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La liberazione attraverso gli occhi dei prigionieri di guerra italiani | ||||||||||||||
Samuel Rimoldi | ||||||||||||||
Affrontiamo con queste poche righe il tema della liberazione attraverso gli scritti dei prigionieri di guerra italiani sparsi per il mondo. Il termine "liberazione" assume qui molteplici significati quali quello della fine della guerra, della caduta del nazi-fascismo, della fine (o quantomeno dell'attenuazione) della censura postale, del termine della prigionia e di un prossimo futuro agognato rientro alle proprie case. La prima lettera che prendiamo in esame è del 25.09.1944, ben sette mesi prima della data simbolo liberazione ufficiale dell'Italia. Il soldato Michele Marini dalla Rhodesia del Sud scrive: "Amor mio Jolanda, questi giorni ascolto la Radio con grande attenzione. Con grande gioia ho sentito che le Valorose Truppe Alleate anno liberato Rimini e entro questa settimana non solo larà liberata Cesena (la città d'origine del militare, ndr), ma credo tutta l'Emilia, e se è favorevole tutta l'Italia e presto tutta l'Europa dal barbaro e Criminale e per me Odioso Nausenate Nemico che è stato, che è, e che sarà per me eternamente il Nazifascismo che con la loro Criminale Politica anno ridotto all'astrico Milioni di Persone [...] Sopporta pazienza mia cara, non pensare che i Criminalli e Colpevoli moriranno tutti [...]" Inutile aggiungere altro, è chiaro e netto il pensiero di vero e proprio odio verso coloro che hanno portato l'Europa alla guerra rovinando innumerevoli esistenze.
Dal campo n. 5 per internati civili, anche qui nella Rhodesia del Sud, il civile Salvatore Anastasi scrive: "9-5-945 "Carissima Rositta, Nei campi di prigionia sotto controllo inglese, i reclusi si suddividono in vari gruppi rappresentati differenti correnti di pensiero ed inclinazioni personali: queste suddivisioni si acuiscono divenendo nette dopo l'armistizio. Gli inglesi infatti raggrupperanno in appositi campi i cosiddetti "fascisti" cioè coloro che, per una ragione o per l'altra, hanno scelto di non collaborare con l'ex nemico.
Dalla Svizzera, l'internato militare Massazza Dante di Biella scrive alla moglie: "Schüpfheim 13/5/45 Cara moglie e genitori Finalmente la guerra e finita e posso scrivervi apertamente senza paura di rappresaglie da parte dei traditori fascisti. Il bel giorno e venuto ora aspetto con ansia di tornare fra voi non sò ancora quando sarà ma e certo che non andra poi a lungo. Ora il tempo mi pare più lungo di prima le giornate non passano piu cio sempre quel pensiero fisso che non mi lascia un minuto di pace ma sono dieci anni che sopporto e con pazienza sopporterò anche sti pochi giorni che ancora devo passare in esiglio. [...]"
Dalla Germania l'internato n. 25656 S.Ten Dolci Franco nello Stalag XI B di Fallingbostel, scrive agli zii su biglietto inglese: "5-5-1945
Sempre dalla Germania, dal paese di Loccum presso il fiume Weser, il soldato Zitoli Lorenzo di Corato (BA) scrive attraverso il Field Post Office 850 inglese: "2.6.45 Nonostante la sgrammaticatezza il senso dello scritto è molto chiaro come è chiara la volontà di ritornare ad abbracciare i propri cari.
Da Husum, presso il confine con la Danimarca, l'ex prigioniero di guerra Biundo Antonio scrive attraverso il Field Post Office 466 inglese: "Husum, 1-6-45
Il colonnello Ernesto Concaro scrive dal campo n. 309 di Versen bei Meppen in Germania: "29 maggio 1945 Le dure condizioni alimentari subite dai prigionieri sotto il controllo tedesco, sono presto superate grazie al vitto abbondante distribuito dagli alleati.
Per ultima la significativa missiva del tenente Cirielli Mario dall'India, in data 1.11.1945: "Mamma carissima, ho finalmente ricevuto una lettera tua del 16 agosto di quest'anno [...] Mi dici che tutto va bene e che il brutto è passato: ne sono felice, ma quante ne avete dovute vedere anche voi altri poveri diavoli: forse più di noi qui. In fondo noi dopo alcuni mesi di guerra ci siamo trovati lontani da ogni pericolo e non maltrattati; voialtri invece avete combattuto con la fame e con ogni guaio [...]" Non sono solo i militari ad aver patito durante la guerra, ma anche i civili alle prese con la fame e i problemi di approvvigionamento, i bombardamenti, il passaggio del fronte vicino alle proprie case. Samuel Rimoldi | ||||||||||||||