La stesura
dell’interessante articolo di Giuseppe Li Vigni sugli usi della
cartolina postale Barbus Impermeabili, pubblicato in questo stesso
numero de L'INTERO POSTALE, mi ha indotto a riprendere alcuni miei scritti di qualche anno fa
e trattare nuovamente l’argomento integrandolo, evitando però l’aspetto
di cui si è occupato Li Vigni, e fornendo invece notizie su alcuni altri
argomenti che riguardano questo intero che si è ormai da tempo collocato
fra gli interi postali italiani più noti e ambiti dai collezionisti e
che per questo fa parlare di se.
Ho avuto
occasione di occuparmi più volte della Barbus. Dal punto di vista
pubblicistico presentai un articolo su Cronaca Filatelica di Febbraio
1986 e mi piace ricordare che fu il mio primo articolo su quella bella
rivista che purtroppo non esce più da qualche anno, sulla quale avrei
poi scritto molti altri pezzi. Si trattò di un testo a doppia firma
perché la mia fu affiancata da quella di un caro amico ora scomparso,
Giovanni Micheli, che, in quanto toscano e residente nella zona, aveva
avuto notizie dirette da Aldo Busoni, uno dei titolari della Barbus
Impermeabili di Empoli. In seguito, io stesso avrei avuto contatti con
Busoni e ottenuto qualche altra notizia.
Aldo Busoni e la sua Barbus
Chi
era intanto Aldo Busoni? Fu filatelista per oltre ottant’anni e
collezionista di molte altre cose, dedicandosi in prevalenza agli
annulli. Nel 1991 fu eletto presidente della Federazione Società
Filateliche Italiane, carica che mantenne però per un periodo assai
breve. Per noi interofili è una figura di rilievo e lo ricordiamo
soprattutto per una sua iniziativa: la cartolina postale con pubblicità
Barbus Impermeabili.
All’inizio del secolo, insieme al socio Bartolucci, il padre di Aldo
aveva fondato ad Empoli un’azienda produttrice di impermeabili che aveva
lanciato un proprio modello che prendeva nome dalla ditta stessa:
Barbus, da BARtolucci e BUSoni. Allora, nel 1951, le Poste italiane
stavano cercando clienti che avessero voluto fare pubblicità per la loro
attività commerciale su cartoline postali ufficiali. Dopo la Chlorodont
e la Leocrema, le cui rèclame erano già apparse sulla CP 15 lire
democratica, stentavano a trovare nuovi interessati, forse a causa di
una carente managerialità dell’ufficio preposto. E fu proprio Aldo
Busoni, probabilmente spinto dalla sensibilità derivatagli dall’essere
un filatelista, che fece aderire la sua ditta alla proposta
pubblicitaria delle poste.
Note storiche sugli impermeabili in Italia e sulla ditta Barbus.
(Note tratte dal libro di Ivan Paris “Oggetti cuciti /
L’abbigliamento pronto in Italia dal primo dopoguerra agli anni
Settanta. Franco Angeli Editore”).
L’impermeabile, quale capo di vestiario da indossare quotidianamente,
era nato in Inghilterra verso la metà del XIX secolo quando si riuscì a
rendere resistenti all’acqua tele di cotone o di lana mediante
l’applicazione di un sottile strato di gomma.
La produzione italiana di manufatti impermeabili si sviluppò fra le due
guerre quando sorsero le prime unità a ciclo completo dotate di
attrezzature per la tessitura, il fissaggio della tintura,
l’impermeabilizzazione e la confezione a macchina di tende e copertoni
impermeabili. Contemporaneamente si estese anche la produzione di
indumenti impermeabili destinati alla funzione protettiva di lavoratori,
agenti, sportivi, militari, cacciatori e di tutti quei soggetti esposti
alle intemperie.
In Italia, un importante centro di produzione fu Empoli, città che
vedeva operare la ditta Barbus di Bartolucci e Busoni dal 1907 e almeno
dal 1919 per la produzione degli impermeabili. La ditta decollò
definitivamente nel corso degli anni Trenta soprattutto per le commesse
dell’Esercito. Il censimento industriale del 1937-40 registra la grande
vivacità delle aziende empolesi che trovarono alcune difficoltà durante
gli anni della guerra quando la città di Empoli fu bombardata. Ma con la
fine del conflitto la produzione italiana di impermeabili aveva fatto un
enorme salto di qualità e il capo made in Italy era in concorrenza con
quello inglese e lo superava per qualità.
L’aumento della domanda aveva comportato un ulteriore sviluppo e si
dovette far ricorso ad un aumento di lavoranti a domicilio. La Barbus ne
contava circa 600 per un totale che nella zona raggiungeva le 20.000
unità, rappresentate soprattutto da cucitrici la cui abilità consentiva
di confezionare un impermeabile in 8 ore.
Nel corso degli anni Cinquanta il numero di donne impiegate –
soprattutto tagliatrici che lavoravano con forbici e gessetto l’una di
fianco all’altra - crebbe almeno fino al 1958, l’anno in cui fu
approvata la legge sul lavoro a domicilio che imponeva gli stessi oneri
di quelli della fabbrica alla produzione realizzata esternamente.
Questo provocò costi superiori e le difficoltà intervenute finirono per
portare al fallimento la ditta Barbus nel 1969.
Esemplare inesitato spedito per
raccomandazione
Il racconto da un vecchio articolo
A questo punto, mi pare il caso di riprendere ampi stralci dal succitato
articolo di Cronaca Filatelica che conserva la sua validità dopo 27
anni.
“ Quando, nel 1951, funzionari dell’Amministrazione delle Poste
bussarono all’uscio della Barbus per proporre un’inserzione
pubblicitaria, trovarono quasi la porta spalancata.
La Barbus spa Impermeabili di Empoli era a quel tempo un’azienda leader
nel settore delle confezioni; forse la più importante d’Italia nel ramo
degli impermeabili. Una ditta in continua espansione che dava lavoro a
un migliaio di dipendenti. Un colosso di quegli anni.
Le ragioni della pubblicizzazione e del suo ristorno in termini
economici furono indubbiamente le spinte essenziali a voler realizzare
questa iniziativa pubblicitaria; ma dietro, a favorire questa decisione
si annidava la ‘passionaccia’ filatelica di uno dei titolari: ossia Aldo
Vinicio Busoni, allora consigliere delegato della Barbus Impermeabili,
contitolare di fatto della medesima nella gestione; ed anche, cosa
appunto determinante, filatelista di grande qualità: una figura di
rilievo del nostro ambiente filatelico.
Proprio con lui abbiamo ricostruito le vicende che portarono alla
decisione di far stampare “ Barbus “ su interi postali repubblicani.
Ricorda quei momenti con fresca lucidità perché, a settant’anni suonati,
Aldo Busoni conserva la lucidità e l’entusiasmo di un giovane. Sul
foglio della commissione diretta al Poligrafico dello Stato, la ditta
Barbus indicò e scrisse, di fronte al funzionario che l’aveva
interpellata, un’ordinazione per 100.000 esemplari. Molto probabilmente
fu considerato un errore interpretativo dell’incaricato e grande fu la
sorpresa a Roma quando ne presero visione. Pensarono immediatamente ad
un equivoco o a un errore materiale. Cento milioni dovevano essere e non
centomila! Era un ordinativo irrisorio, rispetto anche a quello delle
altre imprese partecipanti all’iniziativa. Ma la risposta della Barbus
fu inflessibile: quello era l’ordine, così era stato proposto e
accettato e così avrebbe dovuto essere soddisfatto. All’Amministrazione
postale e al Poligrafico altro non rimase che dare esecuzione, sbagliata
o meno che fosse.
Quindi la tiratura della cartolina postale “Barbus Impermeabili” è stata
di centomila esemplari. E’ già un dato che giustifica pienamente la
realtà della sua attuale scarsa reperibilità, specialmente se si tiene
conto che in quegli anni, e per diversi ancora, erano praticamente
inesistenti in Italia i collezionisti di interi postali.
Ma ora vediamo meglio anche le ragioni della dispersione.
L’invito, impartito dalla Barbus, fu quello di distribuire le cartoline
nell’arco più vasto dell’intero territorio nazionale. Perché le ragioni
promozionali necessitavano di questo supporto in tutte le regioni. Ancor
meglio se in Toscana – dove l’azienda era già nota – ne fossero
circolate poche. Ad Empoli – ci testimonia Aldo Busoni – nessuno ebbe
mai
a vedere neppure una cartolina nuova. E neanche alla Barbus furono
inviati pezzi come omaggio o come giustificativo. Quindi: dispersione
per l’Italia come veicolo pubblicitario di innegabile valore per quei
giorni. Distribuzione privilegiata nei grossi centri e minima in quelli
piccoli. Trovare una di queste cartoline usate in Toscana con un annullo
che non sia quello di Firenze, costituisce indubbiamente un evento di
notevole rarità e interesse storico-postale. Ma già con questa notizia
si entra in un settore nuovo che andiamo ora ad esaminare.
Dell’uso in Toscana si è detto. Non si conoscono cartoline postali
Barbus con annullo di Empoli. Sarebbe simpatico trovarne; la caccia è
aperta ma non sarà facile rinvenirne una. (omissis)
Abbiamo esaminato solo di sfuggita l’argomento relativo alle date d’uso.
La Barbus era sicuramente in circolazione almeno da maggio 1952, ma non
ci stupirebbe una segnalazione in data precedente.
Per inciso, la Chlorodont ‘quadriga’ si vede circolare – e con grande
abbondanza – dalla metà dello stesso anno, mentre la Leocrema, parecchio
più scarsa, non si vede prima dell’anno successivo.
Gli interi ‘quadriga’ vennero gradatamente sostituiti nel 1953 dopo
l’emissione, in settembre, del tipo ‘siracusana’. Furono comunque usati
ad esaurimento per qualche tempo e posti fuori corso solo dall’1.7.1961.
Al termine dello stesso anno, un decreto ministeriale dell’1 dicembre
stabiliva la cessazione di tutti i servizi di pubblicità previsti dalla
già ricordata legge dell’9.7.1949, motivandola con l’esiguità dei
proventi che il servizio aveva procurato e con “sfavorevoli reazioni
dell’opinione pubblica e in particolare degli utenti del servizio
postale”.
La falsa dicitura Barbus impermeabili
Un intero così raro non poteva sfuggire all’attenzione dei falsari.
Una falsificazione, realizzata a Roma nel 1982 venne spacciata per
l’originale con notevole sfrontatezza e parecchi di quegli esemplari
fasulli circolano tuttora spregiudicatamente nei tavoli di qualche
commerciante. Il falsario si è servito di normali esemplari della C.P.
20 lire ‘quadriga’, nuovi e usati, per farvi soprastampare la dizione
“Barbus Impermeabili” nella grafica e nel colore dell’originale.
Apparentemente molto ben riuscito, il falso si riconosce però facilmente
disponendo di una lente con un buon ingrandimento. È infatti impresso in
tipografia e, a parte tracce di pressione, la stampa appare
uniformemente verde. Nell’originale, invece, la dicitura era stata
eseguita in rotocalcografia, impressa a retino, ed appare quindi formata
da puntini e trattini. Aggiungo adesso che c’è però un’altra
differenza che non è mai stata messa in evidenza. Negli esemplari con
dicitura originale la distanza dalla riga mediana verticale e la “I” di
impermeabili è sempre di mm 7,5 mentre in quella falsa è variabile ma in
genere superiore ai 10 mm, almeno negli esemplari che io ho potuto
controllare. E’ una distanza che si nota subito.
Per gli usati sono state utilizzate in grande prevalenza cartoline
indirizzate agli Zelatori della Messa di Roma [dimostrando in questo
scarso acume].
Un esemplare di CP ‘Barbus’ firmata per
esteso dal perito prima che si rendesse conto
di avere di fronte una stampa falsa. E’ diretta ai ‘Zelatori della
Messa’, indirizzo
che documenta sempre trattarsi di stampe false apposte su CP quadriga
ordinaria.
Alcuni di questi falsi portano la firma, autentica, di un perito
romano [Maurizio Raybaudi Massilia] che fu inizialmente tratto in
inganno dalla sicumera dello spacciatore a lui sconosciuto come tale.
In conseguenza, fu posto poi nell’imbarazzante condizione – molto
apprezzabile peraltro – di presentare un pubblico ‘mea culpa’ nel numero
140 – febbraio 1983 - della rivista “Francobolli”.
A seguire, a fondo pagina, possiamo vedere un confronto delle diciture
Barbus impermeabili, dove si può notare (poco, purtroppo) la differenza
di stampa ma molto bene la diversa distanza dalla riga verticale.
Le scuse di un perito
Riprendo dunque dalla citata rivista il testo del “mea culpa di Maurizio
Raybaudi, scomparso da pochi mesi.
E’ un giorno qualsiasi del mese di dicembre [1982]. Ma un’ora di
punta del mio studio: circa le undici. Molto lavoro, come sempre. Due
persone nella saletta destinata alle stime, altri due clienti,
importanti, in sala d’aspetto ed io molto, molto impegnato, anche per
l’assenza di mio padre, fuori sede per la stima di una collezione di
Ducati.
Ricevo, seguendo il turno, un cliente abituale e che ci ha dato, specie
in passato, molto lavoro. Una faccia pulita, sempre sorridente; una
persona educata, fisicamente simpatica e, sempre piena di riguardo per
noi. Mi mostra una ventina di buste, cartoline, interi: una piccola
partita apparentemente del tutto genuina: E mi chiede se,
eccezionalmente, potevo guardargliela subito, senza farlo ritornare.
Per esperienza e per consuetudine noi non facciamo perizie volanti, ma
in questo caso, trattandosi di cliente abituale e di una partita di
ordinaria amministrazione, decido di accontentarlo. Tranne una busta con
francobollo difettoso, tutto sembra O.K.; esamino ogni pezzo firmo,
restituisco, ed accompagno il cliente alla porta.
Tra quei pezzi, apparentemente di poca importanza, vi erano alcuni
interi postali, usati e nuovi del tutto originali, ma con una aggiunta
falsa che li rendeva preziosi: Trattavasi della cartolina postale da 20
lire verde, numero 16 del catalogo Sassone, su cui era stata aggiunta,
perfettamente imitata tipograficamente, la dicitura pubblicitaria “
Barbus impermeabili “, per trasformarla nella cartolina numero 20, rara
allo stato di nuova.
Un trucco abile e molto pericoloso, eseguito tipograficamente – e
sarebbe bene individuarla questa tipografia che lavora per i falsari –
ma soprattutto un trucco nuovo per me e per altri, un trucco che, per la
sua “novità”, aveva sorpreso anche la buona fede di altro e sembra di
altri periti.
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Ingrandimenti
del testo originale (sopra) e falso. |
Dopo solo qualche giorno, ricevo una telefonata dal dottor Enzo Diena –
cui siamo legati da antica amicizia e con il quale abbiamo una costante,
preziosa collaborazione professionale – il quale mi avverte di tale
trucco, sul quale, ripeto, anche un altro perito era scivolato. Che
fare?
Telefono immediatamente al proprietario e, quando dopo molti vani
tentativi, riesco a trovarlo, lo avverto del mio errore e lo invito a
cancellare le mie firme: Cosa che egli promette di fare subito.
Ma da allora non l’ho più visto!
Il giorno dopo, pur sapendo di nuocere al mio buon nome, telefono a
dieci, quindici commercianti importanti in tutta Italia, avvertendoli
del fatto. E’ tutto quello che posso fare per evitare che tali pezzi, da
me siglati, vengano venduti.
Purtroppo, tutto inutile. Quella persona, tanto educata e simpatica,
aveva già sguinzagliato suoi incaricati ed ho motivo di ritenere che i
vari interi siano stati tutti venduti … per buoni. Un avvocato di Arezzo
mi ha infatti già informato che un suo cliente era stato truffato e che
una denuncia per truffa era già stata preparata.
In Italia, come è noto, non si può chiamare “ladro” una persona, neppure
quando la si trova con le mani nel sacco.
E così non posso fare qui – come vorrei – il nome della tanto distinta
persona. Ma se le mie firme non verranno cancellate e se gli eventuali
danni arrecati non saranno immediatamente e totalmente risarciti, sarà
mia cura denunciare la predetta persona con il suo nome e cognome
all’Autorità Giudiziaria, chiedendo al tempo stesso alla Borsa di
Milano, alla Borsa di Roma, alla Federazione Commercianti la radiazione
di tale gentiluomo e la sua permanente espulsione da ogni convegno
filatelico italiano.
Con amarezza devo constatare che la mia cortesia che mi portò a favorire
un cliente abituale, contravvenendo alle nostre tradizionali regole, e
la mia grande innata fiducia nel prossimo hanno contribuito a farmi
cadere in errore. E non mi è di alcun conforto l’attenuante della grande
pericolosità e dell’assoluta novità del trucco.
Valga questa mia pubblica segnalazione a richiamare l’attenzione dei
colleghi e dei commercianti – anche di quelli che ci hanno accusato di
allarmismo – sulla grande vitalità dei falsari nostrani, la cui insonne
estrosa fantasia ci scodella ogni giorno trucchi nuovi e pericolosi.
Meglio non abbassare mai la guardia. Concludo con un ultimo generoso
invito: il proprietario degli interi truccati si precipiti nel mio
studio per strapparli in mia presenza. E’ un generoso ultimo invito. Ma
anche un ultimatum. M.R.M.
Al fatto che fu un altro noto perito romano, Enzo Diena, a scoprire il
falso, posso aggiungere un ulteriore particolare. Come buona parte dei
periti di quegli anni, abituati a lavorare soprattutto sulla verifica
dei francobolli, Diena non disponeva di confronti per gli interi e
chiese a me se potevo venirgli in aiuto, cosa che feci spedendogli un
paio di pezzi. Da qualche parte ho ancora la lettera di restituzione con
la risposta di Diena che confermava i suoi sospetti, avvalorati da una
foto del falso.
Busta intestata della BARBUS di
Bartolucci e Busoni
Promozioni e gadget
Mi sembra simpatico e istruttivo fare anche vedere alcuni oggetti
pubblicitari di quegli anni della Barbus impermeabili, assieme ad una
cartolina postale ‘celebrativa’ con repiquage di iniziativa dello stesso
Aldo Busoni che voleva ricordare quell’intero divenuto ormai famoso di
cui non aveva nessun esemplare allo stato di nuovo. Infatti, sia lui che
la ditta stessa non ritennero di conservarne qualche pezzo preferendo
lasciare tutta la produzione alla distribuzione postale. Non ne
trattennero neppure per eventuali doni ai visitatori preferendo
omaggiarli con altri oggetti come bustine di fiammiferi, pacchetti di
sigarette o altro, pensando che una normale cartolina postale non
sarebbe apparsa come la cosa più opportuna per un sia pur piccolo
presente fatto a mano.
Ecco quello che sono in grado di esibire in rapporto ad oggetti legati
alla produzione della ditta, alla sua pubblicità e ai successivi gadget.
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Marchio di fabbrica dell’impermeabile idrostop
della Barbus |
Ritaglio di
pagina di giornale d’epoca che pubblicizza “Barbus / Impermeabili
Confezioni” |
Cartellino
plastificato che stava unito a un prodotto Barbus. |
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Certificato
commemorativo a firma di Aldo Busoni per il trentennale della
“cartolina pubblicitaria Barbus Impermeabili” del 1981 (in realtà,
la cartolina entrò in circolazione nel maggio del 1952). |
Fiammiferi
Minerva aperta con pubblicità Impermeabili Barbus |
Aldo Busoni, nato nel 1913, è giunto a conoscere il terzo Millennio. Ci
ha infatti lasciato nel 2005 all’età di 92 anni.
Cartolina postale “siracusana” da 120
lire per la celebrazione di cui sopra. C’è anche la 60 lire.
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