Nel 1863, mentre era in corso il francobollo litografato da 15 centesimi, creato con Decreto Reale n. 1101 dell'11 gennaio di quell'anno, non dentellato, con l'effigie di Vittorio Emanuele II volta a sinistra, disegnato e stampato dal Cav. Francesco Matraire di Torino, e nel quale gli specialisti distinguono due differenti tipi (il primo apparso in febbraio e l'altro il 16 maggio, entrambi usati a tutto il dicembre 1863) furono scoperte delle imitazioni alquanto grossolane per frodare l'Amministrazione postale.
Indubbiamente diversi esemplari riuscirono a superare lo scoglio dei vari controlli e cioè forse avvenne — come in precedenza, durante il regno borbonico, era sovente accaduto — con la complicità e la diretta partecipazione degli impiegati postali.
L'esame di molti degli esemplari conosciuti denota che il loro impiego ebbe luogo esclusivamente a Napoli, ad Aquila ed a Rieti e che le « fabbriche » furono due. Entrambe usarono il sistema calcografico, ma nel mentre gli esemplari recanti annullamenti di Napoli sono di un colore turchino non molto dissimile dagli originali, quelli recanti annulli di Aquila e di Rieti, per effetto di alterazione chimica degli inchiostri, si presentano di colore totalmente diverso: seppia brunastro e seppia nerastro.
L'esame accurato dei disegni dei vari tipi conosciuti dimostra, inoltre, che due furono gli « artisti » che eseguirono le diverse incisioni.
É certo che le falsificazioni furono scoperte ed alcuni esemplari vennero sequestrati, ma gli incartamenti non si conoscono e forse mai sarà possibile riprodurli.
Della falsificazione detta di Napoli che circolò fra il maggio e l'ottobre 1863, sono noti ed in parte descritti quattordici tipi; dodici di quella detta di Rieti e Aquila, che si conoscono annullati nei soli mesi di novembre e dicembre 1863 e persino nel gennaio 1864 e cioè quando il francobollo originale era già stato messo fuori corso. Questo quanto gentilmente comunicatemi dall'Ing. Alberto Diena.
Entrambe le falsificazioni sono assai rare, specie se conservate su corrispondenza o allo stato di nuove, e questo spiega il perché lo specialista non possieda, attualmente, che la descrizione degli esemplari della ex collezione Chiesa, che Arturo E. Fiecchi presentò in un supplemento della «Gazzetta dei Filatelisti» dell'agosto 1910, fra l'altro documento assai diffìcile a trovarsi.
Ma una vera, completa, definitiva trattazione ancora non esiste e poiché ho avuto la fortuna di riunire, in vari anni di assidue ricerche, un discreto numero dei falsi di Rieti ed Aquila, mi accingo sulla scorta di quel materiale, a descrivere i tipi e le varietà principali.
Non vi è evidenza di documenti che consenta di affermare se il mio modesto lavoro sìa o meno completo; sarò grato a tutti coloro che, riscontrando qualche altro eventuale tipo o varietà, a me ignoti, vorrà cortesemente segnalarmeli.
Come ho già accennato, la stampa dei falsi di Rieti e di Aquila venne eseguita col sistema calcografico, probabilmente da piccole lastre di rame, alcune comprendenti più incisioni, nel mentre non è possibile affermare con certezza che la lastra fosse una sola oppure che una o più portassero una sola incisione.
L’ Ing. Diena ebbe a comunicarmi che attraverso il diverso materiale passato per le mani del padre e sue, una ricostruzione ideale era stata tentata. Da essa risulterebbe che la lastra era unica e comprendeva 14 tipi (due file di sette) di cui però a tutt'oggi non si conoscerebbero i primi due tipi di sinistra.
Non avendo elementi, né conoscendone di probanti, mi debbo astenere dal pronunciarmi in proposito.
II procedimento delle lastre non è noto, ma è quasi sicuramente quello solito: ricoperta la lastra di una vernice adatta, su questa viene tracciato il disegno; successivamente l'incisore, lavorando di bulino, intacca il metallo e l'acido completa l'opera. Ripulita la lastra, essa è pronta a ricevere l'inchiostro per la stampa. Non disponendo né di un conio, ne di una rulletta da trasporto, l'artista disegnò e incise direttamente le differenti vignette; il lavoro eseguito affrettatamente e senza i necessari sussidi, dette luogo a opera imperfetta e rudimentale, tale da facilitare, invero, l’identifìcazione, da parte dello specialista filatelico, dei vari tipi. Non solo: furono necessari dei ritocchi e dei rifacimenti per rendere nuovamente efficienti le lastre, che in alcune parti, si erano andate appiattendo nel corso della stampa e non davano quindi impronte soddisfacenti. I dubbi, accennati sopra, sull’ esistenza di una o più lastrine per la stampa dei falsi, sono dovute al non ritrovamento di coppie o gruppi.
Un solo blocco di quattro, allo stato di nuovo è conosciuto, sufficiente solo ad affermare che una lastra conteneva quattro o più riproduzioni.
Dall'attento esame dell'aspetto generale dei falsi si nota innanzitutto la difformità dell'effìgie sovrana, la irregolarità delle lettere e delle cifre nelle differenti scritte, la generale grossolanità del disegno e del tratto, la scarsità dell'ombreggiatura. É in modo particolare evidente la maggiore larghezza del rettangolo centrale in confronto agli originali e l'eccesso delle linee di fondo, assai più numerose nei falsi che negli originali.
Il colore dei falsi di Rieti e Aquila ne è la nota principale caratteristica.
É difficile immaginare che all'epoca, nel 1863 questi pseudo francobolli, si presentassero con la tinta che attualmente percepiamo. Pur dando per provato — il che non è — che gli stessi impiegati postali adoperassero queste vignette per affrancare le corrispondenze a loro affidate dal pubblico, il rischio di essere scoperti era troppo grande e non si poteva ragionevolmente pensare che i controllori o gli addetti ai vari uffici di transito o di distribuzione, fossero tutti affetti da palese daltonismo.
É lecito quindi desumere che in origine l'inchiostro corrispondesse maggiormente al colore-tipo da riprodurre. In quel modo si è giunti alla classificazione di quelle tinte note ai filatelisti perché l'alterazione fu certamente così rapida e totale che solo un esperto o un chimico saprebbe dirci. Il fatto è che tutti i falsi di quell'origine si presentano in tinte che vanno dal seppia brunastro al seppia nerastro e nessun esemplare si è stato conservato nel colore originale, che è quindi impossibile indicare con esattezza, ma che presumibilmente doveva essere di una gradazione dell'oltremare.
La carta è bianca, a macchina, piuttosto sottile ben levigata. La gomma è pure bianca (gomma arabica) un po' ingiallita e screpolata dal tempo.
DESCRIZIONE DELLE PRINCIPALI CARATTERISTICHE DEI TIPI
F. 1 - La lettera C, della leggenda inferiore è leggermente inclinata verso destra. Le codette della lettera Q di «QUINDICI» toccano la linea di contorno del listello. La 1 della cifra 15 inferiore è più piccolo ma più marcato.
F.2 - La lettera D di «QUINDICI» è ravvicinata alla lettera N e la lettera C di «FRANCO» è quasi chiusa. La lettera B di «BOLLO» ha il semicerchio inferiore più lungo del superiore. Il 5 della cifra «15» inferiore è molto più alto della cifra 1.
F. 3 - La lettera Q di «QUINDICI» ha la codetta di destra parallela alla linea di contorno del listello. La prima L di «BOLLO» è più piccola della seconda.
F. 4 - Le due codette della lettera Q di «QUINDICI» sono quasi inesistenti. La lettera N di «FRANCO» è molto irregolare. La lettera T di «ITALIANO» ha l'asta orizzontale più sporgente a sinistra.
F.5 - La lettera C di «QUINDICI» è quasi priva del semicerchio superiore. La T di «POSTALE» ha l'asta orizzontale molto più sporgente a destra. La prima I di «ITALIANO» è alquanto più lunga e tocca la linea inferiore del listello.
F.6 - II rettangolo inferiore è delimitato esteriormente da due linee anziché da una. Nel quadrato inferiore sinistro è evidente un punto bianco sul fondo nero. Anche nel bordo esterno dell'effìgie sovrana si nota un punto bianco a sinistra il quale punto interrompe il contorno esterno dell'ovale.
F.7 - La lettera C di «QUINDICI» è inclinata a sinistra. La codetta di destra della lettera Q di «QUINDICI» si prolunga quasi a toccare la lettera U. La lettera R di «FRANCO» si congiunge con la lettera A. La linea interna del rettangolo inferiore si prolunga a sinistra oltre il contorno esterno verticale. I due quadri degli angoli inferiori sono privi del fondo nero, così pure il margine del collo dell'effìgie sovrana.
F.8 - La lettera S di «POSTALE» è sensibilmente inclinata a destra. Il semicerchio della lettera C di «QUINDICI» è molto più sporgente di quello inferiore. La linea inferiore sinistra del rettangolo si prolunga nettamente oltre il rettangolo medesimo.
F.9 - La fronte dell'effìgie sovrana anziché essere curva è verticale. Nella leggenda «POSTALE» la lettera A ha l'asta di sinistra più corta di quella di destra. Nel quadrato dell'angolo superiore destro la cifra 5 di «15» ha il trattino orizzontale a forma di ricciolo. La linea esterna del rettangolo superiore si prolunga a sinistra oltre la linea verticale del rettangolo stesso.
F. 10 - La lettera C di «FRANCO» è simile ad una G, mentre la lettera O non è chiusa a destra ed è simile ad una C. La lettera D di «QUINDICI» ha il semicerchio a tratti e l'asta diagonale della lettera N non si congiunge con l'asta verticale destra che è formata da quattro puntini.
F. 11 - Sotto la lettera Q di «QUINDICI» le due codette sono composte da una linea orizzontale. La lettera U di «QUINDICI» ha le due aste contorte. I quattro quadrati degli angoli sono privi del fondo nero. Punto bianco molto evidente sotto la barba dell'effìgie sovrana.
F. 12 - Imitazione che si avvicina molto, come disegno, all'originale, colore seppia nerastro intenso. La lettera O di «ITALIANO» non si congiunge a destra. La lettera S di «POSTALE» è obliqua a destra.
ESEMPLARI RITOCCATI
F. 5a - La lettera C di «CINQUE», mediante un ritocco, è stata completata.
F. 7a - Ritocco ai quadrati degli angoli inferiori i quali mancavano del fondo nero.
F. 10a - Ritocco alle aste della lettera N di «QUINDICI» che toglie i difetti che si riscontrano sul tipo F. 10.
SOTTOTIPI
F. 3b - Colore seppia ardesia chiaro. Stampa meno impressa a causa di logorio della lastra.
F. 8b - Medesime caratteristiche del tipo F. 3b.
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