Mi ero proposto di parlare qui della filatelia nel periodo dopo-guerra, ma poi mi è sorto un dubbio e cioè di
aver avuto pensieri troppo precipitosi per aver dimenticato una serie di episodi che, a mio avviso, poi
incideranno notevolmente sull’ andamento finanziario del mercato filatelico. Senza rendermene conto, avevo
tralasciato il racconto di quel particolare susseguirsi di avvenimenti che sarebbero poi stati conseguenza di
successivi accadimenti.
Così seguitemi se avete voglia di fare un passo indietro con me.
Nel Governo italiano nel primo dopoguerra era già stato battezzato un nuovo Ministro, una sorta di Signore
delle Poste, che sarebbe dovuto essere colui che si sarebbe occupato della ottimale gestione delle Poste italiane.
Occuparsene voleva dire (e dovrebbe ancora voler dire ...) creare una gestione che possa apportare utili
finanziari a quella organizzazione che poi di conseguenza dovrebbe apportare beneficio agli stessi appartenenti
a questi incarichi. Ma usualmente non succede così.
Come già abbiamo visto erano apparse nel mondo filatelico anche le emissioni celebrative che, pur essendo
queste utilizzabili anche per uso epistolare, divennero oggetto di interesse degli appassionati filatelici di buona
parte del mondo.
Per le poste mondiali la vendita delle serie commemorative era interessante e costituiva quasi puro guadagno.
Ma in Italia, il Ministro del tempo o il diretto responsabile di allora, non era particolarmente attento a quello
che stava succedendo negli altri paesi. O forse, conoscendo le modeste possibilità degli italiani del tempo, che
in quei tempi era costituito da circa il 90% da contadini non proprietari se ne guardava bene da intraprendere
tale impresa. Emettere francobolli commemorativi in Italia era forse giudicata spesa inutile e forse addirittura
controproducente per gli interessi nazionali visto che poteva significare spese di allestimento, di stampa, di
distribuzione e di conseguenza anche di contabilità con modeste possibilità di ricavo.
Ma, al di fuori dei Signori delle Poste, esistevano alcune persone interessate alle emissioni di nuovi francobolli.
“Vediamo un po’ di studiare qualcosa che torni utile (in denaro) a tutti.” e questo qualcuno vi ci pensò sopra.
Esistevano, in quei tempi, certe particolari Associazioni che raggruppavano soci che desideravano che si
onorasse qualche particolare figura o qualche avvenimento. Probabilmente un socio, appassionato di
francobolli, avrebbe potuto caldeggiare la commemorazione del comune ideale con l’emissione di francobolli.
L’ associato (non importava se questi era un venditore di francobolli ...) fece allora in modo che forse il
presidente della stessa Associazione andasse a proporre al Ministero delle Poste di allestire a spese della stessa
Società dei francobolli commemorativi la scadenza di un certo avvenimento. Le poste, in contropartita,
avrebbero ricevuto in grazioso omaggio un certo numero di relative serie da vendere trattenendone a sé il
ricavato. A titolo, diciamo di risarcimento morale, l’ Associazione si riservava però il diritto di distribuire una
certa modesta quantità di questi valori ai propri soci.
Le Poste accettarono.
Un’ Associazione procedette a creare i bozzetti ed incaricò una tipografia locale per la stampa di quei valori. Ne
derivò che stampa, gommatura, dentellatura lasciarono molto a desiderare e nulla di ciò venne distrutto. Le
Poste italiane distribuirono quel certo numero di serie regalate loro però stando attenti alle proprie esigenze.
Quei valori vennero distribuiti solo in alcune città e solo dallo sportello del locale Ufficio postale
principale.(naturalmente senza dare garanzie della tiratura).
Visto che qualcosa era entrato nelle casse postali, e ciò era stato sottotaciuto, vennero attuati altri “esperimenti” anche con altre Associazioni.
Ma avvenne che la Tipografia di Stato finisse per accorgersi e se ne lamentò :”I francobolli sono valori di Stato
e, trattandosi di valori-denaro dobbiamo essere solo noi gli incaricati! “ Ne nasce che la strada da percorrere è quella delle usuali regole internazionali.
Ma, in Italia, all’ epoca, la vendita di francobolli resta abbastanza modesta, anzi quasi sempre avviene che le
tirature finiscono con il superare notevolmente le vendite. Qualcuno si ricorda che esiste un organismo postale,
in Italia, Roma, l’ Ufficio speciale filatelico che vende i valori andati fuori corso. Gli invenduti allora, finito il
tempo previsto, vengono smistati così nelle casse di quell’ Ufficio filatelico speciale. I francobolli vengono lì
suddivisi per taglio da incompetenti novelli para-filateci inseriti in fragili cartacee cartellette. Questo discutile
modo di accudire i francobolli darà in seguito (1952) un certo frutto a qualche ‘particolare competente’
incaricato dalle stesse Poste per fare ordine in modo da poterlo proporre le giacenza in vendita all’ asta in lotti
appetibili. Nel racconto fattomi a suo tempo più tardi, dopo la guerra, da questa stessa persona, mi spiegò,
molto orgogliosamente, che lui aveva fatto un semplice scambio, senza danneggiare gli interessi di Stato.
Aveva rinvenuto una cartelletta con la scritta “Umberto, 45 centesimi” nella quale lui aveva rinvenuto una certa
quantità del valore emesso nel 1889 (n.46 del catalogo Sassone) frammischiato con altro tipo dallo stesso taglio.
Lui aveva semplicemente sostituito la quantità del n. 46 con la stessa quantità del valore emesso
successivamente nel 1895 (n.63 del catalogo Sassone). E non si nascondeva, anzi si gloriava aggirandosi tra i
tavoli di un Convegno commerciale quasi a sottolineare la sua onesta furbizia.
Ritorniamo agli anni ’30. Negli Stati Uniti c’ è un trafficante siciliano. Nella comunità italiana molti sono i
siciliani, tra i quali, unitamente agli altri di altre regioni, si aggira una grande nostalgia della terra natale. In più
ora c’ è Mussolini, l’uomo che tutto il mondo ammira. Perché non avere qualcosa che ci ricorda chi siamo,
allora facciamo tutti una collezione dei nuovi francobolli italiani. Molti, anzi moltissimi si iscrivono e il
trafficante fornirà loro le nuove emissioni. Si forma un antelucano “servizio novità” . Sorge così una specie di
incaricato al rifornimento. Lui, che non era tanto uno sprovveduto, corre in Italia, ordina e paga un bravo
disegnatore dell’ epoca. Questi appronta bozzetti per francobolli esaltanti avvenimenti da ricordare. Con i
bozzetti l’ incaricato va ad incontrare chi di dovere e gli propone l’emissione di valori a ricordo di questi ‘eterni’ avvenimenti, aggiungendo «Non vede come sarebbero belli? Ne nascerebbe ulteriore prestigio per la
nostra Italia ...ed io vi garantirei, per ogni emissione, l’ acquisto di almeno 10.000 serie complete»
Quale politico sarebbe stato in grado di negare tale affare? Per di più queste serie erano composte da molti
valori alcuni dei quali, oltre ad averne un alto costo facciale venivano anche dotati di un sovrapprezzo a
beneficio di opere del fascismo... E chi avrebbe avuto il coraggio di dire di no?
Il proponente intanto faceva i suoi calcoli cambiando le lirette in dollari sonanti.
Non sarà poi difficile fare lo stesso discorso ai responsabili dell’ Ufficio postale, sempre stabile in Roma, delle
Colonie italiane. Anzi con le emissioni delle Colonie si sarebbe potuto emettere francobolli di ancora maggiore
valore facciale ...
Ora, chi sta leggendo queste mie righe, potrà comprendere perché in quell’ epoca vennero emessi tanti valori
con facciali eccedenti ogni necessità postale.
Giorgio Landmans
Io vi racconto, ma voi state a sentire? Ho voluto raccontare certi precedenti, anche se non ne ho ancora finito
il racconto, perché, a mio avviso, questi fatti potranno far meglio comprendere la logica o l’ illogica degli
sviluppi commerciali che, a mio avviso, ne sono derivati.
Arrivederci, se vorrete, all’ ASTERISCO n. 6
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