore delle proprie truppe le guidava ovunque, per terra, sul mare e nel cielo, in vittoriose offensive, in tenaci difese, impegnando rilevanti forze avversarie. Assediato nel ristretto ridotto dell’Amba Alagi, alla testa di una schiera di prodi, resisteva oltre i limiti delle umane possibilità, in un titanico sforzo che si imponeva all’ammirazione dello stesso nemico. Fedele continuatore delle tradizioni guerriere della stirpe sabauda e puro simbolo delle romane virtù dell’Italia imperiale e fascista. Africa Orientale Italiana, 10 giugno 1940-18 maggio 1941.» Scrisse il 28 maggio 1941 sul suo Diario: «Addí Úgri. Tramonta il sole (…) prego in quest’ora divina in cui il giorno è passato e la notte non è ancora venuta. Mi sento in pace, in stato di euforia spirituale; ringrazio Iddio clemente e misericordioso (…) per le grazie, le gioie e i dolori che Egli mi ha mandato nella sua onnipotenza, e nelle lodi non gli chiedo favori, pago solo di esaltarne la grandezza». Accanto alla chiesa ci sono anche le tombe che ricordano gli ascari musulmani che furono fatti prigionieri insieme agli italiani e deportati. Recentemente, su iniziativa del Comites e grazie alla segnalazione dello storico ed esperto di prigionieri italiani in Africa Orientale, è stato realizzato da Aldo Manos, un monumento realizzato dai prigionieri di guerra del campo di Thika, raffigurante scene di guerra in Etiopia, trasportato al santuario di Nyeri. Il monumento, del peso di 12 tonnellate, era già stato smontato e sarebbe scomparso se, grazie all'iniziativa di alcuni connazionali, non fosse stato trasportato a Nyeri.
https://www.malindikenya.net/en/articles/territory/kenya/the-italian-sacrary-in-nyeri-and-its-memories.html
Lettera inviata alla mamma da Camillo Ravanetti, prigioniero nel campo inglese 355 di Nyeri in Kenya. Nyeri, 10 giugno 1946 Carissima mamma, Ancora non ò avuto la consolazione di ricevere vostre nuove, dopo l’ultima di Ines del gennaio ’46. Spero tuttavia che voi tutti siate in buona salute e che malgrado tutto, la buona stagione e la generosità della buona terra della nostra regione abbia un poco sollevato le vostre condizioni. Io abbastanza bene in salute. Tu non puoi comprendere, cara Mamma, come mi sarebbe cara una vostra lettera ove io possa apprendere che avete superato l’inverno, perciò ti prego di dire a l’Ines di mandarmi una lettera aerea. Cerca sempre di avere coraggio e non pensare a me con amarezza, perché io sono calmo e rassegnato e ho fede di essere a casa entro il corrente anno. Come già ti dissi in altre mie, dacché sono prigioniero sono sempre stato assieme a compagni della nostra stessa provincia e la sorte ci ha affratellati. Quando verrò a casa porterò con me semi di fiori e verdura che non avrai mai visto e così li semineremo nel nostro orto e vedrai che ortolano sono diventato. Certo ti avrò molto annoiato con questo solito ritornello dell’ortolano, ma credi mia cara Mamma adorata che non o altro argomento di cui possa parlarti. Abbiate il mio più caro abbraccio e tanti baci assieme a tutti. Tuo Camillo. Lettera inviata alla moglie da Dante Zucchi, prigioniero nel campo 355 di Nyeri in Kenya. Nyeri 29-7-946 Adoratissima, Solitamente corre voce che noi, fanale di coda, saremo rimpatriati nel prossimo ottobre. Frattanto nel contingente ammalati (cosidetti) di circa 1500 uomini che la settimana scorsa hanno raggiunto il campo in prossimità dell’imbarco, una parte si dice sia già stata imbarcata e per la rimanenza avverrà ciò nei primi del prossimo mese. Sembra inoltre che ora tale movimento debba svolgersi a catena e che nel prossimo mese un altro contingente di vecchi ed ammalati, come sopra, debba entro agosto seguire il primo. Si vedrà poi in seguito come sarà degli altri e di noi. Comunque non aver timori alcuni e vedrai che nella peggior dei casi noi seguiremo a ruota. Con questi rimpatriandi ne sentirai di cotte e di crude perciò ti esorto a non credere nessuno, diffidare di tutti e soprattutto ad esser cauta a rispondere dacché tu non puoi conoscerne i loro fini. Questo lo saprai o da altri che si trovano con me. Ti prego pertanto di continuare a vivere tranquilla che al mio ritorno rimedieremo a tutto dacché le mie condizioni di salute e la ferrea volontà di riuscire a rifarmi gioveranno al nostro successo, al felice nostro avvenire. Salutissimi a parenti tutti ed a te e Silly i miei baci più affettuosi Tuo Dante Fonte: https://prigionieri.parmaintempodiguerra.it/ravanetti_camillo
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