LA POSTA DEI PRIGIONIERI DI GUERRA
Missione speciale A.O.I. - La posta delle “Navi Bianche”
di Maria MARCHETTI
(FIL-ITALIA Volume XLI, no. 4 Autumn 2015)

seconda parte
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La posta

B.V. Vecchi, partecipante a tutte le 3 missioni e viaggiante a bordo del Vulcania, nel suo circostanziato libro di memorie “Navi Bianche” annota: “…Consegnamo la posta per l’ Eritrea da imbarcare sul “Giulio Cesare…” (a Gibilterra, nel corso del I viaggio).(1) E' una annotazione importante, l'unica in tutto il libro riguardante la posta, una delle tracce seguite quando iniziai la ricerca della posta trasportata dalle Navi Bianche della Missione Speciale A.O.I..

Altri riferimenti sono presenti nelle lettere dei prigionieri, come quella spedita il 24 agosto 1942 da un civile internato nel campo 1B di Nyeri: “Carissima Concettina oltre alla spedizione settimanale, oggi ci è stata questa spedizione speciale, e sarà più sicura ad arrivare che viaggerà con i piroscafi che sono arrivati a prendere la rimanenza delle donne dell’impero”.

I viaggi di rimpatrio offrirono una occasione per trasportare posta e l'occasione non fu sprecata, anche se, osservando le date, non si può dire che abbia contribuito a rendere più veloce un servizio che, con il passare del tempo e l'aumento del numero globale dei prigionieri, era diventato insopportabilmente lento.

Forse fu più efficace sotto l'aspetto psicologico, per dare la sensazione che la Patria non aveva abbandonato i suoi sventurati pionieri, come si può capire da una lettera che una donna rimpatriata con il primo viaggio scrisse al marito internato ad Harar, trasportata con la seconda missione: “...ancora una volta siamo beneficiati dalla nostra cara e bella Patria, nella corrispondenza. Tornano le Navi Bianche in quelle zone che abbiamo amato...”.

La varietà di oggetti postali, alcuni dei quali appositamente creati, e la complessità dell'iter sono indicativi del fatto che l'argomento ebbe un suo spazio all'interno delle trattative diplomatiche fra Italia e Gran Bretagna per l'organizzazione dei viaggi e che gli accordi furono tradotti in modalità operative diverse a seconda della Colonia o dello Stato di spedizione della posta.

Le Navi Bianche trasportarono dispacci postali sia nei viaggi dall'Italia all'Africa, sia in quelli di ritorno, lasciandoci una testimonianza ricca e varia, che tenterò di esaminare raggruppandola per categorie di mittenti e destinatari, evidenziando il viaggio e le date nelle didascalie delle immagini. Verrà trattata anche la posta spedita da bordo delle navi, che fruì del servizio di “paquebot”, riconducendola alle varie navi e ai porti in cui fu lasciata per la spedizione. Minore spazio verrà dato alla posta scritta dai membri dell'equipaggio e consegnata all'arrivo in Italia, che spesso appare avere come unico scopo l'invio di una cartolina con il timbro della missione.

Per i prigionieri e gli internati di guerra

La posta da inviare ai prigionieri e agli internati civili nei campi fu raccolta presso il Ministero dell'Africa Italiana a Roma ed è riconoscibile per la presenza di un timbro tondo con lo stemma sabaudo al centro circondato dalla dicitura “Ministero dell'Africa Italiana – Posta per italiani in A.O.I.”, impresso solitamente in rosso o, talvolta, anche in viola. Non è affrancata, perché godeva dell'esenzione per i prigionieri di guerra.

Disegno del timbro del Ministero Africa Italiana che appare sulla posta trasportata dall'Italia all'Africa a bordo delle navi della missione

Soprattutto per quanto riguarda la prima missione, le date delle lettere non sono particolarmente vicine alla data di partenza delle navi, ci sono anche date risalenti a fine febbraio 1942, indice del fatto che l'inizio della missione era programmato da tempo, ma la partenza non ebbe il calendario previsto.

Sono prive di censura italiana in partenza, anomalia di non poco conto, significativa di una modalità di lavorazione e formazione dei dispacci completamente diversa dalla restante posta diretta ai prigionieri.

Per quanto riguarda la censura britannica, si nota la presenza dei timbri dell'ufficio di Gibilterra, (Fig. 1) in alternativa ad altri che, stando al testo in mio possesso (2) sarebbe stati apposti in Gran Bretagna (Fig. 2) segnando un iter abbastanza illogico. Sono, inoltre, presenti i timbri degli uffici dei Paesi di destinazione, in Africa e perfino in India. (Figg. 3-4)

Fig. 1 - Timbro di censura britannica dell'ufficio di Gibilterra. Esiste anche di forma ottagonale, con le stesse lettere e gli stessi numeri Fig. 2 - Timbro di censura britannica. Le lettere P, S, T e PW identificano uffici di censura nel Regno Unito Fig. 3 - Timbro di censura dell'ufficio britannico in Kenia per la posta dei prigionieri Fig. 4 - Timbro della censura inglese in Eritrea, caratterizzato dalle lettere ZZ. Furono usati anche altri timbri, circolari, con la dicitura “passato per censura”, sia in italiano che in inglese


L'attenzione ai timbri di censura è dovuta al fatto che essi tracciano il percorso della posta, che ebbe un'evoluzione nel lungo periodo che va dall'allestimento della prima missione alla conclusione della terza, seguendo i mutamenti organizzativi, politici e militari e giustificano la lentezza nella consegna, altrimenti inspiegabile. La lentezza delle operazioni di censura era connessa alla necessità di avere censori che conoscessero l'italiano, in numero considerevole, vista la grande quantità di prigionieri o civili che inviavano posta. Di solito erano maltesi.

Busta di lettera spedita dall'Italia al campo di Forte Baldissera, in Eritrea, poi rispedita in India, dove il prigioniero era stato trasferito. Sono evidenti il timbro rosso con lo stemma sabaudo del Ministero dell'Africa Italiana, il timbro rosso di censura dell'ufficio inglese di Gibilterra, il timbro in data 6 giugno '42 dell'APO EAC di Nairobi, che provvide alla rispedizione, quello ottagonale e quello lineare viola della censura inglese in India e un triangolo con il n. 27, ad indicare il campo indiano. Fu trasportata con il primo viaggio. (collezione Antonio Pasquini)

Lettera inviata da Torino destinata ad un civile internato ad Harar, trasportata nel secondo viaggio. (collezione Antonio Pasquini)

Cartolina della Croce Rossa scritta il 3 ottobre '42, diretta a militare prigioniero nel campo 365 di Londiani, in Kenia, con il timbro rosso del Ministero Africa Italiana e quello di censura in Kenia. Viaggiò con la seconda missione.
(collezione Gianfranco Rossetti)

Per i civili non internati

L'individuazione delle lettere viaggiate dall'Italia all'Africa destinate ai civili non internati avviene per analogia, considerando la presenza del timbro tondo con lo stemma sabaudo del Ministero dell'Africa Italiana come un marcatore specifico. Non sono affrancate e non è indicato di quale esenzione godano. Le date di compilazione in Italia sono concomitanti con quelle della posta diretta nei campi di prigionia, mentre le date a destinazione sono abbastanza tardive rispetto all'arrivo delle navi nei porti africani, ma abbiamo già notato come non sia la tempestività il valore di questo servizio, quanto, piuttosto, la possibilità di scrivere in maniera ampia ed esauriente. Per le operazioni di censura vale ciò che è stato scritto per la posta spedita ai prigionieri.

Lettera scritta il 26 marzo 1942, diretta ad Addis Abeba, trasportata con il I viaggio. In evidenza il bollo rosso del Ministero Africa Italiana, il timbro della censura inglese a Gibilterra e quello dell'E.A. Command di Nairobi del 6 luglio. (collezione Gianfranco Rossetti)
Busta di lettera trasportata dall'Italia all'Eritrea con il secondo viaggio con il timbro di Adi Ugri del 14/01/43. Fu poi rispedita ad Asmara. (collezione Beniamino Cadioli)


Relativamente alla posta viaggiata con il terzo viaggio, l'unica di una certa consistenza numerica, le buste evidenziano l'impronta di un timbro numeratore, con il numero che aumenta parallelamente all'avanzare nel tempo della data del timbro postale di Asmara. Alcune furono tassate per 5 pence con segnatasse delle emissioni MEF e sono decisamente pregiate dal punto di vista economico. Hanno date del timbro postale a destinazione a l'Asmara comprese fra la seconda decade di settembre '43 e la prima di novembre.

Busta di lettera inviata da Firenze diretta in Eritrea, trasportata con il terzo viaggio. Sono evidenti il timbro del Ministero dell'Africa Italiana, quello ottagonale della censura inglese in Eritrea e quello postale in data 26/10/43. Fu tassata per 5 pence per mancanza dell'affrancatura. (collezione Gianfranco Rossetti)


Anche per la Somalia il timbro del Ministero dell'Africa Italiana costituisce il segno per l'individuazione, l'unico, considerato che la posta esaminata è pochissima, tutta diretta al Banco di Roma di Mogadiscio, del quale è presente un timbro in data di aprile '44, credo di protocollo in entrata. Non sono affrancate, manca la censura italiana, quella inglese risulta effettuata in Kenia e non vi sono tassazioni. Si tratta di posta riconducibile al terzo viaggio, non ho finora visto posta collegabile ai due viaggi precedenti.

Dai campi di prigionia verso l'Italia

Si tratta della posta quantitativamente più numerosa e più facile da individuare, per la presenza della scritta manuale “Special mail for Italy” o, nel caso di internati civili, “Evacuee special mail for Italy” (3).

L'autorità militare inglese in East Africa concesse ai prigionieri ed agli internati civili nei campi la possibilità di spedire un messaggio in occasione di ciascuno di questi viaggi, fornendo un modulo aggiuntivo e dando indicazione di mettere in evidenza “Special mail for Italy”, utile per la corretta formazione del dispaccio e per le operazioni di censura, che seguirono un iter diverso da quello della posta che non viaggiava a bordo delle navi bianche.

Le operazioni di censura avvennero a Nairobi e sono rappresentate da un timbro riquadrato “P/W East Africa...”. Dopo le operazioni di censura, è assai probabile che la posta venisse inviata a Berbera per l’imbarco, non risultando alcuno scalo delle navi bianche nei porti del Kenia.

Per il primo viaggio, si rinviene posta spedita da alcuni campi in Kenia e da quello di transito di Mandera, nel Somaliland e sembrerebbe mancare posta spedita dai campi in Rodesia, Tanganika, Sud Africa, Etiopia, Eritrea. Non aver rinvenuto lettere con l'evidenza “special mail for Italy” non esclude affatto che da questi campi vi sia stato invio di posta trasportata con le navi bianche. Quando si nota la contemporanea presenza del timbro di censura riquadrato “PW East Africa...”, della data del timbro postale del “POW East Africa Command” corrispondente agli ultimissimi giorni del mese di aprile 1942 e della data del timbro postale a destinazione in Italia dei primissimi giorni di luglio del 1942 è assai probabile che si tratti di posta che fruì delle navi bianche come vettore. Resta il fatto che, mancando l'esplicito riferimento, l'attribuzione rimane comunque con margini di dubbio.

La situazione del secondo viaggio non è molto diversa, in più ho trovato solo un invio da un campo per prigionieri militari in Uganda, che faceva comunque parte della colonia Kenia Uganda Tanganica. Per le lettere trasportate con questo viaggio le date del timbro di posta militare inglese in partenza (APO EAC) sono comprese nell'ultima decade di agosto del '42 e quelle del timbro postale a destinazione in Italia tra la seconda e la terza decade di gennaio '43.

Biglietto postale proveniente dal campo n. 366 di Jinjia in Uganda, con il bollo a data dell'East Africa Command del 28 agosto 1942 e quello postale a destinazione in Italia del 18 gennaio 1943. Fu trasportato con il secondo viaggio di ritorno


Molto più diversificati i campi di provenienza delle lettere con l'indicazione “special mail” del terzo viaggio, quasi che il servizio avesse finalmente raggiunto la sua piena attuazione. In particolare, si aggiungono i campi della Rodesia del Sud e del Sud Africa, entrambi due Stati indipendenti. Le date del timbro del POW East Africa Command sulle lettere inviate dai campi in Kenia sono comprese nei primi 10 giorni di aprile del '43, così come quelle scritte a mano dai mittenti per le lettere dalla Rodesia del Sud. Anche la posta proveniente dai campi della Rodesia del Sud presenta gli stessi segni di censura di quella dei campi in Kenia Uganda e Tanganica.

Biglietto postale scritto il 10 aprile '43 nel campo per internati civili n. 4 di Unvuma, nella Rodesia del Sud. Viaggiò con la terza missione

Nel caso del Sud Africa, l'evidenza del servizio è costituita da un timbro su 3 righe violetto che recita: “Servizio postale speciale per l'Italia” e i timbri di censura sono propri dell'Ufficio sudafricano.

Timbro bilingue inglese / afrikaans degli uffici di censura sudafricani


È più che presumibile che la posta dal Sud Africa fosse imbarcata durante lo scalo a Port Elizabeth. È relativa solo al terzo viaggio, i moduli non presentano alcuna variazione rispetto a quelli soliti per i pow in Sud Africa, hanno date di compilazione comprese fra la fine di maggio e la prima decade di giugno del '43.

Biglietto postale scritto il 7 maggio '43 nel campo n. 2 di Zonderwater in Sud Africa. Evidenti il timbro attestante lo speciale servizio e quello su 2 righe della censura sudafricana. Sul retro, il timbro della censura italiana e quello postale a destinazione del 2 settembre '43


Per la posta giunta in Italia con il terzo viaggio di ritorno le date dei timbri postali variano in relazione alla destinazione: per l'Italia non ancora occupata dagli Alleati si notano i primi giorni di settembre del '43, per la Sicilia già occupata le date sono nel 1944.

Biglietto postale inviato dal campo n. 356 di Eldoret, in Kenia, con la data del timbro in partenza del 4 aprile '43, trasportata con la terza missione di rimpatrio, diretta in Sicilia. Giunta in Italia quando l'occupazione dell'isola da parte degli Alleati era di fatto conclusa, fu sottoposta a censura da parte dell'Ufficio Posta Estera I di Roma, che rimase attivo fino all'8 settembre '43. Da quel momento in poi, seguì l'iter della posta estera della RSI, cioè fu avviata per il tramite dei tedeschi, come dimostra la presenza del timbro di censura di Monaco di Baviera. In Sicilia giunse il 14 aprile '44, data del timbro postale sul retro.

Dai civili non internati verso l'Italia

È una posta che presenta ancora ampi spazi di ricerca. Si assiste alla produzione di specifici moduli, a cura degli interessati stessi nel caso della Somalia, a cura delle autorità militari, nel caso dell'Eritrea.

Per la Somalia vi sono tre tipi leggermente diversi di “letter sheet “, stampati da tipografie italiane di Mogadiscio, di carta azzurro grigio chiara, beige o biancastra con l'intestazione a stampa in alto “Special Mail to Italy”.
Quelli viaggiate con la seconda missione portano un timbro postale di foggia italiana di Mogadiscio in date 26-27-28 agosto 1942 e il timbro di censura dell'Ufficio di Nairobi, quelli viaggiati con la terza lo stesso timbro con date della prima decade di aprile '43. Si tratta di materiale poco comune ma immediatamente individuabile.

Biglietto postale appositamente predisposto nell'intestazione, stampato dalla Scuola tip. Missionari di Mogadiscio, spedito il 26 agosto '42 e trasportato con il secondo viaggio di rimpatrio.


Il caso dell'Eritrea è più complicato da illustrare, non essendovi alcuna indicazione esplicita che faccia riferimento alla speciale occasione. Apparentemente, la gente dell'Eritrea sembrerebbe esclusa dal beneficio di poter inviare posta con un vettore che l'avrebbe trasportata direttamente in Italia. Proprio loro che, essendo per la maggior parte dei civili liberi, non avevano a disposizione che i messaggi vaticani o quelli Mod. “Richiedente – Destinatario” della Croce Rossa Internazionale, servizi talmente lenti che per chiudere il circolo della comunicazione necessitavano di un anno circa.

Tutti gli indizi portano verso due moduli, diversi nell'intestazione perché riferibili a due periodi successivi dell'amministrazione militare britannica, riconducibili uno al secondo viaggio e uno al terzo.

In un articolo pubblicato sul numero 127 de “La Posta Militare” ho argomentato più estesamente la mia attribuzione, qui mi limiterò ad un rapido riepilogo: si tratta di moduli appositi, definiti nel timbro attestante il pagamento del servizio “messaggi familiari”, predisposti dall'autorità militare britannica, con un costo del servizio non corrispondente ad alcuna tariffa perché non vi era collegamento postale civile con l'Italia, non transitarono attraverso il Comitato Internazionale della Croce Rossa, sono tutti censurati solo nei Paesi d'origine e di destinazione, cioè in Eritrea e in Italia, e non anche al Cairo come i messaggi via Croce Rossa, sono tutti scritti a macchina, sono numerati ma raramente datati e quelli datati hanno date congruenti con il resto della posta sicuramente individuabile come viaggiante con le navi. In uno di questi moduli si fa esplicito riferimento al particolare servizio offerto (“...col giungere di questa mia spero che giunga anche Luciana, perché ha molte probabilità di poter partire per l'Italia...”). Sono eccezionali nel panorama della posta dall'Eritrea e costituiscono un piccolo corpus a sé stante, pensato per un'occasione particolare. Furono usati sia dai civili liberi che da quelli internati nei campi. Sono molto rari da reperire, diversamente dai messaggi Croce Rossa, e quindi il loro studio è tutto da approfondire.

Il primo modulo è intestato “Occupied Enemy Territory Administration Eritrea”, il secondo “British Military Administration Eritrea”, entrambi hanno un timbro ad indicare il prezzo pagato per il servizio, pari a 50 centesimi in valuta O.E.T.A.

Il secondo risulta stampato in aprile 1943, con una tiratura di 20.000 esemplari e riporta in più rispetto al primo anche il timbro del Municipio di Asmara, luogo ove i mittenti si recarono a compilarli o dove avvenne la trascrizione a macchina del testo.

Giunti in Italia furono raccolti presso la Croce Rossa di Roma, che appose un timbro riquadrato rosso con le indicazioni per la risposta, prima di inviarli ai Comitati Provinciali della Croce Rossa che provvidero alla distribuzione ai destinatari, utilizzando la posta civile, come dimostra la presenza di un timbro postale su alcuni di essi. Come indicato nel timbro rosso apposto dall'Ufficio Prigionieri della C.R.I. di Roma, il modulo non era utilizzabile per la risposta.

Modulo I tipo intestato Occupied Enemy Territory Administration Eritrea in data 29 ottobre '42, spedito da un internato nel campo di Decamerè. In alto a destra si vedono il timbro con la tariffa pagata per il servizio e più sopra il numero del messaggio. In alto a sinistra un timbro rosa riquadrato della Croce Rossa Italiana con la data, in basso stesso lato i timbri della censura italiana e di quella inglese in Eritrea. Sul retro un timbro rosso della Croce Rossa Italiana avverte di non avvalersi di questo modulo per la risposta. (collezione Carlo Pintarelli)

Modulo II tipo intestato British Military Administration Eritrea inviato da una donna che dà come suo indirizzo un esercizio commerciale. In aggiunta agli elementi descritti per il messaggio I tipo, in basso a sinistra si può notare la data di stampa e la tiratura, che permettono di collegarlo al terzo viaggio di ritorno. E' presente anche un timbro del municipio di Asmara e un timbro a data della croce rossa milanese del 22 novembre '43. Non sono più presenti i segni della censura italiana.


Un meccanismo complicatissimo, che non favorì la tempestività ma almeno offrì la possibilità di riallacciare la comunicazione familiare, impossibile con le stringatissime 25 parole dei messaggi vaticani o croce rossa. Finalmente, dopo 2 anni, fu concesso di raccontare i piccoli eventi, manifestare sentimenti, preoccupazioni, dare consigli alle mogli per la gestione della famiglia, rassicurare i genitori, fare raccomandazioni ai figli, riprendere, sia pure in modo occasionale, la trama delle comunicazioni tra persone legate da affetto e da memorie condivise.

Posta “Paquebot”

 
  Il timbro in dotazione all'ufficio postale delle navi

Una certa quantità di posta fu spedita dalle navi attraverso l'ufficio postale di bordo, consegnata al primo scalo utile per l'invio a destinazione attraverso la posta civile. L'ufficio era dotato del timbro datario circolare rosso che recita “RR. Poste Ministero Africa Italiana” e che appare su alcune ma non tutte le lettere o cartoline. Esiste sia quella diretta in Italia, spedita principalmente dai membri degli equipaggi e dalle crocerossine, sia quella diretta in Africa, spedita dai rimpatriandi ai familiari o amici rimasti. Un'altra destinazione è quella verso i campi di prigionia, non solo in Africa, ma anche in India. In questi ultimi due casi, la maggior parte risulta consegnata nello scalo di Port Elizabeth, momento del viaggio in cui i passeggeri, partiti da un paio di settimane, non si lasciavano sfuggire l'occasione per tranquillizzare i parenti rimasti. In una lettera, datata “piroscafo Giulio Cesare 26 luglio 1943” il mittente scrive “...spero impostare questa mia domani nella sosta a Port Elizabeth dove giungeremo domani all'alba...”.

Veniva censurata a bordo della nave, con l'apposizione di un timbro lineare in stampatello maiuscolo “Verificato per censura”. Tra quella diretta in Italia vi è anche il caso di posta inviata da un prigioniero in un campo non indicato, probabilmente uno di quelli in cui transitarono i civili destinati al rimpatrio, affidata nelle mani di uno di loro, che la consegnò all'ufficio postale della nave. Non credo sia stato l'unico a farlo, nelle mani dei rimpatriandi fu affidato, da parte di chi non partiva, non solo posta, ma anche denaro, come si può apprendere leggendo la posta coeva.


Fronte e retro di una busta inviata da un prigioniero in un campo che non può indicare, probabilmente uno di quelli di transito da cui passarono i rimpatriandi, affidata ad uno di loro, che la consegnò all'ufficio postale della nave in data 19 giugno 1942. In alto a destra è visibile la preghiera che il mittente rivolse al postino. “Se la destinataria non abita al sottosegnato indirizzo, prego vivamente il bravo postino di far tutto il possibile per rintracciarla o farla rintracciare dove abita la signora Cilenti: facendo ciò agevola un prigioniero di guerra. Ringrazio molto.” La missiva giunse felicemente a destinazione il 2 luglio '42, data del timbro postale. Fu trasportata con il primo viaggio. (collezione Antonio Pasquini)


In alcuni casi la posta inviata a civili liberi in Eritrea fu assoggettata a tassazione per 5 pence, per mancanza di affrancatura, tassazione assolta con due segnatasse dell'emissione MEF.

Busta spedita dalla nave Giulio Cesare, con il timbro dell'ufficio di bordo del 28 luglio '43, consegnata per l'avviamento a Port Elizabeth, come evidente dal timbro bilingue di censura sudafricano “passed by censor – deur die sensor goedgekeur”. Tassata 5 pence con 2 segnatasse annullati con un timbro di Asmara del 29/10/43. (collezione Gianfranco Rossetti)


La posta spedita a bordo è facilmente individuabile per l'utilizzo di moduli con le intestazioni delle navi e per la presenza di una vasta gamma di timbri, tra i quali: quello a data “RR. Poste Ministero Africa Italiana” , “Croce Rossa Italiana Missione Speciale Rimpatriandi A.O.I.”, oppure “C.R.I. Servizio Sanitario Rimpatriati A.O.I.”, lineari con il nome della nave e i timbri di censura dei Paesi di appartenenza del porto in cui fu affidata.

Curiosamente, sembrerebbe non esserci posta consegnata negli scali di Las Palmas o di Capoverde, situati in Paesi neutrali.

La posta spedita da bordo del piroscafo Giulio Cesare è riconoscibile per l'utilizzo di carta e buste intestate “Linee triestine per l'oriente” cancellando “Lloyd adriatico”, di timbri con il nome della nave e per le indicazioni presenti nei testi. Sono note lettere, indirizzate sia a civili liberi che a prigionieri, consegnate allo scalo di Port Elizabeth e cartoline dirette in Italia.

Busta spedita da bordo della nave Giulio Cesare il 18 dicembre 1942, nel corso del II viaggio di ritorno. Fu probabilmente consegnata a Port Elizabeth. E' diretta al campo 401 di Decamerè, in Eritrea e presenta il timbro dell'ufficio di censura per i p.o.w. di Nairobi. (collezione Beniamino Cadioli)

Sul piroscafo Duilio furono messe a disposizioni dei passeggeri buste specifiche con stampato, sul retro, “T/N Duilio Ministero Africa Italiana Missione Speciale 3° viaggio” e cartoline, illustrate o no. Relativamente a quelle dirette in Eritrea, alcune furono affidate per l'inoltro a Port Elizabeth e hanno in evidenza la censura sudafricana e, raramente, il timbro circolare “paquebot”; altre furono affidate per l'inoltro a Gibilterra e sono riconoscibili per la presenza del timbro di censura “Passed IA/6181”.

Cartolina inviata dalla nave Duilio, diretta a l'Asmara, dove giunse il 29 settembre '43. Fu affidata per l'inoltro nel porto di Gibilterra, come dimostra il timbro di censura specifico. E' presente il timbro “C.R.I. Servizio Sanitario Rimpatriati A.O.”. Fu trasportata con il terzo viaggio di ritorno.


Ne esistono anche spedite verso l'Italia da membri dell'equipaggio, consegnate nel porto di Gibilterra, che, forse, furono avviate a destinazione attraverso la Spagna, un Paese neutrale.

Cartolina postale spedita durante la sosta a Gibilterra nel I viaggio, diretta in Italia.
(collezione Beniamino Cadioli)


Dalla motonave Saturnia conosco solo posta spedita da membri dell'equipaggio e diretta in Italia. E' caratterizzata dalla presenza del timbro circolare con una croce in mezzo “Croce Rossa Italiana– Missione Oltremare M.Nave Saturnia”. Non mi risulta sia stata consegnata in porti stranieri.

Cartolina spedita da membro dell'equipaggio della nave Saturnia con il timbro della missione. (immagine da internet)


Anche per la nave Vulcania ho individuato solo posta spedita verso l'Italia, timbrata a bordo della nave con il guller rosso “RR Poste Ministero Africa Italiana”.

Cartolina postale 30 cent. “Vinceremo” inviata da bordo durante il II viaggio di ritorno, datata 3 gennaio '43, diretta a Varese: “...siamo da 45 giorni a bordo della bellissima nave Vulcania...” E' presente il timbro dell'ufficio postale della nave. (collezione Gianfranco Rossetti)


La difficoltà a reperire posta spedita verso l'Africa dalle motonavi Vulcania e Saturnia non esclude affatto che esista, così come è probabile esista posta dei marinai delle due navi cisterna che effettuarono i rifornimenti di carburante, affidata alla navi bianche che tornavano in Italia: è una ricerca aperta.

Riepilogando...

La Missione Oltremare mobilitò le migliori capacità della nostra marina e durò 18 mesi, durante i quali l'Italia passò dall'entusiasmo al tracollo.

Fu sfruttata dal regime per mascherare la disfatta, trasformando il recupero dei compatrioti in un'epopea che riempì d'orgoglio chi la visse e gli italiani tutti.

Il messaggio inviato dal comandante della nave Gerarchia ai passeggeri del Vulcania, quando si incontrarono nel porto di San Vincenzo di Capoverde dove la nave si era rifugiata all'atto della dichiarazione di guerra dell'Italia, essendo impossibilitata a rientrare nel Mediterraneo. Trascritto su una cartolina da una donna che rimpatriava a bordo del Vulcania. (collezione Beniamino Cadioli)


Quando si concluse, il fascismo era già caduto, sul suolo italiano si combatteva e si era alla vigilia dell'armistizio del 8 settembre '43, con il suo ulteriore carico di disgrazie per il Paese.

Nei più giovani che rimpatriarono lasciò il ricordo indelebile della grande avventura, vissuta senza l'angoscia di chi era consapevole dei pericoli e delle incognite e le loro testimonianze, pur affidate a racconti biografici scritti da adulti, ci restituiscono il clima eccitato e denso di emozioni della vita di bordo.

Per coloro che restarono, la partenza delle navi rappresentò una ulteriore perdita, consolata solo dalla speranza di aver messo i propri cari al sicuro e dal pensiero che non era un addio ma un arrivederci.

In un disegno presente nel diario del cappellano del campo di Mandera, situato vicino al porto d'imbarco dei rimpatriandi, tutta la nostalgia che suscitava la vista delle navi in chi non poteva partire. (collezione Antonio Pasquini)

Agli amanti della storia postale, grazie alle vitali comunicazioni personali di coloro che ne furono i protagonisti, ha lasciato una ricca testimonianza, interessante per la comprensione della vicenda storica quasi quanto le fonti più ufficiali.

Ringrazio gli amici collezionisti Gianfranco Rossetti, Beniamino Cadioli, Carlo Pintarelli per avermi messo a disposizione le loro collezioni e per i suggerimenti. Un grazie, postumo, anche ad Antonio Pasquini. Questo articolo è dedicato alla sua memoria, per ricordare un grande collezionista e studioso della storia dei prigionieri di guerra italiani nelle 2 guerre mondiali, che fu sempre attivo nel tenere alto l'interesse sull'argomento, scrivendo articoli e mettendo a disposizione i documenti della sua sterminata collezione.

 

NOTE

1)- B.V. Vecchi: Navi Bianche II ediz. 1964 Gastaldi Editore – Milano
2)- “World war two censor marks” a cura di The Forces Postal History Society pubblicato nel 1984.
3)- “Special mail” di A. Pasquini e M. Marchetti in La Posta Militare n. 104 del 2007 - Rivista dell'AICPM