Questo è il primo di una serie di articoli che ripercorrono la storia del geniere alpino Giovanni Battista Molon disperso in Russia nel gennaio 1943. Attraverso le missive intercorse con la famiglia possiamo ricostruirne il percorso militare dalla notizia dell’imminente impiego in Russia, al lungo viaggio verso il fronte, alla permanenza sul suolo russo sino alle ultime lettere mai giunte a destino a seguito della ritirata e ritornate alla famiglia. Nei lunghi testi manoscritti emerge la vita e l’esperienza di un ragazzo scaraventato ventenne nella fornace della guerra e mai più ritornato tra le braccia dei suoi cari.
Giovanni Battista Molon nasce a Padova il giorno 1 marzo 1922, la famiglia si trasferisce quindi a Milano. Richiamato per prestare servizio militare, è a Torino presso il 1° Reggimento Genio, 2^ Compagnia Marconisti.
Così scrive nella prima cartolina in franchigia inviata alla fidanzata:
“Torino 10.5.1942 XX. Cara Antonietta, ho atteso per più giorni risposta alla mia ultima. Mi sono deciso a scriverti per la seconda volta anche perché devo renderti nota un’altra cosa.
Devi sapere che tre giorni or sono ho passato la visita perché i miei superiori volevano accertarsi la mia idoneità fisica, mi è stato detto che a giorni partirò da Torino per raggiungere un corpo destinato in Russia. Non devi affatto spaventarti per quello che ti ho scritto, anzi devi essere forte e devi fare in modo che la mamma ed il babbo siano in certo qual modo avvisati, quando riceveranno la notizia. [parte cancellata]. Non c’è niente da fare. Al reggimento non ci sono radiomontatori. Gli allievi, reclute come me, non sono ancora pronti. Sanno che conosco gli apparecchi militari e sanno a quale punto mi trovi con la scuola. Per contro mio parto volentieri, il morale è sempre alto. Mi spiace solo per la mamma. Cerca di farle capire che se io partissi, dove vado di pericolo non esiste, che sono in terza quarta linea. Ho fiducia in te. Scrivimi presto. Ti mando tanti bacioni. GBattista”.
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Comprendiamo bene quale può essere lo stato d’animo suo e quello dei genitori all’apprendere dell’imminente partenza per la zona d’operazione.
La partenza vera e propria avviene il 16 giugno 1942: il giorno 17, da Verona, il nostro scrive un espresso a casa. A tergo è già indicata la Posta Militare n. 6, ufficio da pochi giorni ricostituito ed assegnato all’8^ Armata:
“Verona.
Mie cari, scrivo male a causa del traballamento del treno. Ieri sena alle ore 22 ½ abbiamo lasciato Racconigi. Se passavamo da Milano, senz’altro vi avrei avvisato. Viceversa invece siamo passati da Piacenza ove il treno si è limitato a rallentare la corsa. A Verona lo so per sicuro, ci fermeremo no. Meno di due ora. Ci ho pensato molto, in un primo tempo volevo farvi venire fino a Verona, ma oltre ad essere stato sconsigliato fa tutti i miei camerati, ho trovato io più opportuno non farvi venire. Il nostro distacco sarebbe stato molto più doloroso, senza contare nelle spese che sareste incorsi. Invece così tra una cantata e l’altra si scorda la malinconia. Adesso scrivo un po' meglio, il treno ha rallentato, sento però che rincomincia a correre. Forse sarà passato da qualche paese. Ove mi trovo, non sto male. Sono in un vagone merci, arredato per il trasporto truppe. Siamo in venti per vagone. Ci sono delle panchine smontabili per lasciare il posto libero per la notte. Si dorme un po' al duro, per terra, con sotto il telo tenda per non sporcarsi, ma ad ogni modo anche a questo sono abituato, anzi c’è il trum trum del treno che alla notte invita a dormire. A Racconigi ieri ci hanno fatto una gran festa, è stato tutto una battuta di mani, poi dalla partenza sino alla …. e messa non abbiamo fatto che cantare, sinchè stanchi morti non ci siamo addormentati. Nella parte anteriore di questo vagone vi sono due ampi sportelli adibiti, una volta, allo scarico della merce. Sono aperti, ci sono delle sbarre per evitare che si debba cascare, un parapetto insomma. Il treno ha rallentato: ed ora è fermo. Siamo arrivati a Verona, e come mi avevano garantito, si è fermato. Come desidererei adesso affacciandomi potervi vedere, potervi saltare al collo. Pazienza. Vedrete che tutto passerà presto, tutto ritornerà normale ed anch’io ritornerò da voi. Voi non scrivetemi sinchè io non vi comunicherò il mio nuovo indirizzo, ad ogni modo vedrete che ogni giorno vi terrò informati. Sperando di riabbracciarvi presto. Vi mando tanti cari bacioni GBattista”.
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Il treno quindi giunge in Trentino e da lì, dopo una sosta di qualche giorno, riparte verso la Germania.
a gennaio 2025 |
Samuel Rimoldi
21-11-2024 |