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Ecco una letterina indirizzata a Livorno, soprascritta redatta in greco ed in italiano e spedita il 6 febbraio 1867 dalla capitale dell’Impero ottomano tramite le poste francesi!! Ci condurrà a chiederci come fosse possibile, negli anni 1860 spedire da Costantinopoli una lettera nel Regno d’Italia… La risposta sembrerebbe molto semplice ed il percorso lineare: occorre recarsi all’ufficio postale, comprare qualche francobollo e poi imbucare la nostra missiva! Occorre però ricordare che siamo nell’Impero ottomano, negli anni 1860… ecco questa bella fotografia datata inizi '900…
Avvertenza… Negli anni 1860 la posta ottomana è poco sviluppata, i primi francobolli sono stati emessi solo nel 1863, non esistono più di 60 uffici nell’intero Impero, che si estende dai Balcani fino ai deserti d’Arabia… quindi il modo più sicuro di trasmissione lo offre solo la posta degli Europei, i cui uffici sono stati aperti nel corso del '700 e, soprattutto, dell ' '800. Ho rintracciato una testimonianza quasi inedita, o almeno dimenticata: nel libro La Turquie en 1861, pubblicato lo stesso anno, il francese B.C. Collas ci informa, al capitolo XVI,
che trasporti e comunicazioni sono molto più difficili all’interno dell’Impero che tra porti ottomani ed Estero. Molte navi collegano Turchia ed Europa, con velocità e prezzi bassi grazie alla concorrenza tra compagnie marittime francesi, inglesi, austriache, russe, belghe, greche, ottomane ed anche egiziane. Il Collas elenca gli uffici postali ed i diversi instradamenti: la posta francese spedisce le corrispondenze con le “Messageries impériales”, la posta austriaca via di mare con il Lloyd e via Danubio con la DDSG, la posta russa via di mare e via di terra, la posta inglese via Marsiglia (e poco dopo via Trieste). Collas si rammarica che gli affrancamenti si facciano, in questi uffici, nelle diverse valute europee, perchè costringono al cambio della moneta, ma il ricorrere alla posta ottomana sarebbe stato ancora più complesso: in un ufficio turco, oltre lo scrivere l’indirizzo nella propria lingua lo si doveva scrivere anche in turco: dunque lo straniero doveva fare ricorso a un «kiatib», scrittore pubblico, che stazionava davanti all’ufficio. Successivamente, il mittente si doveva rivolgere a un primo addetto postale, il quale scriveva sulla lettera l’importo dovuto, un secondo addetto incassava e poi timbrava la lettera. L’indirizzo della lettera veniva poi iscritto da un terzo addetto in un registro chiamato (in lingua francese dai Turchi) journal di cui una copia veniva spedita con il sacco del corriere! Collas aggiunge: oltre alla sua complessità, la posta ottomana si caratterizzava anche per la sua lentezza!! Ora che siamo edotti, cerchiamo un ufficio… europeo!
Solo dopo aver superato questo percorso potrà essere spedita la nostra lettera! Immaginiamo però le perplessità del lettore… “Poste europee” in uno Stato indipendente e sovrano?!! Nel corso del secolo XIX, le principali potenze europee aprirono, come già detto, uffici postali nei grandi porti e città dell’Impero ottomano. Lo scopo era di collegare con celerità ed efficienza i loro sudditi presenti nel Levante (diplomatici, commercianti, etc.) con la madre patria europea. Il potere ottomano, indebolito, era stato costretto a riconoscere, nel corso dei secoli, vari privilegi agli Stati Europei sottoscrivendo i trattati chiamati “Capitolazioni”. Ad onor del vero, questi servizi postali ed il loro mantenimento, formalmente non erano stati previsti dai trattati e quindi non rientravano nei privilegi concessi, ma progressivamente questi Stati Europei erano riusciti ad imporli. Questa situazione geopolitica era chiaramente compendiata da uno zar di Russia che non aveva esitato a definire l’Impero ottomano come “uomo ammalato dell’Europa”! Il territorio asiatico dell’Impero ottomano nell’atlante francese Garnier (1862). Il sultano di Costantinopoli esercitava, all'epoca, la sua autorità anche negli odierni paesi dei Balcani (dalla Serbia alla Bulgaria) e sul Nord dell’Africa, dall’Egitto fino alla Tunisia.
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