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Barbus impermeabili
nella storia e nella cronaca

di Carlo SOPRACORDEVOLE  (L'INTERO POSTALE n. 116/117 - 2013)

 

 

La stesura dell’interessante articolo di Giuseppe Li Vigni sugli usi della cartolina postale Barbus Impermeabili, pubblicato in questo stesso numero de L'INTERO POSTALE, mi ha indotto a riprendere alcuni miei scritti di qualche anno fa e trattare nuovamente l’argomento integrandolo, evitando però l’aspetto di cui si è occupato Li Vigni, e fornendo invece notizie su alcuni altri argomenti che riguardano questo intero che si è ormai da tempo collocato fra gli interi postali italiani più noti e ambiti dai collezionisti e che per questo fa parlare di se.

 

 

Ho avuto occasione di occuparmi più volte della Barbus. Dal punto di vista pubblicistico presentai un articolo su Cronaca Filatelica di Febbraio 1986 e mi piace ricordare che fu il mio primo articolo su quella bella rivista che purtroppo non esce più da qualche anno, sulla quale avrei poi scritto molti altri pezzi. Si trattò di un testo a doppia firma perché la mia fu affiancata da quella di un caro amico ora scomparso, Giovanni Micheli, che, in quanto toscano e residente nella zona, aveva avuto notizie dirette da Aldo Busoni, uno dei titolari della Barbus Impermeabili di Empoli. In seguito, io stesso avrei avuto contatti con Busoni e ottenuto qualche altra notizia.

Aldo Busoni e la sua Barbus

Chi era intanto Aldo Busoni? Fu filatelista per oltre ottant’anni e collezionista di molte altre cose, dedicandosi in prevalenza agli annulli. Nel 1991 fu eletto presidente della Federazione Società Filateliche Italiane, carica che mantenne però per un periodo assai breve. Per noi interofili è una figura di rilievo e lo ricordiamo soprattutto per una sua iniziativa: la cartolina postale con pubblicità Barbus Impermeabili.
All’inizio del secolo, insieme al socio Bartolucci, il padre di Aldo aveva fondato ad Empoli un’azienda produttrice di impermeabili che aveva lanciato un proprio modello che prendeva nome dalla ditta stessa: Barbus, da BARtolucci e BUSoni. Allora, nel 1951, le Poste italiane stavano cercando clienti che avessero voluto fare pubblicità per la loro attività commerciale su cartoline postali ufficiali. Dopo la Chlorodont e la Leocrema, le cui rèclame erano già apparse sulla CP 15 lire democratica, stentavano a trovare nuovi interessati, forse a causa di una carente managerialità dell’ufficio preposto. E fu proprio Aldo Busoni, probabilmente spinto dalla sensibilità derivatagli dall’essere un filatelista, che fece aderire la sua ditta alla proposta pubblicitaria delle poste.

Note storiche sugli impermeabili in Italia e sulla ditta Barbus.

(Note tratte dal libro di Ivan Paris “Oggetti cuciti / L’abbigliamento pronto in Italia dal primo dopoguerra agli anni Settanta. Franco Angeli Editore”).
L’impermeabile, quale capo di vestiario da indossare quotidianamente, era nato in Inghilterra verso la metà del XIX secolo quando si riuscì a rendere resistenti all’acqua tele di cotone o di lana mediante l’applicazione di un sottile strato di gomma.
La produzione italiana di manufatti impermeabili si sviluppò fra le due guerre quando sorsero le prime unità a ciclo completo dotate di attrezzature per la tessitura, il fissaggio della tintura, l’impermeabilizzazione e la confezione a macchina di tende e copertoni impermeabili. Contemporaneamente si estese anche la produzione di indumenti impermeabili destinati alla funzione protettiva di lavoratori, agenti, sportivi, militari, cacciatori e di tutti quei soggetti esposti alle intemperie.
In Italia, un importante centro di produzione fu Empoli, città che vedeva operare la ditta Barbus di Bartolucci e Busoni dal 1907 e almeno dal 1919 per la produzione degli impermeabili. La ditta decollò definitivamente nel corso degli anni Trenta soprattutto per le commesse dell’Esercito. Il censimento industriale del 1937-40 registra la grande vivacità delle aziende empolesi che trovarono alcune difficoltà durante gli anni della guerra quando la città di Empoli fu bombardata. Ma con la fine del conflitto la produzione italiana di impermeabili aveva fatto un enorme salto di qualità e il capo made in Italy era in concorrenza con quello inglese e lo superava per qualità.
L’aumento della domanda aveva comportato un ulteriore sviluppo e si dovette far ricorso ad un aumento di lavoranti a domicilio. La Barbus ne contava circa 600 per un totale che nella zona raggiungeva le 20.000 unità, rappresentate soprattutto da cucitrici la cui abilità consentiva di confezionare un impermeabile in 8 ore.
Nel corso degli anni Cinquanta il numero di donne impiegate – soprattutto tagliatrici che lavoravano con forbici e gessetto l’una di fianco all’altra - crebbe almeno fino al 1958, l’anno in cui fu approvata la legge sul lavoro a domicilio che imponeva gli stessi oneri di quelli della fabbrica alla produzione realizzata esternamente.
Questo provocò costi superiori e le difficoltà intervenute finirono per portare al fallimento la ditta Barbus nel 1969.

 


Esemplare inesitato spedito per raccomandazione


Il racconto da un vecchio articolo

A questo punto, mi pare il caso di riprendere ampi stralci dal succitato articolo di Cronaca Filatelica che conserva la sua validità dopo 27 anni.
“ Quando, nel 1951, funzionari dell’Amministrazione delle Poste bussarono all’uscio della Barbus per proporre un’inserzione pubblicitaria, trovarono quasi la porta spalancata.
La Barbus spa Impermeabili di Empoli era a quel tempo un’azienda leader nel settore delle confezioni; forse la più importante d’Italia nel ramo degli impermeabili. Una ditta in continua espansione che dava lavoro a un migliaio di dipendenti. Un colosso di quegli anni.
Le ragioni della pubblicizzazione e del suo ristorno in termini economici furono indubbiamente le spinte essenziali a voler realizzare questa iniziativa pubblicitaria; ma dietro, a favorire questa decisione si annidava la ‘passionaccia’ filatelica di uno dei titolari: ossia Aldo Vinicio Busoni, allora consigliere delegato della Barbus Impermeabili, contitolare di fatto della medesima nella gestione; ed anche, cosa appunto determinante, filatelista di grande qualità: una figura di rilievo del nostro ambiente filatelico.
Proprio con lui abbiamo ricostruito le vicende che portarono alla decisione di far stampare “ Barbus “ su interi postali repubblicani.
Ricorda quei momenti con fresca lucidità perché, a settant’anni suonati, Aldo Busoni conserva la lucidità e l’entusiasmo di un giovane. Sul foglio della commissione diretta al Poligrafico dello Stato, la ditta Barbus indicò e scrisse, di fronte al funzionario che l’aveva interpellata, un’ordinazione per 100.000 esemplari. Molto probabilmente fu considerato un errore interpretativo dell’incaricato e grande fu la sorpresa a Roma quando ne presero visione. Pensarono immediatamente ad un equivoco o a un errore materiale. Cento milioni dovevano essere e non centomila! Era un ordinativo irrisorio, rispetto anche a quello delle altre imprese partecipanti all’iniziativa. Ma la risposta della Barbus fu inflessibile: quello era l’ordine, così era stato proposto e accettato e così avrebbe dovuto essere soddisfatto. All’Amministrazione postale e al Poligrafico altro non rimase che dare esecuzione, sbagliata o meno che fosse.
Quindi la tiratura della cartolina postale “Barbus Impermeabili” è stata di centomila esemplari. E’ già un dato che giustifica pienamente la realtà della sua attuale scarsa reperibilità, specialmente se si tiene conto che in quegli anni, e per diversi ancora, erano praticamente inesistenti in Italia i collezionisti di interi postali.
Ma ora vediamo meglio anche le ragioni della dispersione.
L’invito, impartito dalla Barbus, fu quello di distribuire le cartoline nell’arco più vasto dell’intero territorio nazionale. Perché le ragioni promozionali necessitavano di questo supporto in tutte le regioni. Ancor meglio se in Toscana – dove l’azienda era già nota – ne fossero circolate poche. Ad Empoli – ci testimonia Aldo Busoni – nessuno ebbe mai
a vedere neppure una cartolina nuova. E neanche alla Barbus furono inviati pezzi come omaggio o come giustificativo. Quindi: dispersione per l’Italia come veicolo pubblicitario di innegabile valore per quei giorni. Distribuzione privilegiata nei grossi centri e minima in quelli piccoli. Trovare una di queste cartoline usate in Toscana con un annullo che non sia quello di Firenze, costituisce indubbiamente un evento di notevole rarità e interesse storico-postale. Ma già con questa notizia si entra in un settore nuovo che andiamo ora ad esaminare.
Dell’uso in Toscana si è detto. Non si conoscono cartoline postali Barbus con annullo di Empoli. Sarebbe simpatico trovarne; la caccia è aperta ma non sarà facile rinvenirne una. (omissis)
Abbiamo esaminato solo di sfuggita l’argomento relativo alle date d’uso. La Barbus era sicuramente in circolazione almeno da maggio 1952, ma non ci stupirebbe una segnalazione in data precedente.
Per inciso, la Chlorodont ‘quadriga’ si vede circolare – e con grande abbondanza – dalla metà dello stesso anno, mentre la Leocrema, parecchio più scarsa, non si vede prima dell’anno successivo.
Gli interi ‘quadriga’ vennero gradatamente sostituiti nel 1953 dopo l’emissione, in settembre, del tipo ‘siracusana’. Furono comunque usati ad esaurimento per qualche tempo e posti fuori corso solo dall’1.7.1961. Al termine dello stesso anno, un decreto ministeriale dell’1 dicembre stabiliva la cessazione di tutti i servizi di pubblicità previsti dalla già ricordata legge dell’9.7.1949, motivandola con l’esiguità dei proventi che il servizio aveva procurato e con “sfavorevoli reazioni dell’opinione pubblica e in particolare degli utenti del servizio postale”.

La falsa dicitura Barbus impermeabili

Un intero così raro non poteva sfuggire all’attenzione dei falsari. Una falsificazione, realizzata a Roma nel 1982 venne spacciata per l’originale con notevole sfrontatezza e parecchi di quegli esemplari fasulli circolano tuttora spregiudicatamente nei tavoli di qualche commerciante. Il falsario si è servito di normali esemplari della C.P. 20 lire ‘quadriga’, nuovi e usati, per farvi soprastampare la dizione “Barbus Impermeabili” nella grafica e nel colore dell’originale. Apparentemente molto ben riuscito, il falso si riconosce però facilmente disponendo di una lente con un buon ingrandimento. È infatti impresso in tipografia e, a parte tracce di pressione, la stampa appare uniformemente verde. Nell’originale, invece, la dicitura era stata eseguita in rotocalcografia, impressa a retino, ed appare quindi formata da puntini e trattini. Aggiungo adesso che c’è però un’altra differenza che non è mai stata messa in evidenza. Negli esemplari con dicitura originale la distanza dalla riga mediana verticale e la “I” di impermeabili è sempre di mm 7,5 mentre in quella falsa è variabile ma in genere superiore ai 10 mm, almeno negli esemplari che io ho potuto controllare. E’ una distanza che si nota subito.
Per gli usati sono state utilizzate in grande prevalenza cartoline indirizzate agli Zelatori della Messa di Roma [dimostrando in questo scarso acume].

 


Un esemplare di CP ‘Barbus’ firmata per esteso dal perito prima che si rendesse conto
di avere di fronte una stampa falsa. E’ diretta ai ‘Zelatori della Messa’, indirizzo
che documenta sempre trattarsi di stampe false apposte su CP quadriga ordinaria.

 

Alcuni di questi falsi portano la firma, autentica, di un perito romano [Maurizio Raybaudi Massilia] che fu inizialmente tratto in inganno dalla sicumera dello spacciatore a lui sconosciuto come tale. In conseguenza, fu posto poi nell’imbarazzante condizione – molto apprezzabile peraltro – di presentare un pubblico ‘mea culpa’ nel numero 140 – febbraio 1983 - della rivista “Francobolli”.
A seguire, a fondo pagina, possiamo vedere un confronto delle diciture Barbus impermeabili, dove si può notare (poco, purtroppo) la differenza di stampa ma molto bene la diversa distanza dalla riga verticale.

Le scuse di un perito
Riprendo dunque dalla citata rivista il testo del “mea culpa di Maurizio Raybaudi, scomparso da pochi mesi.
E’ un giorno qualsiasi del mese di dicembre [1982]. Ma un’ora di punta del mio studio: circa le undici. Molto lavoro, come sempre. Due persone nella saletta destinata alle stime, altri due clienti, importanti, in sala d’aspetto ed io molto, molto impegnato, anche per l’assenza di mio padre, fuori sede per la stima di una collezione di Ducati.
Ricevo, seguendo il turno, un cliente abituale e che ci ha dato, specie in passato, molto lavoro. Una faccia pulita, sempre sorridente; una persona educata, fisicamente simpatica e, sempre piena di riguardo per noi. Mi mostra una ventina di buste, cartoline, interi: una piccola partita apparentemente del tutto genuina: E mi chiede se, eccezionalmente, potevo guardargliela subito, senza farlo ritornare.
Per esperienza e per consuetudine noi non facciamo perizie volanti, ma in questo caso, trattandosi di cliente abituale e di una partita di ordinaria amministrazione, decido di accontentarlo. Tranne una busta con francobollo difettoso, tutto sembra O.K.; esamino ogni pezzo firmo, restituisco, ed accompagno il cliente alla porta.
 

Tra quei pezzi, apparentemente di poca importanza, vi erano alcuni interi postali, usati e nuovi del tutto originali, ma con una aggiunta falsa che li rendeva preziosi: Trattavasi della cartolina postale da 20 lire verde, numero 16 del catalogo Sassone, su cui era stata aggiunta, perfettamente imitata tipograficamente, la dicitura pubblicitaria “ Barbus impermeabili “, per trasformarla nella cartolina numero 20, rara allo stato di nuova.
Un trucco abile e molto pericoloso, eseguito tipograficamente – e sarebbe bene individuarla questa tipografia che lavora per i falsari – ma soprattutto un trucco nuovo per me e per altri, un trucco che, per la sua “novità”, aveva sorpreso anche la buona fede di altro e sembra di altri periti.

 

Ingrandimenti del testo originale (sopra) e falso.


Dopo solo qualche giorno, ricevo una telefonata dal dottor Enzo Diena – cui siamo legati da antica amicizia e con il quale abbiamo una costante, preziosa collaborazione professionale – il quale mi avverte di tale trucco, sul quale, ripeto, anche un altro perito era scivolato. Che fare?
Telefono immediatamente al proprietario e, quando dopo molti vani tentativi, riesco a trovarlo, lo avverto del mio errore e lo invito a cancellare le mie firme: Cosa che egli promette di fare subito.
Ma da allora non l’ho più visto!
Il giorno dopo, pur sapendo di nuocere al mio buon nome, telefono a dieci, quindici commercianti importanti in tutta Italia, avvertendoli del fatto. E’ tutto quello che posso fare per evitare che tali pezzi, da me siglati, vengano venduti.
Purtroppo, tutto inutile. Quella persona, tanto educata e simpatica, aveva già sguinzagliato suoi incaricati ed ho motivo di ritenere che i vari interi siano stati tutti venduti … per buoni. Un avvocato di Arezzo mi ha infatti già informato che un suo cliente era stato truffato e che una denuncia per truffa era già stata preparata.
In Italia, come è noto, non si può chiamare “ladro” una persona, neppure quando la si trova con le mani nel sacco.
E così non posso fare qui – come vorrei – il nome della tanto distinta persona. Ma se le mie firme non verranno cancellate e se gli eventuali danni arrecati non saranno immediatamente e totalmente risarciti, sarà mia cura denunciare la predetta persona con il suo nome e cognome all’Autorità Giudiziaria, chiedendo al tempo stesso alla Borsa di Milano, alla Borsa di Roma, alla Federazione Commercianti la radiazione di tale gentiluomo e la sua permanente espulsione da ogni convegno filatelico italiano.
Con amarezza devo constatare che la mia cortesia che mi portò a favorire un cliente abituale, contravvenendo alle nostre tradizionali regole, e la mia grande innata fiducia nel prossimo hanno contribuito a farmi cadere in errore. E non mi è di alcun conforto l’attenuante della grande pericolosità e dell’assoluta novità del trucco.
Valga questa mia pubblica segnalazione a richiamare l’attenzione dei colleghi e dei commercianti – anche di quelli che ci hanno accusato di allarmismo – sulla grande vitalità dei falsari nostrani, la cui insonne estrosa fantasia ci scodella ogni giorno trucchi nuovi e pericolosi. Meglio non abbassare mai la guardia. Concludo con un ultimo generoso invito: il proprietario degli interi truccati si precipiti nel mio studio per strapparli in mia presenza. E’ un generoso ultimo invito. Ma anche un ultimatum. M.R.M.

Al fatto che fu un altro noto perito romano, Enzo Diena, a scoprire il falso, posso aggiungere un ulteriore particolare. Come buona parte dei periti di quegli anni, abituati a lavorare soprattutto sulla verifica dei francobolli, Diena non disponeva di confronti per gli interi e chiese a me se potevo venirgli in aiuto, cosa che feci spedendogli un paio di pezzi. Da qualche parte ho ancora la lettera di restituzione con la risposta di Diena che confermava i suoi sospetti, avvalorati da una foto del falso.

 


Busta intestata della BARBUS di Bartolucci e Busoni


Promozioni e gadget

Mi sembra simpatico e istruttivo fare anche vedere alcuni oggetti pubblicitari di quegli anni della Barbus impermeabili, assieme ad una cartolina postale ‘celebrativa’ con repiquage di iniziativa dello stesso Aldo Busoni che voleva ricordare quell’intero divenuto ormai famoso di cui non aveva nessun esemplare allo stato di nuovo. Infatti, sia lui che la ditta stessa non ritennero di conservarne qualche pezzo preferendo lasciare tutta la produzione alla distribuzione postale. Non ne trattennero neppure per eventuali doni ai visitatori preferendo omaggiarli con altri oggetti come bustine di fiammiferi, pacchetti di sigarette o altro, pensando che una normale cartolina postale non sarebbe apparsa come la cosa più opportuna per un sia pur piccolo presente fatto a mano.
Ecco quello che sono in grado di esibire in rapporto ad oggetti legati alla produzione della ditta, alla sua pubblicità e ai successivi gadget.

 

Marchio di fabbrica dell’impermeabile idrostop della Barbus Ritaglio di pagina di giornale d’epoca che pubblicizza “Barbus / Impermeabili Confezioni” Cartellino plastificato che stava unito a un prodotto Barbus.

Certificato commemorativo a firma di Aldo Busoni per il trentennale della “cartolina pubblicitaria Barbus Impermeabili” del 1981 (in realtà, la cartolina entrò in circolazione nel maggio del 1952).

Fiammiferi Minerva aperta con pubblicità Impermeabili Barbus



Aldo Busoni, nato nel 1913, è giunto a conoscere il terzo Millennio. Ci ha infatti lasciato nel 2005 all’età di 92 anni.

 


Cartolina postale “siracusana” da 120 lire per la celebrazione di cui sopra. C’è anche la 60 lire.

 

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