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BANGALORE |
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Gustavo Cavallini | ||||||||||||||
Bangalore, ufficialmente Bengaluru è una suddivisione dell'India, classificata come municipal corporation, di 8.425.970 abitanti, capoluogo del distretto urbano di Bangalore, del distretto rurale di Bangalore e della divisione di Bangalore, nello stato federato del Karnataka di cui è la capitale e la città più grande. In base al numero di abitanti la città rientra nella classe I (da 100.000 persone in su). Aldilà delle notizie di carattere geografico, per gli italiani Bangalore è tristemente famosa per aver ospitato un campo di concentramento, mentre da un punto di vista storico-militare è famosa per il siluro che porta il nome della città. Il siluro Bangalore è un congegno esplosivo di forma cilindrica montata all'estremità di un tubo allungabile, utile per provocare un'esplosione a distanza, specie in caso di attacco sotto il tiro del nemico.
Viene chiamato anche mina bangalore, o bangers o semplicemente bangalore, ed è usato per aprire varchi lunghi fino a 15 metri e larghi 1 metro nei campi minati o nel filo spinato.
Ritornando alle storie del campo, di particolare interesse è il diario di Nicola Santecchia, di cui riporto alcuni estratti. Gennaio 1941 - 1946 Reduci dalla strenua difesa di Bardia (Africa Settentrionale Italiana), protrattasi dal 16 dicembre 1940 al 3 gennaio 1941, ove caddero prigionieri degli Inglesi 40.000 soldati italiani, fummo raccolti, smistati e imbarcati a Suez, diretti in India. Bombay, dove giungemmo, era una grande città. Nel porto era schierato un reggimento di soldati indiani dell’esercito inglese, essi fecero ala lungo l'ampio viale che conduceva alla stazione ferroviaria, per evitare che qualcuno di noi, nella confusione, se la svignasse. Fummo riforniti con un tascapane ciascuno contenente varie scatolette di carne, tonno, prugne, datteri, uva passita e fichi secchi. Ci fecero poi salire su di una tradotta militare a carbone molto lenta, diretta al campo di concentramento di Bangalore. Siamo arrivati al campo di prigionia n. 11 Wing 4 di Bangalore, con diversi campi vicini contenevano circa 1.400 - 1.500 soldati ciascuno. La mia matricola di prigioniero di guerra è n. 126968. Il comandante, un capitano inglese d'origine maltese, era cattolico e parlava bene l’italiano, ma era prevenuto nei nostri confronti. “Voi Italiani non fate i furbi anche qui, perché qualcuno potrebbe buscarsi una fucilata” All’ospedale Dopo poco tempo dall’arrivo, contrassi l’itterizia; ero diventato completamente giallo come una zucca, compresi occhi ed unghie e quindi fui ricoverato ad un ospedale civile di Bangalore. Il mio amico Pierino, in seguito, mi raccontò come si svolsero i fatti. «Dopo alcuni giorni che eri all’ospedale i medici ritenevano seria la tua malattia tanto che si presentò al campo un ufficiale chiedendo: “Chi è parente di Nicola Santecchia? Chi è di Colmurano di Macerata?” Risposi che ero dello stesso paese, ma non parente, allora l’ufficiale mi fece accompagnare all’ospedale al tuo capezzale ove sembravi morente, infatti mi dicesti: “Salutami la mia famiglia, io non ritornerò più in Italia morirò qui!”. Ma non morii, dopo un mese ero di nuovo al campo. Al campo ….. I reticolati del campo di prigionia erano alti 3 - 4 metri con sulla sommità il filo spinato, di giorno ci si poteva avvicinare, ma di notte erano accesi i riflettori ed era proibito. Le sentinelle che vigilavano il perimetro esterno erano indiane, indossavano un casco coloniale bianco e la loro paga era di circa venti Rupie al mese, mentre gli altri militari erano Inglesi. Tra gli Indiani serpeggiavano già sentimenti di ribellione anti inglese, li abbiamo sentiti dire: "Presto raggiungeremo l'indipendenza dalla Gran Bretagna". In seguito Pierino mi ha raccontato che, negli ultimi anni di prigionia, giunsero dei soldati indiani impegnati sul fronte italiano e richiamati in patria per far servizio nei campi di prigionia. Queste guardie avevano imparato un po’ d’italiano e ne approfittavano in modo per nulla elegante mostrando delle foto che si erano fatti in Italia con delle ragazze e dicendo beffardi: «Questa è tua sorella, tua moglie, ecc…. vedi !»……Due volte al giorno dovevamo fare adunata per essere contati in uno spiazzale detto anticampo, alla presenza del comandante del campo e di alcuni sottufficiali dell’esercito britannico chiamati quarter’master (sergenti di acquartieramento). Spesso accadeva che si sbagliavano a contare, eravamo così costretti a stare tre o quattro ore sotto il sole che picchiava. Per evitare di prendere insolazioni, ci avevano dato in dotazione dei caschi di colore chiaro leggeri e freschi fatti con le foglie della pianta di banana. Il rancio comprendeva farinaccio fatto con farina di riso, orzo e grano; anche i maiali italiani mangiavano qualcosa di simile!. Per i pasti usavamo i piatti, un giorno mentre avevo ritirato la mia porzione di farinaccio con un bel pezzo di bollito e stavo apprestandomi a mangiare, una cornacchia scese fulminea in picchiata dal cielo, mi rubò la carne, rovesciò la minestra e mi lasciò senza pranzo. La domenica veniva nel campo un cappellano militare cattolico inglese per celebrare la Messa. Alfredo, calzolaio di professione, oltre a riparare le scarpe ai prigionieri, su richiesta tagliava anche i capelli. Inoltre cucendo degli asciugamani era riuscito anche a confezionare pantaloni, magliette, mutande ed altra biancheria. Una volta fece un paio di scarpe numero 47 al tenente Mocchegiani di Tolentino. Per gli acquisti all’interno del campo di prigionia erano usate delle apposite banconote con valore in Rupie indiane, non spendibili all’esterno, ogni Rupia indiana era divisa in 16 Annas. I CANCELLI SI APRONO PER CHI VUOLE COOPERARE pag. 82 segg. “I prigionieri italiani che scelsero di cooperare, per ritornare da Yol a Bangalore, percorsero in autocarro una tra le più grandi strade dell’India di allora. Era molto larga, con la pavimentazione in cemento, fiancheggiata da alberi di tamarindo che ospitavano numerose scimmie. La squadra di Nicola era composta di 30 uomini; era addetta al montaggio dei pali e dei fili, ed aveva in dotazione un autocarro. Il capitano aveva un’autovettura e il tenente una motocicletta. Il lavoro consisteva nella costruzione di una linea telefonica parallela alla ferrovia, che da Bangalore conduceva a Madras, ma successivamente furono costruite anche altre linee verso Nuova Delhi. Erano alloggiati in tende da quattro posti, che venivano spostate una volta al mese in direzione della linea telefonica in costruzione. Siccome le zanzare erano fameliche, ognuno aveva una propria zanzariera, perché senza di essa era impossibile dormire. Una grande tenda con la cucina da campo era adibita a locale mensa, dove c’era anche una radio ricevente e grazie ad essa si potevano ascoltare i comunicati e le notizie. L’attività iniziava alle ore sette e terminava alle dodici; il pomeriggio non si lavorava a causa dell’elevata temperatura che raggiungeva anche i cinquanta gradi all’ombra. La paga era di circa 8/9 rupie il mese: una rupia indiana valeva circa cinque lire italiane. Fonte:
CORRISPONDENZA DA BANGALORE Questa cartolina è stata spedita dal prigioniero 140893, il Caporale Giallanza Franco dal Campo 6, presumibilmente il 24 agosto 1944 e indirizzata a Naso (?) in Provincia di Messina. È priva del bollo in arrivo.
In data 31 ottobre 1941, viene spedita questa cartolina modello A.F.A-2042 dal prigioniero di guerra n°18095 Peravoli Giovanni dal Campo N° 1 di Bangalore. Sto bene. Data 31 ottobre 1941 e firma del mittente. Gustavo Cavallini Destinatario della lettera è il Sig. Scarpone Pasquale, residente a Galdo degli Alburni, provincia di Salerno. Mittente è il soldato Scarpone Vincenzo POW n° 142171 dal Campo 8 di Bangalore. Bollo di arrivo sul fronte 14-8-42. Gustavo Cavallini | ||||||||||||||