MEMORIE
di Antonio Rufini

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Memorie di un anziano collezionista di storia postale (XXXIII parte):

CURIOSITA’, ERRORI ED ORRORI NELLE AFFRANCATURE MECCANICHE DELLE POSTE

Antonio Rufini

§3) – Termino, con questa puntata, a mostrare parte di ciò che ho raccolto in tanti anni.
Faccio una prima importante premessa: si tratta di Storia Postale contemporanea, e non avrebbe potuto essere diversamente, dato che le M.A. delle Poste sono comparse solo dagli anni ’50-60 dello scorso secolo.
Le curiosità, gli errori e gli orrori sono stati non moltissimi ma moltissimissimissimi (mi si perdoni il neologismo), cioè “de più” come si direbbe qui a Roma.

Gli oggetti di Storia Postale riferentisi alle affrancature delle Poste debbono essere stati milioni; continuo a ripetere che le M.A. venivano date in uso a quegli Uffici che avessero accettato almeno 5.000 raccomandate singole al mese; di più: le M.A. usate dagli Uffici sono state altre 7.000, di vari produttori; è sufficiente fare un conto grossolano per comprendere quanti oggetti “raccomandati” o “assicurati” possano aver circolato: diciamo che se uno degli Uffici con più lavoro poteva aver raccomandato da un minimo di 35.000 raccomandate l’anno (ma anche quantitativi ben maggiori), quindi in dieci anni circa 350.000 raccomandate e in venti anni 700.000 raccomandate, basta moltiplicare per le prime 2.000 M.A. assegnate agli Uffici il circa un milione di raccomandate accettate (per ogni macchina) nel trentennio 1970-2000 ed i quantitativi che ne vengono fuori sono da mettere paura, cioè oltre il miliardo.

Il preambolo è stato d’obbligo; l’errore -per quantitativi di invii così giganteschi- è stato corrispondente.
Un “teoria generale” dell’errore afferma, ignoro su quali dati scientifici, che tutto ciò che è fatto dall’uomo ha una certa possibilità di “errore umano” e la percentuale più ottimistica afferma che l’errore umano probabile sia del 3%; se vogliamo prendere tale dato per buono e andiamo a curiosare nei numeri giganteschi delle raccomandate accettate, con le varie M.A. dall’Azienda postale e poi da Poste Italiane dalla fine degli anni ’50 in poi, i numeri che ne vengono fuori, anch’essi, mettono paura.
Io mi sono dedicato agli errori ed alle curiosità più bizzarre.

Questo paragrafo conclusivo è destinato alle A.M. P.T. di “integrazione”, sia grandi che piccole integrazioni.
Quando le integrazioni con A.M. P.T. sono piccole e non spudoratamente “filateliche” non sono comuni, mentre le grandi integrazioni le ho trovate spesso quale risultato dello svecchiamento dei valori contenuti nei “classeurs” raccoglitori dei mittenti (Società, Uffici vari e Ditte) perché intanto era inutile tenere piccoli valori di difficile utilizzo e poi, ”incolla tu che incollo io“, la vecchia spazzatura di francobolli di taglio impossibile (con valori facciali di vecchie o vecchissime tariffe), alla fine la differenza di affrancatura la si pagava in contanti allo sportello.
Il tutto è da prendere sempre con le pinze da facocchio a braccio lunghissimo, perché l’imbroglietto filatelico è sempre dietro l’angolo e sono io il primo ad affermarlo, io che di invii “filatelici” ne ho fatti tantissimi, attorno ai 500 in vari decenni.

Quindi? Quindi inizio col mostrare le piccole integrazioni fatte con A.M. P.T. delle quali alcune, se anche “filateliche”, sono veramente carinissime e seguito poi con le altre e con altre cosine curiose scelte a caso e non troppe (numericamente) per timore di annoiare eccessivamente i lettori de IL POSTALISTA; ma la bellezza degli oggetti postali circolati non è proprio questa: NON STANCANO MAI?


















Antonio Rufini
03-05-2022

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