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Il “NUMERO A FRAZIONE” in provincia di Pistoia introduzione |
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Alcide Sortino | |||
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STORIA DEL FRAZIONARIO All’inizio del novecento, il costante sviluppo economico, portò ad un aumento dei servizi a denaro, ma l’omonimia, o quasi omonimia, di molti uffici postali creava numerosi disguidi, aggravati dalla scrittura manuale, spesso poco comprensibile. Sorse quindi la necessità, anche in vista della prevista riforma di questi servizi, di assegnare ad ogni stabilimento postale un indice univoco. Per studiare la soluzione fu istituita il 29.5.1905 una apposita commissione che concluse l’incarico presumibilmente nel 1906, dato che furono considerati gli uffici esistenti a tutto il 31 dicembre del 1905. Due erano le indicazioni che il nuovo identificativo doveva fornire a prima vista: l’ufficio che effettuava l’operazione e la direzione provinciale di appartenenza, la cui sezione ragioneria aveva in carico la contabilità e i movimenti delle somme di denaro. La commissione individuò una soluzione semplice e indovinata nel “numero a frazione”. Tale frazione, poi indicata comunemente come “frazionario”, prevedeva al numeratore il numero corrispondente alla provincia e al denominatore il numero assegnato all’ufficio. Va ricordato che allora le 69 province del Regno erano numerate secondo l’ordine alfabetico (numeri che ad esempio comparivano in colore rosso sulle targhe degli autoveicoli, fino all’adozione delle sigle provinciali nel 1927) e quindi il numeratore era di facile, se non immediata, comprensibilità per chi aveva a che fare con procedure burocratiche. Per il denominatore, ovvero l’indice distintivo dell’ufficio, il numero 1 venne riservato alla Direzione provinciale, che all’epoca comprendeva la cosiddetta “Posta centrale” e la relativa sportelleria, mentre dal 2 in poi seguivano gli uffici in ordine alfabetico. Ma oltre ai normali uffici postali, ve ne erano anche altri che svolgevano servizi a denaro, onde la necessità di ulteriori indicativi: pertanto, dopo il 69/ di Vicenza (l’ultima provincia nell’ordine alfabetico) il 70/ venne utilizzato per gli uffici all’estero e per le Colonie, il 71/ per le Casse navali, il 72/ e il 73/ per il Ministero degli esteri, che allora gestiva le rimesse degli emigranti. Pertanto agli uffici “pistoiesi” allora in provincia di Firenze fu assegnato un frazionario 25/, mentre quelli in provincia di Lucca ebbero un 33/. Ma nel 1915-1916 cominciarono ad apparire dei timbri datari in cui al posto del capoluogo di provincia c’era il frazionario, o meglio i suoi due elementi separati da un trattino. Non è mai stata chiarita l’origine di questi timbri, probabilmente concepiti per velocizzare le operazioni a denaro, dato che contemporaneamente indicavano data e frazionario. Ma poi in pratica vennero utilizzati anche per le altre operazioni, come il trattamento della corrispondenza, specie nei piccoli uffici, dove evidentemente era sufficiente e più pratico usare un unico timbro. Di questi particolari datari, chiamati poi in gergo “Tondo frazionari”, fu poi ordinato nel 1926 il ritiro, perché la mancanza dell’indicazione del capoluogo, provocava disguidi ed equivoci, in sede di smistamento e nel pubblico. Ma in pratica il loro uso continuò, sia pure in maniera decrescente e in alcuni casi cessò addirittura solo con la generale sostituzione dei datari nel 1968, per l’adozione del CAP.
Ma dopo la riforma amministrativa del 1923, giunse quella “madre” del 1926, che segnò l’abbandono dell’ordinamento napoleonico, con il passaggio da quattro a soli due enti territoriali (soppressione di Circondari e Mandamenti), mentre nel Veneto e nel Mantovano, dove era stato mantenuto l’ordinamento austriaco a tre enti, furono soppressi i Distretti. La soppressione dei Circondari portò alla costituzione di 17 nuove province (al contempo quella di Caserta venne soppressa per motivi politici e spartita tra le cinque province limitrofe). Ma nelle relative nuove Direzioni Provinciali non fu creata la “sezione ragioneria”, per cui non furono assegnati nuovi frazionari e gli uffici continuarono a dipendere per i servizi a denaro dalle vecchie Direzioni di appartenenza (fece eccezione Frosinone, cui fu assegnato il numero 81/). Pertanto gli uffici ex “fiorentini” compresi nella nuova provincia di Pistoia conservarono il frazionario 25/ e continuarono a fare capo per questi servizi a Firenze. Sulla mancata creazione delle sezioni ragioneria, possiamo fare solo delle supposizioni. Certamente c’erano anche motivazioni economiche per non ampliare gli organici, ma più probabilmente la considerazione che il contemporaneo cambiamento delle domiciliazioni delle operazioni di qualche migliaio di uffici avrebbe provocato un tale sconquasso, non certo in linea con l’efficientismo e la “celerità fascista” cari al Regime. Questo procedimento fu applicato nel 1928 agli uffici delle località della Valdinievole trasferite alla provincia di Pistoia, con abbandono del 33/ di Lucca per il 25/ di Firenze.
Arriviamo al 1951 quando, soprattutto per motivi clientelari, furono istituite le sezioni “ragioneria” nelle Direzioni che ne erano prive e, per non oltrepassare le due cifre del numeratore, vennero utilizzati anche indici provinciali non più in uso, per la perdita dei relativi territori. Per non creare confusioni con i preesistenti uffici (va ricordato che all’inizio degli anni ’70 la contabilità di vari uffici delle ex colonie non era stata ancora chiusa), la loro numerazione (ovvero il denominatore) iniziò dal 101. Inoltre, poiché alla fine degli anni ‘venti erano stati scorporati dalle Direzioni provinciali i vari uffici operativi (A.D., C.P., V.R. Telegrafo), la sequenza dei nuovi frazionari inizia con tutti gli uffici del capoluogo e non con un unico numero assegnato alla Direzione. Pertanto a Pistoia venne assegnato l’indice 85/ (già del Galla e Sidama), numerando gli uffici del capoluogo dal 101 di Pistoia V. R. al 108 di Pistoia 4 e poi in ordine alfabetico gli uffici “normali”, dal 109 di Abetone al 197 di Villa Baggio, concludendo al 200 con le due collettorie e l’unico ufficio telegrafico non accora riunito all’ufficio postale (Borgo a Buggiano). Con il 201 inizia una nuova sequenza cronologica, aperta da Montemagno di Quarrata, ufficio istituito nei primi anni ’50.
Con gli anni Novanta, con l’adozione di procedure informatiche centralizzate, che considerano il numero nel suo insieme e in cui non riveste alcuna importanza l’indicazione della provincia, il “numero a frazione” concluse la sua funzione iniziale, ma quasi riscoperto dall’amministrazione postale, è diventato un indice per individuare i centri di spesa e in genere ha perso la forma di frazione, diventando un numero a 5 cifre. Il criterio del “centro di spesa” ha fatto sì che anche gli uffici senza sportelleria, ma unicamente di movimento, come quelli di distribuzione creati con la separazione del recapito dal “retail”, siano contrassegnati da un frazionario. Ricapitoliamo infine la situazione della provincia di Pistoia, insolita perché interessata da tre diversi frazionari. In particolare: gli uffici creati dopo il 1951 hanno avuto solo l’85/, gli uffici già in provincia di Firenze hanno avuto prima il 25/ e poi l’85/, gli uffici già in provincia di Lucca hanno avuto in sequenza il 33/, poi il 25/ ed infine l’85/. Vai all'Elenco degli uffici con numero frazionario BIBLIOGRAFIA I.Robetti, L.Oliveri, A.Sortino, L’introduzione del numero a frazione e i bolli tondo frazionari – L’antica provincia di Torino 63/…, Edizioni ANCAI, 2019; Ringraziamenti ad Alberto Caroli e Daniele Focosi per le impronte dei bolli e a Enrico Bertazzoli per il loro restauro, a Giorgio Alberti per le TP label. Alcide Sortino |