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GLI ALPINI MASCABRONI
di Alberto CAMINITI

ANTEFATTO.

Ricerche e scritti hanno evidenziato in questi anni di celebrazione del 100° anniversario della G.G., migliaia di episodi bellici inerenti al conflitto. Lo scrivente però, nelle proprie ricerche tematiche, ha scoperto un’impresa inimmaginabile compiuta da un gruppo di Alpini che ha consegnato alla leggenda i MASCABRONI.

Fig. 2 - L’eroe del nostro
racconto, l’audace cadorino
Capitano Sala.

L’episodio avvenne nell’estremo lembo del Comelico; in quella zona vi sono almeno tre punti che dominano l’alta valle Pusteria: la Cima 11, il Passo della Sentinella e la Croda Rossa, separati fra loro. Chiunque abbia una minima nozione di Tattica militare, sa che possedendo la postazione più elevata si tiene sotto tiro il nemico. Fu così che la notte del 23 maggio 1915 un piccolo gruppo di alpini sotto il comando del 33.enne capitano Giovanni Sala, pratico dei luoghi perché era nato lì vicino, ricevette l’ordine di occupare preventivamente il Passo della Sentinella affinché non cadesse in mano nemica.

Il capitano era amato dai suoi alpini ed egli li giudicava “rudi, arditi, noncuranti dei disagi, anche un po’ strafottenti, alla maniera degli alpini, però, ossia sempre generosi e pronti a dar il proprio sangue per i compagni e per la Patria“. per queste loro caratteristiche, in uno strano termine dialettale, furono chiamati MASCABRONI. Stiamo parlando di un ambiente d’alta montagna, sui tremila metri e ricordiamo che l’inverno del 1915 fu uno dei più gelidi del secolo. L’impresa loro affidata era quindi, come oggi diremmo, himalayana ma senza le comode bombole d’ossigeno ed i campi-base.

A dormire di notte all’aperto si rischiava di gelare e morire. Per cui di fatto ogni santo giorno, i nostri partivano al primo chiarore dell’alba per il passo, lo occupavano ed alla sera se ne tornavano a valle, nei loro rifugi ed accampamenti, dopo aver scarpinato per ore attraverso ripide piste di ghiaia ed il ghiacciaio del Vallon Popèra.

Il 4 luglio ’15 riservò per loro una triste sorpresa. Giunti vicino al passo furono accolti a fucilate dagli austriaci che di notte avevano occupato il valico. Da lì gli austriaci non verranno più scacciati per dieci mesi. Era uno smacco che gli alpini non potevano accettare supinamente, per cui iniziò un periodo di intense operazioni belliche intese a riottenere la conquista del Passo perduto. Qui sotto esponiamo l’immagine della località in questione, nonché una delle rare immagini del capitano Giovanni Sala.

Fig. 2 - La vista che si ha dal P° della Sentinella. Ecco il motivo di possedere il valico. Da lì si controlla mezzo Cadore.

IL PASSO PERDUTO.

Nei mesi successivi furono compiuti tre tentativi di riconquista del passo, tutti però infruttuosi: 7, 14 agosto e 2 settembre. Il Comando Supremo più determinato che mai a riprendersi il passo, studiò un piano audace e rivoluzionario; a prima vista sembrava impossibile da realizzare. Si trattava di salire ancora più in alto del Passo della Sentinella, ma sulla Cima Undici ( m. 3030) passando dalla parete Nord, cioè non visibile da parte degli austriaci. Bisognava attraversare pareti ripide, un canalone ostico, superare un ghiacciaio, però – giunti sulla vetta – saremmo stati più in alto degli austriaci ed avremmo potuto prenderli così di mira. Il tutto andava fatto silenziosamente ma la temperatura era comunque di meno 35°, con punte di meno 42°.

Ancora una volta il comando dell’operazione fu affidato al Cap. Sala, cadorino esperto di quei monti, con un pugno di uomini, tutti buoni rocciatori e Mascabroni; con lui vi era anche un irredento trentino Italo Lunelli che doveva però usare un nome di guerra, come fecero Cesare Battisti e Nazario Sauro. Gli audaci erano tutti tratti dalla 68^ Compagnia del Batt. Cadore e da una squadra della 28^ Compagnia Batt. Fenestrelle (3° Regg.).

Quale punto d’appoggio in quota trovarono uno spiazzo su una sporgenza della montagna, quasi – come dicono i rapporti ufficiali – una mensola che sporgeva dal monte e lì costruirono una baracca con lamiere e travi trasportate a spalla! Una nota importante: gli Alpini nel 1967 hanno restaurato la baracca che oggi è il più spettacolare rifugio delle Dolomiti a 2932 m., intitolandola – appunto – ai Mascabroni. I primi giorni di febbraio del 1916 il reparto iniziò l’operazione, mandando avanti un piccolo gruppo dei più esperti scalatori affinché creassero qualche pezzo di via ferrata e piantassero qua e là dei chiodi per coloro che sopravvenivano dietro.

Dopo quasi venti giorni di lenta salita (era pieno inverno !) alle ore 11 del 22 febbraio ’16 raggiunsero l’estrema vetta di Cima Undici. Avevano faticato per tre settimane fra slavine e geli notturni pungenti, sopportando in silenzio tutte le difficoltà. Erano coperti con tute mimetiche bianche per nascondersi alla vista degli austriaci. Ora attaccarono la discesa lungo le rocce friabili, fortunatamente saldate dal gelo. Sembrano fantasmi che scendono per canali ghiacciati, fissando ferri e scale di corda, ed aggirando le pareti, scavano appoggi nel ghiaccio. In più stendono man mano un cavo telefonico; non possono rimanere lassù isolati. L’impresa è ripetuta più volte dopo che ad ogni discesa si sono rifocillati e riscaldati presso il Comando di Auronzo.

Dopo due mesi di tale lavoro estenuante, ormai la via ferrata per Cima Undici è completata e percorribile. La vetta della parete nord si trova a m. 3081. Da lì i nostri possono vedere (a 364 m. più in basso ) le guardie austriache del Passo (perduto) della Sentinella. Gli austriaci non si erano mai accorti di nulla per tutti quei mesi di intenso lavorio. Ora resta da compiere l’ultima parte dell’operazione ed ai ragazzi di Sala subentra un altro gruppo, quello del cap. Porta con 100 uomini scelti, sempre del 7° Alpini, Batt. Cadore.

Ed ecco il piano: per il 16 aprile Sala ed i suoi 38 Mascabroni si caleranno sul Passo della Sentinella, riprendendolo agli austriaci. Agli alpini di Porta, invece, viene assegnato un altro difficoltoso compito: dovranno con 70 uomini scendere lungo il difficilissimo sperone di N-O, ed occupare Quota 2814 della Forcella di Cima Undici. Quando partirono, però, si avvidero che il piano era impossibile da realizzare e Porta dovrà ritirarsi. Riuscì invece la sorpresa del raid di Sala e dei suoi: gli austriaci si videro arrivare alle spalle, dall’alto, questi fantasmi bianchi: il comandante asburgico è colpito a morte, sette nemici vengono fatti prigionieri, ma otto riescono a scappare.

Il Passo ora è di nuovo in mano agli italiani; in seguito pioveranno medaglie e promozioni ed a fine guerra ogni Mascabrone ritornerà ad essere contadino; poserà il fucile, riprenderà in mano la zappa perché la vita di montagna deve continuare. Ma nella mente di ognuno degli audaci alpini rimarrà il ricordo della gloriosa impresa, quando si erano ripresi il Passo perduto.

ICONOGRAFIA TEMATICA.

Supportiamo il presente racconto con parecchio materiale postale, soprattutto cartoline reggimentali d’epoca, e con immagini tratte dall’articolo di cui alla Bibliografia finale. La proprietà dei supporti postali appartiene all’autore del testo; le immagini e foto varie sono tratte dall’articolo già citato.

Iniziamo con le reggimentali, di cui vi è ampia possibilità di reperimento stante il fatto che i vari reparti Alpini hanno emesso proprie cartoline celebrative. Qui appresso coi numeri sotto indicati presentiamo:

Fig. 3 - C.P. in franchigia, viaggiata dal fronte per Pinerolo il 2.9.1917 ; coeva dell’impresa; interessanti i bolli Guller e di gomma relativi alla P.M. 132-A, alla verifica per Censura ed al tondo del furiere del “Fenestrelle “; annulli chiari, belli e ben marcati.
Fig. 4 - A/R. della reggimentale del 7° Regg. Alpini, da cui dipendeva il Batt. Cadore; non viaggiata ; riporta il motto del regg.to : In puritate robur (La forza nella purezza !).
Fig. 5 - foto di una galleria nel ghiaccio scavata dagli alpini del Fenestrelle - 3° Regg.
Fig. 6 - Reggimentale con un alpino della G.G. nella tormenta. Non viaggiata, reca scritta a mano del 1.11.1918.
Fig. 7 - un’ingenua C.P. del Corpo degli Alpini, col motto: Da qui non si passa!
Fig. 8 - I reduci dell’impresa in un raduno dei primi anni di quel dopoguerra.
Fig. 9 - La famosa baracca della Mensola, costruita su una sporgenza del monte.
Fig. 10 - Il Cap. Sala nella Mensola si riprende dopo un’escursione sciatoria (è al centro, in tuta mimetica bianca tra i due Tenenti dei Mascabroni).
Fig. 11 - L’odierno rifugio che gli Alpini hanno ristrutturato nel 1967 e dedicato proprio agli eroici Mascabroni.
Fig. 12 - Vista di Cima Undici; nel cerchio in basso: l’attuale bivacco.
Fig. 13 - Alpino del Fenestrelle di guardia nel ghiacciaio.


BIBLIOGRAFIA.

Italo Zandonella Callegher, Alla riconquista del Passo perduto, Rivista bimestrale MONTAGNE, N° 83 del Novembre 2016.