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Cappellani militari nella Grande Guerra |
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Enrico Bettazzi | |||||||||||||||
In questo articolo parliamo dell’esperienza dei cappellani militari durante la prima guerra mondiale, vera prima esperienza di assistenza spirituale nell’esercito italiano. Nelle guerre d’indipendenza e in quelle coloniali vi era stata la sparuta partecipazione di ecclesiastici volontari con la Croce Rossa. Il generale Luigi Cadorna – divenuto Capo di Stato Maggiore dell’Esercito nel luglio del 1914 – stabilì, con la circolare del 12 aprile 1915, l’assegnazione di cappellani ad ogni reggimento (fig.1); più precisamente definiva le unità alle quali doveva essere assegnato il cappellano: ogni reggimento di fanteria, di granatieri, di bersaglieri, di artiglieria da campagna, ogni battaglione di alpini e guardia di finanza. Il cappellano era altresì presente negli ospedali e negli ospedaletti da campo, nelle sezioni di sanità, nei treni sanitari, negli ospedali di riserva e territoriali (un cappellano ogni 400 letti). Quando vennero creati i reparti di arditi, anche questi lo ebbero.
Il Vescovo da campo era coadiuvato a sua volta da 3 cappellani vicari, equiparati a loro volta al grado di maggiore; vi erano poi le figure del cappellano coadiutore, del cappellano capo d’armata, parificate al grado di capitano, nonchè quella del cappellano ordinario, equiparato al grado di tenente. La scelta dei cappellani spettava al Vescovo da campo che poi la proponeva per la nomina al Ministero della Guerra. Questa scelta non era cosa semplice, e ciò non solo per la quantità delle domande inoltrate dal clero soggetto agli obblighi di leva o da quello già richiamato alle armi, ma anche dal vaglio delle informazioni sugli aspiranti al ruolo di cappellano che l’Ufficio della Curia Castrense richiedeva (figg. 4 e 5). Inoltre gli ecclesiastici come i seminaristi, i novizi, i chierici, i conversi e i sacerdoti, che non erano parroci o vicari, dalle autorità militari non ebbero nessuna distinzione e vennero considerati come dei qualsiasi soldati ed assegnati alle unità combattenti. Essi furono impropriamente chiamati “preti soldati” (oltre 22mila) (fig.6).
Con la circolare n. 22950 il Ministero della Guerra stabilì l’uniforme del cappellano (abito talare e gradi sul cappello pastorale, mentre al fronte era vestita l’uniforme grigioverde, con bracciale e croce rossa sul petto ) (figg. 7, 8 e 9). Lavorarono a fianco dell’Ufficio Notizie, inviando informazioni dai reparti ed aggiornando così le famiglie dei combattenti (fig.10).
Raramente si trovano tra i supporti utilizzati specifiche cartoline postali personalizzate (fig. 14, 15, 16, 17 e 18). Si contarono 93 caduti in servizio e si ebbero 530 decorati al valor militare( di cui 3 m.o.v.m.). Enrico Bettazzi BIBLIOGRAFIA E SITOGRAFIA E. BETTAZZI, Cappellani militari nella Grande guerra, in “Posta Militare e Storia Postale”, n.121/2011 M. PAIANO, La religione nella guerra, in Dizionario storico della Prima guerra mondiale, sotto la direzione di N. LABANCA Bari, 2014, pp.334-336 F. MARCHISIO (a cura di), Cappellani militari 1870-1970, Roma, 1970 https://it.wikipedia.org/wiki/Ordinariato_militare_per_l%27Italia | |||||||||||||||