gli articoli di filatelia

 

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Scherzi da suora 2

di Giuseppe PREZIOSI (L'Occhio di @rechi n. 55 - A.S.F.N.)

Ve lo avevo promesso ed eccomi di nuovo a voi con il 2° capitolo di questa fantastica cavalcata tra i francobolli mondiali, quelli che non hanno valore (neanche per i tematici che “devono” preferire per le esposizioni, a parità di soggetto, francobolli “seri” e di maggior costo) e che bisogna trattare come “figurelle”.
Innanzitutto una precisazione e un pensiero commosso. Ho scritto di aver cominciato anche io con le “figurelle” poco meno di 60 anni fa, ma non vi ho precisato che il mio n. 1 (che forse conservo ancora in qualche album) non era italiano ma irlandese (figurarsi il fascino che poteva rivestire quella misteriosa scritta, “Eire”, sotto la carta geografica dell’Irlanda; non potevo certo sapere che era gaelico) ed era saltato fuori da una bustina incollata su un Cremifrutto Althea. Si, signori, proprio uno di quei pezzetti di cotognata che il maestro Gastone Rizzo, consulente all’epoca dell’Althea, aveva pensato di rendere più appetibile con il francobollo. Solo oggi ho conosciuto il nome di quell’anziano ed entusiasta educatore, che tanto ha fatto per la divulgazione della filatelia, molto più, certo, dei suoi interessati successori. Grazie, ancora oggi dopo tanto tempo, maestro Rizzo. I miei titoli accademici poco valgono al confronto del tuo entusiasmo giovanile e non posso che chinarmi deferente di fronte a chi, senza saperlo, mi ha regalato il piacere di un hobby da re con il re degli hobby.
Ma bando ai ricordi e alle malinconie!
Innanzitutto devo aggiornare il mio primo elenco dei francobolli autoadesivi con un’addenda e, se ne sarò in grado, continuerò a farlo in futuro. Dunque ho trovato autoadesivi provenienti da:

Dopo questo doveroso aggiornamento passiamo ad esaminare un altro tema che è emerso mettendo le mani nello scatolone di frammenti che vi dissi. Dunque, come sempre mi è successo, mi sono imbattuto in ⅔ di francobolli su frammenti colorati. Messi da parte i bianchi ho cominciato a selezionare i primi secondo il colore delle buste, impresa quasi impossibile tenendo conto che le gradazioni sono quasi infinite andando dal “carta di imballaggio scuro” al “rosso fiamma superlucido”, anche se quest’ultimo tipo era molto più diffuso in Italia in altri tempi e oggi lo ritroviamo, sbiadito, solo in India. Qualcuno, che ha già letto alcune mie notarelle sull’argomento, sa la mia propensione a ritenere le macchie sul retro dei francobolli create al momento del loro incollaggio sul supporto, con la colla bagnata, e non quando si procede al lavaggio. Naturalmente ne sono sempre più convinto come so per certo che né la candeggina né alcun altro sbiancante ottico riesce a rimuovere quelle odiose e “invalidanti” macchie. Naturalmente tutto il mondo è paese e ancora oggi vi è una certa diffusione delle buste colorate e, come è facile immaginare, ogni paese ha i suoi colori “preferiti”. Fortunatamente l’effetto macchia non è uguale su tutti i francobolli essendo legato alla capacità di assorbimento della carta di questi ultimi. Non è perciò infrequente che francobolli incollati su buste colorate vengano fuori candidi dopo il lavaggio, perché il grado di assorbimento del colore è nettamente inferiore ad altri. Se la cosa può consolare, si fa per dire, i francobolli italiani, o comunque prodotti con carta nostrana, sono tra i più soggetti ad assorbire il colore.
Di seguito sono riprodotti alcuni “campioni” di carta colorata usata per le buste. Diversa è la “forza” di impatto (ovviamente “media” mondiale) sul retro dei francobolli.

Mentre per la prima riga e la metà della seconda esso può considerarsi quasi nullo o comunque molto basso, dal 10° campione a seguire diviene sempre più probabile che

i francobolli, resi difettosi dalle macchie, siano inservibili e ciò è quasi certo per l’ultima riga.

Un caso particolare è quello indiano dove le buste a sacchetto non sono imbottite a bolle d’aria, come in tutti i paesi occidentali, tipologia quest’ultima che rende inservibili i francobolli due volte, una perché il colore passa facilmente ai francobolli (n. 2 della terza riga dei “provini”), l’altra perché si gualciscono con estrema facilità. In India, invece, le buste sono telate o plastificate con un sottilissimo velo. Negli esempi riportati abbiamo, nella prima riga, tre diversi colori delle buste e, trame della tela, ben visibile nel quarto riquadro.

Ovviamente, l’infittirsi della trama è legato alla qualità (e al costo) della busta. Nella seconda riga sono visibili, in giallo, una busta plastificata (notare gli sprazzi di brillamento), in azzurro una telata e plasticata (la trama della tela è scarsamente visibile). Al centro infine vi è un tipo speciale di carta – non carta che non si strappa ed è molto elastica, usata in Nepal. Ovviamente, nessuna di quelle buste rilascia colore ma bisogna preventivamente liberare i frammenti dalla tela che aderisce alla carta con una colla solubile in acqua. Senza fare questa operazione, e lavandone contemporaneamente un nutrito gruppo, si provocherebbe un mezzo disastro.
Le buste colorate non sono comunque le uniche nemiche dei francobolli provenienti da paesi tanto diversi e lontani. Ma tant’è, quello che scrissi in altri tempi per l’Italia vale anche per il resto del mondo. Ovunque, infatti, a parte i dentelli corti e gli angoli mancanti che non si contano e di cui è inutile stare ancora a lamentarsi, sembra che le buste siano sempre troppo piccole per l’indirizzo e i francobolli. È vero che, dato il peso dei plichi e considerata la svalutazione galoppante, in alcuni paesi occorre un numero tale di francobolli che è molto frequente il caso di sovrapposizione e qui se ne fornisce una parziale casistica.



Ma anche quando i francobolli da incollare non sono moltissimi, il più delle volte sono posizionati agli estremi margini delle buste o addirittura a cavallo del fronte-retro con le ben visibili conseguenze. India, Tanzania, Uganda, Viet Nam, il comportamento è sempre lo stesso, Eppure basterebbe un minimo di attenzione per evitare queste mostruosità.

Ovviamente anche altre cause di difettosità sono ben presenti. Le buste telate e gualcite indiane

(con francobolli inservibili), le macchine bollatrici (non solo in Italia, ma anche in Belgio e in Malawi!), il cattivo ancoraggio dei francobolli alla busta, etc., tutto complotta contro l’oggetto della nostra passione.

Anche e soprattutto nel caso dei francobolli “missione”, la percentuale di scarto è altissima, nell’ordine del 40%, con almeno un 10% di totalmente rotti e ciò pur rendendo i parametri di qualità leggermente più elastici in considerazione delle dentellature oggettivamente “difficili” e della carta non sempre di alta qualità. Ma di tutto ciò parleremo in un’altra puntata.




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