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Scherzi da suora 3

di Giuseppe PREZIOSI (L'Occhio di @rechi n. 57 - Not. dell'A.S.F.N.)

Questa volta parleremo di qualità. Eh no, dirà qualcuno, ora basta con la solita lagna dei dentelli corti o piegati, degli angoli strappati o male incollati, dei francobolli posti ai margini delle buste e gualciti, dei colori dei supporti che, stinti, si sono trasferiti sul retro dei francobolli e di quelli autoadesivi che, nei tentativi di distacco dalle buste si spellano irrimediabilmente. È ormai chiaro che un filatelico deve essere un chimico, tra acqua, alcool, acqua ragia e candeggina e un attento osservatore, veloce nel giudizio e dotato di una vista a più ingrandimenti.
No, questa volta voglio trattare di qualità oggettiva, vale a dire di quella relativa alla produzione di francobolli, quasi un processo all’estetica degli oggetti delle nostre attenzioni. E non intendo con questo vagliare il contenuto, i soggetti dei francobolli, ma il modo di produrli, per così dire, il processo di stampa e di dentellatura.

E la cosa non sembri di poco conto, visto che i paesi che fanno parte dei “francobolli missione” rappresentano più della metà della produzione mondiale. Non che i soggetti siano un aspetto secondario del problema, lo sanno bene i tematici, eppure tra le migliaia di pezzi che mi sono passati tra le mani non ho rilevato grossi problemi di congruità tra i paesi emittenti e le tematiche raffigurate. Se proprio un appunto si vuole muovere agli artisti (o ai tecnici) che hanno composto le scritte a corredo dei disegni è che esse, molte volte, sono illeggibili, troppo piccole, starei per dire microscopiche, per francobolli pur grandi. Comunque, sarà che, forse, per l’affrancatura, non vengono utilizzati di norma i “prodotti filatelici”, sarà che con gli anni le “pinacoteche” africane e asiatiche si sono di molto assottigliate, visto che nessuno le comprava più, sarà che la “maturità” ha raggiunto anche gli angoli più sperduti del pianeta, ma i soggetti utilizzati rappresentano quasi sempre il vissuto dei paesi emittenti. Se si eccettuano i francobolli presentati, i cui soggetti proprio non c’entrano con le realtà locali, tutti gli altri raffigurano paesaggi, animali, piante, personaggi o fatti strettamente legati agli Stati.
L’oggetto delle mie note, invece, poiché strettamente legato alla produzione, interessa i paesi situati, come è facile intuire, nel Sud del mondo e soprattutto in Africa e nel Sud est asiatico.
Nel mondo, la produzione dei francobolli si suddivide in due grandi filoni: il fai da te e il libero mercato, entrambi, a loro volta ulteriormente ripartiti fra produzione di alta qualità e di qualità normale, talvolta scadente. Ad esempio, malgrado tutte le critiche e tenendo conto del contenimento dei costi, l’Italia si colloca tra i paesi che fanno da sé con una produzione di alta qualità fornita dal Poligrafico. Nello stesso modo operano paesi come la Spagna, la Francia, l’Austria, La Germania, gli Stati Uniti (almeno fino al 1978), ecc. Anche chi, come la Gran Bretagna e il Portogallo, non utilizzano un fornitore esclusivo e quindi si rivolgono al libero mercato, chiedono un prodotto di alta qualità, in linea con la tradizione del paese. È evidente che tra le grandi stamperie, famose in tutto il mondo, la lotta sia accanita per acquisire delle fette di mercato sempre più ampie. Soprattutto in Africa si sono svolte delle vere guerre commerciali per accaparrarsi la produzione delle carte valori (comprese, ovviamente, le banconote, gli assegni delle banche, la modulistica speciale, etc.) di uno Stato. La politica internazionale è intervenuta pesantemente per estromettere fornitori abituali, magari dei paesi ex colonizzatori. Il nostro Poligrafico, ad esempio, ha perso la fornitura (e quasi esclusivamente per motivi politico – religiosi) di tutte le nostre ex colonie. Altrove non è sempre andata così e ancora oggi è possibile seguire le tracce degli ex colonizzatori, anche se, spesso, i politici locali scelgono soluzioni produttive diverse, con maldestri tentativi di “fai da te”. Ho qui tentato di tracciare una mappatura del rifornimento recente degli stati africani sub sahariani, anche se, spessissimo, alcune ditte, anche importanti, hanno preferito “non firmare” il prodotto.


Non è stato possibile reperire, per vari motivi (mancanza di riferimenti diretti, non indicazione in ditta, ecc.) notizie sui produttori dei francobolli dei seguenti paesi: BENIN, REPUBBLICA CENTROAFRICANA, CIAD, GUINEA, GUINEA EQUATORIALE, SOMALIA, SUDAN DEL SUD. D’altra parte, tra coloro che si affidano al libero mercato di qualità, vi è persino il Vaticano che annovera tra i fornitori, la Sweden Post Stamps di Stoccolma, la Courvoisier, l’I.T.V.F., una non meglio precisata Printex, la Cartor, la Joh. Enchedé, l’irlandese B.D.T. e il nostro Poligrafico. Fuori dell’Africa, emblematico è il caso dell’India che, oltre all’I.S.P., India security printing, stamperia di Stato, fondata nel 1925 a Nashik, nell’India centro occidentale, oggi rinominata Security printing & minting corporation of India Ltd., si serve di almeno altre quattro stamperie private: la già ricordata M.P.S., Madras security printing, la H.I.P., Hyderabad India press, fondata nel 2009 nel capoluogo dell’Andhra Pradesh nel cuore dell’India, la C.S.P., Calcutta security printers Ltd., sorta nel 1998 sul Gange, a Kampur, nell’India centro settentrionale e l’Eagle press private Ltd, anch’essa con sede a Chennai. I francobolli indiani non indicano il produttore in ditta il che rende molto difficile, senza una specifica conoscenza della filatelia del paese, identificarlo. I francobolli ordinari però, tutti su carta filigranata coi quattro leoni di Ashoka, ma se ne vedono tre, disposti a tappeto, sono prodotti dalla stamperia di stato, i commemorativi dalle altre ditte. Purtroppo, nonostante la “modernità” della ragione sociale, il risultato lascia molto a desiderare sia per quanto riguarda la dentellatura degli ordinari, sia per quanto riguarda la resa grafica di tutti gli altri francobolli. È anche vero che stiamo parlando di numeri a 9 zeri e più, considerato che occorre servire oltre un miliardo di persone, ma una maggior cura, starei per dire un miglior approccio tecnico, potrebbe rendere i francobolli indiani degni di tanti altri prodotti del paese. Ricordo ancora la disquisizione di alto profilo sui diversi retini utilizzati a Roma e a Novara nel 1945. Vengono qua presentati alcuni frammenti della produzione “fai da te”. Per i patiti degli aspetti tecnici, preciso che la scansione è stata fatta a 1200 dpi, che non vi è stato alcun rimpicciolimento e che come elemento di confronto vi è nell’ultima striscia un francobollo italiano del 2013.
Ad ulteriore precisazione si riportano, nell’ordine, i paesi produttori di ciascuno dei francobolli rappresentati: 1, 2, 3 e 4 India, 5 e 6 Ghana, 7 Tanzania, 8 Myanmar (prodotto quest’ultimo da S.P.W., Government security printing works di Rangoon), 9 Italia.

Ma, per rimanere nel campo della stampa, non risalta solo l’uso di retini inappropriati. I due francobolli uguali del Ghana, applicati sulla stessa busta presentano un’evidente diversità di colori (due diverse tirature?), mentre in altri casi sono i fuori registri a provocare evidenti alterazioni nel cromatismo. Se poi capita, come succede spessissimo, che a retini grossolani si unisca anche un lievissimo fuori registro, ci si spiega il perché della poca attrattiva e di quasi fastidio alla vista generato dai francobolli di alcuni paesi adusi a far da sé.

Un ulteriore problema è creato poi dalla dentellatura quando i perforatori sono usurati o procedono ad una velocità troppo sostenuta o tra le varie battute vi è anche un micrometrico slittamento della frizione delle macchine.
Ad esempio, i francobolli ordinari indiani, pur stampati su carta filigranata, sono dentellati quasi sempre in modo approssimativo, tanto che l’uso delle forbici diviene quasi una necessità. Gli impiegati negli uffici postali indiani le tengono sempre a portata di mano per risolvere i problemi di dentellatura sgranata o semicieca, con risultati non sempre ottimali, oltretutto servendosene anche per francobolli con dentellatura normale ma di formato strano con un risultato veramente disastroso (peggio dei francobolli degli antichi stati italiani).
Problemi di slittamento delle piastre perforanti non sono però un’esclusiva della stamperia di Stato indiana ma anche di quella tedesca (di cui si mostra un esempio su un francobollo ordinario), francese e inglese, tanto per non far torto a nessuno. Posso quindi tranquillamente lodare ancora una volta il nostro Poligrafico. Dal 1929 non ricordo di aver osservato mai tali risultati se non sulle riviste specializzate tra le varietà. Oggi però il problema tende a ridimensionarsi, almeno tra le nazioni con produzione di alta qualità, considerato il ricorso sempre più frequente agli autoadesivi che sono “fustellati”, non dentellati, ma di questo ci occuperemo in seguito.
Per completare il discorso sulle dentellature disastrate bisogna considerare anche la presenza delle macchinette automatiche con taglierine tarate in modo approssimativo. In Italia esse non hanno mai attecchito e meno male, visti i risultati. Noi siamo stati in grado di saltare questa fase, passando direttamente alle macchinette che stampano degli orribili cosi neri e li tagliano pure male.
Trattando di dentellatura o di fustellatura non si può fare a meno di considerare entrambe come parte del discorso sulla sicurezza antifalsificazione. Sappiamo benissimo, noi italiani, che i falsari nostrani non si sono certo arrestati dinanzi alla fustellatura, anzi, se possibile, hanno incrementato la produzione truffaldina tanto che ormai si accettano scommesse sul tempo che intercorrerà tra l’emissione di un nuovo ordinario e la sua falsificazione. Il vero problema è semmai la necessità di un controllo, anche superficiale, per riconoscere e bloccare i falsi, cosa che non succede con le macchine che bollano tutto… o spesso niente.
Altrove è evidente che il problema è egualmente sentito ed ecco che la SIL, stamperia che fa capo alle poste nigeriane, ha adottato un ologramma su ciascun francobollo. Esso, ad esempio, rende non proprio facile l’impiego nella falsificazione delle fotocopiatrici o degli scanner, Gli indiani preferiscono ancora la tradizionale filigrana, mentre la Cartor offre ai suoi clienti la goffratura, ovvero la rilievografia a stampa, usata già nell’Ottocento, che, se per il nostro Poligrafico può essere un vezzo e per il Vaticano un elemento d’arte, per il Cameroun si trasforma in un deterrente.
In Madagascar però qualcosa è andata storta se in un ufficio sono riusciti a bollare alcune vignette (una da 30.000 ariary, circa 10,50 €) la cui origine appare molto dubbia (se non palesemente… artigianale). E ciò, peraltro, solo pochi mesi fa. Uno dei pezzi appare anche illeggibile. È stato solo sottoposto ad un energico lavaggio in acqua ragia (presupponevo che fosse un ultimo “modello” di autoadesivo).
Ancora un aggiornamento ai miei due elenchi dei francobolli autoadesivi:

Alla prossima puntata.

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