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Una raccomandazione non pagata
di Edoardo P. Ohnmeiss

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Con mia grande soddisfazione, unita anche ad un certo stupore, l’amico e attivissimo socio Luigi Impallomeni mi presenta una lettera di epoca napoleonica con l’inequivocabile bollo CHARGÉ di Portoferraio. Gli sono molto grato per la fiducia che mi accorda, circa la mia competenza in merito.


La lettera reca, al suo interno, la data del 14 aprile 1807. Il bollo nominativo di partenza indica PORTO-FERRAIO — ISLE D’ELBE e ha il numero dipartimentale 19, tipico del Dipartimento GOLO al quale t’isola d’Elba inizialmente apparteneva.
Infatti, prima di essere aggregata al Granducato di Toscana di Elisa Bonaparte Baciocchi, l’Elba faceva parte dei dipartimenti nazionali francesi.

Facciamo un passo indietro. Come è risaputo, Napoleone volle “castigare” la sorella Elisa perché -contro il suo parere- aveva sposato il capitano Felice Baciocchi, un militare di origini còrse. E fu il secondo smacco subito dal Bonaparte, il quale per le proprie sorelle vagheggiava matrimoni di altissimo e nobile lignaggio; ma soprattutto con persone dai portafogli molto capienti. Invece già la Carolina, invaghitasi del Murat che sposerà nel 1800, e poi la Elisa attratta dallo sconosciuto Baciocchi, che essa impalmerà l’anno successivo, lo avevano reso insoddisfatto ed acerbo. Fu così che il Nostro relegò la scombinata coppia dei Baciocchi a Piombino, tuttavia con il titolo di “Principi”. Un piccolo territorio che Elisa definì sempre “il mio fazzoletto di terra”.
Però, allorquando Napoleone si incoronò da solo -il 26 maggio 1805, nel Duomo di Milano- Elisa, presente alla cerimonia, iniziò a spingere con insistenza e chiedergli molto di più. L’occasione verrà dapprima con il “regalo” del Ducato di Lucca, trasformato in Principato di Lucca e Piombino (24 giugno 1805) e successivamente mediante il Granducato di Toscana (2 marzo 1809).

Torniamo all’Isola d’Elba. Dopo essere stata strappata al Re di Napoli ed agli inglesi nel 1801, l’Isola venne aggregata alla Francia con un decreto del 26 agosto 1802 , per farne parte integrante quale “Dépertement du Golo”, come sopra detto. Quando Napoleone si impadronì della Toscana, all’epoca chiamata Regno d’Etruria (10 dicembre 1807), tutti pensavano che anche le isole dell’Arcipelago Toscano passassero al Regno d’Italia, come era nelle prime intenzioni dell’imperatore. Invece egli cambiò idea e fece integrare la Toscana nel suo impero di Francia, facendo così nascere i tre dipartimenti 112-113 e 114 (24 marzo 1808). Postalmente, però, l’Elba non fu subito aggregata al Dipartimento 113, detto del MEDITERRANEO. L’isola rimase inglobata nel 19 GOLO sino al 24 ottobre 1811. Il che rende preziose le impronte dei bolli con l’indicazione dipartimentale 113 PORTO-FERRAIO, senza l’aggiunta ISLE D’ELBE.

Dopo questo breve excursus storico, riprendiamo il discorso sulla lettera dell’amico Impallomeni. Come è possibile vedere il bollo CHARGÉ impresso su di una lettera non bollata con il timbro di Porto Pagato? Tutti ormai siamo a conoscenza del fatto che ogni lettera raccomandata doveva essere prepagata, ovvero avere la tassa assolta in partenza. Vi era l’unica eccezione delle lettere “raccomandate d’ufficio”, cioè quelle per le quali il direttore riteneva contenessero o denaro o comunicazioni di massima importanza. In tal caso egli doveva scrivere al recto della missiva “Recommandée d’office” e quindi registrarla sul “Foglio d’avviso".
Poiché il porto non era stato assolto in partenza, il timbro da usare era quello con l’impronta nominativa, detto anche bollo di “porto dovuto”. Se la lettera era d’ufficio, egli indicava la sua non tassabilità con una diagonale, ossia segnalava così che essa era franca.

Nel presente caso siamo di fronte alla insolita bollatura con il timbro CHARGE, utilizzato in luogo dell’indicazione manoscritta “Raccomandata d’ufficio”. Regolamentare è la diagonale suindicata. Infatti il Regno di Etruria per la Francia era ancora Estero e quindi è molto probabile che la forma manoscritta di raccomandazione d’ufficio non venisse appieno recepita. Dal testo interno, si evince che si tratta di una lettera scritta da Louis Baciocchi (un cugino del Principe Felice), direttore della Posta di Bastia (Corsica), attualmente in missione di servizio sull’Isola d’Elba. Egli si rivolge al collega fiorentino, direttore delle Poste d’Etruria, con queste parole:

“Ho l’onore di indirizzarvi, unito alla presente, il mio attuale Foglio di carico per il vostro ufficio riportante tutte le spedizioni che vi ho indirizzato per le lettere tassate (leggi: in porto dovuto) relative all’ultimo trimestre di gennaio. Dopo il vostro controllo, vi sarà facile riconoscere che ne risulta un avanzo a mio favore di trentasei franchi, che mi accrediterete sia in denaro sia con lettere non recapitate, secondo ciò che giudicherete utile.”

A chiusura della lettera i saluti del direttore Baciocchi e... il mio commento.

Prima considerazione: durante il Regno di Etruria non vi era una corrispondenza di conteggio con la Francia. Le pendenze venivano regolate in “clearing”, vuoi contro denaro o vuoi contro la somma delle tasse non esigibili all’arrivo. Pertanto nel Regno etrusco non era conosciuta la procedura del “Déboursé”, la quale verrà introdotta in Toscana soltanto nel marzo del 1808, durante il “Periodo Dauchy”.

E, seconda considerazione, anche se ritenuto Stato estero, con quel Regno i francesi si comportavano come se già fosse un’appendice della Francia: spedivano le loro lettere con il porto non assolto in partenza, pretendendo che venissero umilmente accettate, ancorché raccomandate. Mancavano circa sette mesi alla definitiva presa di possesso del Regno di Etruria, che verrà realizzata con un’azione militare alla Bonaparte, tuttavia essi lo consideravano già loro: Vive l’Empereur!
 
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