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Grande Guerra: alcune cartoline della propaganda italiana, austro-ungarica e tedesca
di Paolo SENO (Studio Bibliografico Ofi)

 

28 luglio 1914: scoppia la prima guerra mondiale.
Il 23 maggio 1915, dopo dieci mesi trascorsi in campo neutrale, l'Italia consegna la dichiarazione di guerra all'Austria. Alle 4 di mattina del giorno dopo, il 24 maggio, dal forte Verena sull'altopiano di Asiago parte la prima cannonata contro le opere difensive austriache posizionate nell'odierno Trentino.
Quel colpo di cannone - cui seguiranno tre lunghi anni di tragedie e orrori - oltre all'apparato militare mise immediatamente in moto anche la macchina della propaganda, che utilizzò tutti i toni, da quelli più violenti a quelli della satira.

Da parte italiana si cercò di motivare soldati e opinione pubblica evocando contro il secolare nemico il risorgimento e la redenzione di Trento e Trieste.
In seguito alla disfatta di Caporetto e all'invasione di una porzione di Veneto da parte delle truppe austro-ungariche e tedesche, la propaganda puntò sull'esigenza di riscatto, al fine di liberare le popolazioni italiane occupate dai "barbari".
Quest'ultimo argomento fu largamente utilizzato per promuovere l'adesione ai prestiti nazionali che periodicamente il Ministero del Tesoro indiceva per sostenere gli enormi costi del conflitto (a fine guerra le spese sarebbero ammontate per il Regno d'Italia a 157 milioni di lire su un PIL di 95 milioni di lire!).

Austriaci e tedeschi, invece, fecero fondamentalmente leva sul tema del tradimento. Non bisogna dimenticare che quel colpo di cannone era stato sparato contro una nazione alla quale l'Italia fino a pochi giorni prima era ufficialmente legata da un'alleanza militare. Infatti il trattato conosciuto con il nome di Triplice Alleanza e che univa Italia, Austria e Germania fin dal 1882, era stato denunciato dal parlamento italiano solo il 20 maggio 1915.
Ma a parte gli argomenti di natura diplomatica, la propaganda austriaca si focalizzò anche sul tema dell'integrità territoriale: infatti l'Italia, avendo posto fra i propri obiettivi il raggiungimento del confine del Brennero, mirava esplicitamente ad annettersi territori abitati da popolazioni di lingua tedesca.

Le cartoline, considerata la straordinaria efficienza della posta dell'epoca, costituirono fin da subito uno dei principali veicoli di questa guerra di propaganda.
Di seguito viene presentata una galleria di originali d'epoca prodotti dagli schieramenti in campo, con la speranza che questa breve esposizione possa essere integrata con ulteriori esempi proposti dai lettori.

1.

Cartoline messe in commercio nel periodo precedente l'entrata in guerra dell'Italia.
Su quella austriaca (in alto) la didascalia recita: Das europäische Gleichgewicht 1914, l'equilibrio europeo nel 1914.
Agli imperi centrali l'atteggiamento neutrale dell'Italia che, come ricordato, era loro vincolata da un'alleanza militare, non doveva apparire il massimo della fedeltà ai patti.
In questo caso viene illustrato in maniera satirica lo sforzo compiuto dalle forze in campo nel primo anno di guerra, con austro-ungarici e tedeschi che tengono testa a russi, belgi, francesi, inglesi, serbi, montenegrini, mentre spicca al centro - non certo per l'altezza… - un disimpegnato re Vittorio Emanuele II.
La cartolina italiana rappresenta un Vittorio Emanuele irremovibile difronte ai tentativi del Kaiser tedesco Guglielmo II e di Francesco Giuseppe di trascinarlo al loro fianco nella guerra che insanguinava l'Europa.
L'immagine indica chiaramente da chi provengano le lusinghe e da chi le minacce. In realtà le cose andarono diversamente: furono proprio i tedeschi, mediante la tenace opera di Bernhard von Bülow, ad adoperarsi concretamente affinché le richieste territoriali italiane venissero accolte in via diplomatica, scontrandosi con l'orientamento degli ambienti militari austro-ungarici che intendevano invece chiudere definitivamente con la forza la partita con il nemico di sempre e con lo stesso irrigidimento da parte italiana.

2.

E siamo al fatidico 24 maggio. La cartolina italiana (in alto) ritrae le nostre truppe nell'atto di varcare il confine con l'impero austro-ungarico.
Colpisce l'entusiasmo dei soldati: Cadorna aveva previsto una guerra di movimento che avrebbe portato in poco tempo l'esercito italiano a Lubiana per finire - con il concorso dell'esercito serbo - addirittura a Vienna!
Quei poveri soldati non sapevano ancora che da lì a pochi giorni si sarebbero scontrati contro le invalicabili linee difensive austriache e che il conflitto si sarebbe trasformato in una logorante lotta di posizione, intervallata solo dal macello in cui si risolsero le battaglie sull'Isonzo.
La dichiarazione di guerra italiana provocò immediatamente nell'opinione pubblica d'oltralpe una reazione indignata; difficile però poter dire che si trattò di una sorpresa. In realtà l'occasione era troppo ghiotta e la propaganda non si lasciò sfuggire la possibilità di cavalcare il tema del tradimento.
La cartolina, stampata in forma di epigrafe, annuncia la morte dell'ex alleato, cui non si vengono risparmiati termini quali infedele, megalomane, avido.
L'annuncio si premura di comunicare che i funerali si sarebbero svolti sotto il fuoco, nel nuovo teatro di guerra.

3.

Interessante notare come l'iconografia utilizzò gli stessi temi per concetti opposti.
La cartolina italiana ritrae un angelo vendicatore che agguanta l'aquila bicipite. Il gladio che impugna non lascia dubbi sul fatto che per l'impero austro-ungarico è arrivato il momento di pagare per tutti i misfatti compiuti in territori considerati italiani.
Nella cartolina austriaca il fendente della spada, trasformatasi nel più subdolo pugnale, viene fermato da un braccio corazzato, emblema della forza e della determinazione con cui le mire territoriali italiane verranno vanificate.
L'immagine è accompagnata da una didascalia - Denk an Novara, an Custoza denke, Vergesse nicht auf Lissas eh'rnen Schlag, Wir kennen uns und kennen deine Ränke, Es kommt gewiß hiefür der Rache Tag. - che evoca, dal punto di vista austriaco, le vicende ottocentesche: arriverà certamente per l'Austria, che non dimentica le vittorie di Novara, Custoza e Lissa e conosce molto bene di quali intrighi è capace l'Italia, il giorno della vendetta.

4.

La cartolina italiana (a sinistra) riproduce un dipinto dell'artista Plinio Novellini che ritrae in forma allegorica le città di Trento e Trieste sotto l'abbraccio protettivo dell'Italia.
Le donne ai lati esprimono tutta l'angoscia causata dalla spietata dominazione austriaca. Su questo atteggiamento prevale la fermezza e la determinazione della figura centrale avvolta dalla luce di una nuova era.
Dopo gli anni caratterizzati dalla dura e talvolta cruenta repressione da parte delle forze di occupazione, sembrava proprio che il sogno di liberare le terre irredente si potesse realizzare.
Un sogno che si scontrava con realtà storiche e culturali ben diverse. In particolare l'obiettivo italiano di portare i confini al Brennero cozzava contro i sentimenti della popolazione di lingua tedesca, che nel corso della storia aveva sempre difeso strenuamente il proprio territorio dagli stranieri.
La cartolina austriaca infatti illustra un soldato con la divisa delle truppe da montagna austro-ungariche e un uomo che indossa l'abbigliamento tradizionale, mentre sullo sfondo garrisce la bandiera del Tirolo con la tipica aquila rossa.
Entrambi sono armati per contrastare la minaccia incombente, come sottolinea la didascalia che, invocando l'aiuto di Dio, invita giovani e vecchi tirolesi a far fronte comune contro gli Italiani - Zur Jugend schaaren sich die Alten. Kommt an, Ihr Welschen. Gott soll walten! -.

5.

La cartolina di sinistra promuove l'adesione al prestito nazionale. Raffigura l'Italia che indica alle truppe italiane la via per la vittoria.
Sotto l'illustrazione allegorica sono riportate le parole scritte dal ministro del Tesoro in carica ed ex garibaldino Paolo Carcano (1843-1918): "Tutti sanno che sono in giuoco la sicurezza e l'onore, la vita e l'avvenire della Nazione: e tutti sono pronti a qualsiasi sforzo occorra perché, in questo periodo tragico della storia umana, l'Italia scriva una pagina degna del suo passato delle sue tradizioni e della sua missione nel mondo. Paolo Carcano - 14 dic. 1916".
Immagine ottocentesca, che non aveva alcuna aderenza con la realtà: nessuno meglio dei bersaglieri potrebbe rappresentare l'irruenza dell'attacco, quello che la raffigurazione non poteva - ovviamente - documentare è il fatto che le migliaia di fanti italiani lanciati all'assalto trovavano le micidiali mitragliatrici austriache ad accoglierli.
La "risposta" austriaca è costituita dall'immagine di una donna in procinto di sguainare la spada per difendere da mani voraci il pacifico lavoro dei tirolesi.
In calce viene citata una frase pronunciata dal cancelliere tedesco Theobald von Bethmann-Hollweg (1856-1921) il quale, pochi giorni dopo che l'Italia aveva dichiarato guerra all'Austria, aveva pronunciato un discorso nel quale stigmatizzava il voltafaccia italiano avvenuto in disprezzo a tutte le questioni politiche e morali, sottolineando inoltre che il tradimento era avvenuto malgrado le numerose concessioni messe sul piatto dall'Austria, che non sarebbero costate all'Italia una sola goccia di sangue: il passaggio al regno delle terre del Tirolo e dell'Isontino con popolazione di lingua italiana, la soddisfazione degli interessi nazionali per quanto riguarda Trieste, mano libera in Albania, soprattutto per quanto riguarda il controllo dell'importantissimo porto di Valona.
Von Bethamm-Hollweg concluse il suo discorso con queste testuali parole, sottolineate da applausi scroscianti: "Perché non hanno accettato? Vogliono forse conquistare il Tirolo tedesco? Hände weg!, Giù le mani!".
La frase divenne uno dei motti più popolari utilizzati dalla propaganda austriaca in chiave anti-italiana.

6.

Entrano in campo le bandiere. La cartolina italiana (a sinistra) riproduce un'opera di Giannino Castiglioni raffigurante una figura maschile che pianta il vessillo italiano su una cima del Trentino.
L'illustrazione è accompagnata dai versi di una nota canzone che risponde all'anelito delle popolazioni di lingua italiana sottoposte al giogo straniero: "Sulle balze, sulle balze del Trentin / pianteremo, pianteremo il Tricolor, / O Trieste, o Trieste del mio cuor / ti verremo, ti verremo a liberar".
Ma non si sono fatti i conti con l'orgoglio delle popolazioni che vedono nella guerra dichiarata dall'Italia una minaccia alla propria indipendenza: nella cartolina austriaca i Tirolesi sono infatti ritratti mentre, sventolando la loro bandiera, mettono in atto i propositi di respingere i tentativi di conquista italiana, come dimostrano i bersaglieri vittime del loro impeto.
La didascalia - Tiroler Adler rot wie Blut, Zeig jetzt deine Krallen! - non lascia dubbi sulla determinazione con cui i Tirolesi intendono respingere quelli che dal loro punto di vista sono aggressori: l'aquila tirolese, rossa come il sangue, ora mostra gli artigli.

7.

Le velleità territoriali italiane suscitarono negli austriaci anche reazioni di pura ironia, tendente soprattutto a tranquillizzare l'opinione pubblica interna sull'esito dei tentativi nemici di raggiungere gli obiettivi prefissati.
Con particolare riferimento a Trento, in questa cartolina una colonna di prigionieri italiani che comprende, oltre agli onnipresenti bersaglieri, anche fanti e alpini, è scortata da un paio di soldati austriaci, belli impettiti anche se - per la verità - un po' anzianotti.
La didascalia è folgorante: Einzug der Italiener in Trient, l'ingresso degli italiani a Trento!
Ben diversa l'entrata a Trento di Battisti, come documenta la cartolina italiana che lo ritrae mentre viene accompagnato al patibolo.
Cesare Battista, essendo nato a Trento era un cittadino austriaco. Ma era un fervente irredentista e allo scoppio della guerra si era arruolato tra le file dell'esercito disertando la chiamata alle armi di quello austro-ungarico.
Partecipando in qualità di tenente degli alpini alle operazioni che si svolsero sul Monte Corno ai primi di luglio del 1916, venne fatto prigioniero. Pur avendo dato generalità false venne riconosciuto e condotto a Trento dove, dopo un processo farsa (il boia si era già messo in viaggio da Vienna prima dell'inizio dell'udienza), venne impiccato.
L'episodio venne immediatamente divulgato attraverso la stampa nazionale italiana, divenendo in breve uno straordinario strumento di propaganda anti-austriaca.
La cartolina riprodotta, che promuove l'adesione a uno dei tanti prestiti di guerra, riporta la seguente didascalia: "Domandatevi: Che cosa fece Egli per l'Italia? Che cosa ho fatto io? Sottoscrivete!"

8.

Non solo le popolazioni del Tirolo tedesco si sentivano minacciate dagli Italiani. Anche le popolazioni della Carinzia, regione situata sulla linea di confine, sentirono l'esigenza di testimoniare la propria volontà di difendere senza esitazioni la propria terra.
Anche in questo caso l'iconografia rappresenta un civile in abiti tradizionali unito a soldati delle truppe austriache di montagna. La didascalia - Schutz der heimat gegen welschen Verrat in Kriegsjahr 1915 - invita a proteggere la patria contro il tradimento italiano.
Seguono i versi di Ottokar Kernstock (1848-1928), famoso poeta patriota e prelato austriaco, che esortano gli eroici abitanti della Carinzia a non tremare, così come non tremano le montagne della loro regione.
Da parte italiana il fronte italiano costituisce lo scenario per un'immagine molto incisiva, ma che a noi appare stridente: due bianche colombe - con ramoscello d'ulivo d'ordinanza - appollaiate sull'elsa di una spada che trafigge l'aquila a due teste.
Il sangue che sgorga copiosamente dal simbolo dell'impero austro-ungarico contrasta in maniera pesante con la parola "pace" citata nella didascalia: "Per una pace duratura e feconda!...".

9.

Suggestiva cartolina che riproduce un'opera di Bruno Grimmer Kriwub, artista attivo nel campo della pubblicità e dell'illustrazione di libri per ragazzi e che nel corso della Grande Guerra contribuì alla produzione di immagini di propaganda.
Il messaggio, pronunciato in questo caso da un granitico e fiero soldato austriaco, è il solito: Hand weg - Verräter!, giù le mani, traditore.
Un monito reso ancor più incisivo dal modo con cui è ritratto il bersagliere, inginocchiato quasi a implorare pietà.
Di diverso tenore il modo in cui sono rappresentati i soldati austriaci nella cartolina italiana, tre ceffi che avvinghiano una madre con il figlioletto.
Siamo al dopo-Caporetto e il clima è decisamente cambiato: non si accenna più a territori da redimere, ma a territorio nazionale invaso.
La cartolina, che promuove l'adesione al prestito nazionale, fa leva sulla tragedia vissuta dai civili - soprattutto donne e bambini - in balia della soldataglia nemica. La didascalia è esplicita: "Fratelli salvatemi! Sottoscrivere!".

10.

A questo punto la situazione si è ribaltata: l'Italia, che aveva cominciato il conflitto nella veste di attaccante, dopo la ritirata sul Piave e sul Grappa ha una parte del proprio territorio nazionale invaso e si trova nella situazione di doversi difendere con i denti dalla pressione avversaria.
Vengono presentate due cartoline che affrontano, da punti di vista opposti, lo stesso tema: la difesa del territorio.
Nel caso austriaco viene enfatizzata la difesa dell'integrità territoriale dell'impero rappresentando un bersagliere - figura emblematica che nell'immaginario austriaco rappresentava l'esercito italiano - mentre viene ricacciato in prossimità del cartello che segnala il confine in alta montagna.
La didascalia riprende un tema ricorrente: Hände weg, Treuloser, dies ist heiliger Boden!, giù le mani, traditore, questo è suolo sacro!
Quasi identica l'illustrazione ad opera di Achille Beltrame riprodotta nella cartolina italiana: un fante italiano prende per il collo un soldato tedesco appartenente alle truppe che parteciparono alla XII battaglia dell'Isonzo e che decretò la disfatta dell'esercito italiano.
Fu un momento delicatissimo per l'Italia, nel quale si ricorse a ogni risorsa per arginare il tracollo. Per quanto riguarda la propaganda non ci si fece remore a evocare niente meno che le invasioni barbariche.
La cartolina, pubblicata per promuovere l'adesione al prestito nazionale, riporta la seguente didascalia: "Fuori i barbari! Per la Vittoria sottoscrivete al Prestito.

11.

Nell'offensiva di Caporetto l'esercito austro-ungarico venne affiancato in maniera determinante da quello tedesco.
Si trattò della prima operazione che vedeva la Germania impegnata in maniera massiccia contro l'Italia, anche se in realtà le due nazioni erano ufficialmente in guerra dall'agosto del 1916.
Ovvio, comunque, che anche questo ex alleato non si fece pregare nell'alimentare la campagna denigratoria nei confronti del Regno italiano.
In questa cartolina si risente dello stile che ha caratterizzato l'autore, Bruno Grimmer Kriwub che, come si è detto, era specializzato nell'illustrazione di libri per ragazzi.
Ma malgrado l'immagine, quasi fiabesca, il tenore non cambia, come sottolinea la didascalia: Der italienische Räuber, il bandito italiano.
L'immagine rappresenta uno stereotipo: l'italiano in abiti da brigante e con l'immancabile coltello è guardato a vista da un simpatico e inappuntabile bimbo che indossa la divisa dell'esercito tedesco.
Per contro, ecco come la propaganda italiana rappresentava i nemici: esseri ripugnanti, quasi animaleschi. Si voleva, con ogni probabilità, alimentare il senso di odio nei confronti di soldati che stavano calpestando il suolo nazionale, instillando nei soldati italiani e nella popolazione civile l'idea che non si trattava assolutamente di esseri invincibili.
L'immagine è completata da un invito rassicurante e fiducioso, "sottoscrivete! si arrenderanno".

12.

E a proposito di stereotipi, eccone uno che sembra essere resistito fino ai nostri giorni. Certa stampa, soprattutto tedesca, ancora oggi ricorre a piatti di spaghetti per rappresentare la nostra nazione.
L'illustrazione ritrae un cameriere italiano nell'atto di offrire un piatto un po' particolare: si tratta infatti di una pietanza "adulterata".
La scritta sul cartello che presenta il piatto come insalata italiana è stata cancellata e affiancata da un altro con la dicitura "insalata del traditore".
Caratterizzata da un'ironia decisamente meno banale la cartolina italiana, che rappresenta gli imperatori tedesco Guglielmo II e austriaco Francesco Giuseppe nelle vesti di improbabili guerrieri greci.
In calce riporta i versi e la musica tratti dall'opera buffa di E. Meilhac e L. Halévy su musica di G. Offenbach "La bella Elena". I versi "Questi re pien di valor / Gli Ajaci son!" diventano "Questi re pien di valor / sono i potenti imperator!".
Degne di nota le illustrazioni che decorano gli scudi in dotazione ai guerrieri: quello di Francesco Giuseppe riporta il disegno di un condannato sulla forca, a ricordo del martirio subito dagli irredentisti mandati a morte dall'imperatore austriaco, mentre quello di Guglielmo II è decorato con la figura di un'oca incoronata in luogo dell'aquila simbolo imperiale del Reich.

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