LA POSTA DEI PRIGIONIERI DI GUERRA |
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Gli ebrei italiani: dalla discriminazione razziale allo sterminio |
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di Giuseppe MARCHESE | |||||
Le prime avvisaglie del razzismo fascista avvengono nel 1937 quando il P.N.F. proclama di voler "creare la coscienza imperialistica e razzista del popolo italiano". Il 14 luglio 1938 viene pubblicato il Manifesto della Razza dal noto Nicola Pende in cui, in dieci punti, vengono enunciate le basi biologiche del razzismo. Nello stesso anno viene emanata una legge in cui vengono fissate le norme per la definizione di ebrei. Una serie di leggi successive eliminano gli ebrei dalle scuole, dalle forze armate, enti pubblici, industrie, commerci, professioni; limitano le loro proprietà immobiliari; ne diminuiscono le capacità testamentarie. Con l'ultima fase della guerra vi sono ulteriori limitazioni in materia di patria e potestà, di tutela, di affiliazione. In questo stesso periodo avviene la "discriminazione" tra ebrei. In pratica i cittadini italiani, di religione ebraica, che possono far valere requisiti come l'appartenenza al P.N.F., o la partecipazione alle guerre "colonialiste e imperialiste" del regime, vengono discriminati e quindi non soggetti alle norme repressive antiebraiche. Infine il 6 maggio 1942 si dispone che "gli appartenenti alla razza ebraica, anche se discriminati, di età dal 18° al 55° anno compresi, sono soggetti a precettazione civile a scopo di lavoro". La caduta del fascismo non modifica lo stato giuridico degli ebrei in quanto il governo Badoglio non abroga le leggi razziali, ma cosa ancor più grave non distrugge gli elenchi degli ebrei conservati nelle questure e che dopo l'8 settembre cadranno nelle mani dei tedeschi. Durante la Repubblica di Salò, nel manifesto di Verona, viene precisato che: "gli appartenenti alla razza ebraica sono stranieri. Durante questa guerra appartengono a nazionalità nemica". Segue l'ordine ai capi delle Province di inviare "tutti gli ebrei, anche se discriminati, a qualunque nazionalità appartengano" in appositi campi di concentramento. Ci avviamo verso la soluzione finale. Il 16 ottobre 1943 avviene un rastrellamento nel Ghetto romano, da un gruppo di SS agli ordini del maggiore Kappler. I tedeschi agiscono in base agli elenchi degli appartenenti alla comunità ebraica romana che erano stati compilati e tenuti aggiornati secondo la disciplina stabilita con le leggi razziali del 1938 e che nessuno, per negligenza o malafede aveva provveduto a distruggere dopo il 25 luglio 1943. Gli ebrei romani rastrellati vennero caricati su vagoni piombati, ed avviati al campo di Fossoli, presso Modena. Intanto procedeva la deportazione di tutti gli ebrei italiani iniziata subito dopo l'8 settembre 43. Tra il 16 e il 18 novembre 43 da Merano vengono deportate 25 persone verso i famigerati lager nazisti. Questo primo gruppo viene avviato a Reichenau e poi ad Auschwitz. Delle persone immesse nei lager solo una si salva. Il gruppo degli ebrei proveniente dal Ghetto di Roma da Fossoli finisce ad Auschwitz. Al novembre 1974 risultarono deportate 1.031 persone, di cui solo 16 vennero risparmiate dal genocidio. Delle altre 1.015 persone il campo di sterminio non lascia nessuna traccia. Durante il terribile anno 1943 vi sono altre tre partenze di ebrei verso i campi di sterminio tedeschi. Gli ebrei provengono da Firenze e Bologna, Borgo San Dalmazzo, Milano e Verona. Sono in totale 1.350 persone almeno dei quali solo 8 risultano sopravvissuti. Nel 1944 e il 1945 la deportazione in massa dei cittadini italiani di religione ebraica verso i campi tedeschi prosegue sotto controllo tedesco e con l'aiuto e la connivenza delle autorità della Repubblica Sociale Italiana. Si ringrazia per la collaborazione il Sig. Gianfranco Moscati di Napoli, il quale ha fornito le illustrazioni che corredano questo articolo.
1) Marco Cesarini. Soluzione finale. Giustizia finale in Storia Illustrata n. 6 giugno 1961 2) Giuliana Donati. Gli ebrei in Italia: deportazione e resistenza, Firenze 1975. 3) Ugoberto Alfassio Grimaldi. Il razzismo, Storia n. 264 novembre 1979
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