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sui difetti di dentellatura dei francobolli del Regno prodotti fino al 1929

di Giuseppe PREZIOSI (L'Occhio di Arechi n. 45)

In precedenti articoli, ho trattato di francobolli rotti e difettosi, identificando i primi e i secondi, e, soprattutto, cercando di individuare le cause generanti le due categorie. Ho atteso che i soci aprissero un dibattito sull’argomento e, ancor più, mi offrissero spunti di riflessione A parte qualche lieve sussurro, non vi è stato nessun intervento, il che mi spinge ad insistere sull’argomento, visto che «chi tace, acconsente».
L’occasione, questa volta, è stata offerta dall’esame di una grossa partita di “fiscali” (anch’essi oggetto di collezione) e, tra essi, di un notevole numero di marche umbertine e di Vittorio Emanuele III anteriori al 1930. Volevo, ed ho trovato, il riscontro ai due elementi identificati quali colpevoli dell’alto numero di difettosi e rotti tra i valori del Regno, fino a che l’Officina Carte Valori ebbe sede a Torino, il metodo di stampa fu il tipografico e la dentellatura realizzata “a pettine”: la carta e, appunto, la dentellatura.
Bisogna, però, accettare il principio che, com’è stato durante il periodo dal 1930 ad oggi, il Poligrafico abbia prodotto i fiscali con la medesima “cura” ma, soprattutto, con le stesse tecniche e materiali con cui produceva i francobolli e, in modo particolare, abbia usato stessa carta e stessi perforatori. In verità, se confrontiamo un catalogo filatelico specializzato ed uno di fiscali, scopriamo che entrambi riportano carta con filigrana corona (senza specificare la grammatura a mq), metodo di stampa tipografico e dentellatura a pettine con passo 14 x 14¼ (qualche catalogo dà la generica valutazione 14). In pratica un francobollo umbertino e un “Floreale” o “Michetti” o “Leoni” è stato prodotto in modo assolutamente identico ad una coeva marca da bollo o ad una “tassa di bollo scambi commerciali”. Nulla impedisce di pensare che le produzioni si mischiassero e che, durante la stessa giornata, si passasse dall’una all’altra semplicemente cambiando colore e matrici ma non carta e perforatore. Anche la colla usata era certamente identica, visto che identico è l’imbrunimento e l’accartocciamento dei pezzi nuovi (fig. 1).


Fig.1 Colla e carta brunita. Si tratta di una Marca da Bollo da 10 cent, azzurro scuro, di Vittorio Emanuele III, apparsa nel 1911 (Marchetto n 45). L’uso della gomma arabica al retro dei francobolli e dei fiscali, specie se stampati su carta sottile, porta inevitabilmente al suo accartocciamento e ad un inizio di carbonizzazione.


Ritornando al nostro discorso sulla difettosità, una delle prime cause è da attribuirsi all’uso di una carta sottilissima, spesso più di una comune “vergatina”. La leggerezza è tale che la filigrana (impressa peraltro col metodo “in tondo”) spesso è visibile senza l’uso di alcun artificio o strumento (fig. 2).


Fig.2 L’uso di una carta particolarmente sottile ha reso ben visibile la filigrana corona di questa Marca da Bollo umbertina da 5 cent, violetto, del 1882 Marchetto n 25)

Talora fu usato un tipo di carta molto simile a quella che il Monopolio utilizzava per la produzione delle “cartine” per le sigarette. Poco porosa e vellutata al tatto, tale carta provocava delle leggere falle di colore durante la stampa, (fig. 3) specie se l’inchiostrazione non era perfetta (e le tavole usurate).


Fig.3 La carta, tipo vergatina, usata per questa Marca da Bollo di 1 lira, bruno rosso, di Vittorio Emanuele III (Marchetto n 97), emessa nel 1926 (ma usata nel 1929), è simile a quella disponibile all’epoca per le cartine di sigarette. Quasi vellutata al tatto, presenta alcune microfalle di colore visibili, soprattutto, nella scritta “LIRE”.

La variabilità nella consistenza e nello spessore della carta era, peraltro, una prerogativa comune presso tutte le stamperie dell’epoca. Tutti i filatelici, ad esempio, conoscono la difficoltà per scollare dal supporto i francobolli prodotti dall’impero austro-ungarico dalla fine dell’Ottocento alla sua caduta, per via, sia della tenacia e consistenza della colla, sia della fragilità della carta. La paura del riutilizzo era una costante tra le varie amministrazioni e uno dei sistemi per scoraggiarlo era, appunto, l’uso di una carta sottile e fragile.
Ma, più che la carta, a far crescere a dismisura il numero di francobolli rotti o difettosi, è il sistema di dentellatura. Come già detto altrove, la dentellatura è a pettine oscillante con passo 14 x 14¼. Il sistema prevede un pettine d’acciaio con aghi (tubicini) vuoti che, ad ogni battuta, perfora una fila nel senso della lunghezza (orizzontale) e tante unità in senso verticale quante sono le colonne di francobolli presenti nel “quartino”. In genere, per i francobolli ordinari di piccolo formato, le colonne sono 10 e i perforatori 11 moltiplicati per 4 per ottenere il foglio di 4 “quartini”; per quelli di formato “Plebiscito” sono egualmente 11 ponendo, ovviamente, il foglio in senso inverso, di lato (da cui la dentellatura 14¼ x 14) e allargando il pettine con l’eliminazione, alternata, di un’unità di perforazione (da cui i fogli di 50). Naturalmente, il pettine, ad ogni battuta, perfora un’intera riga in alto o in basso e 10 unità per volta. Occorrerebbe, però, che la battuta del pettine e il suo scorrimento fossero perfettamente sincronizzati, ma, all’epoca, tutto era gestito meccanicamente, perciò il formato dei francobolli varia anche sensibilmente (fig. 4) e la centratura è aleatoria, tanto che i francobolli normalmente centrati sono un’eccezione (fig. 5).


Fig.4 Così si presenta la Marca da Bollo da 1 lira, bruno rosso, di Vittorio Emanuele III (Marchetto n 57) emessa nel 1916 (data d’uso 23.06.1921). Le misure ufficiali della carta sono di mm 24 x 30, la nostra marca ne misura 22 x 30, con una differenza ben visibile anche ad occhio nudo. La dentellatura di 14 1/4 x 14 è un’ulteriore conferma che i fogli furono posti in posizione coricata sul piano di battuta. E’ evidente, a questo punto, che il lato lungo del pettine batté sul lato lungo della marca.


Fig.5 Notevole “fuori centro” in questa Marca da Bollo del 1911 da 20 cent, rosso, (Marchetto n 44). Le dentellature spostate sono tipiche del sistema di perforazione a “pettine oscillante a mano”. Uno slittamento, anche leggerissimo, della frizione della macchina dentellante, uno spostamento dei fogli sul piano di lavorazione, possono provocare facilmente questi fuori centro.

Questa spiegazione, però, se riporta fedelmente, e in sintesi, quanto normalmente si legge sui cataloghi specializzati, non riesce a dar conto dell’alta difettosità riscontrata. Certo, la carta fragile riesce a spiegare parzialmente il fenomeno, ma, se la dentellatura fosse stata realizzata correttamente, tanti problemi non si sarebbero dovrebbero porre. La descrizione prima fatta, però, è puramente teorica perché non tiene conto di numerose variabili dovute a difetti tecnici ed errori umani. Tra i primi, e più frequenti, vi è la rottura di uno o più tubicini che da luogo a dentellature cieche (e in qualche caso quasi inesistenti) (fig. 6). Più frequente è il caso di dentellature semicieche (fig. 7), quando l’usura dei perforatori (e quindi la perdita del “filo”) si coniuga con il sistema a “pettine oscillante a mano” (vedi nota).


Fig.6 La rottura di un tubicino ha provocato la varietà di dentellatura cieca in questa Marca da Bollo umbertina da 5 cent (vedi fig.2). Il lato lungo del pettine è, chiaramente, quello che perfora il lato corto della marca, visto il ripetersi del difetto, in corrispondenza, sul lato superiore e inferiore.

Fig.7 Il lato lungo del pettine doveva essere molto usurato, e con tubicini più o meno lunghi, se è riuscito a creare una dentellatura così difettosa e semicieca sui due lati verticali di questa Marca da Bollo da 3 lire, bigio, di Vittorio Emanuele III, emessa nel 1926 (data d’uso 21.03.1927) (Marchetto n 99). Anche in questo caso resta confermata la rotazione di 90° dei fogli rispetto al lato lungo del pettine perforante, visto il ripetersi del difetto sui due lati lunghi della marca.

Fig.8 (nella nota)Due valori (Marche da Bollo di 1 e 3 lire. Vedi fig.4 e 7), per dimostrare che i fogli da perforare venivano posti faccia in alto. L’incavo, visibile, lasciato dai tubicini perforanti, convalida tale ipotesi.


Ricordo di aver letto, in tempi ormai lontani, che, quando, nel 1865, gli inglesi vendettero all’Italia le attrezzature per impiantare l’Officina Carte Valori di Torino, fornirono anche un congruo numero di pettini perforanti di vario formato e passo, non ricordo di aver letto, però, che avessero fornito anche “tubicini” sciolti, di vario diametro per consentire la sostituzione di quelli che si fossero rotti durante la lavorazione. Fossero di produzione inglese o locale, è certo che questi tubicini esistevano e furono utilizzati. Il problema si pone se si tiene conto che tubicini con un diametro di mezzo millimetro furono sostituiti da altri che lo avevano, invece, di ¼ di millimetro (fig. 9,10,11).

Fig.9 Perforatori difettosi sono responsabili della parziale “cecità” (e difettosità) della base della sezione destra di una Marca per Tassa di Bollo - Scambi Commerciali, da 1 lira, lacca viola garanza - lacca granata, apparsa nel 1925 (Marchetto n 46 della sezione). Poiché il difetto non si presenta uguale sul lato alto corrispondente, è presumibile che i fogli fossero posti sul piano di perforazione ruotati a 90°, forse perché si trattava di marche a due sezioni (in pratica un “espresso” posto in verticale). Da notare, sui lati lunghi, la presenza di alcuni fori che lasciano chiaramente intendere l’uso di tubicini di diametro maggiore rispetto a quelli normalmente usati.

Fig.10 Una Marca da Bollo di 10 cent (vedi fig.1) dentellata su un lato con perforatori dotati di tubicini a sezione ridotta rispetto a quelli normalmente usati. Si noti il forte intervallo tra i fori che ha reso difficile la separazione tra i valori, con risultati disastrosi.

Fig.11 Per questa Marca da Bollo umbertina da 5 cent (vedi fig.2) è stato usato un pettine con perforatori dotati di tubicini a sezione normale (larga). Naturalmente la separazione tra le marche è stata di molto facilitata. In basso a destra si noti un dentello cieco, generato da un tubicino rotto (accidente che, ovviamente, non si può riproporre a sinistra).

Naturalmente il valore della dentellatura (il passo sui 2 centimetri canonici) non cambia, resta in altre parole di 14 o 14 fori e ¼, ma la facilità di separazione tra i pezzi cala di molto (fig. 12).

Fig.12 L’uso di un pettine con perforatori dotati di tubicini a sezione ridotta (ed inoltre non perfettamente allineati) ha provocato un vero disastro alla dentellatura laterale di questa Marca da Bollo da 1 lira (vedi fig.4). E’ evidente che i dentelli sono troppo larghi per consentire una separazione perfetta.

Peggio accade quando uno o più tubicini si rompono, si deformano ovalizzandosi, distanziandosi tra loro o, peggio, storcendosi. In una fase storica (fine Ottocento primo ventennio del Novecento) in cui la politica economica puntava al massimo risparmio e al contenimento delle spese, si era soliti riparare, anche approssimativamente, piuttosto che sostituire, e quindi gli esempi sono numerosissimi (fig. 13,14,15,16,17,18,19).

Fig.13 La sezione destra di questa Marca per Tassa di Bollo - Scambi Commerciali da 1 lira (vedi fig.9) è il primo esempio di perforazione non allineata, che ha provocato seri danni alla dentellatura. Basta un po’ d’osservazione per notare che il 4°, il 5°, l’8°, il 10°, l’11° e il 12° foro sono disallineati tra loro e rispetto agli altri. In questo caso, separare la marca senza provocare un disastro, era praticamente impossibile.

Fig.14 Un’altra sezione destra di una Marca per Tassa di Bollo - Scambi Commerciali da 1 lira (vedi fig.9) è rimasta vittima dell’imperfetto allineamento dei tubicini del perforatore. Partendo da sinistra, dopo i primi 3 fori allineati, è successo di tutto, con un andamento altalenante. Si noti, in particolare, quel che è capitato agli ultimi 3 (o 4?) dentelli a destra.

Fig.15 Non sempre il disallineamento dei fori provoca un disastro nella dentellatura, specie se sono stati usati dei tubicini a sezione normale. Su questo lato della Marca da Bollo umbertina (vedi fig.2) la dentellatura non è “esaltante” ma “tollerabile” (la marca è stata scartata per due vistose pieghe). Eppure basta osservare gli ultimi 5 fori sulla destra per notare un disallineamento forte e ingiustificabile.


Fig.16 Nulla da fare, invece, per questa Marca da Bollo da 10 cent (vedi fig.1). Il disallineamento tra i fori è visibilissimo, ma compensato dall’uso di perforatori a tubicini di largo diametro. Sul lato opposto, è stato ancora il disallineamento a provocare l’evidente disastro.

Fig.17 Disallineamento (anche se poco visibile), uso di perforatori con tubicini a sezione piccola, ma soprattutto due di essi non perfettamente in asse (6 e 7 da sinistra) hanno reso, alla fine, difettosa questa Marca da Bollo da 1 lira (vedi fig.3). Quando i tubicini non sono perfettamente in asse, tendono a divaricarsi e ad allargare il dentello, che non può strapparsi perfettamente. Il difetto è molto diffuso e presente in moltissimi valori (vedi fig.15).

Fig.18 Disallineamento e uso di tubicini di sezione diversa hanno condannato questa Marca da Bollo umbertina da 5 cent (vedi fig.2). Per quanto riguarda il problema della sezione, si osservino attentamente i fori 1, 2 e 3 da sinistra (il due è normale, gli altri di diametro inferiore. Per il disallineamento, il raffronto è tra il foro 4 da sinistra e l’ultimo a destra.

Fig.19 Su questo lato di una Marca da Bollo da 10 cent di Vittorio Emanuele III (vedi fig.1) si sono concentrate una serie di circostanze quasi da Guinnes: disallineamento, visibile soprattutto tra il quartultimo foro e l’ultimo superstite a destra (alla fine di tante sciagure, l’angolo è saltato). Fori di diverso diametro, fori ciechi (il 7° e il 10° da sinistra), fori parziali (4° da sinistra), tubicini divaricati (tra il quintultimo e il quartultimo a destra). Un “dente” del pettine veramente da buttare.

Non è facile stabilire se, a quelli che sono evidenti difetti del pettine, non si debbano aggiungere errori provocati dallo slittamento dei fogli sovrapposti in modo anomalo o della frizione della macchina o dalla perdita di “filo” dei tubicini, lo scarto per difetto di dentellatura è certamente altissimo (circa il 40% dei pezzi). L’esame di fogli interi potrebbe confermare quanto ho esposto e, ancora una volta, l’intervento di specialisti sarebbe gradito.
Certo che guardare dei francobolli riprodotti sui cataloghi d’asta mette tanta invidia!
Ho l’impressione che a circolare sul mercato, ormai antiquariale, siano solo i pezzi migliori che sono poi quelli riprodotti, e solo quelli. Il resto che circola ad un livello inferiore è solo scarto, di valore di gran lunga inferiore. Ma senza quello scarto non avrei mai potuto fare queste considerazioni e, forse, altri come me, non sarebbero stati in grado di spiegarsi perché a loro capitassero solo valori rotti e difettosi.

NOTA:

Il sistema della dentellatura a pettine oscillante a mano è completamente diverso dall’altro, detto a pettine fisso. In questo caso è la carta, ancora in bobina, ad avanzare e ricevere la battuta del pettine, mentre, nel primo, sono 4 o 5 fogli, posti con la stampa in alto (fig. 8), che ricevono le battute del pettine il quale, avanzando in progressione prestabilita, cala successivamente su ogni fila di francobolli. In pratica 4 o 5 fogli, già gommati, sono tenuti fermi, su un piano, da uno spillo fermafogli. Il piano deve, però, essere inteso delimitato, pena lo spostamento, anche millimetrico, dei fogli, ad ogni battuta. L’operazione può richiedere anche meno di 1 minuto, dopo di che il perforatore ritorna indietro ed è pronto a ricominciare appena viene dato il comando da parte dell’operatore che nel frattempo ha preparato un nuovo gruppo di fogli. Naturalmente quando il lavoro era molto e i tempi di consegna stringevano, era comune la tendenza a porre in macchina, ogni volta, un numero di fogli maggiore, col risultato di ottenere una perforazione meno accurata di quelli che capitavano “sotto” e un’usura più accentuata dei tubicini perforatori.

 

Per saperne di più.

Si rimanda ai numerosi articoli sulle caratteristiche della dentellatura a pettine apparsi nel notiziario dell’A.F.I.S., La Ruota alata e dell’A.I.F.S., L’Odontometro.
Di carattere generale, ma fondamentali, sono i volumi di
FRANCAVIGLIA M., ERMNETINI B., I Michetti. Storie e vicende di una grande ordinaria di regno, Unificato CIF, Milano, 1999.
FRANCAVIGLIA M., ERMENTINI B., La serie Floreale e la prima ordinaria di Re Vittorio Emanuele III, Unificato CIF, Milano, 2002.
CREVATO–SELVAGGI B., Umberto: una serie coi baffi, Edizione Poste Italiane, Roma, 1997.
Utilissima è, poi, la consultazione del Catalogo Enciclopedico Italiano 1999-2000, Regno d’Italia – Occupazioni, CEI, Milano, 1998.
Per i fiscali si veda:
CINTI F., Marche da bollo d’Italia Storia – Valutazioni, Ascoli Piceno, 1999 (completo e abbastanza specializzato, ma in bianco e nero).
DE MAGISTRIS P., BALZANELLI F. (a cura di), Catalogo Unificato Marche da Bollo 2009-2011, Unificato CIF, Milano, 2008.
MARCHETTO F., Marche da bollo italiane 1863 – 1957 Catalogo, Uso fiscale e postale, Vaccari, Vignola, 1998 (particolarmente ricco di notazioni storiche, riporta i decreti di emissione e gli usi impropri dei fiscali quali francobolli, ma in bianco e nero).

 

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