LA POSTA DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
L'evacuazione dall'Egeo degli internati militari italiani
di Giuseppe MARCHESE

Il trasferimento degli internati militari italiani dalle isole dell'Egeo verso la Grecia venne attuata con priorità per una serie di motivi.

Innanzi tutto i tedeschi avevano necessità di disporre in altri scacchiera della mano d'opera che gli internati fornivano;

Vi era poi la difficoltà di approvvigionare le isole dei viveri necessari, e la situazione divenne subito critica a Rodi e a Creta dove oltre 50.000 italiani disarmati minacciavano le scorte di viveri dell'esercito tedesco.

Infine ragioni di opportunità e timori di sollevamenti avevano indotto il comando della Divisione d'assalto "Rhodos", fin dal 12 settembre, a chiedere il trasferimento della ex guarnigione italiana, o almeno di trasferire circa 10.000 uomini considerati poco sicuri.(1)

Tuttavia la Wehrmacht era in difficoltà poiché il trasferimento via mare non poteva essere attuato in breve tempo per mancanza di navi trasporto e di quelle di scorta. D'altra parte il trasferimento via aerea non era considerato idoneo a trasportare in tempi brevi il contingente.

Vennero cercate altre soluzioni, quali: a) far trasportare gli internati militari da piroscafi neutrali o da navi ospedali; b) far approvvigionare le isole dell'Egeo dal Governo turco il quale aveva avanzato una proposta in tal senso, affidando a navi svedesi tale compito; c) trasferimento degli italiani in territorio turco.

Nel primo e nel terzo caso gli italiani sarebbero stati internati in Stati neutrali; nel secondo caso non si sarebbe potuto disporre della loro mano d'opera.

Non ritenendo soddisfacenti le varie proposte il Fuhrer prese una drastica e definitiva decisione ordinando il trasporto per nave nelle quali decadevano "tutte le norme di sicurezza relative alla limitazione numerica degli imbarcati" e di sfruttare "lo spazio al massimo, senza curarsi delle eventuali perdite".(2)

La Kriegsmarine iniziò il trasporto degli italiani secondo tale direttiva. Il 23 Settembre avvenne il primo disastro. I piroscafi "Donizetti" e "Dithmarschen" e la Torpediniera "TA 10" vennero affondate. Si ebbero 1.584 morti fra gli internati in massima parte dovute alle inosservanze alle norme di sicurezza.

Fu il primo disastro a cui fecero seguito quello del P/fo Leda con 720 morti; del p/fo Marguerita con 544 morti; della nave da carico Sinfra con 1.850 morti; della motonave Rosselli con 1.300 morti; del motoveliero Alma con 300 morti; del piroscafo Petrella con 2.646 morti; del piroscafo Oria con 4.062 morti.

Dalle relazioni stese dal Comando Gruppo di Armate E appare chiaro che la vita degli internati aveva ben poco interesse piuttosto, si osservava "la perdita di quel tonnellaggio mercantile in effetti non trovava giustificazione". (3)

A maggior riprova viene diramato un ordine di "effettuare sollecitamente" il trasferimento da Rodi degli internati "utilizzando tutti i mezzi disponibili, anche a costo del pericolo di perdere navi ed internati militari".(4)

Lo sgombero dell'isola di Rodi divenne tanto prioritario per l'alto comando tedesco da far utilizzare anche i trasporti aerei fin dall'ottobre 43.

Nel Gennaio 44 la situazione peggiora. Viene ordinato il trasferimento anche su mezzi di trasporto non idonei al trasferimento di truppe. Il mese di febbraio fu un mese spaventoso per gli internati. Colarono a picco varie navi trasporto e con esse oltre 6.700 internati.

Gli italiani sgomberati dalle isole sul continente greco furono quasi tutti avviati ai campi di transito di Atene - Dulag 136 - e di Salonicco - Dulag 166.

Nel solo mese di settembre vennero imbarcati e sbarcati nel porto di Creta 10.543 internati, mentre nelle altre isole risultano imbarcati e sbarcati 18.065 internati militari italiani con destinazione probabile all'interno delle isole.







 

NOTE

(1) G.Schreiber i militari italiani internati nei campi di concentramento del terzo reich, Roma 1992, pag.341. e seg.
(2) G.Schreiber, opera citata, pag.343
(3) G.Schreiber, opera citata, pag.345
(4) G.Schreiber, opera citata, pag.346